Incentivi acquisto auto elettriche e non solo….
DM 11/2/2013
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
In sordina ed in esecuzione di disposizione legislativa dimenticata o non conosciuta dai più ( att. 17 DL 83/2012 SS. M.) il Ministero dello sviluppo emana decreto ministeriale di incentivo all’ acquisto di veicoli, definiti all’ art. 1, a basso impatto di inquinamento.
Merita la lettura e un po’ di fortuna per coloro che decideranno di far valere tale decreto dal punto di vista pratico…
Vedi anche articolo pubblicato su questo sito
Decreto Ministero sviluppo Economico del 11/2/2013
TARES – Linee Guida
Tariffa rifiuti e Servizi – TARES.Linee Guida
Pubblicate le linee guida e un prototipo di Regolamento
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
Il Ministero dell’economia e delle finanze ha pubblicato Linee guida per la redazione del piano finanziario (Allegato I) e per l’elaborazione delle tariffe Tares, rendendo disponibile anche un prototipo di regolamento (Allegato II).
Il prototipo di regolamento non è vincolante, ma costituisce supporto a disposizione degli enti locali, che potranno, quindi, apportarvi tutte quelle integrazioni e modifiche che riterranno opportune, purché ovviamente conformi ai limiti che la legislazione pone alla potestà regolamentare locale. I principali soggetti interessati sono quei comuni che applicavano ancora la Tarsu e che dovranno ridefinire integralmente i piani tariffari. Per quelli a regime Tia il passaggio sarà meno problematico perché il “metodo normalizzato” già disciplinava la tariffa e garantiva la copertura integrale dei costi del servizio.
La principale indicazione operativa è quella secondo cui nella determinazione delle tariffe della Tares i Comuni non saranno costretti a seguire puntualmente i coefficienti del “metodo normalizzato” indicati dal Dpr 158/1999, potendo fare riferimento ai minimi e massimi previsti, muovendosi liberamente fra questi due valori.
Importanti chiarimenti vengono forniti, inoltre, in merito all’individuazione dei confini fra le aree assoggettabili e quelle escluse dal nuovo tributo. Tra queste ultime ci sono per esempio le aree di parcheggio gratuite (supermercati, centri commerciali).
allegato I_Linee_guida_TARES_corrette2
Allegato II_RegTARES_corretto
DL 216/2012: non convertito
DL 216/2012 non è’ stato convertito
Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente
Quando un decreto Legge non viene convertito in legge e decade portando con se i suoi effetti … Non se ne parla… Chissà perché.
Ebbene il Decreto Legge 216/2012 che si è’ occupato della emergenza rifiuti a ROma ma anche della modalità, e non solo, della ” fatturazione” non è’ stato convertito…
Eppure il Decreto aveva la finalita’ forse di evitare sanzioni ….Europee…
Allora è’ bene conoscere ciò che non si applica più e si riporta anche il testo del DL 216 non convertito…
Comunicato Ministero Giustizia Gazz. Uff. 9/2/2013
Sicurezza: RSPP – responsabilità
Sicurezza: RSPP – responsabilità concorrente
Cassazione penale n. 2132/2010
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La sentenza riassume con particolare chiarezza il ruolo del RSPP e ricorda che tale figura non è immune da responsabilità; responsabilità che può concorrere con quella del datore di lavoro ed anche divenire esclusiva.
Si omette il fatto che ha causato la condanna del RSPP, in questa sede, rinviando alla lettura della sentenza.
Ciò che rileva è il principio posto dalla Cassazione, per quanto opinabile, che con chiarezza declina l’ambito di responsabilità del RSPP e precisa la distinzione con la “delega di funzioni” .
La Cassazione afferma la responsabilità del RSPP per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno del lavoratore in concorso con il datore di lavoro.
Secondo la Corte la responsabilità del RSPP, con riferimento al caso in questione, risiede nella
a) negligente sottovalutazione dei rischi
b)imperizia dimostrata dallo stesso attraverso l’indicazione nel documento di valutazione dei rischi di rimedi del tutto inidonei (paletti di recinzione e catenelle di sicurezza da apporre alla fosse quando non vi era attività lavorativa) ad affrontare la situazione di pericolo.
Da questa premesse in fatto la sentenza fa discendere la responsabilità del RSPP che nella sua qualità “…era tenuto
a) non solo a segnalare l’effettività del rischio ma anche
b) a proporre concreti ed idonei sistemi di prevenzione e protezione per evitare gli eventi, come quello verificatosi.”
La Cassazione ribadisce i caratteri tipici RSPP ovvero:
a) non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica e
b) “..lo stesso opera … quale “consulente” in tale materia del datore di lavoro..”
c) il datore di lavoro “..è (e rimane) direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio.
DELEGA DI FUNZIONI
L’inciso interessante riguarda però la distinzione del ruolo di RSPP e la delega di funzioni.
La Cassazione precisa con chiarezza che “…. la “designazione” di RSPP che il datore di lavoro è tenuto a fare a norma del cit. Decreto, art. 31 (individuandolo, ai sensi del successivo art. 32, tra persone i cui requisiti siano “adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative”), non equivale a “delega di funzioni” utile ai fini dell’esenzione del datore di lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica, perchè gli consentirebbe di “trasferire” ad altri – il delegato – la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell’obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all’espletamento dell’attività lavorativa…”
Dunque il datore di lavoro con la nomina del RSPP non delega, non trasferisce l’obbligo del rispetto della normativa antinfortunistica.
RSPP
a) “..è privo di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale..”,
b) “..spettandogli solo di prestare “ausilio” al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza nonchè di informazione e formazione dei lavoratori (cfr. art. 33 del decreto cit.).
Il datore di lavoro, quindi,
a) è il titolare della posizione di garanzia…,
b) ha l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi (non delegabile) e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, appunto in collaborazione con il RSPP
c) solo di datore di lavoro risponde della omessa valutazione del rischio
RESPONSABILITA’ CONCORRENTE
La Cassazione dopo aver delineato il rapporto RSPP e datore di lavoro precisa lo spazio di responsabilità “concorrente” del RSPP.
L’RSPP “…che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.
Ne consegue che il RSPP qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo.
Dunque la
a) “mancata o erronea individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e
b) la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza nonché
c) la mancata informazione e formazione dei lavoratori
può integrare una omissione rilevante e attribuire in concorso la responsabilità anche al RSPP.
IL RSPP ha il potere e dovere di segnalazione dei Rischi; l’omissione colposo di tali segnalazioni impedisce “…l’attivazione da parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento…” e finisce per “…costituire (con)causa dell’evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio.
Servizio Idrico: tariffa/restituzioni
Tariffa e Servizio Idrico
A cura di Cinzia Silvestri-Studio Legale Ambiente
Il referendum abrogativo dell’ art. 154 comma 1 Dlgs. 152/20016 del luglio 2011 ha sancito che il costo della remunerazione del capitale al gestore non può essere imposta all’utente finale.
. Il Consiglio di Stato con parere n. 267 del 26.1.2013 si è’ espresso con riguardo alle dovute restituzioni agli utenti delle somme versate in eccedenza con riferimento al servizio idrico.
Con delibera n. 38 l’Autorita’ per L’ energia ha disposto le modalità di restituzione ovvero i criteri, destinati agli Enti, per le restituzioni.
Delibera Autorità’ Energia n. 38/2013 pubblicata 1.2.2013
Sicurezza: DVR autocertificazione
Sicurezza: DVR – autocertificazione al 31.5.2013
Decreto interministeriale sulle procedure standardizzate
Chiarimenti inerenti la proroga del termine per l’autocertificazione della valutazione dei rischi
Segnalazione a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
Il termine per l’autocertificazione del DVR è avvenuta ex art. 1, comma 388, L. 24 dicembre 2012, n. 228.
IN seguito alle numerose richieste pervenute, il Ministero del lavoro ha diffuso una nota di chiarimenti inerenti il termine finale dell’esercizio della facoltà di autocertificare la valutazione dei rischi.
Nella nota vengono ricostruite normativamente le diverse proroghe che si sono succedute nel tempo sino ad arrivare all’attuale formulazione del comma 5 dell’art. 29 che così dispone: ”..Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’art. 6 del comma 8 lett.f) e comunque non oltre il 30 giugno 2013, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l’effettuazione della valutazione dei rischi” .
Secondo l’interpretazione ministeriale è da prendere in considerazione “la scadenza del terzo mese successivo” e poiché il decreto interministeriale sulle procedure standardizzate entra in vigore il 6 febbraio 2013, la scadenza del terzo mese successivo è da intendersi riferita al 31 maggio 2013.
Pertanto, precisa la nota, la possibilità per i datori di lavoro di effettuare la valutazione di rischi con autocertificazione termina in data 31 maggio 2013.
Per completezza di informazione si allega il testo integrale della nota ministeriale.
nota chiarimenti inerenti al termine finale dell’esercizio della facoltà: Nota del Ministero Lavoro 31/01/13 prot.32
Cosa si intende per recupero?
Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti
Cosa si intende per recupero?: (punto 1.4.5 Linee Guida)
Recupero, rifiuti, inceneritori, R1, energia
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Le Linee Guida sembrano precisare concetti ormai acquisiti.
Vero è che, a fronte della semplicità discorsiva del testo, la Comunità Europea affronta questioni di particolare complessità richiamando la giurisprudenza comunitaria .
Nel paragrafo 1.4.5 delle Linee Guida il concetto di recupero – tratteggiato con apparente semplicità – si interseca con la problematica degli inceneritori e la vexata quaestio dell’R1.
Studio Legale Ambiente offre, di seguito, una “libera traduzione prosata”del testo di cui al punto 1.4.5 delle Linee Guida.
Cosa si intende per ‘recupero’? (punto 1.4.5)
La definizione di ‘recupero’ è uno dei concetti chiave della direttiva quadro.
Il termine recupero è l’opposto di “smaltimento” (che le stesse linee guida al punto 1.4.8 definiscono come ciò che .. non è recupero).
Entrambe le operazioni (recupero e smaltimento e la preparazione prima delle stesse) concretano l’operazione di trattamento come definito dall’art. 3 comma 1, 14) della Direttiva Quadro.
Le linee Guida precisano ciò che pare ovvio e non lo è: Ogni trattamento dei rifiuti può essere operazione di recupero oppure operazione di smaltimento; la CGUE ha affermato che nessuna operazione può essere classificata come smaltimento e di recupero, allo stesso tempo (Causa C-6/00 ASA (2002) .
Le linee Guida precisano che “..la classificazione di un’operazione ha conseguenze significative non solo per il rispetto della gerarchia dei rifiuti (ai sensi del capitolo 3), ma anche per ogni gestione dei rifiuti; la distinzione tra recupero e smaltimento è di estrema importanza per il comprendere le definizioni di cui agli articoli 10 (Recupero) e 12 (smaltimento) della direttiva quadro.
Le linee Guida precisano che la principale differenza tra recupero e smaltimento consiste nel fatto che “.. operazioni di smaltimento in primo luogo sono il risultato di operazioni di gestione dei rifiuti basato sul concetto di “sbarazzarsi dei rifiuti”, mentre il principale risultato di un’operazione di recupero dei rifiuti è quello definito al punto 15 ) art. 3 della direttiva quadro ovvero: “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”.
In pratica, può essere difficile distinguere in alcuni casi, se un’operazione effettivamente risponde a questa definizione. Nel 2004, uno studio è stato pubblicato per conto della Commissione europea, valutazione degli attuali operazioni di trattamento dei rifiuti in Europa, come avvengono nella pratica e individuare criteri che possano aiutare con la corretta classificazione delle operazioni.
D’altra parte, il recupero è diviso in tre sottocategorie:
1) preparazione per il riutilizzo (v.Capitolo 1.4.5) ,
2) il riciclaggio (vedi capitolo 1.4.6), e
3) recupero di altro tipo (vedi capitolo 1.4.7).
Esempi di sotto-categorie si possono trovare nei rispettivi capitoli, vedi in particolare distinzione tra riciclaggio e il recupero nel capitolo 1.4.6.
Questa definizione di recupero, di recente introdotta nella direttiva quadro, prende spunto dalla giurisprudenza CGUE, dove il concetto di “sostituzione” come condizione preliminare per il “recupero” è stato sviluppato nelle sentenze Causa C-6/00 ASA 2002 E “Cemento e forno” CAUSA C – 228/00
Il fatto che i rifiuti devono svolgere una funzione utile ‘come risultato principale’ del recupero è un aspetto importante del recupero e elemento distintivo dallo smaltimento.
La giurisprudenza Europea – CGUE ha affermato – per quanto riguarda l’incenerimento dei rifiuti nei forni da cemento – che i rifiuti devono essere utilizzati principalmente come combustibile o come altro mezzo della generazione di energia; il che significa che la maggior parte dei rifiuti deve essere consumata durante il funzionamento e la maggior parte dell’energia generata deve essere recuperato e utilizzato.
Il criterio è stato introdotto per evitare abusi e recupero fittizio.
Secondo la definizione di recupero della nuova direttiva quadro (15), la “sostituzione” del materiale che è fondamentale per il recupero dei rifiuti, può avvenire non solo nell’impianto in cui i rifiuti siano trattati ma anche ‘nell’economia in generale’. L’obiettivo è di facilitare la classificazione degli inceneritori di rifiuti con la generazione ad alta efficienza energetica come operazioni di recupero.
Classificazione degli impianti di incenerimento dei rifiuti –
strutture dedicate al trattamento di rifiuti solidi urbani – è fondata sulla R1 formula dell’allegato II.
Va osservato che, secondo la definizione dell’articolo 3 (15) WFD, si ha recupero non solo quando il materiale “sostituisce” altri materiali, ma anche quando con processi di preparazione si ottiene un materiale di scarto in modo che esso non comporta più rischi correlati di rifiuti e pronto per essere utilizzato come materia prima in altri processi.
In alcuni processi produttivi, come co-trattamento, i rifiuti possono essere utilizzati in combinazione di due opzioni di ripristino di gestione dei rifiuti al tempo stesso. Il contenuto energetico viene recuperato (operazione R1) come energia termica, sostituendo così combustibili, mentre la
frazione minerale dei rifiuti può essere integrata (quindi riciclato) nella matrice del prodotto o materiale prodotto, clinker di cemento ad esempio, acciaio o alluminio (R4 o R5 operazione, visualizzare un elenco di operazioni di recupero di cui all’allegato II della direttiva quadro sulle acque).
L’allegato II della direttiva quadro stabilisce un elenco non esaustivo di operazioni di recupero. Un’operazione
può essere recupero, anche se non è elencato nell’allegato II, se è conforme ai principi generali della definizione di recupero..”
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ARIA: il Dlgs. n. 155/2010 si rinnova
ARIA: il Dlgs. 155/2010 si rinnova
Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28.1.2013 il DECRETO LEGISLATIVO 24 dicembre 2012, n. 250 recante Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155;
Decreto legislativo che recava attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualita’ dell’aria ambiente e per un’aria piu’ pulita in Europa.
Il decreto che rinnova e sostituisce entra in vigore il 12/02/2013
Vai al testo del Dlgs. 250/2012
Conferenza servizi: termine
Conferenza servizi: termine
TAR Torino n. 1291/2012
Autorizzazione unica ex art. 12 Dlgs. 387/2003
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il TAR di Torino affronta questione non pacifica.
La sentenza presenta numerosi spunti di riflessione e precisa anche in merito ai tempi concessi dal legislatore per la adozione del provvedimento finale.
Il Caso deciso dal TAR prende origine dalla richiesta di una società alla Provincia di Alessandria di autorizzazione ex art. 12 D.lgs 387/03 all’installazione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da 195 Kwe, alimentato con biocombustibili forestali e agricoli.
Il procedimento, nel corso del quale si è riunita per tre volte la conferenza dei servizi si è concluso con la determina del 25.11.11.
La determina della Provincia di Alessandria autorizzava l’impianto in questione, subordinando l’assenso:
A) all’espressione del parere definitivo della Soprintendenza per i Beni Archeologici e all’osservanza delle prescrizioni con esso impartite;
B) al rispetto delle indicazioni contenute nel parere favorevole del Comune di Carrosio,
C) all’osservanza di ulteriori prescrizioni tecniche dettagliate in appositi allegati.
La determina veniva impugnata in via principale con varie censure.
Una delle censure, oggetto di questo breve focus, riguarda la:
violazione dei termini massimi di svolgimento della conferenza dei servizi – previsti dall’art. 14 ter L. 241/90 e 14.11 dell’allegato 1 del D.M. 10.09.10 – essendo stati sospesi per tre volte i termini per la presentazione delle integrazioni richieste alle amministrazioni, nonostante le disposizioni citate consentano la richiesta di documentazione o di chiarimenti in un’unica soluzione.
La questione relativa alle lungaggini della conferenza di servizi e’ controversa e non pacifica.
La sentenza sembra un po’ forzare la lettera della norma al fine di giustificare l’azione amministrativa ponendosi però nel solco di un orientamento già presente nella giurisprudenza e ad oggi non più unitariamente condiviso.
TERMINI
Il TAR disserta sulla doglianza relativa alla tardività e violazione dei termini.
Il TAR osserva invero che “…solo in sede di prima conferenza dei servizi sono state richieste integrazioni alle amministrazioni partecipanti, mentre nelle altre due conferenze i termini del procedimento sono stati sospesi per 60 giorni per consentire ulteriori integrazioni spontanee da parte delle amministrazioni, sulla base delle osservazioni emerse in sede collegiale…”
-Già questo rilievo desta perplessità perché sembra porre differenza tra le integrazioni spontanee e quelle imposte; quasi che le integrazioni spontanee non abbiano valore di sospensione.
Vero e’ che il TAR richiama proprio gli articoli di riferimento ( che sembrano deporre in senso contrario) ovvero “…Sul punto vengono in rilievo
-l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 ( “in sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento”), e
-l’art. 14.11 del D.M. 10.09.2010 (“nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, l’ulteriore documentazione o i chiarimenti ritenuti necessari per la valutazione dell’intervento sono richiesti, anche su impulso delle altre amministrazioni interessate, dall’Amministrazione procedente in un’unica soluzione ed entro 90 giorni dall’avvio del procedimento. Se il proponente non fornisce la documentazione integrativa entro i successivi 30 giorni, salvo proroga per un massimo di ulteriori 30 giorni concessa a fronte di comprovate esigenze tecniche, si procede all’esame del progetto sulla base degli elementi disponibili”).
TERMINE ACCELERATORIO
Il richiamo normativo però’ non risolve la questione nel senso voluto dal TAR che subito conclude: “….In mancanza delle indispensabili specificazioni da parte della norma in ordine agli effetti ed alle conseguenze dell’inerzia, il Collegio ritiene che si tratti di termini acceleratori, il cui superamento non priva l’ente procedente del potere di adottare il provvedimento finale, bensì abilita il soggetto richiedente a sollecitare, anche giudizialmente, la conclusione del procedimento.
Il TAR dunque torna a quell’orientamento che ritiene non essenziale e non perentorio il termine del procedimento per l’adozione del provvedimento finale in seno alla conferenza dei servizi.
Continua il TAR:
“Nello stesso senso è un precedente di questo Tribunale secondo il quale la norma che impone che le integrazioni documentali siano richieste in un’unica soluzione “non correla alcun effetto preclusivo all’eventuale reiterazione delle richieste medesime”.
PRINCIPIO DI NON AGGRAVAMENTO DEL PROCEDIMENTO
Di interesse il prosieguo del ragionamento del TAR che apre ad una interpretazione su cui riflettere.
Il TAR dopo avere asserito che la violazione del termine in se’ non comporta la illegittimità del provvedimento in quanto l’amministrazione può utilmente provvedere anche in un secondo momento precisa che semmai:
“… potendo l’illegittimità scaturire unicamente dalla violazione del principio di non aggravamento del procedimento che sottende la disposizione in parola, per cui la violazione va accertata non tanto in base alla formale presenza di due richieste di chiarimenti da parte dell’amministrazione, quanto accertando se ciò si sia tradotto in una protrazione ingiustificata della procedura” …
La illegittimità discende dalla protrazione ingiustificata della procedura.
Nulla di più discrezionale, dunque.
Il TAR procede a verificare se le ulteriori richieste di documentazione – che sono frutto delle molteplici conferenze di servizi – concretino la ingiustificata protrazione del procedimento e dunque l’ aggravio dello stesso.
Continua il TAR:
“…D’altra parte, l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 tanto prevede al chiaro fine di non aggravare il procedimento, nel rispetto del principio di cui all’art. 1, co. 2, della stessa legge ed in favore del soggetto proponente; nel caso di specie le due integrazioni (successive alla prima conferenza) sono state originate da specifiche richieste delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento, a cui la Provincia ha corrisposto, in tal modo consentendo di approfondire l’esame del progetto e di migliorarne le caratteristiche tecniche….”
E’ palese che questa motivazione – che giustifica l’indiscriminato dilatarsi dei tempi per la conclusione del procedimento a discrezione della amministrazione – e’ facile pretesto, stante la genericità, per ogni amministrazione .
RIPENSAMENTO
Ed invero il TAR sembra accorgersi della debolezza dell’assunto e chiude il proprio ragionamento attribuendo invero ad altra motivazione la cesura della doglianza.
Conclude il TAR:
“…Resta da rilevare che, se la norma in esame è stata predisposta dal Legislatore nell’interesse del soggetto che ha presentato l’istanza oggetto di delibazione in seno alla conferenza di servizi – in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima – legittimato a dolersi della sua violazione è unicamente il soggetto promotore del progetto, discendendone che la censura in tal modo spiegata dai ricorrenti, che rivestono il ruolo di parte controinteressata sostanziale, si configura inammissibile per carenza di legittimazione (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 25 settembre 2009 n. 2292).
La doglianza sulla violazione del termine di conclusione del procedimento dunque non viene accolta solo perché è stata sollevata da soggetto non legittimato ….e non perché adottata nei termini.
Giova anche evidenziare che il TAR richiama la ratio della stessa conferenza dei servizi che stride con quanto precisato dalla stessa sentenza “…in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima…”.
La dissertazione sul termine pare dunque inutile ed anzi foriera di interpretazioni che avvallano la lesione della rapida conclusione del procedimento, come ricordato dallo stesso TAR e come ribadito da altre sentenze.
Conferenza Servizi: il Comune può impugnare la decisione finale?
Conferenza Servizi Istruttoria
Il Comune dissenziente può impugnare il provvedimento decisorio?
T.A.R. Liguria Genova 23-05-2012, n. 723
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La Conferenza di Servizi Istruttoria permette la partecipazione delle amministrazioni interessate ai soli fini “istruttori” e la decisione finale è rimessa sempre alla amministrazione procedente (art. 14 comma 1 L. 241/90).
Recita l’art. 14 comma 1: “qualora sia opporuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione può indire una conferenza di serivizi”.
Conferenza istruttoria dunque come potere discrezionale della amministrazione.
Ebbene la sentenza TAR Liguria precisa la posizione degli enti partecipanti alla Conferenza rispetto alla decisione finale della Amministrazione (Provincia nel caso in esame ) ed in riferimento alla realizzazione da parte di una società di un centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore
Ed invero il Comune impugnava le determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi, indetta dalla Provincia di Genova che aveva espresso parere favorevole sull’approvazione del progetto per la realizzazione del centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore.
Il parere positivo era intervenuto nonostante il ricorrente Comune di Genova si fosse espresso in senso contrario.
In particolare, il Comune di Genova aveva espresso parere negativo per quanto riguardava gli aspetti urbanistici e per aspetti progettuali inerenti all’inquinamento idrico e acustico.
In seguito aveva ribadito la negatività del parere in sede di Conferenza di servizi. La posizione negativa del Comune veniva motivata con il contrasto del previsto impianto con le prescrizioni urbanistiche comunali previste nella zona in questione ed, in particolare, con la futura destinazione residenziale dell’area interessata (così classificata nel PRG all’epoca adottato ed in seguito approvato come PUC).
Il Comune dissenziente, può impugnare il provvedimento finale della Provincia?
Il Comune dissenziente, pur avendo preso parte alla Conferenza di servizi, ben può impugnarne l’esito finale.
Recita la sentenza TAR:
“In via generale, sia pure in presenza di giurisprudenza non sempre univoca, il Collegio ritiene che il fatto di partecipare alla Conferenza di servizi non comporti per un’Amministrazione l’estinzione del potere di cura degli interessi dei quale l’Amministrazione stessa è affidataria e, pertanto, nessuna preclusione subisce quest’ultima rispetto alla possibilità di far valere le illegittimità, sia formali che sostanziali, inerenti al provvedimento assunto all’esito della Conferenza di servizi.
Nel caso di specie, peraltro, la conferenza di servizi aveva natura istruttoria e, quindi, si presentava quale semplice atto istruttorio dell’iter di formazione della determinazione finale della Provincia.
La determinazione finale, pertanto, è unicamente imputabile alla Provincia e non si può quindi, neanche in ipotesi, sostenere che il Comune abbia concorso in senso tecnico a formare la volontà provvedimentale e dovesse subire le preclusioni rispetto all’impugnativa in sede giurisdizionale del provvedimento finale.
Il Comune risulta, quindi, legittimato attivo in base ai radicati principi secondo cui allo stesso quale ente esponenziale della comunità municipale spetta la legittimazione ad agire in giudizio a tutela degli interessi della stessa comunità e che un soggetto che partecipa ad un procedimento amministrativo può impugnare il provvedimento conclusivo di cui assuma la lesività (cfr. Cons. St., Sez. V, 2.3.1999, n. 217).
Al riguardo, è stato puntualizzato a livello giurisprudenziale che la Conferenza di servizi in materia di autorizzazione alla realizzazione di impianti di smaltimento e recupero rifiuti non è il luogo giuridico in cui sono assunte le decisioni finali, ma solo la sede ove tutti gli interessi pubblici, rilevanti in un certo ambito, sono palesati e confrontati giacché quello prefigurato dall’art. 27 del D.Lgs. n. 22 del 1997, costituisce uno strumento procedimentale di emersione e comparazione d’interessi pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale, e non un vero e proprio organo collegiale ove le singole manifestazioni di volontà si fondono in una; pertanto, la partecipazione alla conferenza indetta dalla Provincia per esaminare l’istanza del privato non comporta per il Comune la consumazione del suo potere in detta sede, conservando questo la facoltà di opporsi giudizialmente a decisioni ritenute lesive degli interessi, di cui è portatore, potendo far valere, sia la sua qualità di ente esponenziale dei residenti, sia quella di titolare del potere di pianificazione urbanistica, su cui incide il provvedimento di localizzazione adottato
Conformemente a quanto anzidetto la giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che al Comune va riconosciuta la legittimazione ad impugnare il provvedimento di approvazione di una discarica
1) sia per la qualità di ente esponenziale degli interessi dei residenti che potrebbero subire danni dalla scelta compiuta dall’autorità competente nell’individuazione delle aree per l’attivazione dell’impianto di discarica,
2) sia per la qualità di titolare del potere di pianificazione urbanistica, su cui certamente incide la collocazione dell’impianto medesimo
Il Collegio segnala, infine, che, parlando in generale, le decisioni che escludono la legittimazione ad impugnare l’esito della Conferenza di servizi per gli enti che hanno partecipato alla conferenza stessa, da un lato limitano l’impugnativa ai vizi procedurali e, dall’altro, fanno leva sulla necessità di non alterare indebitamente il funzionamento degli organi collegiali, operativi secondo i principi disciplinanti il formarsi di maggioranze e minoranze.
Nel caso di Conferenza di servizi istruttoria, però, come quella del caso di specie, non viene in rilievo alcun meccanismo tipico del funzionamento degli organi collegiali.
RAEE,TARES,Discarica rifiuti: novità nel DL 1/2013
RAEE, TARES, Rifiuti in Discarica, sisma Emilia e altre novità nella legge di Conversione in legge del DL 1/2013
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
E’ stato approvata in via definitiva la legge di conversione del DL 1/2013 recante disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale. Si attende ora la pubblicazione in gazzetta.
Tra le principali disposizioni:
Rifiuti in discarica
Viene prorogato fino al 31 dicembre 2013 il termine dell’entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti, urbani e speciali, con Pci (Potere calorifero inferiore) superiore a 13 kJ/Kg. Il divieto avrebbe impedito di portare in discarica una quantità rilevante di rifiuti, come quelli dell’industria alimentare, cartaria, tessile, che secondo una direttiva europea andrebbero smaltiti in appositi impianti di termovalorizzazione per potenziare il recupero energetico.
Tares
L’articolo 1-bis posticipa, per il solo anno 2013, al mese di luglio il termine di versamento della prima rata del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), precedentemente fissato al mese di aprile dalla legge di stabilità 2013, ferma restando la facoltà per il comune di posticipare ulteriormente tale termine.
Raee
Vengono soppresse le limitazioni temporali entro le quali era consentito al produttore di apparecchiature elettriche ed elettroniche di indicare esplicitamente all’acquirente, al momento della vendita di nuovi prodotti, i costi sostenuti per la raccolta, il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei RAEE storici (c.d. eco-contributo RAEE). La norma prevedeva infatti che la citata indicazione potesse essere apposta fino al 13 febbraio 2011 e, per le apparecchiature rientranti nella categoria 1 dell’allegato 1A (vale a dire i grandi elettrodomestici), fino al 13 febbraio 2013. Ora sarà sempre possibile, per il produttore (e quindi di conseguenza per il distributore) indicare esplicitamente all’acquirente di nuovi prodotti il c.d. eco-contributo RAEE (ECR).
Gestioni commissariali
Proroga al 31 dicembre 2013, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali previsto dal D.L. 59/2012[13], le gestioni commissariali riguardanti:
• gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania e dei Laghetti di Castelvolturno (art. 11 dell’O.P.C.M. 3891/2010);
• la situazione di inquinamento determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova (O.P.C.M. 3554/2006);
• il naufragio della nave da crociera Costa Concordia nel comune dell’Isola del Giglio (O.P.C.M. 3998/2012 e art. 2 dell’O.P.C.M. 4023/2012);
• l’emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie (art. 17 dell’O.P.C.M. 3738/2009).
Sisma Emilia
Modifica della disciplina per la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili nei territori colpiti dal sisma del maggio 2012.
In particolare, la norma prevede la possibilità di concessione dei contributi anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili. La norma è volta a modificare i parametri per la concessione dei contributi al fine di consentire un incremento delle percentuali di sostegno rispetto al costo sostenuto e conseguentemente un maggiore utilizzo dei predetti contributi.
Emergenza Campania
Viene prorogata al 30 giugno 2013 la fase transitoria (scaduta il 31 dicembre) durante la quale è previsto che le attività di spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e assimilati continuino ad essere gestite dai comuni della regione Campania. Fino al medesimo termine le attività di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati continueranno ad essere svolte dalle società provinciali a livello di ambito territoriale ottimale. Dopo il 30 giugno si applicheranno anche sul territorio della regione Campania le disposizioni che attribuiscono ai comuni l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi.
Vai al testo del DL 1/2013 come modificato
TARES: pagamento a luglio 2013
Tares: pagamento prima rata a luglio 2013
Convertito in legge il DL 1/2013 ed in attesa di pubblicazione (approvato in data 22.1.2013)
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Prima rata a luglio 2013 (anziché aprile 2013)
Con un emendamento il governo ha permesso ai sindaci di variare il numero e la scadenza delle rate, inclusa anche la possibilità di versamento in un’unica soluzione a giugno: nel 2013 la prima rata era comunque spostata d’ufficio ad aprile (cfr. comma 35 dell’art. 14 Legge Stabilità).
La legge di Conversione (oggi in attesa di pubblicazione e approvata in via definitiva il 22.1.2013), con modificazioni, del decreto-legge 14 gennaio 2013, n. 1 – recante disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale – all’art. 1bis ha previsto lo slittamento della prima rata a luglio del 2013:
Articolo 1-bis.
1. All’articolo 14, comma 35, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, al settimo periodo, le parole: «ad aprile» sono sostituite dalle seguenti: «a luglio».
Sicurezza: delega di funzioni e obbligo di vigilanza
Sicurezza: delega di funzioni/obbligo di vigilanza
Art. 16 Dlgs. 81/2008 e modello 231 – collegamento
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Esiste ancora confusione sulla “delega di funzioni”.
L’art. 16 Dlgs. 81/2008 codifica la delega di funzioni laddove in altri campi del diritto non si trova codificazione dell’istituto (come in materia ambientale).
L’articolo 16 ricorda che la delega di funzioni:
1) può essere espressamente esclusa
2) è ammessa solo con i limiti e le condizioni indicati dall’art. 16, che ricordiamo
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
Ricordiamo che la delega non sempre è consentita dalla legge.
La Cassazione penale 10702/2012 si è espressa nel senso che la delega non è consentita a) per la valutazione dei rischi e b) l’elaborazione del documento sulla sicurezza, c) nonché per la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
E sempre la sentenza sopra citata precisa anche il limite dell’obbligo di vigilanza del datore di lavoro che non è tenuto al controllo minuzioso ed operativo delle singole attività conferite ma è tenuto al controllo della correttezza della complessiva gestione del rischio dal parte del delegato.
Il controllo di vigilanza invero deve permettere al datore di lavoro di poter intervenire e supplire alle eventuali omissioni del delegante.
La delega inoltre deve avere adeguata e tempestiva pubblicità (comma 2 art. 16)
• Delega di funzioni e obbligo di vigilanza.
Il datore di lavoro (delegante) mantiene obbligo di vigilare sulle funzioni trasferite (recita il comma 3: “La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.”). Il testo è chiaro.
• Modello 231 – obbligo di vigilanza.
Di interesse è il collegamento tra l’obbligo di vigilanza che incombe sul datore di lavoro e la possibilità di avere prova liberatoria attraverso la adozione del modello 231.
Conclude il comma 3 dell’art. 16:” L’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’ articolo 30, comma 4.
Ed invero l’art. 30 comma 4 prevede che “.. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo
a) sull’attuazione del medesimo modello e
b) sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.
Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
Il modello organizzativo previsto dal Dlgs. 231/2001 si impone al datore di lavoro come prova liberatoria del proprio obbligo di vigilanza sulla delega conferita.
Modello che però deve dare prova di assere attuato, revisionato, mantenuto laddove ci siano mutamenti aziendali o accadimenti di infortunio.
• SUBDELEGA: è ammessa?
La delega di funzioni può essere trasmessa solo dal titolare della funzione ovvero dal datore di lavoro.
Ed invero vige il Divieto di subdelega ed il comma 3bis si esprime precisando:” Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate”
Vero è che proprio il comma 3bis (inserito dal Dlgs. 106/2009) prevede che “ il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2.
Dunque alcune funzioni possono essere delegate dal delegato ma solo previa intesa (scritta) del delegante.
Tares: Tariffa rifiuti e servizi (2)
Tariffa rifiuti e Servizi
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Continua la lettura del corposo art. 14 come riformato dalla Legge di Stabilità (vedi articolo pubblicato su questo sito)
Il comma 9 dell’art. 14 viene riformato e riscritto con nuovi criteri.
Viene introdotto il comma 9bis.
tares 2
Rumore e ambiente di lavoro: manuale operativo
Riduzione del rumore negli ambienti di lavoro
Manuale operativo
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio legale Ambiente
La Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, nella seduta del 28 novembre 2012, ha approvato il Manuale operativo “Metodologie e interventi tecnici per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro”.
L’attenzione alle problematiche derivanti dalla diffusione delle tecnopatie e ipoacusie ha imposto la necessità di ridurre il rumore per prevenire i danni uditivi in tutti i luoghi di lavoro.
Il Manuale si pone in continuità con le precedenti Linee Guida per la valutazione del rischio rumore già pubblicate nel 2000, fornendo lo stato dell’arte sugli aspetti tecnici della prevenzione dei rischi da esposizione a rumore e mette a disposizione di tutti i soggetti interessati informazioni, metodologie ed interventi utili per garantire il pieno controllo del rischio rumore in tutti i principali comparti produttivi.
Il testo è organizzato in due livelli che trattano la tematica rispettivamente sotto un profilo generale e un profilo tecnico.
Il primo livello contiene l’articolato essenziale del manuale ed è rivolto alla generalità dei destinatari, contenendo indirizzi e indicazioni pratiche per elaborare e attuare le misure tecniche e organizzative per la riduzione del rischio rumore, fissate dall’articolo 192 del D.Lgs. 81/2008.
Dopo i primi due capitoli di carattere generale introduttivo, il testo affronta gli argomenti legati al luogo di lavoro e alle macchine.
I capitoli 3 e 4 entrano nel merito dell’applicazione delle linee guida, con il capitolo 3 che affronta i criteri acustici generali di progettazione e di bonifica degli edifici, così come stabiliti dalle attuali norme tecniche e di legge, mentre il capitolo 4 tratta con specifici approfondimenti alcune particolari tipologie di destinazione d’uso (uffici, attività commerciali, ambienti scolastici, ambienti comunitari e strutture sanitarie).
Secondo la stessa struttura i capitoli 5 e 6 analizzano le macchine, le attrezzature e gli impianti affrontando la problematica dei criteri acustici di acquisto e le relative strategie di bonifica acustica, fornendo indicazioni sul controllo del rumore alla sorgente e sugli interventi relativi alla trasmissione e propagazione del rumore.
La prima parte si conclude con la bibliografia generale e il glossario per aiutare alla comprensione dei termini e dei concetti utilizzati nel testo.
Il secondo livello è invece articolato in 30 schede destinate all’approfondimento tecnico e gestionale degli argomenti trattati nella prima parte.
Vengono quindi dettagliate le schede di acustica fisica generale che saranno utili per conoscere il fenomeno acustico in tutte le sue articolazioni (generazione, propagazione, assorbimento e isolamento). Le altre schede riguardano principalmente i criteri di scelta e collaudo delle metodologie attualmente disponibili per la riduzione del rumore, la misura e valutazione del grado di potenza sonora, la schermatura di sorgenti sonore e aree rumorose, la modulistica per la raccolta di informazioni acustiche nei nuovi insediamenti produttivi o nelle loro ristrutturazioni.
Nell’ ultima scheda sono quindi riportati esempi di interventi tecnici di riduzione del rumore realizzati sul campo, riportando per ciascuno di essi il comparto produttivo, la presentazione della problematica, il tipo di intervento e la sua descrizione, i risultati acustici e i costi approssimativi sostenuti.
Il secondo livello, essendo composto da schede tecniche verrà integrato nel tempo, attraverso gli aggiornamenti tecnici e legislativi che interverranno successivamente e resi disponibili in formato elettronico.
Allegato: Manuale operativo “Metodologie e interventi tecnici per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro”
Manuale rumore riduzione com 5 all. 1
schede_tecniche com 5 all. 2
Sicurezza: Rischio chimico ambiente lavoro
Agenti chimici: criteri e strumenti per la valutazione e gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro
Approvazione documento
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
La Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, nella seduta del 28 novembre 2012, ha approvato il documento con il quale vengono individuati i criteri e gli strumenti per la valutazione e gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.lgs. 81/08 e s.m.i. (Titolo IX, Capo I “Protezione da agenti chimici” e Capo II “Protezione da agenti mutageni e cancerogeni”).
Il testo recepisce le indicazioni sugli aggiornamenti degli obblighi e delle procedure derivanti dai Regolamenti comunitari:
• REACH (Registration Evaluation Authorisation Restriction of Chemicals) regolamento CE n.1907/2006 sulla gestione dei prodotti attraverso un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche;
• CLP (Classification Labelling Packaging) regolamento Ce n,1272/2008 sull’armonizzazione dei criteri per la classificazione delle norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele;
• SDS regolamento UE n.453/2010 recante modifiche all’Allegato II del regolamento REACH e concernente le disposizioni sulle Schede di Dati sulla Sicurezza.
Il documento fornisce un indirizzo tecnico necessario per la corretta applicazione delle norme nell’ambito della valutazione del rischio derivante da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni presenti nelle lavorazioni in azienda.
Il testo, riprendendo le suddivisioni contenute nel Titolo IX del D.lgs. 81/08 si compone di sei sezioni.
1)Sostanze pericolose
Nella prima “Sostanze pericolose” viene illustrata la ripartizione del Titolo IX nei tre capi (rispettivamente denominati agenti chimici, agenti cancerogeni e mutageni, esposizione ad amianto) evidenziando origini e relazioni con la normativa europea.
2) Nella sezione II “Protezione da agenti chimici” si riportano le definizioni delle classi di pericolo, le indicazioni di pericolo previste nella nuova classificazione secondo il Regolamento CLP e i pericoli per la salute. La sezione viene completata da un paragrafo dedicato al confronto tra i sistemi classificativi CLP, d.lgs. 52/1997 (sulle sostanze pericolose) e d.lgs. 65/2003 (sui preparati pericolosi).
3) La III sezione descrive in che modo l’introduzione dei Regolamenti REACH e CLP possano essere di supporto al datore di lavoro per una corretta valutazione del rischio chimico in quanto la loro applicazione produce le informazioni necessarie ad identificare e classificare gli agenti chimici che possono costituire fattori di rischio per i lavoratori. Nell’ambito del processo valutativo si dovrà tener conto delle proprietà intrinseche delle sostanze e delle miscele che potrebbero rappresentare un pericolo all’atto della normale manipolazione o utilizzazione.
Viene poi illustrata la scheda di sicurezza (SDS) quale strumento idoneo e necessario per ricavare e trasferire le informazioni relative alla pericolosità delle sostanze e delle miscele.
Gli ulteriori paragrafi della sezione sono dedicati ad approfondire le procedure e le disposizioni relative ai VLEP (valori limite di esposizione professionale) e al significato dei DNEL (Derived No Effect Level – indicante il livello di esposizione al di sotto del quale non si verificano effetti negativi sull’uomo) e dei DMEL (Derived Minimal Effect Level – indicante il livello dei rischi di riferimento che si ritiene susciti poca preoccupazione in relazione a un determinato scenario di esposizione ossia un livello di effetti tollerabile) nell’ambito della tutela della salute dei lavoratori.
Viene quindi affrontato l’impatto dei nuovi regolamenti in merito all’obbligo della informazione e formazione dei lavoratori.
4) La sezione IV affronta la parte relativa alla protezione da agenti cancerogeni e mutageni a causa della loro presenza o impiego nell’attività lavorativa, tracciando una panoramica sugli aspetti generali e il campo di applicazione del Capo II Titolo IX del T.U. Sicurezza. Vengono riportate le definizioni previste dal Regolamento CLP per gli agenti chimici cancerogeni e mutageni e posto a confronto il sistema di classificazione CLP con il d.lgs. 52/1997 (sulle sostanze pericolose) e il d.lgs. 65/2003 (sui preparati pericolosi).
E’ descritto inoltre il processo di valutazione dell’esposizione e approfondito il concetto di VLEP (valori limite di esposizione professionale) per le sostanze cancerogene e mutagene.
5) La sezione V si occupa degli aspetti relativi alla sorveglianza sanitaria evidenziando come le nuove SDS previste dal Regolamento UE n.453/2010 contengano elementi di rilievo per le valutazioni che il medico competente dovrà effettuare nel corso della sorveglianza sanitaria, anche per definire i contenuti dei “protocolli sanitari”.
6) Nella sezione VI “Autorizzazione e restrizione” viene infine ricordata una novità di rilievo introdotta dal regolamento REACH e riguardante alcune sostanze di particolare pericolosità, le cosiddette SVHC (Substance of Very High Concern) che potranno essere immesse sul mercato europeo solo dopo aver ottenuto una Autorizzazione all’Uso, che verrà rilasciata solo qualora venga dimostrata l’impossibilità di sostituire nell’immediato la sostanza in questione e comunque assicurando le migliori condizioni di controllo e di limitazione dell’esposizione, in coerenza con quanto prevede la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Il documento viene da ultimo completato con una lista di acronimi, un glossario e uno schema di allegati.
Per completezza di informazione si allega il testo integrale dello stesso.
Allegato: Documento “Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro”Documento_agenti_chimici_09012013
Patto di stabilità: Enti inadempienti
Enti inadempienti patto di Stabilità: elenco
Decreto 21 dicembre 2012 ( Gazz. Uff. N. 8 del 10.1.2013)
Il ministero dell’interno pubblica l’elenco degli enti inadempienti al patto di stabilita’ e dunque soggetti alla sanzione.
Il provvedimento si apre con l’ inciso riassuntivo” Visto l’art. 7 comma 2, lettera a) del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 149 il quale prevede a carico degli enti che non rispettano il patto di stabilita’ una riduzione di risorse a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato e che in caso di incapienza dei predetti fondi gli enti sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le
somme residue; …”
Vai all’elenco Enti
Trasporto/raccolta rifiuti categoria da 1 a 5: Delibera n. 6/2012 vigente dal 9.1.2013
Delibera Albo gestori ambientali n. 6/2012 – iscrizione albo gestori/raccolta e trasporto rifiuti categorie da 1 a 5
a cura di Studio Legale Ambiente
Entra in vigore oggi 9 gennaio 2013 la delibera dell’Albo Gestori Ambientali relativa alle nuove modalità di iscrizione per coloro che svolgono attività di raccolta e trasporto rifiuti per la categoria da 1 a 5.
Delibera 12.12.2012
Costi di difesa e diritto di difesa: Legge Stabilità 2013
Costi di difesa e diritto di difesa: la legge di Stabilità 2013
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Poco se ne parla.
Qualche articolo su riviste specializzate segnala la novità.
I giornali (quotidiani) non sembrano interessati.
Nulla sanno proprio coloro che decidono di recarsi dall’avvocato per la “tutela dei propri diritti”.
Il costo della difesa dei propri diritti non solo subisce il peso dell’attività difensiva, del rischio di causa, delle lungaggini processuali ma anche della imposizione (spese non imponibili) dello Stato.
Fino a ieri il versamento del “contributo unificato” – ovvero di quel costo da versare allo stato per poter adire la Giustizia – ha avuto un peso ed un significato “economico”. Possiamo accettarlo.
Vero è che con il Governo Monti il Contributo assume una veste “punitiva”. Maggiori sono i costi della giustizia, minori sono le possibilità/ probabilità che il cittadino adisca l’autorità giudiziaria.
Insomma il costo della giustizia assume la veste di strumento in grado di disincentivare le azioni giudiziarie; azioni che intasano i tribunali, che costringono a produrre sentenze.
Ebbene in questo contesto la Legge di Stabilità 2013 manifesta un intento non proprio pregevole e si presta a valutazioni di incostituzionalità.
Riduzione della spesa
Il punto 16 della Legge di Stabilità 2013 esplicita il fine dei successivi punti (o commi) e recita: “ Concorrono al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa del Ministero della Giustizia le disposizioni di cui ai commi da 17 a 29”.
Dunque le disposizioni imposte dal Parlamento sono finalizzate (necessitate) dal fine di contenimento dei… costi di Giustizia.
Contributo unificato (spese di giustizia)
Il comma 17 richiama l’art. 13 del DPR 115/2002; articolo dedicato al contributo unificato ovvero a quella somma che deve essere versata da colui che decide di adire la Giustizia in quanto ritiene di essere leso nel suo diritto.
Impugnazione
La disposizione colpisce la impugnazione della sentenza ovvero quando la parte soccombente (in tutto o in parte) non condivide la decisione del Giudice (fallibile …come tutti i comuni mortali).
Raddoppio costi giustizia
Impugnare? Meglio pensarci bene.
La legge stabilità 2013 inserisce il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002 e precisa che “quando l’impugnazione, anche incidentale, è
1) respinta
2) inammissibile
3) improcedibile
la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Di fatto, dunque, colui che impugna la sentenza del primo grado (ovvero non condivide le decisioni del Giudice di primo grado) e adisce , ad esempio la Corte di appello
1) paga il contributo unificato per iniziare la causa in appello
2) se la domanda viene respinta integralmente – e dunque soccombe nuovamente – deve pagare ulteriore “ammenda” allo Stato per aver osato contraddire ancora su questione già …decisa.
Sembra quasi che il legislatore abbia in mente un modello di giustizia virtuale, dove le sentenze sono tutte frutto di competenza, trasparenza, diligenza, capacità e ponderazione. Il Giudice diventa Legislatore. L’avvocato … un esecutore, un mediatore (?).
La sentenza che respinge l’impugnazione è davvero giusta?
La sentenza che ritiene un appello inammissibile è davvero inammissibile?
L’esperienza di ogni avvocato conosce la possibilità elevata (e congenita) alla sentenza che la decisione possa non essere “giusta”; conosce le infinite variabili e l’incerto mondo del diritto.
L’affronto al diritto e alla libertà di dire e contraddire è evidente ed esplicito.
Entrata in vigore (28 gennaio 2013)
Ebbene questa nuova disposizione si applicherà a tutti i giudizi che verranno instaurati dopo il 28 gennaio 2013 (ovvero 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di Stabilità 2013 – Gazz. Uff. 29.12.2012) cfr. comma 18 legge stabilità 2013).
TARES: Tributo Rifiuti e Servizi in vigore dal 1.1.2013 (1)
TARES IN VIGORE DAL 1.1.2013
Tributo comunale Rifiuti e Servizi (1)
Una prima lettura
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
Ci eravamo dimenticati della “invenzione” …TARES.
L’art. 14 L. 214/2011, più volte riformato nel corso del 2012, è divenuto un testo normativo a se’; lungo e complesso nella lettura, affaticante.
La Legge Stabilità 2013 – al comma (o punto) 387 si occupa dell’art. 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, apportando alcune rilevanti modifiche.
Vigenza TARES
Vengono introdotte disposizioni che disciplinano e regolano l’entrata in vigore del nuovo tributo TARES a partire dal 1 gennaio 2013.
Era previsto inizialmente che il pagamento avvenisse in quattro rate annuali (gennaio, aprile, luglio, ottobre).
Prima rata ad aprile 2013
Con un emendamento il governo ha permesso ai sindaci di variare il numero e la scadenza delle rate, inclusa anche la possibilità di versamento in un’unica soluzione a giugno: nel 2013 la prima rata è comunque spostata d’ufficio ad aprile (cfr. comma 35 dell’art. 14 Legge Stabilità).
In generale
Per definire il costo del servizio di gestione dei rifiuti, e di conseguenza la tariffa, si useranno i parametri attualmente in vigore.
Dovrà infatti essere gestito applicando i criteri per la determinazione della tariffa contenuti nel Dpr 158/1999. Questo decreto attuativo dovrà essere applicato a regime, perché non è più prevista l’emanazione di un nuovo regolamento. La tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in base agli usi e alle tipologie di attività svolte.
Gli importi della Tares saranno in ogni caso maggiorati rispetto alle vecchie imposte, a causa della destinazione stessa delle entrate finalizzate a finanziare il
servizio di igiene ambientale e altri servizi come
l’illuminazione e la
manutenzione delle strade nei Comuni.
Considerato poi che per la maggior parte degli immobili non esiste ancora la superficie catastale, all’Agenzia era demandato il compito non semplice di stabilire medio tempore una superficie convenzionale in base ai dati in suo possesso.
Tenuto conto delle difficoltà di utilizzare la superficie catastale, viene consentito ai comuni di fare ricorso alle superfici già denunciate per Tarsu e Tia, utilizzando per il calcolo della tassa la superficie calpestabile anche per gli immobili a destinazione ordinaria (classificati nelle categorie A, B e C). Tuttavia, all’80% della superficie catastale gli enti potranno fare ricorso in sede di accertamento. Si passerà alla commisurazione del tributo sulla superficie catastale solo quando verranno allineati i dati degli immobili a destinazione ordinaria e quelli riguardanti la toponomastica e la numerazione civica, interna e esterna, di ciascun comune.
SERVIZI
Interessante è la precisazione del legislatore, modificata dalla Legge stabilità, che giustifica questo tributo imposto “…a copertura dei costi relativi al servizio di
a) gestione dei rifiuti urbani
b) gestione dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento,
svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale .
c) e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
Il pagamento del TARES comprende dunque anche alcuni Servizi.
Così risulta la lettura del comma 1 art. 14 come modificato dalla Legge Stabilità.
“1. A decorrere dal 1° gennaio 2013 e’ istituito in tutti i comuni del territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale svolto mediante l’attribuzione di diritti di esclusiva nelle ipotesi di cui al comma 1 dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 settembre 2011, n. 148, e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
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Il Comune può imporre l’Iva?
L’obbligazione è tributaria, lo dice la legge, e dunque non è dovuta l’IVA.
Il Comune è il soggetto destinatario del tributo.
Così recita il comma 2 dell’art. 14 (non modificato dalla Legge Stabilità):
“…2. Soggetto attivo dell’obbligazione tributaria e’ il comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo.”..
Cosa è” suscettibile di produrre rifiuti urbani”?
Precisa il comma 3 dell’art. 14:
3. Il tributo e’ dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.
Solo ciò che è suscettibile di produrre rifiuti URBANI (non speciali) è soggetto al Tributo. Costituisce dunque presupposto e condizione per l’applicazione. Va da se’ che i Comuni tenderanno ad ampliare con interpretazioni (circolari, regolamenti ecc..) i luoghi “suscettibili di produrre rifiuti”….
Esclusioni
Il comma 4 indica le esclusioni.
E’ bene porre attenzione a questo importante capitolo laddove più di qualche contribuente ha pagato e paga il tributo anche su aree (si pensi al parcheggio) o altri beni sulla base di incauta dichiarazione della parte.
Ebbene l’amministrazione NON può applicare il tributo a
1) luoghi che non sono suscettibili di produrre rifiuti e relativi a :
aree scoperte pertinenziali
aree accessorie a civili abitazioni
aree comuni condominiali non detenute od occupate in via esclusiva
Dunque sorgoro alcuni quesiti:
L’area di parcheggio anche esclusiva, seppur condominiale, è luogo suscettibile di produrre rifiuti?
L’area scoperta e l’area scoperta pertinenziale: quale differenza?
Quali sono le aree accessorie a civili abitazioni?
Recita il comma 4:
“4. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.
Vincolo di solidarietà
Qualora ci siano più soggetti che detengono/occupano i beni suscettibili di produrre rifiuti, il legislatore ha previsto il vincolo di solidarietà e dunque tutti sono tenuti al pagamento per l’intero del Tributo (salvo regresso verso gli altri)
Si evidenzia che i luoghi possono essere:
-Locali
– Aree scoperte
– Aree comuni condominiali detenute/occupate a titolo esclusivo
Recita il comma 5:
5. Il tributo e’ dovuto da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui ai commi 3 e 4 con vincolo di solidarieta’ tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse.
Utilizzo non superiore ai 6 mesi
Recita il comma 6:
6. In caso di utilizzi temporanei di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, il tributo e’ dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprieta’, usufrutto, uso, abitazione, superficie.
Multiproprietà/centri commerciali
7. Nel caso di locali in multiproprieta’ e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni e’ responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo.
TRIBUTO/ANNO SOLARE
8. Il tributo e’ corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria.
MUD 2013: novità
MUD 2013: Approvato il modello di dichiarazione ambientale per l’anno 2013
a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
E’ stato pubblicato (vedi anche questo sito) sulla Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2012 n. 302, il Dpcm 20 dicembre 2012 contenente la nuova modulistica da utilizzare per la dichiarazione ambientale 2013.
La nuova modulistica, che sostituisce integralmente quella approvata con Dpcm 23 novembre 2011, sarà utilizzata per le dichiarazioni da presentare entro il 30 aprile di ogni anno, con riferimento all’anno precedente, fino alla piena entrata in operatività del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri).
La modulistica è articolata in Comunicazioni che devono essere presentate dai soggetti tenuti all’adempimento, che sono così individuati:
1. Comunicazione Rifiuti speciali
• Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti;
• Commercianti ed intermediari di rifiuti senza detenzione;
• Imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti;
• Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi;
• Imprese agricole che producono rifiuti pericolosi con un volume di affari annuo superiore a Euro 8.000,00;
• Imprese ed enti produttori che hanno più di dieci dipendenti e sono produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali e da attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento dei fumi (così come previsto dall’articolo 184 comma 3 lettere c), d) e g));
• Imprese ed enti che producono fino a 7 rifiuti possono presentare la comunicazione rifiuti semplificata su supporto cartaceo.
2. Comunicazione Veicoli Fuori Uso
• Soggetti che effettuano le attività di trattamento dei veicoli fuori uso e dei relativi componenti e materiali.
3. Comunicazione Imballaggi
• CONAI o altri soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c).
4. Comunicazione Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche
• Soggetti coinvolti nel ciclo di gestione dei RAEE rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. 151/2005.
5. Comunicazione Rifiuti Urbani, Assimilati e raccolti in convenzione
• Soggetti istituzionali responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati.
6. Comunicazione Produttori di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche
• Produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche iscritti al Registro Nazionale e Sistemi Collettivi di Finanziamento.
MUD 2013: DPCM 20/12//2012
DPCM 20/12/2012 – MUD per l’anno 2013
Pubblicato in Gazzetta uff. 29.12.2013
Segnalazione a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Sino alla piena operatività’ del Sistri il MUD verrà compilato secondo le nuove disposizioni.
Mud da presentare il 30 aprile del 2013.
Ed invero si ricorda che l’art. 189 come modificato dal DLgs. 205/2010 sarà applicabile solo con la piena operatività del Sistri; operatività sospesa fino a nuovo…ordine.
MUD 2013 – DPCM 2012
Legge stabilita' 2013: vigente dal 1.1.2013
Legge Stabilita’ 2013 – L. 24/12/2012 n. 228
Gazz. Uff. 29.12.2012
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Buon fine anno!!!
La legge, salvo deroghe nel testo, entra in vigore, in tutta fretta, il primo gennaio 2013.
La Legge composta di 1 articolo e 561 commi richiede, per ogni comma, una complessa riflessione.
Buona lettura….
Legge Stabilità 2013
Buon Natale a Tutti …..
È’ stata approvata la riforma della professione forense. Riforma che ha ottenuto il gradimento del CNF.
Si legge all’ art. 2 comma 2 l’espressione di antico, insostituibile quanto dimenticato principio sempre più compresso, svilito, emarginato.
Basti ricordare:
L’aumento dei costi per adire la giustizia
Il silenzio sulla responsabilità dei magistrati
le riforme processuali finalizzate a controllare, “deflazionare” le impugnazioni, i processi
Allora Buon Natale a tutti …. ricordando che
“2. L’avvocato ha la funzione di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti.”….