Modello “231” : Autonomia della responsabilità dell’ente. Cassazione n. 20060 del 9.5.2013 – art. 8 Dlgs. 231/2001
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri
In sede di Giudizio di primo grado l’imputato viene assolto in relazione al reato presupposto.
Il pubblico ministero proponeva ricorso immediato per cassazione contro la sentenza di assoluzione dall’illecito amministrativo di cui all’articolo 5 del d.lgs. 231/01.
2. A sostegno del ricorso lamenta erronea applicazione dell’art. 8 del predetto d.lgs. Sostiene il pubblico ministero che avendo il Tribunale ritenuto sussistente il reato presupposto, non avrebbe dovuto assolvere l’Ente in quanto quello dell’ente è un titolo autonomo di responsabilità rispetto al reato presupposto, tanto che l’articolo 8 del d.lgs. afferma che la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato.
La sentenza affronta il tema della prescrizione del reato e si dilunga sulle tipologie della interpretazione salvo poi affermare il principio di diritto che avvalla l’autonomia della responsabilità e afferma che la Società risponde anche se non è stato individuato il responsabile purché sia accertato il reato presupposto.
L’art. 8 del d.lgs. 231/2001 precisa che
“La responsabilità dell’ente sussiste anche quando: a) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile (…)”
…”Per la responsabilità amministrativa.. è necessario che venga compiuto un reato da parte del soggetto riconducibile all’ente, ma non è anche necessario che tale reato venga accertato con individuazione e condanna del responsabile. La responsabilità penale presupposta può essere ritenuta incidenter tantum (ad esempio perché non si è potuto individuare il soggetto responsabile o perché questi è non imputabile) e ciò nonostante può essere sanzionata in via amministrativa la società.
il titolo di responsabilità dell’ente, anche se presuppone la commissione di un reato, è autonomo rispetto a quello penale, di natura personale.
“…La mancata identificazione della persona fisica che ha commesso il reato è, infatti, un fenomeno tipico nell’ambito della responsabilità d’impresa: anzi, esso rientra proprio nel novero delle ipotesi in relazione alle quali più forte si avvertiva l’esigenza di sancire la responsabilità degli enti (viene portato l’esempio ai casi di cd. imputazione soggettivamente alternativa, in cui il reato (perfetto in tutti i suoi elementi) risulti senz’altro riconducibile ai vertici dell’ente e, dunque, a due o più amministratori, ma manchi o sia insufficiente la prova della responsabilità individuale di costoro). L’omessa disciplina di tali evenienze – prosegue la relazione – si sarebbe dunque tradotta in una grave lacuna legislativa, suscettibile di infirmare la ratio complessiva del provvedimento. Sicché, in tutte le ipotesi in cui, per la complessità dell’assetto organizzativo interno, non sia possibile ascrivere la responsabilità penale in capo ad uno determinato soggetto, e ciò nondimeno risulti accertata la commissione di un reato, l’ente ne dovrà rispondere – ricorrendone tutte le condizioni di legge – sul piano amministrativo.
La finalità risiede nel “.. sanzionare l’ente collettivo ogni volta che le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente (o sulle quali queste esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo) commettono dei reati nel suo interesse o a suo vantaggio.