Immissioni intollerabili: canna fumaria

Immissioni intollerabili e canna fumaria

La Corte di Cassazione 50620/2017 conferma il risarcimento

segnalazione a cura avvocati. Cinzia Silvestri


La sentenza della Cassazione descrive l’odissea giudiziale che due coniugi hanno deciso di affrontare al fine di liberarsi degli odori molesti e continui di fumi, odori  rumori provenienti dall’appartamento sottostante a causa di una fessura nella canna fumaria, come accertato nel corso del Giudizio. Immaginiamo dunque di vivere le giornate nella nostra casa avvolti dall’odore di “arrosto”, “fritto” o altro, magari tutti i giorni e nella notte. Legittima appare la reazione di chi subisce tale evento che però, in sede di giudizio, assume connotati non univoci e si scontra con la giustizia formale.

Così in sede penale il Tribunale di Gorizia assolve gli imputati del reato di cui agli articolo 674 cp; ma la Corte di Appello di Trieste riforma tale sentenza e condanna gli imputati al risarcimento del danno e a rifondere le spese di giustizia.

Gli imputati “molestatori” impugnano la sentenza della Corte di Appello in Cassazione la quale respinge il ricorso e conferma la sentenza evidenziando alcuni punti utili:

  1. Sulla prova: non occorre una perizia tecnica per accertare la violazione contestata. L’esistenza degli odori sgradevoli è stata accertata in sede di giudizio a mezzo di video ispezione di una fessurazione nella canna fumaria a servizio della loro abitazione, a circa un metro di distanza dall’appartamento soprastante abitato dalle parti civili; nonché dalla prova testimoniale  “.. sulla regolare e costante provenienza dalla stessa di odori di cucina sgradevoli, emergente dalla deposizione dello stesso H. , nonché del teste C.”; nonché dall’esito di altri giudizi penali e civili “. di quanto accertato negli altri giudizi penali e civili relativi alla medesima vicenda, conclusisi, a seguito di accertamenti tecnici..”.
  2. Giudizi con condanna degli imputati alla esecuzione dei lavori necessari ad eliminare la fessurazione presente nella condotta di aspirazione dei fumi e degli odori a servizio della loro abitazione.
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Ambiente/Sicurezza: apparecchi che bruciano carburanti gassosi

Ambiente/Sicurezza: apparecchi che bruciano carburanti gassosi 

Regolamento UE 2016/426 e Legge delega 25 ottobre 2017, n. 163

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


L’art. 7 della Legge 163/2017 delega il Governo per l’adeguamento della normativa
nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 9 marzo 2016, sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e
che abroga la direttiva 2009/142/CE.
Recita l’art. 7 :

“1. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, … uno o piu’ decreti legislativi
per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e che abroga la direttiva 2009/142/CE.
2. ..
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo e’ tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) aggiornamento delle disposizioni della legge 6 dicembre 1971, n. 1083, per l’adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, con abrogazione espressa delle disposizioni superate dal regolamento (UE) 2016/426 e coordinamento delle residue disposizioni;
b) salvaguardia della possibilita’ di adeguare la normativa nazionale regolamentare vigente nelle materie non riservate alla legge alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, alle sue eventuali successive modifiche, nonche’ agli atti delegati e di esecuzione del medesimo regolamento europeo, con i regolamenti di cui al comma 4;
c) individuazione del Ministero dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, del Ministero dell’interno e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, quali autorita’ di vigilanza del mercato ai sensi dell’articolo 36 del regolamento (UE) 2016/426;
d) previsione di sanzioni penali o amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravita’ delle violazioni degli obblighi derivanti dal regolamento (UE) 2016/426, conformemente alle previsioni dell’articolo 32, comma 1, lettera d), e dell’articolo 33, commi 2 e 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, .. il Governo adotta uno o piu’

regolamenti, ai sensi dei commi 1 o 2, a seconda della procedura seguita per l’adozione delle norme regolamentari da modificare, dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai fini dell’adeguamento della normativa nazionale regolamentare vigente nelle materie non riservate alla legge alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, alle sue eventuali successive modifiche, nonche’ agli atti delegati e di esecuzione del medesimo regolamento europeo.
5. Nell’esercizio della competenza regolamentare di cui al comma 4 il Governo e’ tenuto a seguire i seguenti criteri specifici:
a) aggiornamento delle disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661, per l’adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, con abrogazione espressa delle disposizioni superate dal regolamento (UE) 2016/426 e coordinamento delle residue disposizioni;
b) individuazione del Ministero dello sviluppo economico quale autorita’ notificante ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (UE) 2016/426;
c) fissazione dei criteri e delle procedure necessari per la valutazione, la notifica e il controllo degli organismi da autorizzare per svolgere compiti di parte terza nel processo di valutazione e verifica della conformita’ degli apparecchi che bruciano carburanti gassosi ai requisiti essenziali di salute e sicurezza di cui agli articoli 5 e 14 del regolamento (UE) 2016/426, anche al fine di prevedere che tali compiti di valutazione e di controllo degli organismi siano affidati mediante apposite convenzioni non onerose all’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi dell’articolo 4 della legge 23 luglio 2009, n. 99;
d) individuazione delle procedure per la vigilanza sul mercato degli apparecchi che bruciano carburanti gassosi ai sensi del capo V del regolamento (UE) 2016/426;
e) previsione di disposizioni in tema di proventi e tariffe per le attivita’ connesse all’attuazione del regolamento (UE) 2016/426, conformemente al comma 4 dell’articolo 30 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
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Sicurezza sul Lavoro: DPI e Reg. UE 2016/425

Sicurezza sul Lavoro e Dispositivi di Protezione Individuale
LEGGE 25 ottobre 2017, n. 163 – delega al recepimento direttive europee
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la
Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2016-2017.

La Legge impone all’Italia il recepimento di alcune Direttive Europee e all’art. 6 si occupa dei DPI

imponendo l’adeguamento al Regolamento UE del 2016 n. 425. L’Italia ha 1 anno di tempo per l’adeguamento che comporta anche la previsione di sanzioni. Vero è che la conoscenza di tale norma impatta sulle aziende che già sanno che il testo a cui fare riferimento, per il prossimo futuro, salva la precisazione legislativa italiana è il Regolamento UE.

Scrive la Legge:

“Art. 6

Delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle
disposizioni del regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 9 marzo 2016, sui dispositivi di protezione
individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio
1. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui
all’articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, acquisito il
parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o piu’ decreti
legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al
regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento europeo e del Consiglio, del
9 marzo 2016, sui dispositivi di protezione individuale e che abroga
la direttiva 89/686/CEE del Consiglio.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su
proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri
dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con i Ministri della giustizia, degli affari esteri e della
cooperazione internazionale, dell’economia e delle finanze e
dell’interno.
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo e’
tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di
cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i
seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) aggiornamento delle disposizioni del decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475, per l’adeguamento alle disposizioni del
regolamento (UE) 2016/425 e alle altre innovazioni intervenute nella
normativa nazionale, con abrogazione espressa delle disposizioni
incompatibili con il medesimo regolamento (UE) 2016/425 e
coordinamento delle residue disposizioni;
b) salvaguardia della possibilita’ di adeguare la normativa
nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/425 e agli atti
delegati e di esecuzione del medesimo regolamento europeo con
successivo regolamento, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, nelle materie non riservate alla legge
e gia’ eventualmente disciplinate mediante analoghi regolamenti;
c) individuazione del Ministero dello sviluppo economico quale
autorita’ notificante ai sensi dell’articolo 21 del regolamento (UE)
2016/425;
d) fissazione dei criteri e delle procedure necessari per la
valutazione, la notifica e il controllo degli organismi da
autorizzare per svolgere compiti di parte terza nel processo di
valutazione e verifica della conformita’ dei dispositivi di
protezione individuale ai requisiti essenziali di salute e sicurezza
di cui agli articoli 5 e 19 del regolamento (UE) 2016/425, anche al
fine di prevedere che tali compiti di valutazione e di controllo
degli organismi siano affidati mediante apposite convenzioni non
onerose all’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi
dell’articolo 4 della legge 23 luglio 2009, n. 99;
e) previsione di disposizioni in tema di proventi e tariffe per
le attivita’ connesse all’attuazione del regolamento (UE) 2016/425,
conformemente al comma 4 dell’articolo 30 della legge 24 dicembre
2012, n. 234;
f) previsione di sanzioni penali o amministrative pecuniarie
efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravita’ delle violazioni
degli obblighi derivanti dal regolamento (UE) 2016/425, conformemente
alle previsioni dell’articolo 32, comma 1, lettera d), e
dell’articolo 33, commi 2 e 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234,
e individuazione delle procedure per la vigilanza sul mercato dei
dispositivi di protezione individuale ai sensi del capo VI del
regolamento (UE) n. 2016/425;
g) abrogazione espressa delle disposizioni di legge o di
regolamento incompatibili con i decreti legislativi di cui al comma
1.
4. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni
interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo
con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.

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ANAC/APPALTI: cause di esclusione

ANAC/APPALTI: mezzi di prova e cause di esclusione 
Reati ex Dlgs. 231/2001 – causa di esclusione – Linee Guida n. 6
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Con Provvedimento dell' 11.10.2017 l'ANAC pubblica aggiornamento
al decreto legislativo 19  aprile  2017,n.  56  delle linee guida n. 6,
di attuazione del  decreto  legislativo  18  aprile
2016, n. 50 recanti: «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle
carenze nell'esecuzione di un precedente  contratto  di  appalto  che
possano  considerarsi  significative  per  la   dimostrazione   delle
circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett.  c)  del
Codice».
Leggi provvedimento ANAC - cause esclusione appalto 
L'ANAC indica le ipotesi, non tassative, in cui l'esclusione dall'appalto
viene applicata e tra queste viene indicata anche la violazione del
Dlgs. 231/2001 ovvero la responsabilità della Società per determinati
reati presupposto. E ciò pone sempre più rilevanza al modello organizzativo
che sembra assumere valore obbligatorio (pur essendo facoltativo).
Scrive il provvedimento:
"...2.1. Rilevano quali cause di  esclusione  ai  sensi  dell'art.  80,
comma 5, lettera c)  del  codice  gli  illeciti  professionali  gravi
accertati  con  provvedimento  esecutivo,  tali  da  rendere   dubbia
l'integrita' del concorrente, intesa come moralita' professionale,  o
la  sua  affidabilita',   intesa   come   reale   capacita'   tecnico
professionale,   nello   svolgimento   dell'attivita'   oggetto    di
affidamento.  Al  ricorrere  dei  presupposti  di  cui   al   periodo
precedente,  gli  illeciti  professionali  gravi  rilevano  ai   fini
dell'esclusione dalle gare a prescindere dalla natura civile,  penale
o amministrativa dell'illecito.
  2.2. In particolare, rilevano le  condanne  non  definitive  per  i
reati di seguito indicati a  titolo  esemplificativo,  salvo  che  le
stesse configurino altra causa  ostativa  che  comporti  l'automatica
esclusione dalla procedura di affidamento ai sensi dell'art.  80  del
codice:
    a. abusivo esercizio di una professione;
    b.  reati  fallimentari   (bancarotta   semplice   e   bancarotta
fraudolenta,   omessa   dichiarazione   di   beni   da    comprendere
nell'inventario fallimentare, ricorso abusivo al credito);
    c. reati tributari ex decreto legislativo  n.  74/2000,  i  reati
societari, i delitti contro l'industria e il commercio;
    d. reati urbanistici di cui all'art. 44, comma 1 lettere b) e  c)
del testo unico delle disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380,  con  riferimento  agli  affidamenti  aventi  ad
oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria;
    e. reati previsti dal decreto legislativo n. 231/2001...
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ANAC: Appalti e R.U.P.

ANAC/APPALTI: il R.U.P. è Pubblico Ufficiale?

Responsabile Unico del Procedimento - Provvedimento dell'11.10.2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente

L'ANAC pubblica aggiornamento al decreto legislativo 19  aprile  2017,  n.  56  delle
linee guida n. 3, di attuazione del  decreto  legislativo  18  aprile
2016, n. 50, su: «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico  del
procedimento per l'affidamento di appalti e concessioni».
Leggi ANAC, provvedimento 11.10.2017 RUP 
Scrive il provvedimento ANAC:
Il  RUP  e'  individuato,  nel  rispetto  di  quanto  previsto
dall'art. 31, comma 1, del Codice, tra i dipendenti di ruolo  addetti
all'unita' organizzativa inquadrati come dirigenti o  dipendenti  con
funzioni direttive o, in caso di carenza in organico  della  suddetta
unita' organizzativa, tra  i  dipendenti  in  servizio  con  analoghe
caratteristiche.
  2.3. Il RUP, nell'esercizio delle sue  funzioni,  e'  qualificabile
come pubblico ufficiale.
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Infortunio sul lavoro e responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001

Natura colposa dell’infortunio sul lavoro e responsabilità ex Dlgs. 231/2001
 Cassazione penale n. 24697/2016 – Responsabilità dell’Ente in caso di infortunio sul lavoro – risparmio dei costi non sostenuti
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Corte di Cassazione si occupa di un infortunio sul lavoro avvenuto presso impianto di frantumazione ad un lavoratore dipendente che riportava lesioni personali con conseguente incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 giorni.
Si apre il procedimento ex Dlgs. 231/2001 anche per la Società.
La sentenza della Cassazione ripercorre i presupposti per la imputabilità della Società Continua lettura articolo Cass. 24697.2016 231

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ARPA e poteri – Corte Cost. n. 132/2017

ARPA e poteri – consultivi e di controllo
 Corte Cost. 132/2017  
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


La Corte Costituzionale con sentenza 132/2017 ricorda l’ambito dei poteri delle Agenzie Regionali per l’ambiente che rimangono confinati nella natura tecnica delle attività svolte; natura tecnica che si esprime nelle attività  di prevenzione, di vigilanza e di controllo ambientale.
Le ARPA non possono svolgere attività di amministrazione attiva che sono espressione della discrezionalità amministrativa e che comportano la ponderazione di interessi che attendono dunque all’ambito della politica ambientale.
Nel caso di specie invero una legge regionale aveva delegato alle ARPA funzioni amministrative in materia di ambiente ed energia, conferendo dunque poteri di amministrazione attiva.

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V.I.A. – Regione Veneto e Corte Costituzionale

Verifica di assoggettabilità – LRV 10/99 art. 7 comma 2 – incostituzionale
Corte Cost. sentenza 218/2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Recita la Corte Cost. 218/2017: “…Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 2, in relazione all’allegato C4, punto 7, lettera f), della legge della Regione Veneto 26 marzo 1999, n. 10 (Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione d’impatto ambientale), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

La disposizione censurata prevede l’assoggettamento alla procedura di verifica della valutazione di impatto ambientale dei soli progetti relativi alla realizzazione di strade extraurbane secondarie di lunghezza superiore a 5 km, ponendosi, ad avviso del rimettente, in contrasto con la disciplina statale dell’art. 23, comma 1, lettera c), e relativo allegato III, elenco B, punto 7, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che impone di sottoporre alla detta procedura tutti i progetti di strade extraurbane secondarie, senza consentire alcuna esclusione a priori fondata su criteri meramente dimensionali….”

Corte Costituzionale affronta questione utile a precisare anche i limiti del potere Regionale in materia ambientale e

“dichiara l’illegittimità costituzionale, a far tempo dal 31 luglio 2007, dell’art. 7 comma 2, della legge della Regione Veneto 26 marzo 1999, n. 10 (Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione d’impatto ambientale), nella parte in cui esclude dalla procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale le strade extraurbane secondarie di dimensioni pari o inferiori a 5 km.V….”
Si rinvia alla lettura della Sentenza della Corte Cost. 218/2017 
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Split Payement…a tutte le società controllate dalla P.A.

Split Payement dal 1.1.2018…per tutte le società controllate pubbliche
Art. 3 Dlgs. 148/2017

segnalazione a cura avv. Cinzia Silvestri


Ritorna lo Split Payement…ma dal 1 gennaio 2018.

Recita l’art. 33 Dlgs. 148 del 16.10.2017:

Art. 3 Estensione Split payment a tutte le societa’ controllate dalla P.A.

1. All’articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il comma 1-bis e’ sostituito dal seguente: «1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle operazioni effettuate nei confronti dei seguenti soggetti:

0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;

0b) fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento;

a) societa’ controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;

b) societa’ controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e societa’ di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);

c) societa’ partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e societa’ di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);

d) societa’ quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto; con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 1 puo’ essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario.».

2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalita’ di attuazione delle norme di cui al comma 1.

3. Le disposizioni di cui al comma 1 hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2018 e si applicano alle operazioni per le quali e’ emessa fattura a partire dalla medesima data.

adminSplit Payement…a tutte le società controllate dalla P.A.
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V.I.A.: Criteri assoggettabilità – allegato V

V.I.A.: Criteri di verifica assoggettabilità
art. 20 Dlgs. 152/2006 e allegato V
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


L’allegato V parte II del Dlgs. 152/2006 è stato riformato dal Dlgs. 104/2017 .
Le caratteristiche dei progetti tevono tenere conto, con assoluta novità, anche “ dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o all’inquinamento atmosferico.

Per accedere allo schema comparato dell’allegato V della parte II del Dlgs. 152/2006 con tabella di confronto prima e dopo l’intervento del Dlgs. 104/2017 puoi chiedere la password di accesso iscrivendoti alla news del sito www.studiolegaleambiente.it o chiedi la password a cinzia.silvestri@studiolegaleambiente.it

schema confronto allegato V – key

adminV.I.A.: Criteri assoggettabilità – allegato V
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V.I.A.: Allegato IVbis – contenuti Studio Preliminare

Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale
art. 19 Dlgs. 152/2006 e allegato IVbis
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il previgente art. 20 Dlgs. 152/2006 è stato trasfuso e modificato nell’art. 19 riformato dal Dlgs. 104/2017.
L’Allegato IVBis è stato inserito dal Dlgs. 104/2017 ed indica il contenuto dello Studio Preliminare che è disciplinato dal nuovo art. 19 del Dlgs. 152/2006 che ha innovato termini e procedimento.
L’art. 19 prevede infatti che ..continua lettura schema allegato IV bis

adminV.I.A.: Allegato IVbis – contenuti Studio Preliminare
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Trasporto di rifiuti occasionale

Trasporto di rifiuti senza autorizzazione anche se occasionale: è reato
 Cass. pen. 27-09-2017, n. 44438
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il Tribunale di Treviso, dichiarava la penale responsabilità in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a), per il trasporto di rifiuti non pericolosi, costituiti da ammortizzatori, catalizzatori esausti, componenti metalliche intrise di olio e serbatoi di carburante rivenienti dallo svolgimento della attività di demolizione di autoveicoli connessa alla sua veste di titolare della Carrozzeria, in assenza di qualsivoglia autorizzazione; detti rifiuti, per una quantità pari a circa 10 mc, erano stati, infatti, trasportati, su di un autocarro presso la impresa per lo smaltimento rottami ferrosi
Il Tribunale di Treviso, nell’affermare la penale …continua lettura articolo – trasporto

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Modello 231 e prescrizione dei reati

Prescrizione dei reati e modello 231 alla luce delle modifiche della L. 68/2017
In collaborazione con la Rivista Recoverweb
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La riforma penale (cosiddetta riforma Orlando) ha inciso sulla prescrizione dei reati e tuttavia è sorta confusione sull’applicabilità di tali modifiche alla prescrizione di cui al Dlgs. 231/2001.
Si rinnova dunque breve articolo già pubblicato sulla rivista Recoverweb nel settembre 2017 in cui si precisa la corretta destinazione tra l’istituto della prescrizione penale e quella definita dal Dlgs. 231/2001.
 Vai alla lettura dell’articolo – Recoverweb settembre 2017 pag. 74,75 

adminModello 231 e prescrizione dei reati
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ANAC: quali denunce può raccogliere?

L’ANAC  precisa la propria competenza
Whistleblowing e Pantouflage ….questi sconosciuti…
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


E’ interessante leggere l’elenco delle segnalazioni che giungono all’ANAC ritenuta ormai, più dell’autorità Giudiziaria, entità in grado di intervenire, risolvere e forse giudicare. L’ANAC elenca, sulla base di segnalazioni ricevute e dunque su casistica reale, che non può intervenire, ad esempio, per illeciti compiuti da magistrati o casi di malasanità.. ; segue l’elenco dell’ambito in cui può intervenire purché la segnalazione non sia anonima i casi di• whistleblowing che è diventata parola di moda e ricorre sovente non solo nei provvedimenti Anac; e di pantouflage altra parola interessante che si riferisce però a caso specifico.
Il Whistleblowing deve attingere dall’inglese per esprimere ed identificare colui che denuncia le irregolarità nelle pubbliche amministrazioni al fine di impedire atti correttivi e che la normativa protegge. Figura poco amata che in italiano forse verrebbe tradotta con il termine “spione” e che invece l’inglese ha il merito di emancipare richiamando la figura dell’arbitro che fischia il fallo appunto dell’amministrazione pubblica.
Pantouflage è espressamente riferito ad impedire il passaggio di alti funzionari a ditte private e definito all’art. 53 comma 16ter del Dlgs. 165/2001: 16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Di seguito dunque la comunicazione dell’ANAC: 
Ambito di intervento dell’Anac
Tipologie di segnalazioni a cui non può seguire attività di accertamento o indagine
L’Autorità nazionale anticorruzione sta ricevendo numerose segnalazioni e richieste di intervento riguardanti fattispecie che esulano dalle funzioni attribuite dalla legge e sulle quali non è quindi possibile svolgere attività di accertamento o indagine. Nella seduta del 27 aprile 2017 è stato dunque approvato un Comunicato del Presidente per richiamare l’attenzione sul perimetro di intervento dell’Autorità, evitare che si producano inattuabili aspettative su questioni non pertinenti e affinché la valutazione delle istanze, comunque necessaria, non rallenti l’attività degli uffici. Nel Comunicato sono riportati tutti i temi di competenza dell’Autorità e quelli estranei al suo raggio d’azione.
Comunicato del Presidente del 27 aprile 2017
Ambiti di cui l’autorità anticorruzione non si occupa
Sono oggetto di archiviazione le segnalazioni anonime (senza firma, con firma illeggibile o che non consentano di identificare con certezza l’autore) e dal contenuto generico. A titolo esemplificativo e non esaustivo, si elencano le tipologie di segnalazioni che non vengono prese in considerazione per manifesta incompetenza:
• accertamento di responsabilità penali o erariali (la competenza è dell’Autorità giudiziaria o della Corte dei conti)
• presunti illeciti commessi da magistrati (è competente la Procura distrettuale ai sensi dell’art. 11 del codice di procedura penale)
• procedure selettive e concorsi (la competenza è della giustizia amministrativa)
• irregolarità nelle nomine se non riguardano casi di incompatibilità o inconferibilità degli incarichi
• rivendicazioni sindacali
• casi di malasanità
• assenteismo dal lavoro
• conflitti politico-istituzionali all’interno di enti
• successioni, eredità, testamenti
• anomalie nella gestione di istituti di credito o finanziari
• abusi edilizi
• aumento delle tariffe
Ambiti di pertinenza dell’autorità anticorruzione
L’Anac è competente a svolgere: attività di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nelle società controllate e partecipate; vigilanza sull’affidamento e l’esecuzione dei contratti pubblici; gestione delle segnalazioni di illeciti denunciate da dipendenti pubblici.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, sono quindi di competenza dell’Autorità le segnalazioni aventi ad oggetto:
• contratti pubblici (affidamento ed esecuzione di lavori, servizi e forniture)
• attività di precontenzioso
• misure anticorruzione (in particolare controlli su adozione, applicazione ed efficacia dei piani triennali di prevenzione)
• obblighi di trasparenza sui siti web istituzionali
• inconferibilità e incompatibilità di incarichi
• casi di pantouflage (vedi d.lgs.  165/2001, art. 53, comma 16-ter)
• whistleblowing

adminANAC: quali denunce può raccogliere?
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ANAC: chiarimento su iscrizione Albo Gestori Ambientali

ANAC: iscrizione Albo Gestori Ambientali
Comunicato presidente Anac 28.8.2017
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


Con breve comunicato l’ANAC comunica di “conformarsi” al dettato della giurisprudenza e di modificare dunque il proprio orientamento.
Scrive l’ANAC ” il requisito di iscrizione all’albo dei gestori ambientali richiesto nelle gare di affidamento dei contratti pubblici sia un requisito di partecipazione e non di esecuzione…”
Vai al documento Comunicato ANAC
 

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Rumore: autolavaggio rumoroso

Autolavaggio rumoroso: è reato?

Cassazione penale n. 39454/2017

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il Tribunale condannava  per il reato di cui agli art. 81 cpv e 659, comma 2, c.p., il conduttore di un autolavaggio che  disturbava le occupazioni ed il riposo dei residenti/domiciliati nel medesimo fabbricato, in particolare di una  famiglia  “.. perché aveva omesso di eseguire appositi interventi tecnici insonorizzanti sugli impianti ivi esistenti, causando un rumore non accettabile per il superamento, a finestre aperte ed a finestre chiuse, del limite differenziale diurno (5db) di cui all’art. 4 DPCM 14.11.1997, rispettivamente riscontrata nella misura di 13db e 9,5 db, …”
La sentenza della Cassazione riassume l’inquadramento giuridico che il rumore proveniente da attività commerciale/industriale può provocare. Tant’è che il Giudice deve primariamente indicare con motivazione congrua la qualificazione giuridica del fatto contestato. Nel caso in esame invece il Giudice di prime cure si era limitato a condannare (penale) solo sulla base dell’accertamento dell’Arpa che accertava il rumore fuori norma.
Ma essere fuori norma non basta per configurare il reato e la Cassazione ricorda con sintesi i diversi casi/ipotesi che si possono verificare:
“… in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra:
A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia;
B) il reato di cui al comma primo dell’art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete;
C) il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995
La Cassazione riteneva che il Tribunale non avesse compiuto idonea indagine sul fatto per la dovuta qualificazione giuridica e dunque annullava l’impugnata sentenza e rinviava al primo giudice per la diversa valutazione.
 

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Costo medio del lavoro dipendenti privati di imprese Ambientali – decreto direttoriale 70/2017

Costo medio del lavoro per dipendenti aziende servizi ambientali
Decreto Direttoriale n. 70/2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Sul sito del ministero del lavoro è pubblicato decreto direttoriale n. 70/2017 che stabilisce il costo medio lavorativo per i dipendenti di imprese che esercitano servizio ambientale privato
http://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2017/Tabelle-DD-N-70-COSTO-LAVORO-SERVIZI-AMBIENTALI-AZIENDE-PRIVATE-2017-2019.pdf

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Modello "231": quando è idoneo?

Modello “231”: quando  è idoneo?
Cassazione penale 11442/2016
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


L’adozione del Modello 231 ai sensi del Dlgs. 231/2001 spesso non è concretamente attuato dalla Società. Per la creazione del Modello sono nate scrupolose “metodiche”, sono stati inventati  “programmi” di gestione del modello. Tuttavia si dimentica che adottare il modello significa avere una organizzazione idonea ad evitare il reato previsto dal Dlgs. 231/2001 a prescindere dai corposi cartacei frutto spesso di copia e incolla di altri Modelli (formalismo cartolare).
Adottare il modello 231 (cartaceo) non pone al riparo dalle contestazioni e dalla condanna per i reati presupposto laddove tale modello non sia effettivo ed idoneo.
Utile la lettura della sentenza della Cassazione n. 11442/2016 sul punto relativo alla idoneità del modello adottato da una Società per reato corruttivo.
Ed invero : ” In sede di appello, la ricorrente aveva contestato le conclusioni del primo giudice in ordine all’inidoneità del suddetto modello.
La sentenza impugnata perviene al giudizio di inidoneità di tutte le cautele adottate a far data dal 2001 dalla … s.p.a. – e quindi anche di quelle contenute nel modello -, evidenziandone le carenze, consistite nella previsione di misure preventive solo “sulla carta” e nell’assenza di alcun tipo di garanzia in grado di impedire o quanto meno rendere più difficile la partecipazione dei rappresentanti della ….s.p.a. alla complessiva corruzione attuata per aggiudicarsi i vari “treni” (quali, il comitato di controllo, l’internal audit, ecc.).
Si tratta di un giudizio di fatto non affetto dai vizi denunciati, in quanto la sentenza impugnata non ha tratto la prova dell’inidoneità del modello dalla mera commissione del reato di corruzione dai rappresentanti dell’ente.
La Corte di appello, dopo aver esaminato le cautele organizzative apprestate e averne stabilito la inidoneità, ha utilizzato quale argomento rafforzativo della sussistenza della responsabilità dell’ente quello di aver adottato una politica aziendale di mero formalismo cartolare (“paper compliance policy”), come era dato trarre dalla sistematica violazione da parte dei suoi responsabili della normativa penale e dall’entità dei fondi impiegati nelle dazioni corruttive.
Invero, nel caso in esame, dal giugno 2004 sino al dicembre 2004, nonostante l’adozione del modello, si erano susseguite – senza alcuna soluzione di continuità rispetto a quanto avvenuto in precedenza – le attività corruttive realizzate da Snamprogetti s.p.a. attraverso i suoi intermediari, che subivano una sospensione solo a seguito dell’inizio delle investigazioni penali…”

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Terre e rocce da scavo: abrogato il DM 161/2012

Terre e rocce da scavo: abrogato il DM 161/2012
Pubblicato il DPR 120/2017 – Gazz. uff. 7.8.2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


E’ pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 7.8.2017 il Regolamento per la disciplina delle terre e rocce da scavo (che assume la forma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 120/2017 anziché di decreto Ministeriale).
La vigenza del DPR 120/2017 è fissata al 22.8.2017.
L’art. 31 del DPR 120/2017 abroga il DM 161/2012 ma anche

  1. l’art. 184 – bis comma 2bis (sottoprodotto) del TUA: viene espunto proprio l’ultimo comma (2bis) che richiamava espressamente il DM 161/2012 e così recitava:  “2-bis. Il decreto del Ministro dell’ambiente …. 10 agosto 2012, n. 161, .., si applica solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attivita’ o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il decreto di cui al periodo precedente non si applica comunque alle ipotesi disciplinate dall’articolo 109 del presente decreto.
  2. l’articolo 41 comma 2 del DL 69/2013 convertito in legge 98/2013 che aveva proprio inserito il comma 2bis all’art. 184bis sopra riferito.
  3. l’art. 41 bis del DL 69/2013 convertito in legge 98/2013 che recitava: Art. 41-bis (Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo). 1. In relazione a quanto disposto dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, in deroga a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161, i materiali da scavo di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), del citato regolamento, prodotti nel corso di attivita’ e interventi autorizzati in base alle norme vigenti, sono sottoposti al regime di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, se il produttore dimostra: a) che e’ certa la destinazione all’utilizzo direttamente presso uno o piu’ siti o cicli produttivi determinati;((33)) b) che, in caso di destinazione a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, non sono superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione e i materiali non costituiscono fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale;((33)) c) che, in caso di destinazione ad un successivo ciclo di produzione, l’utilizzo non determina rischi per la salute ne’ variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo delle materie prime; d) che ai fini di cui alle lettere b) e c) non e’ necessario sottoporre i materiali da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.((33)) 2. Il proponente o il produttore attesta il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 tramite dichiarazione resa all’Agenzia regionale per la protezione ambientale ai sensi e per gli effetti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, precisando le quantita’ destinate all’utilizzo, il sito di deposito e i tempi previsti per l’utilizzo, che non possono comunque superare un anno dalla data di produzione, salvo il caso in cui l’opera nella quale il materiale e’ destinato ad essere utilizzato preveda un termine di esecuzione superiore. Le attivita’ di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformita’ alla vigente disciplina urbanistica e igienico-sanitaria. La modifica dei requisiti e delle condizioni indicati nella dichiarazione di cui al primo periodo e’ comunicata entro trenta giorni al comune del luogo di produzione.((33)) 3. Il produttore deve, in ogni caso, confermare alle autorita’ di cui al comma 2, territorialmente competenti con riferimento al luogo di produzione e di utilizzo, che i materiali da scavo sono stati completamente utilizzati secondo le previsioni comunicate. 4. L’utilizzo dei materiali da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali e’ accompagnato, qualora previsto, dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, e successive modificazioni. 5. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 si applicano anche ai materiali da scavo derivanti da attivita’ e opere non rientranti nel campo di applicazione del comma 2-bis dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dal comma 2 dell’articolo 41 del presente decreto. 6. L’articolo 8-bis del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, e’ abrogato. 7. L’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161, recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo, nel definire al comma 1, lettera b), i materiali da scavo integra, a tutti gli effetti, le corrispondenti disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
  4. Vai alla lettura del DPR 120/2017
adminTerre e rocce da scavo: abrogato il DM 161/2012
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Sistri: trasporto intermodale e sanzioni

Trasporto intermodale: obbligo di iscrizione al SISTRI e applicabilità delle sanzioni
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri e Margherita Pepe


Ai sensi dell’articolo 188-ter del D. Lgs. n. 152/2006 sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a) del medesimo decreto legislativo, tra gli altri, anche le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale, compresi i vettori esteri che operano sul territorio nazionale o che, a titolo professionale, effettuano trasporti esclusivamente all’interno del territorio nazionale e i trasportatori che effettuano trasporti transfrontalieri in partenza dal territorio nazionale verso Stati esteri[1].
In caso di trasporto intermodale, l’art. 188-ter ha disposto altresì che debbano aderire al SISTRI anche i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali pericolosi in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto.
Quanto al trasposto intermodale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha definito le modalità di applicazione a regime del SISTRI con il Decreto Ministeriale n. 126 del 24 aprile 2014, recante la “disciplina delle modalità di applicazione a regime del SISTRI del trasporto intermodale nonché specificazione delle categorie di soggetti obbligati ad aderire, ex articolo 188-ter, comma 1 e 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006”.
In particolare l’articolo 2 del decreto ministeriale ha stabilito che “è fatto comunque obbligo al soggetto al quale i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi di garantire che il deposito preliminare alla raccolta sia effettuato nel rispetto delle norme di tutela ambientale e sanitaria”, fermo restando che non sono modifica le eventuali responsabilità del trasportatore, dell’intermediario nonché degli altri soggetti ad esso equiparati, in conseguenza della violazione degli obblighi assunti nei confronti del produttore di rifiuti.
Il decreto ministeriale ha altresì indicato che in ogni caso che restano fermi gli obblighi e gli adempimenti del trasportatore, dell’intermediario nonché degli altri soggetti ad esso equiparati, riguardo alla compilazione ed alla sottoscrizione delle schede SISTRI di rispettiva competenza.
I soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al SISTRI nei termini previsti, sono puniti in caso di rifiuti non pericolosi con una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600,00 Euro a 15.500,00 Euro, e in caso di rifiuti pericolosi con una sanzione amministrativa da 15.500,00 Euro a 93.000,00 Euro ai sensi dell’articolo 260-bis, comma 1, del D. Lgs. n. 152/2006.
L’omesso pagamento entro i termini del contributo per l’iscrizione al SISTRI è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600,00 Euro a 15.500,00 Euro per i rifiuti non pericolosi da 15.00,00 Euro a 93.00,00 Euro in caso di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 260-bis, comma 2, del D. Lgs. n. 152/2006.
L’articolo 11, comma 3-bis, del d.l. n. 10/2013 ha stabilito che le sanzioni relative al SISTRI di cui all’articolo 260-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, si applicano a decorrere dal 01 aprile 2015 e, tuttavia, fino alla data del subentro alla Consip Spa nella gestione del servizio SISTRI di altro concessionario individuato ai sensi del comma 9-bis dell’art. 11 del d.l. n. 10/2013, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017, le sanzioni di cui all’articolo 260-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono ridotte del 50 per cento.
Quanto alle sanzioni amministrative previste dai commi da 3 a 9 dell’articolo 260-bis, D.lgs. n. 152/2006 (omissione della compilazione del registro cronologico o della scheda SISTRI, dare informazioni incomplete o inesatte, alterare fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori, etc.), l’articolo 11, comma 3-bis, del d.l. n. 10/2013 ha stabilito che fino alla data del subentro alla Consip Spa nella gestione del servizio SISTRI di altro concessionario individuato ai sensi del comma 9-bis dell’art. 11 del d.l. n. 10/2013, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017, al fine di consentire la tenuta in modalità elettronica dei registri di carico e scarico e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati nonché l’applicazione delle altre semplificazioni e le opportune modifiche normative le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis, commi da 3 a 9, e 260-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non si applicano. In tale caso continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui agli articoli 188, 189, 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (che ha inserito nel D.Lgs. 152/2006 il sistema SISTRI), nonché le relative sanzioni.
 
[1] Per i vettori stranieri che effettuano trasporti transfrontalieri dall’estero con destinazione nel territorio nazionale, o con solo attraversamento del territorio nazionale, valgono le disposizioni sulla tracciabilità previste dal Regolamento comunitario n. 1013/2006 e dunque non sono tenuti all’iscrizione al SISTRI.

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V.I.A.: termini perentori per il procedimento

TERMINI PERENTORI per il procedimento di verifica V.I.A.
Schema di confronto tra l’art. 20 previgente e l’art. 19 Dlgs. 152/2006
 A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Cambia il procedimento di verifica di assoggettabilità a V.I.A..
Il previgente art. 20 Dlgs. 152/2006 è stato trasfuso e modificato nell’art. 19 riformato dal Dlgs. 104/2017.
Di seguito schema di confronto dell’art. 20 previgente e dell’art. 19 Dlga 152/2006 (come riformato dal Dlgs. 104/2017).
L’art. 19 prevede la perentorietà dei termini del procedimento di verifica di assoggettabilità; termini espressamente indicati (30, 45 giorni, tempestivamente..). Termini perentori per il proponente e per la Pubblica Amministrazione ma il legislatore esprime sanzione di archiviazione dell’intero procedimento solo a carico del proponente che non abbia rispettato il termine di 45 giorni per la integrazione richiesta dalla P.A.. Nulla esprime…continua lettura articolo e schema art. 20 e 19 Dlgs. 152/2006 come riformato dal Dlgs. 104/2017 
– La lettura del documento e dello schema di confronto richiede password che puoi richiedere inviando mail a cinzia.silvestri@studiolgaleambiente.it o tramite iscrizione a mailing list del sito www.studiolegaleambiente.it

adminV.I.A.: termini perentori per il procedimento
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Diritto di accesso civico: Circolare del Ministero n. 2/2017

Accesso civico …sempre più complicato
Circolare del Ministro Madia n. 2/2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Avv. Cinzia Silvestri


Pubblicata in Gazzetta ufficiale del 13.7.2017 la circolare del Ministro Madia n. 2/2017 sull’Accesso Civico (leggi)
Le norme sulla trasparenza della P.A.  inaugurate con il Dlgs. 33/2013 avevano visto dare alla luce l’art. 5 che poneva il buon proposito di consentire l’accesso, cosiddetto civico, ad ogni cittadino sulle informazioni e dati della pubblica amministrazione. La semplicità del concetto di accesso alla vita della Amministrazione subisce subito precisazione nelle Linee Guida Anac; linee Guida che ormai spaventano qualsiasi giurista per la complessità, farraginosità delle declinazioni intrise di aulici propositi ma che in concreto creano ancora più difficoltà di comprensione. Ed infatti interviene persino questa Circolare del Ministro Madia che si pone sul solco della complicazione della vita di ogni cittadino. Circolare che precisa, indica, adempimenti, protocolli, registrazioni alle amministrazioni ma che in realtà pone puntelli e limiti proprio all’accesso civico che doveva, poteva, aprire le porte al cittadino alle informazioni che gli sono dovute. La Pubblica amministrazione lavora per il cittadino che ha tutto il diritto di controllare, verificare, accedere liberamente all’attività compiuta. Così non è.
Si riportano i primi tre semplici commi dell’art. 5 Dlgs. 33/2013 vigente dal 21.6.2016:

“..1. L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.

2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis.

3. L’esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. L’istanza può essere trasmessa per via telematica secondo le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ed è presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici:

a) all’ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;
b) all’Ufficio relazioni con il pubblico;
c) ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale;
d) al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ove l’istanza abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto….”

 
 
 

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Conferenza di Servizi per la V.I.A.: novità

Conferenza di Servizi per V.I.A: modificato l’art. 14 L. 241/90
 Schema di raffronto dell’art. 14 comma 4 prima e dopo il Dlgs. 104/2017
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il Dlgs. 104/2017 modifica anche l’art. 14 comma 4 L. 241/90 confermando la modalità sincrona della conferenza di servizi come indicata nell’art. 14 ter della L. 241/90 ma rinviando alla procedura prevista nel nuovo articolo 27 – bis introdotto proprio dal Dlgs. 107/2017..Leggi schema art. 14 comma 4 L. 241/91 e nuovo art. 27bis Dlgs. 152/2006 


adminConferenza di Servizi per la V.I.A.: novità
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