Sistri: chiarimenti in attesa del 1 ottobre 2013

SISTRI : alcuni chiarimenti in attesa delle disposizioni governative.
 A cura di Dario Giardi e Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


In attesa della circolare Ministeriale seguono alcune riflessioni:
Il Ministro Orlando, considera la fase di avvio un periodo di sperimentazione per individuare le semplificazioni necessarie. Il Ministro ha infatti precisato che solo 17.000 imprese su un totale di circa 70.000 dovranno partire il 1 ottobre, mentre le restanti dovranno partire il 3 marzo 2014. La limitazione del campo di applicazione per i soggetti obbligati dal primo ottobre, da parte del Ministro, è espressamente intesa a contenere il più possibile l’impatto del primo avvio.
In considerazione degli intendimenti del Ministro, le attività codificate in ATECO
38 – attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti; recupero dei materiali,
39 – attività di risanamento e altri servizi di gestione rifiuti e
49 – trasporto terrestre e trasporto mediante condotte
hanno il requisito minimo per l’avvio dell’attività dal 1 ottobre.
Per le altre imprese, le cui attività sono individuate con codici ATECO diversi, la partenza è fissata al 3 marzo 2014.
Si noti che qualora invece la norma fosse interpretata in senso estensivo, le imprese obbligate a partire dal primo ottobre sarebbero circa 50.000, e non 17.000 come voluto dal Ministro.
Si ricorda che i codici ATECO costituiscono la modalità per codificare le attività economiche da parte dell’ISTAT. Essi sono la traduzione italiana della Nomenclatura delle Attività Economiche (NACE) che forma oggetto di regolamentazione comunitaria (v. Reg. n. 1893/2006), al fine di migliorare la governance economica a livello europeo e nazionale. I codici ATECO attribuiti alle singole imprese sono riportati nel Registro delle imprese. La classificazione ATECO è stata approvata da un apposito Comitato di gestione con la partecipazione dei Ministeri interessati. E’ la classificazione usata dall’Agenzia delle entrate.
1) Soggetti obbligati alla iscrizione – Campo di applicazione
L’articolo 11 del dl 101/2013, comma 3, stabilisce che l’obbligo di utilizzo di SISTRI decorre dal 1 ottobre 2013 per:
– i trasportatori di rifiuti pericolosi a titolo professionale;
– i gestori di rifiuti pericolosi;
– i “nuovi produttori”: produttori di rifiuti derivanti da operazioni di trattamento di rifiuti;
– gli intermediari e commercianti di rifiuti pericolosi;
Si ritiene che, relativamente ai soggetti che devono operare con SISTRI dal 1 ottobre, si intendano:
a) per trasportatori di rifiuti pericolosi: le imprese, individuate presso il Registro delle imprese con codice ATECO 49, iscritte all’albo gestori ambientali alla categoria 5. Restano esclusi, in particolare, i trasportatori di rifiuti pericolosi iscritti all’albo gestori ambientali ai sensi dell’art. 212, comma 8, del d.lgs. n. 152/2006, se non obbligati per altro motivo;
b) per gestori di rifiuti pericolosi: le imprese che trattano rifiuti pericolosi prodotti da terzi individuate presso il Registro delle imprese con codici ATECO 38 e 39, regolarmente autorizzate;
c) per nuovi produttori: i produttori di rifiuti pericolosi derivanti da operazioni di trattamento di rifiuti sia pericolosi che non pericolosi, svolte in impianti individuati con codici ATECO 38 e 39;
d) gli intermediari e commercianti di rifiuti pericolosi;
 
I produttori iniziali di rifiuti pericolosi, cioè i soggetti che producono rifiuti pericolosi derivanti dalle attività produttive, commerciali o di servizi, sono esclusi dall’obbligo di utilizzo di SISTRI fino al 3 marzo 2014; essi rimangono obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico e all’emissione del formulario di trasporto fino al 3 aprile 2014.
2) Prime indicazioni operative per le imprese obbligate dal 1 ottobre 2013
I trasportatori di rifiuti pericolosi che dal 1 ottobre dovranno utilizzare SISTRI applicano la procedura prevista per l’attività di microraccolta, come descritta al paragrafo 6.5.6 del Manuale operativo versione 3.1 del 7 agosto 2013 .
Tale procedura consente l’utilizzo delle schede in bianco da riconciliare a fine viaggio e non comporta per il trasportatore:
– la predisposizione della scheda movimentazione almeno 1 ora prima della movimentazione stessa;
– la programmazione del viaggio con il sistema di geolocalizzazione di sistri.
Il produttore iniziale, prima del conferimento, dovrà sottoscrivere sia il formulario che le schede cartacee SISTRI Area Movimentazione fornite dal trasportatore, trattenendo una copia di ciascun documento.
Gli impianti di gestione rifiuti accettano il rifiuto sottoscrivendo la scheda di movimentazione e il FIR e ne inviano copia al produttore iniziale. Una volta accettato il rifiuto secondo le modalità previste ai paragrafi 7.2.1 e 7.2.2 del Manuale operativo, gli impianti prendono in carico il rifiuto al registro cronologico della messa in riserva (R13) o del deposito preliminare (D15), se tale registro cronologico è previsto sulla base dell’autorizzazione dell’impianto e se il rifiuto in ingresso viene stoccato preliminarmente; diversamente il rifiuto viene preso in carico nel registro cronologico che individua la prima attività di trattamento cui è sottoposto il rifiuto in ingresso.
Non risulta applicabile al Sistri, così come è concepito, il tracciamento dei rifiuti nei passaggi interni degli impianti, come invece prevede il Manuale operativo al paragrafo 7.3, così come non risulta applicabile la presa in carico delle giacenze alla mezzanotte del 30 settembre, prima che gli impianti inizino ad utilizzare Sistri, così come previsto nel Manuale operativo al paragrafo 7.1.2.
I rifiuti pericolosi derivanti dalle attività di trattamento svolte negli impianti di gestione di rifiuti sono presi in carico nel registro cronologico “produttori/detentori¨oppure nel registro cronologico della messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) se previsti dalle autorizzazioni dei singoli impianti ed avviati a smaltimento o recupero con la scheda movimentazione secondo la procedura ordinaria.
Come previsto all’art 12, comma 2, del decreto ministeriale 17 dicembre 2009, per il mese successivo alla data di avvio dell’obbligatorietà di SISTRI, in riferimento ai due scaglioni, tutti i soggetti coinvolti sono tenuti a compilare, oltre a SISTRI, anche i registri di carico e scarico ed i formulari di trasporto.

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Sicurezza: DPI e licenziamento

Sicurezza: DPI e licenziamento
Cass. civile 5.8.2013 n. 18615-

A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il lavoratore impugnava il licenziamento per aver rifiutato di indossare i dispositivi di protezione individuale (DPI) obbligatori per l’accesso sul luogo di lavoro.
Il lavoratore, segnala la Corte, ha “…il dovere di rendere la prestazione lavorativa con le modalità e nel rispetto delle disposizioni organizzative impartite dal datore di lavoro, ivi comprese quelle attinenti l’utilizzo dei DPI..”
Il lavoratore aveva rifiutato “…di ricevere detti dispositivi..” così  venivano irrogate due sanzioni disciplinari conservative ed in seguito il lavoratore aveva ancora rifiutato di ottemperare ad un ordine di servizio che gli imponeva il ritiro dei DPI; il datore gli aveva così inibito l’accesso al luogo di lavoro e gli aveva contestato la violazione dei doveri a lui posti dalla normativa di sicurezza, dal codice disciplinare e dal rapporto di lavoro.
Seguiva il licenziamento valutato legittimo dalla corte.
La difesa del lavoratore si concentrava nell’assunto di “…non aver mai rifiutato di ricevere i dispositivi di sicurezza individuale per cui sarebbe illegittimamente irrogato non solo il licenziamento, ma anche le precedenti sanzioni disciplinari..”
Sanzioni disciplinari
Il lavoratore, inoltre, si difende allegando che le sanzioni disciplinari erano state impugnate e che il giudice di appello aveva dato valore recidivante a sanzioni ancora non definite.
La Corte sul punto precisa che : “ L’impugnazione di sanzioni disciplinari irrogate per mancanze del lavoratore non preclude al giudice, all’atto della verifica della legittimità del recesso del datore, di tener conto delle sanzioni in questione, atteso che la sospensione prevista dall’art. 7, c. 6, della l. 20.05.70 n. 300 agisce su misure disciplinari già efficaci e si risolve in una mera temporanea ineseguibilità, da ritenere riferita alle infrazioni considerate singolarmente e non già quali componenti del complesso e più grave illecito disciplinare sanzionato con il licenziamento. Consegue che l’impugnativa innanzi al collegio arbitrale non impedisce al giudice di effettuare una valutazione complessiva del merito e della reiterazione del comportamento addebitato (Cass. 5.01.05 n. 172, Cass. 27.04.96 n. 3915 e 20.08.91 n. 8973).

Nella specie la Corte d’appello, aderendo a questo principio, non si è limitata a tener conto del dato formale della recidiva, ma ha preso in considerazione, nel contesto complessivo del comportamento tenuto dal Di V., anche gli episodi oggetto delle sanzioni disciplinari, di modo che la circostanza che sulla legittimità delle sanzioni non sia intervenuto un accertamento definitivo, in questa sede non rileva.
Inibizione prestazione lavorativa
Di interesse nella sentenza il monito della Corte che ricorda l’obbligo del datore di lavoro di inibire la prestazione lavorativa qualora in violazione della normativa sulla sicurezza: “…avesse omesso di ritirare gli stessi legittimava la società datrice ad inibire l’accesso del lavoratore sul luogo di lavoro, avendo essa l’obbligo di impedire la prestazione lavorativa ove l’esecuzione della stessa non fosse avvenuta in condizioni di sicurezza, in quanto avrebbe potuto risolversi in un pregiudizio per l’integrità fisica del lavoratore.
..”
Onere della prova
Il lavoratore non ha l’onere di provare “..l’inesistenza della giusta causa..”. Tuttavia pur gravando sul datore di lavoro l’onere della prova in ordine alla sussistenza della giusta causa di licenziamento, tuttavia non è necessario che la prova sia acquisita ad iniziativa o per il tramite del datore di lavoro, potendo il giudice porre a fondamento della decisione gli elementi di prova comunque ritualmente acquisiti al processo, anche ad iniziativa di altre parti (compreso il lavoratore licenziato) oppure d’ufficio (Cass. 28.10.03 n. 16213)…”
 
 
 

 

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Circolare 35/2013 Ministero Lavoro: solidarietà e appalti

 Il MINISTERO chiarisce: solidarietà in materia di appalti 
segnalazione a cura di Studio legale Ambiente


Il Ministero si occupa con circolare esplicativa di chiarire alcuni punti oscuri del D.L. n. 76/2013 (conv. da L. n. 99/2013) recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti” – indicazioni operative per il personale ispettivo.
Si riporta quanto previsto in tema di solidarietà negli appalti
“Solidarietà negli appalti (art. 9, comma 1) 
Il D.L. n. 76/2013 chiarisce anche i contenuti dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 che, come noto, disciplina l’istituto della solidarietà nell’ambito degli appalti.
L’art. 29 citato stabilisce che “salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento (…)”.
Al riguardo, in parte confermando principi già espressi da questo Ministero con circ. n. 5/2011, si prevede che la disciplina in questione:
trova applicazione anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo. La ratio sottesa all’istituto della solidarietà, volta a tutelare i lavoratori per i quali gli obblighi previdenziali e assicurativi sono prevalentemente assolti dal datore di lavoro/committente, lascia tuttavia intendere che il riferimento ai “lavoratori con contratto di lavoro autonomo” sia limitato sostanzialmente ai co.co.co./co.co.pro. impiegati nell’appalto e non anche a quei lavoratori autonomi che sono tenuti in via esclusiva all’assolvimento dei relativi oneri. Una diversa interpretazione porterebbe sostanzialmente ad una coincidenza tra trasgressore e soggetto tutelato dalla solidarietà, ampliando ingiustificatamente le effettive responsabilità del committente, con evidenti distonie sul piano delle finalità proprie dell’istituto;
– non trova applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle PP.AA. di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, rispetto alle quali continuano tuttavia ad applicarsi sia la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 163/2006 che nell’art. 1676 c.c..
È inoltre previsto che l’eventuale intervento delle parti sociali volto ad incidere sulla disciplina di cui all’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, individuando “metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti”, esplichi i propri effetti esclusivamente in relazione ai trattamenti retributivi dovuti ai lavoratori impiegati nell’appalto “con esclusione di qualsiasi effetto in relazione ai contributi previdenziali e assicurativi”. Una eventuale diversa disciplina introdotta dalla contrattazione collettiva non comprometterebbe pertanto il diritto degli Istituti previdenziali e assicurativi di avvalersi della solidarietà ai fini della riscossione della contribuzione non versata”
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Nuovi Reati ex Dlgs. 231/2001 – Responsabilità Società

Nuovi reati ex Dlgs. 231/2001- Privacy –  responsabilità Società.
Art. 24bis Dlgs. 231/2001  
A cura di Studio Legale Ambiente -Cinzia Silvestri


 
 L’art. 9 del DL 93/2013 vigente dall’11.9.2013 (frode informatica commessa con sostituzione di identità) al comma 2 ha modificato l’art. 24bis del Dlgs. 231/2001 in tema di responsabilità amministrativa degli enti.
L’intervento si presenta corposo e complesso.
Vengono assoggettati alla disciplina della responsabilità degli enti e dunque del “modello 231” alcuni reati di particolare importanza.
1) art. 635-quinquies c.p.:  Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità.
2) art. 640-ter c.p. Frode informatica commessa con sostituzione dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti  .
3) art. 55 comma 9 Dlgs. 231/2007 che prevede: “Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
4) Dlgs. 196/2003 parte III, titolo III capo II ovvero gli articoli
Art. 167 (Trattamento illecito di dati)
Art. 168 (Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante)
Art. 169 (Misure di sicurezza)
Art. 170 (Inosservanza di provvedimenti del Garante)
Art. 171 (Altre fattispecie)
Art. 172 (Pene accessorie)


 
L’ art. 24bis modificato risulta così di nuova lettura:
(Delitti informatici e trattamento illecito di dati).
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui  agli  articoli 615-ter, 617-quater, 617-quinquies, 635-bis, 635-ter, 635-quater ,635-quinquies e 640-ter, terzo comma, del codice  penale nonche’ dei delitti di cui agli articoli 55, comma 9, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e di cui alla Parte III, Titolo  III,  Capo II del decreto legislativo 30 giugno  2003,  n.  196  si  applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a cinquecento quote.
2. In relazione alla commissione dei delitti di cui  agli  articoli 615-quater e 615-quinquies del codice penale, si applica all’ente  la sanzione pecuniaria sino a trecento quote.
3. In relazione alla commissione dei delitti di cui  agli  articoli 491-bis e 640-quinquies del  codice  penale,  salvo  quanto  previsto dall’articolo 24 del presente decreto per i casi di frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico, si applica all’ente la sanzione pecuniaria sino a quattrocento quote.
4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1 si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, lettere a), b) ed e). Nei  casi  di  condanna  per  uno  dei  delitti indicati nel comma 2 si applicano le sanzioni  interdittive  previste dall’articolo 9, comma 2, lettere b) ed e). Nei casi di condanna  per uno dei delitti  indicati  nel  comma  3  si  applicano  le  sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e).
 
 
 

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Veicoli e iscrizione albo gestori ambientali

Chiarimenti del Comitato Nazionale : Disponibilità dei veicoli ai fini dell’iscrizione all’Albo.
Locazione senza conducente e comodato senza conducente
segnalazione a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio legale Ambiente


 
Con riferimento ai quesiti formulati dalle Sezioni regionali in ordine ai titoli di disponibilità dei veicoli da ritenersi idonei ai fini dell’iscrizione all’Albo, anche alla luce delle nuove norme in materia di accesso alla professione di autotrasportatore e di immatricolazione dei veicoli, il Comitato nazionale ha ritenuto di diramare i seguenti chiarimenti operativi, con particolare riguardo alle procedure relative alle modalità per dimostrare la disponibilità dei veicoli mediante locazione senza conducente e mediante comodato senza conducente.
1. I titoli di disponibilità ammessi
Come è noto, ai sensi dell’art. 12, comma 3, lettera d), del D.M. 406/98, ai fini dell’iscrizione all’Albo per il trasporto dei rifiuti è richiesta la documentazione attestante la disponibilità dei veicoli ai sensi della Legge 6 giugno 1974, n. 298 e del D.Lgs 3 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada).
In base alla suddette disposizioni legislative sono ritenuti idonei, sia per il trasporto in conto proprio che per il trasporto per conto di terzi, i seguenti titoli di disponibilità dei veicoli: proprietà, usufrutto, acquisto con patto di riservato dominio e leasing.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 84, comma 3, del Codice della Strada, è consentita, per i veicoli immatricolati ad uso di terzi aventi massa complessiva a pieno carico superiore a 6 t, la disponibilità mediante locazione senza conducente purché entrambe le imprese, locatrice e locataria, siano iscritte all’Albo degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, al REN (Registro Elettrico Nazionale di cui all’art.16 del Regolamento (CE) 1071/2011) e, quindi, titolari di autorizzazione.
Come disposto dagli artt. 2 e 3 del Decreto del Ministro delle politiche comunitarie 16 febbraio 1994, n. 213, la locazione senza conducente, come previsto anche dall’art. 84, comma 2, del Codice della Strada, può avere ad oggetto il veicolo immatricolato o messo in circolazione conformemente alla legislazione dello Stato membro comunitario di stabilimento dell’impresa che lo fornisce. In tal caso, restano salve, come specificato con circolare del Comitato nazionale n. 820 del 16 giugno 2008, le condizioni e i limiti relativi all’utilizzazione da parte dell’impresa dei veicoli presi in locazione senza conducente da imprese stabilite in altri stati comunitari.
Per i veicoli aventi massa complessiva a pieno carico fino a 6 t e per i veicoli ad uso speciale è ammessa la disponibilità mediante locazione senza conducente qualora il locatore sia esercente dell’apposita attività (con idonea iscrizione al Registro delle Imprese) e i veicoli siano immatricolati ad uso di terzi ai fini della locazione, ferma restando la necessaria regolare iscrizione all’Albo degli autotrasportatori e al REN del locatario qualora lo stesso eserciti l’attività di trasportatore per conto di terzi.
Ai sensi dell’art. 67 della legge 19 febbraio 1992, n. 142 , di modifica dell’articolo 31 della legge 298/74, è altresì ammessa la locazione senza conducente dei veicoli ad uso proprio di massa complessiva a pieno carico sino a 6 t.
Con l’entrata in vigore dal regolamento (CE) n. 1071/2009, e delle prime disposizioni di applicazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Decreto Dirigenziale 25 novembre 2011, n.291), risulta ammesso, quale titolo di disponibilità dei veicoli, il comodato senza conducente. Si è confermato, in tal modo, quanto già previsto in ordine alla disponibilità dei veicoli dall’art. 94, comma 4-bis, del Codice della Strada e dall’art. 247-bis del Regolamento di esecuzione.
Fermo restando il necessario possesso da parte del locatario del titolo per l’esercizio dell’attività, è ammissibile il comodato senza conducente anche dei veicoli ad uso di terzi non assoggettati al regolamento (CE) n. 1071/2009. Non è consentito, invece, il comodato riguardante i veicoli adibiti ad uso proprio.
2. Iscrizione dei veicoli in disponibilità dell’impresa mediante locazione senza conducente.
Ai fini dell’iscrizione all’Albo, le imprese interessate presentano alla Sezione regionale, oltre e in aggiunta alla prevista documentazione, copia del contratto di locazione corredata di dichiarazione di conformità all’originale rilasciata ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000.
Il contratto di locazione deve contenere:
a)      la denominazione dell’impresa locatrice e dell’impresa locataria, nonché i dati identificativi del veicolo locato;
b)      nei casi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 84 del Codice della Strada, che l’impresa locatrice è iscritta all’Albo degli autotrasportatori di cose per conto terzi e al REN, con indicazione degli estremi di iscrizione, ovvero, qualora non si tratti di impresa nazionale, che essa è stabilita in un altro Stato membro della CE;
c)      l’indicazione della durata del contratto e l’indicazione che il veicolo locato deve essere messo a disposizione esclusivamente dell’impresa locataria per la durata del contratto stesso;
d)      la previsione della messa a disposizione senza conducente del solo veicolo (il contratto non deve essere abbinato ad un contratto di servizio concluso con l’impresa locataria e riguardante il personale di guida);
e)      la previsione che il veicolo locato sia guidato da personale alle dipendenze dell’impresa che lo utilizza.
Si fa presente che la normativa in materia di autotrasporto di cose non prevede espressamente la registrazione del contratto di locazione.
 3. Iscrizione dei veicoli in disponibilità dell’impresa mediante comodato senza conducente
Con circolare 7 dicembre 2011, n. 4/2011/TSI, di applicazione del Decreto Dirigenziale 25 novembre 2011, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiarito che, ai fini dell’immissione in circolazione, la disponibilità di un veicolo a titolo di comodato senza conducente è dimostrata dall’impresa autorizzata con la presentazione di apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà all’Ufficio della Motorizzazione Civile competente, corredata di un originale o di una copia autentica del relativo contratto regolarmente registrato.
Ai fini della circolazione, l’UMC, nelle more dell’attuazione dell’art. 94, comma 4-bis, del Codice della Strada, rilascia una copia semplice della dichiarazione di cui sopra, opportunamente vistata, dopo aver verificato sul contratto che la dazione in comodato non preveda alcuna controprestazione onerosa, né pecuniaria, né di altro genere da parte del comodatario e non contenga altre figure giuridiche.
Per quanto sopra, nelle more dell’attuazione dell’art. 94, comma 4-bis, del Codice della Strada, le imprese che intendono utilizzare, ai fini dell’iscrizione all’Albo nazionale Gestori Ambientali, i veicoli ad uso di terzi assoggettati al regolamento (CE) n. 1071/2009 in disponibilità mediante comodato senza conducente, presentano alla Sezione regionale, oltre e in aggiunta alla prevista documentazione, copia della dichiarazione di cui alla circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 7 dicembre 2011, n. 4/2011/TSI vistata dal competente UMC e corredata di dichiarazione di conformità all’originale rilasciata ai sensi dell’art.47 del D.P.R.445/2000.
Per i veicoli ad uso di terzi non assoggettati al regolamento (CE) n. 1071/2009, invece, le imprese presentano copia del contratto di comodato senza conducente corredata di dichiarazione di conformità all’originale rilasciata ai sensi dell’art.47 del D.P.R.445/2000.
 

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Bando Regione Veneto: contributi per le aziende sicurezza lavoro

Sicurezza sul lavoro – Bando
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


 
La Regione Veneto assegna contributi, tramite bando, finalizzati al miglioramento o adozione di sistemi di gestione sulla salute e sicurezza del lavoro.
Il contributo può essere utile al fine di finanziare almeno i costi delle consulenze per la realizzazione dei sistemi di gestione.
Richieste ammissibili Le richieste di adesione al presente Bando SGSL 2013/2014 devono riferirsi ad interventi riguardanti l’adozione o il miglioramento di un sistema di gestione della salute e della sicurezza all’interno di una o più unità produttive attive nel territorio regionale. Nella richiesta di partecipazione deve essere specificato il riferimento al modello organizzativo che si intende adottare o migliorare (es. sistema certificato BS OHSAS 18001: 2007, o conforme alle Linee Guida ISPESL-UNI-INAIL ediz. 2001, o alle Linee di indirizzo della Regione Veneto per la valutazione dell’organizzazione aziendale della sicurezza). Gli interventi che si intendono attuare devono prevedere almeno la realizzazione di:
A. politica aziendale sulla salute e sicurezza sul lavoro;
B. organigramma delle funzioni coinvolte nella gestione della sicurezza;
C. adozione o miglioramento delle procedure: C.1 sulla gestione di infortuni/incidenti/comportamenti pericolosi; C.2 sulla gestione della manutenzione; C.3 sulla gestione dei DPI; C.4 sulla gestione di informazione/formazione/addestramento; C.5 Gestione Appalti; C.6 Sorveglianza sanitaria;
D. piano/programma di verifica (piano di monitoraggio/audit interno) delle attività di mantenimento e miglioramento delle procedure C1 – C2 – C3 – C4 – C5 – C6 adottate o migliorate;
E. verbale della prima verifica ispettiva interna (verbale di monitoraggio/audit interno) attestante le attività svolte e gli obi
Vai al Bando: DGR_1233_16_07_2013_AllegatoA

adminBando Regione Veneto: contributi per le aziende sicurezza lavoro
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Sistri: DL. 101/2013 art. 11

SISTRI: DL n. 101/2013 
DL n. 101/2013 Gazz. UFF. n. 204 del 31.8.2013 art. 11
Il Consiglio dei Ministri approva la riattivazione del Sistema di tracciabilità dei rifiuti a partire dal 1 ottobre 2013.
Segnalazione a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


 
Il Consiglio dei Ministri del 26 agosto u.s. ha approvato il decreto legge n. 101/2013 recante “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”.
All’interno del provvedimento, l’Articolo 11 (Semplificazione e razionalizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti e in materia di energia), dispone la riattivazione operativa del Sistri.
Soggetti coinvolti
L’avvio del sistema riguarderà solo i gestori e i trasportatori di rifiuti pericolosi  (non i produttori).
Per gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi, il termine iniziale di operatività del SISTRI è fissato al 1° ottobre 2013.
Per i produttori di rifiuti pericolosi e per comuni e gestori di rifiuti urbani nella regione Campania il Sistri partirà invece il 3 marzo 2014 per consentire ulteriori semplificazioni, da adottarsi con decreto ministeriale entro il 3 marzo 2014, con possibilità di ulteriore proroga di sei mesi se a tale data le semplificazioni non saranno rese operative.
Semplificazioni
Le semplificazioni dovranno essere adottate anche alla luce delle proposte delle associazioni rappresentative degli utenti, ovvero delle risultanze delle rilevazioni di soddisfazione dell’utenza previa verifica tecnica e della congruità dei relativi costi da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
Le semplificazioni dovranno essere finalizzate ad assicurare:

  • la riduzione dei costi di esercizio del sistema per gli utenti, anche mediante integrazioni con altri sistemi che trattano dati di logistica e mobilità delle merci e delle persone ed innovazioni di processo che consentano la delega della gestione operativa alle associazioni di utenti;
  • la sostituzione o l’evoluzione degli apparati tecnologici;
  • la rideterminazione dei contributi da porre a carico degli utenti in relazione alla riduzione dei costi conseguita, con decorrenza dall’esercizio fiscale successivo a quello di emanazione del decreto.

Estensione del Sistema
Con decreto ministeriale da adottarsi entro il 3 marzo 2014 saranno individuate, nell’ambito degli enti o imprese che effettuino il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie di soggetti a cui si riterrà opportuno estendere il sistema di tracciabilità dei rifiuti.
Sanzioni
In sede di prima applicazione della disciplina si prevede una moratoria dell’applicazione delle sanzioni per le violazioni meramente formali. Viene previsto, infatti, che le sanzioni per le violazioni di cui all’articolo 260-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, limitatamente alle violazioni relative alle condotte di informazioni incomplete o inesatte, commesse fino al 31 marzo 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI è obbligatorio dal 1° ottobre 2013, e fino al 30 settembre 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI è obbligatorio dal 3 marzo 2014, sono irrogate nel caso di reiterate (almeno tre) violazioni.
 
Nuovo Comitato per la vigilanza ed il controllo
Viene, infine, soppresso il Comitato di vigilanza e controllo e ne viene prevista la sostituzione con un nuovo Tavolo tecnico di monitoraggio e concertazione, costituito presso il Gabinetto del Ministro dell’Ambiente, da istituire tramite successivo decreto ministeriale.
 

adminSistri: DL. 101/2013 art. 11
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Terre e rocce da scavo e piccoli cantieri

 Terre e rocce da scavo prodotte da piccoli cantieri
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Il DL 69/2013 è stato convertito in legge n. 98/2013.
L’art. 41bis (ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo) è rimasto immutato rispetto alla versione del DL “del fare”, salvo aggiungere il comma 7.
Per una breve disamina si pubblica (clicca su) l’articolo Piccoli cantieri
 
 

adminTerre e rocce da scavo e piccoli cantieri
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DM 7.8.2013: calcolo efficienza energetica impianti incenerimento

Calcolo efficienza energetica impianti incenerimento: DM 7.8.2013
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


 
Le condizioni climatiche locali possono essere prese in considerazione ai fini del calcolo dell’efficienza energetica degli impianti di incenerimento.
Il DM sostituisce la nota (4) dell’allegato C alla parte IV del Dlgs. 152/2006.
DM 7.8.2013

adminDM 7.8.2013: calcolo efficienza energetica impianti incenerimento
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Circolare Ministero Ambiente: trattamento rifiuti

Ministero Ambiente: Circolare di chiarimento
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


 
Le circolari creano sempre un certo timore. Lo sforzo di chiarire e’ meritevole ma l’interpretazione distorta e’ in agguato.
La Circolare tenta di chiarire alcuni punti che sono al vaglio della Unione Europea.
La circolare e’ indirizzata alle amministrazioni e indica la linea che dovranno seguire nel valutare i singoli casi.
Non ci resta che leggere:  Circolare ministero ambiente

adminCircolare Ministero Ambiente: trattamento rifiuti
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Un gesto di civiltà

Un Comune virtuoso
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Studio Legale Ambiente riprende le pubblicazioni con una buona notizia.
Il Comune di Villasimius ( Sardegna /Cagliari) e’ un Comune ..gentile.
Accade che i turisti per accedere alle spiagge parcheggiano frettolosamente e selvaggiamente dimenticando, spesso, di pagare il biglietto orario; biglietto orario dal costo democratico di 3 euro per la mezza giornata e 5 euro per la intera giornata.
Costo orario adeguato e, con sorpresa, onesto.
Se il turista distratto dimentica di pagare trova, a fine giornata, adagiato, un “avviso di cortesia” che lo invita a recarsi a pagare il solo costo del parcheggio con supplemento di 1 euro ( solo) entro le venti della stessa giornata. Il pagamento può essere effettuato presso il Comune ma anche a qualsiasi ” agente” . Ogni agente e’ abilitato a ricevere il pagamento. Sorprendente ed inusuale e’ anche la cortesia e la disponibilità degli agenti.
Il turista dunque anziché subire l’ immediata sanzione (pesante e fastidiosa sempre) si reca volentieri a pagare entro serata ed il giorno dopo, per ricambiare la cortesia …. Paga pure il biglietto.
Un esempio di intelligenza amministrativa a cui non siamo più abituati.

adminUn gesto di civiltà
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DURC/ compensazione crediti PA

Durc/ compensazione crediti PA

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


 

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

DECRETO 13 marzo 2013

Rilascio del documento unico di regolarita’ contributiva anche in presenza di una certificazione che attesti la sussistenza e l’importo di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte di un medesimo soggetto. (13A06078) (GU Serie Generale n.165 del 16-7-2013)

adminDURC/ compensazione crediti PA
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Bonifica: proprietario incolpevole

Proprietario incolpevole dell’Inquinamento e oneri di bonifica
Cons. Stato  n. 2740/2013
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


La sentenza del Consiglio di Stato riporta il contrasto giurisprudenziale sorto sulla questione relativa all’onere e costo di bonifica che grava sul proprietario non responsabile dell’inquinamento. La questione è già all’esame della adunanza plenaria dal marzo 2013 ed in attesa di decisione. Il Consiglio di Stato ritiene invero che la soluzione del caso debba passare  attraverso la soluzione della questione e rimette anche il caso discusso alla decisione plenaria.


Il CASO
Il Ministero dell’Ambiente (e altri ministeri) impugnano la sentenza TAR Toscana 1491/2012 che ha accolto il ricorso proposto dalla società XXX contro  le determinazioni conclusive della Conferenza decisoria, nonché contro il decreto direttoriale recanti prescrizioni di messa in sicurezza della falda e del sottosuolo attualmente di proprietà della ricorrente XXX.
Il TAR Toscana invero precisava che “al proprietario non responsabile di un’area inquinata non possono essere addossati gravosi oneri di messa in sicurezza del sito, in quanto il Codice dell’ambiente ha previsto un coinvolgimento del proprietario – che resta responsabile sul piano patrimoniale, seppure intra vires – soltanto sulla base di una sua eventuale iniziativa volontaria”.
Le Amministrazioni appellanti contestano la sentenza sulla base del principio che la società proprietaria dell’area sarebbe coinvolta nelle attività di ripristino ambientale e messa in sicurezza del sito, “in quanto il titolo giuridico dell’obbligo in capo al proprietario di riduzione in pristino del sito da bonificare sarebbe diretta applicazione del principio comunitario di precauzione, nonché del principio civilistico della responsabilità del proprietario per i danni cagionati da cose in custodia ( art. 2051 cod.civ.).
Il Consiglio di Stato ricorda che con ordinanza n. 2740 del 2013, è stata rimessa alla Adunanza plenaria la questione giuridica relativa alla esatta delimitazione degli obblighi giuridici nascenti, in capo al proprietario non responsabile di un’area inquinata, in ordine alle attività di bonifica e messa in sicurezza del sito.
Il Consiglio di  Stato ricorda i contenuti della ordinanza di rimessione in ordine al problema “se possa farsi gravare sul proprietario dell’area ‘incolpevole’ della contaminazione l’obbligo di realizzare gli interventi di bonifica dei siti contaminati (titolo V della parte IV del ‘codice ambientale) sia pure solo in solido con il responsabile effettivo e salvo il diritto di rivalsa nei confronti di quest’ultimo per gli oneri sostenuti.
 1) Il proprietario non è responsabile ma è onerato dei costi di bonifica.
“Il principio “chi inquina paga”, pur individuando nel responsabile dell’inquinamento il soggetto responsabile per le obbligazioni ripristinatorie e risarcitone, per altro verso, non prevede che – in assenza di individuazione del responsabile ovvero di impossibilità di questi a far fronte alle proprie obbligazioni – il costo degli interventi gravi sulla collettività (per il tramite di uno degli enti esponenziali di questa), ma pone tali costi a carico della proprietà.
D’altra parte, escludere che i costi derivanti dal ripristino di siti colpiti da inquinamento venga sopportato dalla collettività, costituisce proprio la ratio sottesa al principio comunitario del “chi inquina paga”.
La giurisprudenza della Suprema Corte, con la sentenza a Sezioni Unite n. 4472 del 25 febbraio 2009 “sostiene che proprio l’omissione degli accorgimenti e delle cautele atte a realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area possano integrare il requisito della colpa previsto dalla norma.
“…Quella posta in capo al proprietario è pertanto una responsabilità “da posizione”, non solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure l’apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione. …Il principio comunitario “chi inquina paga”, …imputa il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi … per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente”.
 2) Il Proprietario non è responsabile e non è tenuto a sopportare i costi di bonifica
Continua il Consiglio di Stato riportando l’opposto orientamento per il quale “ … non vi sono ragioni testuali o sistematiche per far gravare in capo al proprietario dell’area gli obblighi di adozione delle misure di cui alle disposizioni più volte citate.
Ed invero il Codice  dell’Ambiente stabilisce che
1)          l’obbligo di bonifica è in capo al responsabile dell’inquinamento che le autorità amministrative hanno l’onere di individuare e ricercare (artt. 242 e 244);
2)           il proprietario dell’area non responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno solo la facoltà di effettuare interventi di bonifica (art.245);
3)           nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica sono realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250)
4)           a fronte delle spese sostenute, si vedono riconosciuto un privilegio speciale immobiliare sul fondo (253).
L’amministrazione deve provare che l’inquinamento nel sito sia imputabile alle società e a queste ultime non può essere imposto alcun obbligo di adottare misure di bonifica in un’ottica di recupero del sito.
L’ accertamento del nesso di causalità fra il comportamento del “responsabile” ed il fenomeno dell’inquinamento deve essere rigoroso e fondato su adeguata motivazione e su idonei elementi istruttori nonché “su prove e non su mere presunzioni” .

Si aggiunge la giurisprudenza comunitaria che ritiene che l’addebito dei costi dello smaltimento dei rifiuti a soggetti che non li hanno prodotti sarebbe incompatibile con il principio “chi inquina paga” (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 24 giugno 2008, n. 188)”.


Il Consiglio di Stato dopo aver rilevato il contrasto di giurisprudenza devolve la questione all’esame della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. La questione non pacifica è in attesa di risoluzione.

 Leggi anche Proprietario incolpevole e art. 192 Dlgs. 152/2006

adminBonifica: proprietario incolpevole
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Gas Florurati: istruzioni

Gas Florurati: portale aggiornato
segnalazione a cura di Dario Giardi e Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


Il portale per la compilazione della dichiarazione delle emissioni di gas  fluorurati a effetto serra è stato aggiornato con la pubblicazione di due
documenti che riportano una nuova versione delle istruzioni per la registrazione e la compilazione della dichiarazione e con l’introduzione di
alcune nuove FAQ.
La notizia relativa all’aggiornamento, datata 28 giugno 2013, è disponibile al seguente link:
 Tra le nuove FAQ pubblicate, ne è stata inserita anche una con indicazioni per la correzione delle dichiarazioni già trasmesse.

 

adminGas Florurati: istruzioni
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DL n. 76/2013: IVA ad ottobre 2013?

DL n. 76/2013: Occupazione, coesione sociale, IVA ….
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


 
Ricomincia la girandola dei provvedimenti “risolutori” della crisi.
Dopo il Decreto del “fare” , che ha il merito di affossare ancor più il sistema Giustizia, si aggiunge il DL  sulla “occupazione”pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 giugno 2013 e già in vigore.
Per inciso l’ aumento IVA viene posticipato al 1 ottobre 2013. Unica notizia dotata di umanità’ perché ormai Sperare nella intelligenza politica e’ pura follia.
Quanto agli incentivi per la occupazione giovanile appare evidente che chi legifera non conosce il mondo del lavoro, il mondo operativo, il mondo dei costi che la assunzione genera… Costi che le aziende non sono più in grado di sostenere. Inutili gli incentivi se non ci sono le risorse economiche per pagare il lavoro, le tasse, le forniture…. Se il portafoglio e’ vuoto….
Buona lettura.
DL n. 76/2013

adminDL n. 76/2013: IVA ad ottobre 2013?
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Certificazione energetica – DPR n. 75/2013 – Regolamento

Regolamento : esperti  certificazione Energetica

segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


 

E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 27.6.2013 il  DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 75 

Regolamento recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l’indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici, a norma dell’articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. 

Il Regolamento entra in vigore  il 12/07/2013 

adminCertificazione energetica – DPR n. 75/2013 – Regolamento
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Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) : Focus

Autorizzazione Unica Ambientale: focus
a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


 
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (GU n. 124 del 29.05.2013 – Suppl. Ordinario n. 42), il DPR n. 59/2013, recante il Regolamento sull’autorizzazione unica ambientale (AUA).
Il Regolamento  attua l’art. 23 del Decreto Semplifica Italia (DL n. 5/2012, convertito nella legge n. 35/2012), che autorizza il Governo a disciplinare l’AUA per semplificare gli adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle micro, piccole e medio imprese, nonché sugli impianti produttivi non soggetti alle norme sull’autorizzazione integrata ambientale (AIA).
Le nuove norme sono in vigore dal 13 giugno 2013 e la loro attuazione sarà oggetto di un monitoraggio, le cui modalità di svolgimento saranno definite dai Ministri per la PA, dell’ambiente e dello sviluppo economico, in raccordo con la Conferenza Unificata e sentite le associazioni imprenditoriali (art. 10).
Di seguito, l’analisi dei principali contenuti nel Regolamento.
1. Le caratteristiche dell’autorizzazione unica ambientale
L’AUA è un provvedimento abilitativo unico, nel quale confluiscono la maggior parte delle esistenti comunicazioni, notifiche e autorizzazioni in materia ambientale (art. 2, co. 1, lett. a).
In particolare, l’AUA sostituisce, includendole in un solo atto:
1. l’autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali di cui agli artt. 124 e ss. del D. Lgs n. 152/2006 (di seguito, Codice dell’ambiente);
2. la comunicazione preventiva per l’utilizzazione agronomica degli effluenti derivanti dall’allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi e delle acque reflue provenienti dalle imprese che esercitano esclusivamente attività di coltivazione e/o silvicoltura ovvero di allevamento, nonché dalle imprese dedite a tali attività e alla trasformazione o valorizzazione della produzione agricola;
3. l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all’art. 129 del Codice dell’ambiente;
4. l’autorizzazione generale di cui all’art. 272 del Codice dell’ambiente;
5. la comunicazione o il nulla osta sull’impatto acustico di cui all’art. 8 della legge n. 447/1995, recante la legge quadro sull’inquinamento acustico;
6. l’autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura;
7. le comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 del Codice dell’ambiente.
Tale elenco non è tassativo, poiché le Regioni e le Province autonome possono individuare ulteriori atti in materia ambientale da comprendere nell’AUA (art. 3, co. 2).
Le imprese sono tenute a richiedere l’AUA per l’acquisizione dei titoli abilitativi di loro interesse. La relativa domanda va presentata per ottenere il rilascio, il rinnovo o l’aggiornamento anche di uno solo degli atti ricompresi nell’AUA. Tuttavia, le imprese possono non avvalersi di tale autorizzazione nel caso di attività soggette solo a comunicazione ovvero ad autorizzazione generale (cd. principio di non aggravamento procedurale). In tale ipotesi, la comunicazione ovvero l’istanza deve essere presentata comunque per il tramite del SUAP (art. 3, co. 3).
L’AUA ha una durata pari a 15 anni, decorrenti dalla data del suo rilascio (art. 3, co. 6).
Sotto il profilo formale, l’autorizzazione unica contiene tutti gli elementi richiesti dalla normativa di settore per gli atti che sostituisce.
Inoltre, nei casi previsti, l’AUA definisce le modalità di svolgimento delle attività di autocontrollo, individuate in base alla dimensione dell’impresa e del settore di attività.
In caso di scarichi contenenti sostanze pericolose, i gestori degli impianti autorizzati devono comunicare almeno ogni 4 anni gli esiti delle attività di autocontrollo all’autorità competente, la quale, ricorrendone i presupposti, può aggiornare le condizioni autorizzative. Tale aggiornamento non incide sulla durata dell’AUA (art. 3, co. 5).
2. L’ambito di applicazione della disciplina in materia di AUA
La disciplina in materia di AUA si applica:
a) alle micro, piccole e medie imprese (PMI), così come individuate dall’art. 2 del DM 18 aprile 2005;
b) agli impianti produttivi non soggetti alle disposizioni in materia di AIA.
Per quanto riguarda le PMI, nella categoria sono comprese le imprese con meno di 250 occupati, aventi un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Per quanto riguarda, poi, gli impianti non soggetti ad AIA, il Regolamento si applica alle strutture produttive che non esercitano alcuna delle attività indicate nell’Allegato VIII al Codice dell’Ambiente.
Sono, invece, espressamente esclusi dall’ambito di applicazione del Regolamento AUA i progetti sottoposti a valutazione d’impatto ambientale (VIA), nei casi in cui la normativa di riferimento statale o regionale preveda che il provvedimento finale di VIA comprende e sostituisce tutti gli altri atti di assenso in materia ambientale (art. 1, co. 2). Pertanto, con riferimento alle attività soggette a VIA, l’AUA può essere richiesta se l’atto finale di valutazione non include gli altri atti di assenso in materia ambientale necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto. Inoltre, sempre in tema di VIA, il Regolamento precisa che nei casi in cui si procede alla verifica di assoggettabilità, l’AUA può essere richiesta solo dopo che l’autorità competente abbia valutato di non sottoporre i relativi progetti a VIA (art. 3, co. 4).
3. I soggetti e gli uffici coinvolti nella procedura AUA
I soggetti e gli uffici coinvolti nella procedura per il rilascio, il rinnovo o l’aggiornamento dell’AUA sono:
1. l’autorità competente, individuata nella Provincia, ovvero nella diversa autorità prevista dalla normativa regionale, che rappresenta il soggetto responsabile ai fini del rilascio, rinnovo o aggiornamento dell’AUA (art. 2, co. 1, lett. b). Fino a quando la Regione non provvederà ad attribuire specificamente la competenza in materia di AUA a un soggetto diverso dalla Provincia, sarà quest’ultima a rivestire il ruolo di autorità competente;
2. i soggetti competenti in materia ambientale, vale a dire tutte le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, in base alla legislazione vigente, partecipano ai procedimenti sostituiti dall’AUA (art. 2, co. 1, lett. c);
3. lo Sportello unico per le attività produttive (SUAP), vale a dire l’ufficio preposto al rilascio dell’AUA. In particolare, il SUAP costituisce l’unico punto di accesso per l’impresa in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il rilascio, il rinnovo e l’aggiornamento dell’autorizzazione unica. Infatti, attraverso il SUAP, l’impresa dialoga con l’autorità competente e riceve ogni informazione relativa alla procedura. (art. 2, co. 1, lett. e) e art. 4, co. 8);
4. il gestore, vale a dire il soggetto che ha potere decisionale in merito all’installazione o all’esercizio dello stabilimento soggetto all’AUA e che è responsabile del rispetto di quanto previsto dal Codice dell’ambiente (art. 2, co. 1, lett. d).
4. La procedura per il rilascio dell’AUA
L’art. 4 del Regolamento disciplina la procedura per il rilascio dell’AUA. Al riguardo, la norma prevede che la relativa istanza è presentata al SUAP, che la trasmette immediatamente all’autorità competente, nonché alle amministrazioni chiamate a partecipare al procedimento.
Nella domanda, corredata dai documenti necessari, devono essere indicati gli atti per i quali si chiede il rilascio dell’AUA, nonché tutte le altre informazioni richieste dalle relative normative settoriali. L’art. 10, co. 3 del Regolamento prevede che con decreto del Ministro dell’Ambiente e del Ministro per la PA, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza Unificata, sia adottato un modello semplificato e unificato per la richiesta di AUA. In ogni caso, fino all’adozione di tale decreto, la domanda di AUA è presentata secondo le modalità previste dalle disposizioni relative a ciascuno dei titoli per i quali si chiede il rilascio dell’autorizzazione unica.
Entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza, il SUAP, su segnalazione dell’autorità competente, può chiedere all’impresa interessata di integrare la documentazione presentata, indicando gli elementi mancanti e il termine entro il quale produrre le integrazioni. In questo caso, il termine per il rilascio dell’AUA è sospeso fino al deposito dei documenti richiesti ai sensi dell’art. 2, co. 7 della legge n. 241/1990 e, se l’impresa non produce la documentazione richiesta entro la scadenza indicata, l’istanza per il rilascio dell’AUA si intende archiviata. Tuttavia, a causa della complessità dei documenti da presentare, l’impresa può chiedere un proroga del termine per depositarla. Anche in caso di proroga, il termine per il rilascio del titolo è sospeso per tutta la durata della stessa. Quanto alle modalità di svolgimento del procedimento e ai relativi termini, il Regolamento prevede che:
a) se l’AUA riguarda titoli abilitativi i cui procedimenti abbiano una durata inferiore o pari a 90 giorni, l’autorità competente adotta il provvedimento finale entro 90 giorni dalla presentazione della domanda e lo trasmette immediatamente al SUAP, che rilascia il titolo. In questi casi, il SUAP può indire una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 7 del DPR n. 160/2010, i cui lavori devono terminare entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire assensi da altre amministrazioni e non li ottenga entro 30 giorni dalla ricezione della relativa richiesta (art. 14, co. 2 della legge n. 241/1990) e nei casi previsti dalle normative regionali o settoriali che disciplinano i titoli abilitativi compresi nell’AUA. Anche in questo caso, i lavori della conferenza di servizi devono concludersi entro 90 giorni dalla presentazione della istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica;
b) se l’AUA riguarda titoli abilitativi i cui procedimenti abbiano una durata superiore a 90 giorni, il SUAP indice una conferenza dei servizi ai sensi dell’art. 7 del DPR n. 160/2010. In questo caso, l’autorità competente adotta l’AUA entro 120 giorni dal ricevimento della domanda (150 giorni in caso di integrazione documentale ex art. 14-ter, co. 8 della legge n. 241/1990);
c) se l’AUA è necessaria esclusivamente per il rilascio, la formazione, il rinnovo o l’aggiornamento degli atti interessati, il SUAP trasmette la relativa documentazione all’autorità competente, che adotta il provvedimento e lo trasmette al SUAP per il rilascio del titolo. Nei casi previsti, l’autorità competente convoca la conferenza di servizi ai sensi della legge n. 241/1990. Quanto alle spese procedimentali, l’art. 8 del Regolamento prevede che sono a carico delle imprese interessate, nella misura stabilita dalle leggi statali o regionali di riferimento. Tuttavia, possono essere fissati ulteriori oneri istruttori, purché la loro misura, sommata alle altre spese del procedimento, non superi quella complessivamente dovuta per l’acquisizione dei singoli titoli sostituiti dall’AUA prima dell’entrata in vigore del Regolamento.

5. Il rinnovo dell’AUA
Con riferimento alla procedura di rinnovo dell’AUA, l’art. 5 del Regolamento prevede che, entro 6 mesi dalla scadenza dell’autorizzazione unica, l’impresa titolare presenti al SUAP l’istanza di rinnovo del titolo, corredata dalla relativa documentazione aggiornata. Nel caso in cui le condizioni di esercizio ovvero le informazioni contenute nell’autorizzazione unica non siano cambiate, l’impresa può far riferimento alla documentazione eventualmente già in possesso dell’autorità competente.
L’autorità competente si esprime sulla domanda di rinnovo dell’AUA secondo la procedura prevista per il suo rilascio.
Nelle more dell’adozione del provvedimento di rinnovo, le attività e gli impianti, per i quali le istanze di rinnovo dell’AUA siano state presentate entro il termine stabilito, possono continuare a operare sulla base della precedente autorizzazione, a meno che non sia diversamente previsto dalla specifica normativa settoriale.
L’autorità competente può, tuttavia, imporre il rinnovo dell’AUA, nonché la revisione delle relative disposizioni prima della scadenza, quando:
1. le prescrizioni contenute nell’autorizzazione impediscono ovvero pregiudicano la realizzazione degli obiettivi di qualità ambientale fissati dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
2. è richiesto da nuove disposizioni legislative europee, statali o regionali.
6. Le modifiche all’attività o all’impianto oggetto di AUA
L’art. 6 del Regolamento disciplina le procedure per l’esecuzione di modifiche all’attività o all’impianto oggetto di AUA.
In particolare, il Regolamento distingue tra:
a) modifiche non sostanziali, consistenti in variazioni all’attività o all’impianto che possono avere effetti sull’ambiente (art. 2, co. 1, lett. f);
b) modifiche sostanziali, consistenti in variazioni considerate sostanziali dalla normativa di riferimento, in quanto idonee a produrre effetti negativi e significativi sull’ambiente (art. 2, co. 1, lett. g).
Con riferimento alle modifiche sostanziali, il Regolamento richiede il rilascio di una nuova AUA. Pertanto, l’impresa che intende effettuare una modifica sostanziale è tenuta a presentare una domanda di AUA ai sensi dell’art. 4 del Regolamento (v. supra) e non può eseguire la variazione fino al rilascio del relativo titolo.
Invece, con riferimento alle modifiche non sostanziali, il Regolamento prevede il meccanismo del silenzio assenso. Infatti, nel caso di modifica non sostanziale, l’impresa è tenuta a darne comunicazione all’autorità competente e, se quest’ultima non si pronuncia nel termine di 60 giorni, può eseguire la variazione comunicata. In questo caso, l’autorità competente provvede ad aggiornare l’autorizzazione in atto e tale aggiornamento non incide sulla durata dell’AUA. Tuttavia, se l’autorità competente ritiene che la variazione comunicata abbia carattere sostanziale, nei 30 giorni successivi, ordina all’impresa di presentare una domanda di AUA e la modifica non può essere eseguita fino al rilascio della nuova autorizzazione.
Infine, il Regolamento prevede che le Regioni e le Province autonome possono definire ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali e indicare le tipologie di modifiche non sostanziali per cui non vi è obbligo di comunicazione.

7. Disciplina transitoria
Il Regolamento introduce una disciplina transitoria per i procedimenti pendenti al momento della sua entrata in vigore e i titoli abilitativi che, a tale data, risultano efficaci.
In particolare, con riferimento ai procedimenti che, al 13 giugno 2013, risultano pendenti, il Regolamento prevede che a tali procedure si applicano le normative vigenti al momento del loro avvio. Pertanto, all’esito delle stesse, le autorità competenti rilasciano i singoli provvedimenti richiesti.
Invece, con riferimento ai provvedimenti compresi nell’ambito di applicazione dell’AUA che, al 13 giugno 2013, risultano efficaci, il Regolamento prevede che tali atti rimangono validi per tutta la loro durata e che l’impresa può richiedere il rilascio dell’AUA alla scadenza del primo titolo abilitativo che la stessa sostituisce.

adminAutorizzazione Unica Ambientale (AUA) : Focus
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DL n. 69/2013: Decreto del Fare

Decreto “del Fare”
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 21/6/2013 ed in vigore dal 22/6/2013 il DL n. 69/2013.
Il Decreto ha l’obiettivo di “rilanciare l’economia” del Paese a mezzo di interventi su settori già oggetto di interventi mutevoli del nostro legislatore.
Cosi il Decreto si occupa o ritorna ad occuparsi di Giustizia e processo civile,Ambiente, Appalti, Sicurezza sul lavoro.
Decreto Legge n. 69/2013

adminDL n. 69/2013: Decreto del Fare
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Sicurezza: manuale spazi confinati

Manuale illustrato spazi confinati e sospetti di inquinamento 18.4. 2012
a cura di Cinzia Silvestri -Studio Legale Ambiente


 
Il Manuale illustra in maniera efficace gli adempimenti e le procedure da seguire per la gestione degli spazi confinati e sospetti di inquinamento.
Il documento si presenta come una guida esaustiva e utile.
 
Manuale illustrato spazi confinati e sospetti inquinamento

adminSicurezza: manuale spazi confinati
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