Energia: limiti alle Regioni

Energia: limiti alle Regioni – prevalenza del diritto Comunitario
Consiglio di Stato 10 settembre 2012 n. 4768
A cura di Cinzia Silvestri-Studio Legale Ambiente
L’ ” Impatto Ambientale delle energie alternative/rinnovabili” e’ il tema del convegno organizzato da Studio Legale Ambiente, che si terrà ad Ecomondo – Sabato, 10 novembre 2012 alle 9.00/13.00 a Rimini -Ecomondo – Key Energy.
Il Convegno tratterà anche il difficile rapporto tra la normativa Nazionale e Regionale e la prevalenza del diritto comunitario.
Buon esempio della prevalenza del diritto Comunitario e’ la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 4768/2012 che ha deciso su sentenza del TAR Basilicata di diniego di autorizzazione di impianto eolico.
LA SENTENZA
La Legge Regionale della Basilicata n. 9/2007 e’ in violazione “delle norme internazionali vigenti (protocollo di Kyoto) e comunitarie (articolo 3 direttiva n. 2001/77/Ce), le quali incentivano lo sviluppo delle suddette fonti di energia rinnovabile ed in particolare della direttiva 2001/77/Ce”.
LA LEGGE REGIONALE NON PUÒ FISSARE LIMITI DI PRODUZIONE
Cita la sentenza:” L’interpretazione ora riconosciuta alla normativa varata dalla Regione Basilicata porta innegabilmente alla chiusura del mercato della produzione di energia eolica e ciò, sebbene stabilito con un limite temporale, si manifesta lesivo di importanti e basilari principi caratterizzanti gli ordinamenti europeo ed italiano, in particolare la direttiva già richiamata 2001/77/Ce, secondo cui la produzione di energia anche da fonti rinnovabili avviene in regime di libero mercato concorrenziale senza la previsione di limiti alla produzione.
“…. I regimi di sostegno dei singoli Stati membri devono comunque promuovere efficacemente l’uso delle fonti energetiche rinnovabili – articolo 4 – ed ancor più, soprattutto, andranno ridotti “gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili” – articolo 6.
A fronte di tale quadro di riferimento generale, si deve escludere che il Legislatore nazionale, statale o regionale che sia, possa introdurre un limite massimo alla produzione di energia elettrica rinnovabile, poiché tale limite si dimostra in contrasto radicale con il favor della normativa europea, laddove questa fissa limiti minimi e rivede in generale riduzione degli ostacoli normativi all’aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili….
…Il Dlgs 29 dicembre 2003 n. 387, recante recepimento nell’ordinamento interno della direttiva in parola, ha poi confermato i propositi del legislatore comunitario ed ha previsto inoltre che le Regioni — articolo 10 — possano adottare “misure per promuovere l’aumento del consumo di elettricità da fonti rinnovabili nei rispettivi territori, aggiuntive rispetto a quelle nazionali”, quindi senza incentivare i criteri che potessero portare a stabilire tetti massimi di produzione.
È poi necessario il richiamo alla successiva direttiva 2009/28/Ce che ha sostituito la direttiva 2001/77/Ce, con cui si è tra l’altro precisato nelle premesse – punto 14 – che “la principale finalità di obiettivi nazionali obbligatori e creare certezza per gli investitori nonché stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile. Non è opportuno rinviare la decisione sul carattere obbligatorio di un obiettivo in attesa di eventi futuri”.
DISAPPLICAZIONE
….
In conclusione, in accoglimento dell’appello in esame, l’articolo 3 della legge regionale 26 aprile 2007 n. 9 della Regione Basilicata deve essere disapplicato laddove pone un limite massimo alla produzione di energia elettrica derivante da fonte eolica, in quanto contrastante con l’articolo 6 della direttiva 2001/77/Ce con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati ..”
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Lex Cincia de donis et muneribus

Gli “onorari degli avvocati”
Riflessione: a cura di avv. Cinzia Silvestri
Si rinvia al simpatico e dotto articolo di ” storia forense” pubblicato sul sito della Cassa forense a cura dell’avv. Guglielmo Preve…..
Lex Cincia

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Convegno Chieti (16.11.2012) – Terre e rocce/materiali da scavo

“Terre e rocce da scavo: condizioni di utilizzo nel DM 161/2012 – Aspetti tecnici e procedurali”
Studio Legale Ambiente partecipa al Convegno/Seminario che Confindustria e ANCE di Chieti organizzano  in data 16.11.2012 dalle 14 alle 19.
Seminario che vuole chiarire le novità e le problematiche legate alla applicazione del DM 161/2012 relativo ai “materiali da scavo”.
In attesa anche del Decreto di Semplificazione bis che promette ulteriori modifiche alla individuazione del “materiale da riporto”
ANCE Confindustria Chieti 16.11.2012

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AIA e VIA/biomasse e inceneritore

AIA, VIA e impianti di incenerimento
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 4 maggio – 17 ottobre 2012, n. 5299
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il Consiglio di Stato precisa i rapporti tra AIA e VIA e soprattutto indica la differenza spesso dimenticata tra impianto di incenerimento e coincenerimento.
La sentenza e’ articolata ma si selezionano alcuni passaggi importanti e significativi:
RAPPORTI TRA VIA e AIA
Spesso si dimentica la finalità delle due procedure previste dal Dlgs. 152/2006; procedure che dialogano tra loro ma mantengono autonomia.
Cita la sentenza: “….In ordine ai rapporti tra valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale deve rilevarsi che mentre
-la prima si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternativi possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero (C.d.S., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2234; 30 settembre 2009, n. 5893; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246), investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali di un impianto (e più in generale dell’opera da realizzare),
-la seconda, introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, è atto che sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano invece precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante (assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco) e incide quindi sugli aspetti gestionali dell’impianto.
PROGETTO: ESATTA QUALIFICAZIONE
La questione discussa in sentenza trae origine dalla qualificazione dell’impianto come centrale di produzione elettrica da alimentare con fonti rinnovabili biomasse oppure impianto di incenerimento.
La sentenza precisa: “….Come si evince dal già menzionato Supplemento al Rapporto Istruttorio, la Società….. ha presentato in data 25 gennaio 2008, quale autorità proponente, la domanda di avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale relativa al progetto di “Ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDR-Q)”.
E’ solo rispetto a tale progetto che è stato avviato il relativo procedimento (con relativa pubblicità) ed è rispetto ad esso che, come risulta sempre dal predetto Rapporto, il Comitato d’inchiesta pubblica ha evidenziato (punto 1 e punto 10) che il combustibile da utilizzare previsto nel progetto rendeva l’impianto diverso da quello già esistente, trasformandolo da centrale di energia elettrica in inceneritore: sul punto lo stesso soggetto proponente, già in sede di osservazioni alle valutazioni del Comitato di inchiesta pubblica, ha sostanzialmente ammesso tale situazione, affermando, come riportato testualmente nel Rapporto, che “…la qualifica giuridica dell’impianto (inceneritore/coinceneritore) è irrilevante ai fini della valutazione di impatto ambientale del progetto presentato e non si traduce automaticamente in una omessa valutazione preventiva del progetto derivante dall’impiego dei rifiuti come combustibili.
QUALIFICA IMPIANTO
Continua la sentenza:”…La qualificazione dell’impianto come inceneritore oppure come un coinceneritore rileva esclusivamente in fase di esercizio e, dunque, è una valutazione tipica dell’autorizzazione integrata ambientale, tanto che il D. Lgs. N. 133/2005 impone prescrizioni di esercizio diverse in relazione alle due tipologie di impianti”.
Giova aggiungere che il Rapporto in questione sul punto in esame conclude nel senso che “…considerato che dagli elementi resi disponibili non si evidenzia una prevalenza certa della “funzione principale” dell’impianto nella produzione di energia, si ritiene che detto impianto debba essere qualificato come impianto di incenerimento. La qualificazione è coerente con la documentazione progettuale presentata in sede di VIA che descrive un impianto per il trattamento termico dei rifiuti (CDR). Tale qualificazione fornisce, inoltre, maggiori garanzie di tutela per l’ambiente e per la salute”.
8.2. Sennonché proprio tali conclusioni confermano la correttezza della sentenza impugnata.
Infatti, anche ammesso che nel corso del procedimento il progetto originariamente presentato dalla società Scarlino Energia s.r.l. non sia stato minimamente modificato, non può nondimeno negarsi che esso concerneva (solo) l’ammodernamento tecnologico ed interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica esistente e non già la realizzazione di (o la sua trasformazione in) un inceneritore.
Né è decisiva, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la circostanza che la centrale elettrica fosse alimentata con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR o CDR-Q) e che in particolare, essendo il CDR ed il CDR – Q un rifiuto, si fosse evidentemente in presenza di un inceneritore.
E’ sufficiente al riguardo rilevare che la materia dell’incenerimento dei rifiuti è oggetto di una speciale normativa (D. Lgs. 11 maggio 2005, n. 133 “Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti, di cui peraltro non vi è traccia di sicura e puntuale osservanza nella fattispecie in esame, non essendo sufficiente a tal fine meri generici riferimenti), dalla quale si evince che costituisce impianto di incenerimento (art. 2, lett. d), “qualsiasi unità o attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico dei rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione” e che costituisce impianto di coincenerimento (art. 2, lett. e) “qualsiasi impianto fisso o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia e di materiali che utilizzano rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento. L’ultimo periodo della citata lett. e) dell’articolo 2 precisa che “Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi della lettera d)”.
AMMINISTRAZIONE
Pertanto, l’amministrazione, appurata tale divergenza (che non è meramente formale e non rileva soltanto dal punto di vista terminologico), piuttosto che concludere il procedimento di V.I.A., imponendo prescrizioni ai fini del successivo rilascio dell’A.I.A., avrebbe dovuto invitare la società proponente il progetto a precisare e specificare effettivamente il progetto presentato, chiarendo se esso consisteva effettivamente in un ammodernamento di quello procedente oppure in una trasformazione di quello già esistente in inceneritore, ciò non solo ai fini della correttezza della fase di pubblicità, ma anche al fine di valutare la adeguatezza e la completezza del procedimento di V.I.A. (proprio in ragione della diversità dell’impianto).
Si rinvia alla sentenza

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Mediazione: illegittimità costituzionale!

Mediazione obbligatoria: illegittimità costituzionale!
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Da tempo si attendeva la decisione della Corte Costituzionale sulla questione Mediazione; sulla “conciliazione” che obbligava il cittadino a subire altri costi e sottraeva il contenzioso alle aule giudiziarie solo apparentemente.
Ormai tutto il sistema “legislativo” sembra dimenticare il DIRITTO di difesa; il diritto di dire e contraddire.
Ebbene la Corte costituzionale ha riconosciuto la illegittimità della mediazione obbligatoria prevista dal Dlgs. n. 28/2010.
Comunicazione della Corte costituzionale
 
 

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Sisma maggio 2012: deroghe

Sisma del maggio 2012
Segnalazione di Studio Legale Ambiente
Il Consiglio ha autorizzato il Commissario a derogare alla normativa su terre e rocce da scavo ( anche in riferimento al DM 161/2012) per le zone colpite dal sisma del maggio 2012.
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Requisiti autorizzazione: quesito

Quesito*
A cura Studio Legale Ambiente
Segnalazione di Dario Giardi
Ho richiesto alla Provincia per una societa’ che effettua recupero di rottami metallici, autorizzazione alla messa in riserva R13 e recupero R4; ottenute le autorizzazioni, provvederò alla Certificazione ai sensi del Reg. Ue 333/11 in modo tale da poter produrre “Non rifiuti”. L’iter è sempre stato: ottenimento autorizzazioni in Provincia e successiva Certificazione da parte di Ente Terzo.
La Provincia e’ in dubbio e mi oppone che prima di ottenere l’R4 la Ditta deve certificarsi….. ma nessuno ti certifica se prima non hai le autorizzazioni necessarie… ..
Chiedo a Lei quale sia l’iter corretto.
Risposta
L’iter fino ad ora seguito sembra corretto visto che l’articolo 208 del Dlgs 152/2006 individua espressamente, per l’ottenimento dell’ autorizzazione, una serie di condizioni e prescrizioni tra le quali non figura assolutamente il requisito della pre-certificazione. Tale documentazione rimane volontaria e pertanto non ostativa al rilascio dell’autorizzazione
* Le risposte ai quesiti sono indicative ed solo informative.

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Delega ambientale: focus

Delega ambientale: Cassazione penale n. 39729/2009
 A cura di Cinzia Silvestri   – Studio legale Ambiente
Accade spesso di travisare la funzione, il contenuto (ed omettere la forma) della “delega ambientale”.
Spesso la dirigenza di un settore ritiene di essere, in forza della propria funzione, il responsabile, il delegato anche “ambientale”; soggetto idoneo dunque a rispondere o meno dell’evento.
La delega  di responsabilità in materia ambientale  è  “cosa seria” .
Si tende ancora a sovrapporre la delega e le funzioni proprie della materia sulla sicurezza (ormai patrimonio di tutti) con la delega in materia ambientale (non codificata).
Inutile suggerire di affrontare la questione separatamente, di tracciare per iscritto compiti e responsabilità trasferite … spesso si trova opposizione nelle stesse società che non capiscono per quale motivo devono “fare qualcosa in più” di quello che esiste già….
Delegare significa attribuire responsabilità che la legge individua in un certo soggetto (legale rappresentante, ad esempio) ad altro soggetto in forza di un atto volontario (contratto, delega).
Il contenuto, la forma di questo “conferimento” è sottoposto a rigido controllo proprio perché “trasferisce responsabilità” (la giurisprudenza ha cesellato il concetto nel tempo con numerose sentenze; vedi anche commento della sottoscritta all’art. 188 Dlgs. 152/2006, Codice dell’Ambiente, Giuffrè ed., 2008).
In materia ambientale la confusione è diffusa a tutti i livelli; difficile far comprendere la necessità di esplicitare nelle dovute forme la delega; quasi impossibile far comprendere che la delega in materia ambientale non coincide con quella in materia di sicurezza e che dunque necessita di precisa indicazione.

Ebbene, utile a comprendere la delicatezza del “trasferimento” di responsabilità è la sentenza della Cassazione penale n. 39729.

La sentenza della Cassazione non riconosce valore alla delega conferita in quanto la stessa non presenta i requisiti idonei per essere ritenuta riferibile alla …materia ambientale.
La Sentenza della Cassazione puntualizza in merito alla commissione del reato ex art. 59 comma 1 (oggi art. 137 Dlgs. 152/2006) da parte di 2 imputati in quanto avevano “effettuato, senza autorizzazione, scarichi di acque reflue industriali, prodotte dalla pulitura delle carrozze dei treni, nel sistema fognario esistente presso la stazione fognaria di (OMISSIS), e, riconosciute ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, li condannava alla pena di Euro 1.200,00 di ammenda ciascuno[1].
IL TRIBUNALE
Il Tribunale affrontava l’individuazione dei soggetti responsabili e  riteneva “…..irrilevante che l’attività di lavaggio competesse a Trenitalia, competendo a Rete Ferroviaria Italiane (RFI), società titolare delle strutture costituenti l’insediamento produttivo e quindi della rete fognaria, quantomeno un onere di controllo sull’osservanza della normativa antinquinamento….”.
Il Tribunale concludeva che “….In ordine alla ripartizione di competenze all’interno della RFI rilevava il Tribunale che dagli atti prodotti dalla stessa difesa emergeva che il compito di adeguare la rete fognaria della stazione di (OMISSIS) alla normativa in materia di scarichi era stata assunta dalla Direzione Compartimentale Infrastrutture di Palermo, al cui vertice vi era l’ing. B., il quale, inoltre, con atto in data 1.3.2002 aveva delegato l’ing. Ba. ad assicurare il rispetto della normativa in materia ambientale.
LA CASSAZIONE
“…Il Tribunale è pervenuto all’affermazione della penale responsabilità del Ba., ritenendo che la delega in data 1 marzo 2002 attribuiva al predetto di “assicurare il rispetto della normativa in materia di tutela ambientale, impartendo a tal fine le necessarie diposizioni e vigilando affinchè sia evitato che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno”, con “ampia autonomia di spesa nell’ambito del budget concordato”.
La Cassazione invero non concorda con l’affermazione del Tribunale che aveva riconosciuto validità alla delega e prosegue:
“…Dalla mera lettura dell’atto di delega risulta palesemente che il Tribunale ha ritenuto erroneamente che esso riguardasse la gestione degli scarichi fognari della stazione di (OMISSIS). La delega, infatti, riguardava la sola materia antinfortunistica. Già nella intestazione dell’atto si faceva riferimento al D.Lgs. n. 626 del 1994: “Il responsabile dell’unità produttiva Direzione compartimentale Infrastrutture Palermo (Datore di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994)”.
Anche con riferimento all’oggetto della delega veniva richiamato espressamente il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, lett. n), secondo cui il datore di lavoro o il suo delegato “prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno”.
Risulta evidente, quindi, che il riferimento al rispetto della normativa ambientale riguardava, comunque, le misure da adottare in sede di prevenzione antinfortunistica.
Il richiamo della normativa di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, sia nella intestazione che nel “contenuto” della delega, non può generare alcun equivoco o problema interpretativo.
Ritenere che la delega in questione riguardasse la gestione degli scarichi fognari della stazione di (OMISSIS) costituisce, pertanto, palese travisamento della prova.
L’atto di delega delegava al Ba. soltanto la materia antinfortunistica e non certo la gestione degli scarichi fognari.

[1] Rilevava il Tribunale che “dalle risultanze processuali emergeva in modo inequivocabile che i liquidi che confluivano nella “platea di lavaggio” derivavano dall’attività di pulitura delle motrici e delle carrozze dei treni e che gli stessi, attraverso la rete fognaria interna della stazione, confluivano nella fognatura senza che vi fosse alcun sistema di chiarificazione. Non poteva infatti ritenersi sufficiente che tali reflui, annoverabili tra gli scarichi da insediamento industriale, prima di essere immessi nella fognatura, passassero attraverso dei pozzetti (con profondità maggiore rispetto a quelli di entrata e di uscita), in quanto non era prevista alcuna attività di recupero periodica delle particelle più pesanti che andavano a depositarsi sul fondo dei pozzetti più vicini alla platea di lavaggio.
 
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Rinnovo autorizzazioni per imprese certificate: quesito

Quesito * 

Il comma 4 dell’art. 209 Dlgs. 152/2006 prevede che in materia di rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di e certificazione ambientale “l’autocertificazione e i relativi documenti mantengono l’efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di 180 giorni successivi alla data di comunicazione all’interessato della decadenza a qualsiasi titolo avvenuta della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1”.
Quale è la validità temporale dell’ autocertificazione  e cosa significa “notifica di decadenza all’interessato ?”

Risposta

Le imprese certificate possono rinnovare l’autorizzazione ovvero la iscrizione all’Albo di cui all’art. 212 con autocertificazione (regime di favore)
L’autocertificazione non solo sostituisce l’autorizzazione ma estende efficacia (validità temporale) anche dopo 180 giorni alla decadenza della autorizzazione .
L’articolo 209, comma 1 del Dlgs 152/2006 prevede che per il rinnovo delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento EMAS o certificate Uni En Iso 14001, possano sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti. Viene sottolineato come l’autocertificazione debba essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell’impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari.
Tale autocertificazione e i relativi documenti sostituiscono a tutti gli effetti l’autorizzazione alla prosecuzione e mantengono l’efficacia sostitutiva fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all’interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta.
* Le risposte ai quesiti sono indicative ed informative.
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Normale pratica industriale: terre e rocce

Normale Pratica Industriale: terre e rocce – Riflessione sul DM 161/2012
 A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il DM 161/2012 diventa punto di riferimento per le modalità di gestione delle terre e rocce da scavo (e non solo).
L’art. 186 è abrogato; la normativa a cui fare riferimento è l’art. 184 bis (sottoprodotto) ed il DM 161/2012 dovrebbe fungere da norma tecnica attuativa.
Non si può prescindere dunque dalla lettura dell’art. 184bis comma 1 che alla lettera c) precisa uno dei requisiti che definiscono “sottoprodotto” un residuo (ovvero non rifiuto) ovvero la “normale pratica industriale”.
Difficile concetto da definire e causa di contenzioso anche recente.
Ebbene l’allegato 3 del DM 161/2012 non solo definisce ma descrive i contenuti e le ipotesi per le quali si può ritenere esistente la normale pratica industriale; descrive le ipotesi “comunemente effettuate”  che soddisfano uno dei requisiti richiesti per considerare il residuo sottoprodotto.
La lettura del “decalogo” prescinde dalle argomentazioni giuridiche (dotte) finora riscontrate nelle recenti sentenze e che cercavano di risolvere il dilemma di cosa dovesse intendersi per “normale pratica industriale”.
Il decalogo dell’ allegato 3 è tecnico, nasce dalla esperienza, dalla consuetudine quasi di “cantiere” ed è riferita s’intende alle terre e rocce da scavo.
Non si dimentichi invero che il concetto di normale pratica industriale  (art. 184bis) non riguarda solo le terre e rocce ma ogni residuo che debba essere valutato come sottoprodotto (fanghi ad esempio).
Il DM elenca, con semplicità[1], le operazioni che rientrano “comunemente” nella normale pratica industriale:
1)  la selezione granulometrica del materiale da scavo
2) la riduzione volumetrica mediante MACINAZIONE
3) la stabilizzazione a calce, a cemento….
4) La stesa al suolo per consentire l’asciugatura…
e si rimanda alla lettura del testo.
La normale pratica industriale è certo elemento di favore al riutilizzo del residuo.
Amplia la casistica che permette di considerare sottoprodotto il residuo e risponde anche alla esigenza Comunitaria (Direttiva 2008/98/CE) che evidenzia la necessità del riutilizzo.
Vero è che il DM ha risolto il problema con una elencazione “pratica” che si espone a censure laddove la normale “pratica industriale” dovrebbe essere censita “caso per caso”.
 



[1] Quasi preoccupante
adminNormale pratica industriale: terre e rocce
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Autorizzazione Unica Ambientale: in attesa del Regolamento

Autorizzazione unica ambientale : in attesa del Regolamento
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Il vocabolario Ambientale si arricchisce di una nuova sigla ovvero A.U.A. , l’ autorizzazione unica ambientale il cui Regolamento dovrebbe avere luce a breve.
Una breve anticipazione e’ già pubblicata su questo sito con riferimento alla L. 35/2011.
In attesa del Regolamento il Governo riassume le novità
.

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CIVIT: bisogna sapere che esiste…..

CIVIT: bisogna sapere che esiste….
A cura di Cinzia Silvestri -Studio Legale Ambiente
I provvedimenti del Governo Monti,la cui finalità è chiara, producono conseguenze forse non volute o non ponderate dal Governo.
Conseguenze che ledono spesso il diritto di difesa del cittadino .
Norme contrarie alla Costituzione e alla normativa UE che attendono l’ardire del singolo cittadino e della magistratura ( coraggiosa) che in forza del proprio potere interpretativo disattenda in sede di giudizio tali norme.
Basti pensare alla riforma sul processo di appello, alla abolizione delle tariffe professionali e alla liquidazione delle spese legali che comporta la disincentivazione ( in linea con il Governo Monti) al contenzioso lasciando, in alcuni casi, la parte vittoriosa senza soddisfazione delle spese sostenute…. ( già se ne parla cfr. Tribunale Varese 1252/12, GDP Salerno 3629/12).
In questo contesto di riduzione di compensi ma aumenti di spese ( la bolletta rimane sempre la stessa o più salata) e la tassazione selvaggia e la lesione del diritto alla difesa e al contraddittorio ( secondo il principio: paga e taci) ….accade di ” inciampare” sul sito della….. Civit.
La CIVIT ha pubblicato il Regolamento di organizzazione e funzionamento e trasparenza e integrità delle amministrazioni pubbliche ( Gazz. Uff. 3.10.2012).
Curiosando nel sito e’ utile leggere i compensi dei Commissari; compensi, quasi più interessanti del Regolamento; meritevole peraltro il bilancio della Civit del 2011 che ha provveduto a decurtare alcuni compensi.
A ciascuno la sua riflessione.
Si rinvia al sito Civit per la lettura del Regolamento.

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Servizio idrico: pubblicato il regolamento

Regolamento: il Servizio idrico dopo l’abrogazione delle ATO
DPCM 20.12.2012, pubblicato Gazz. Uff. 3.10.2012>
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Pubblicato il DPCM che regolamenta la individuazione delle funzioni della Autorità’ E.E. e Gas e del Ministero ambiente in ordine al Servizio Idrico integrato; e ciò in attuazione della Legge 214/2011.
Si
rinvia alla lettura del testo con riserva di commento.

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Rifiuti: TAR Veneto 1164/2012

Rifiuti provenienti da terzi fuori Regione/ LRV 3/2000 art. 33 comma 2,3. Illegittimità costituzionale/ Tar Veneto n.1164/2012
 A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La sentenza del TAR Veneto chiarisce alcune importanti questioni … .
Purtroppo si leggono sentenze che affermano la responsabilità concorrente della Regione in materia di tutela ambientale (senza le dovute distinzioni); purtroppo vengono applicate, dalle stesse amministrazioni, norme regionali ormai abrogate per la intervenuta nuova normativa statale incompatibile.
E cio’ imponendo al cittadino l’onere gravoso di  adire la “giustizia” che, a dire il vero, appare un po’ confusa sull’argomento.
Ebbene la Sentenza del TAR n. 1164/2012  precisa gli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale di illegittimità sulla legge regionale; richiama la Regione ai propri obblighi; chiarisce la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale.
La Questione
La questione  sottoposta al Tribunale Regionale Veneto richiama la controversia insorta tra una società e la Regione Veneto e ricorda la importante e decisiva sentenza della  Corte Costituzionale (25 luglio 2011, n. 244) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale[1] dell’art. 33, comma 2, legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, e l’inammissibilità della questione relativa all’art. 33, comma 3[2].
Le Società ricorrenti presentavano alla Regione domanda di rilascio di un’autorizzazione per la realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti non pericolosi.
L’impianto avrebbe dovuto ricevere rifiuti provenienti da terzi fuori Regione per il 40% della propria capacità ricettiva, mentre la restante parte dei volumi sarebbe stata utilizzata per i rifiuti prodotti da una delle società. Con DGRV la Regione, esprimeva giudizio di compatibilità ambientale favorevole. Veniva altresì accolta la domanda di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
Il punto 7.3 di tale decreto prescriveva un limite al conferimento di rifiuti da terzi del 25% della capacità ricettiva, da intendersi riferito anche ai rifiuti provenienti da fuori Regione, richiamandosi alle disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 33 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3..
In corso di processo la Corte costituzionale dichiarava la illegittimità dell’art. 33 citato e la regione provvedeva in autotutela ad annullare il provvedimento.
Scrive la Corte:  “La disposizione di cui all’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, è stata implicitamente abrogata per incompatibilità con la sopravvenuta norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato[3]…”
“La norma regionale prevede che “in attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi[4] ….i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1, a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”.
L’art. 182, comma 3, lett. b, nel testo originario …dispone che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di “permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”.
L’esistenza di un rapporto di incompatibilità tra tali norme è stata affermata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 10 del 2009, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di un’analoga norma contenuta nell’art. 3, comma 1, della legge regionale 31 ottobre 2009, n. 29, della Regione Puglia.
…Nel senso dell’abrogazione implicita la Corte Costituzionale n. 74 del 3 giugno 2010, aveva affermato al punto 2.1 che “vanno perciò condivisi gli snodi dell’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti a sostegno della tesi della intervenuta abrogazione della norma lesiva di cui all’art. 33, comma 3, esclusivamente nella parte in cui si dispone che lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi extraregionali resta subordinato all’avverarsi della condizione suindicata” e tale ricostruzione è stata indirettamente avallata dalla sentenza della Corte Costituzionale 25 luglio 2011, n. 244, che non l’ha contestata.
3. Scrive la Corte: “La Regione nelle proprie difese si limita a proporre… come unico argomento a sostegno della tesi della non avvenuta abrogazione della norma, la tesi secondo cui il contrasto tra la norma statale e quella regionale comporta la vigenza della norma regionale fino a che non si sia pronunciata la Corte Costituzionale.
L’assunto è privo di fondamento.
AMBIENTE COMPETENZA ESCLUSIVA DELLO STATO
Continua con interesse la sentenza “…Lo Stato nella materia della tutela dell’ambiente ha una competenza legislativa di tipo esclusivo ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), e pertanto la norma regionale antecedente incompatibile deve ritenersi abrogata dalla sopravvenuta norma legislativa statale, come è precisato dall’art. 1, comma 2, ultimo periodo, della legge 5 giugno 2003, n. 131, per il quale “le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia”.
“..Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la Regione, non vi è alcun elemento che possa essere fondatamente posto a sostegno della tesi della perdurante vigenza dell’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, che è incompatibile con la norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (nel testo vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato con il ricorso originario; la medesima disposizione è ora riportata, senza soluzione di continuità, all’art. 182 bis, comma 1, lett. b, inserito dall’articolo 9 del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205) emanata dallo Stato successivamente alla norma regionale, in un settore che rientra tra le materie di sua potestà legislativa esclusiva, quale è quello dei rifiuti, che va ricompreso nell’ambito della materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.”



[1] Con sentenza n. 244/2011 (G.U. 1ª serie speciale n. 32/2011) la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 2, della legge regionale limitatamente alle parole “non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva” per violazione della libertà di iniziativa economica e della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui agli articoli 41 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. La Corte ha dichiarato altresì inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dei commi 2 e 3 del medesimo articolo 33 della legge regionale in riferimento agli articoli 3, 41 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
[2] Art. 33 – Norme particolari per le discariche di rifiuti speciali
1 Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 6, del decreto legislativo n. 22/1997, e successive modifiche ed integrazioni, le nuove discariche per rifiuti speciali, diverse da quelle per rifiuti inerti di seconda categoria tipo A ai sensi della deliberazione Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, possono essere realizzate da:
a) soggetti singoli o associati per lo smaltimento dei rifiuti derivati dalle loro attività di produzione di beni ubicate nel territorio regionale;
b) soggetti titolari di attività di trattamento o recupero di rifiuti, ubicati nel territorio regionale, come individuati negli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/1997, per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle loro attività, ad esclusione di coloro che esercitano soltanto le operazioni di cui ai punti D 15 e R 13 dei citati allegati.
2. Nelle discariche di cui al comma 1 è riservata una quota, non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva, per lo smaltimento di rifiuti speciali conferiti da soggetti diversi da quelli indicati al medesimo comma.
3. In attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi, previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997, i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1, a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento. (31)
[3] (ora è all’art. 182 bis, comma 1, lett. b inserito dall’articolo 9 del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205)
[4] previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997,
adminRifiuti: TAR Veneto 1164/2012
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Trasporto in conto terzi e proprio: La Cassazione chiarisce

Trasporto in conto terzi ed in conto proprio: la Cassazione n. 13725/2012 …chiarisce
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
La sentenza n. 13725 del 31 luglio 2012, della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della legittimità del provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti di un soggetto che, ancorché privo del titolo abilitativo per lo svolgimento di attività di “trasporto per conto proprio”, è tuttavia in possesso del titolo abilitativo per lo svolgimento dell’attività di “trasporto per conto terzi”.
L’impiego privato dei mezzi di trasporto dotati di licenza conto terzi è sempre stata ritenuta vietata dalla legge stante la netta differenza tra trasporto conto terzi e conto proprio.
le sanzioni previste sono pesanti perché la legge 298/1974 prevede anche 4130 euro di multa oltre al fermo del veicolo per tre mesi. Ma solo se il trasporto avviene con un mezzo di peso superiore a 6 tonnellate.
Nel caso esaminato dal collegio un autotrasportatore munito di licenza conto terzi è stato sanzionato e si è rivolto con successo al giudice di pace evidenziando l’illegittimità della multa.
Contro l’annullamento del verbale il ministero dell’interno ha proposto ricorso in cassazione ma senza successo.
A parere del collegio anche se per l’esercizio dell’attività di trasporto merci in conto terzi e conto proprio la legge 6 giugno 1974, n. 298 prevede due provvedimenti abilitativi diversi la sanzione e’ illegittima.
I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno precisato che: “quello relativo al trasporto per conto di terzi ha contenuto più ampio ed è subordinato a condizioni e requisiti più rigorosi. Può quindi essere considerato senz’altro comprensivo anche del trasporto per conto proprio, che rappresenta un minus, sicché risulta ultroneo pretendere che chi ha già ottenuto il titolo “maggiore” si debba munire anche dell’altro, per poter svolgere una attività che l’art. 31 lett. b) della legge citata definisce come «complementare o accessoria nel quadro dell’attività principale”.
In buona sostanza non si può pretendere che un autotrasportatore abilitato al trasporto conto terzi non possa effettuare anche trasporti privati, perlomeno di carattere occasionale.
Studio Legale Ambiente

adminTrasporto in conto terzi e proprio: La Cassazione chiarisce
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Terre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato

Terre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato in gazzetta ufficiale del 21.9.2012 ( in vigore dal 6 ottobre 2012)
DM 10.8.2012 n.161
A cura di avv. Cinzia Silvestri-Studio Legale Ambiente
Dispiace non avere avuto disponibile il testo proprio per il Convegno a Ferrara a Remtech del 19 settembre 2012.
Qualcosa si poteva dire.
Il Regolamento ( Decreto 10.8.2012)dunque produrra’ i dovuti effetti promessi dal legislatore.
Si rimanda alla lettura e con riserva di commento su questo sito e si richiama fin d’ora l’allegato 3 del Regolamento sulla ” normale pratica industriale”
Buona lettura

adminTerre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato
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Incentivi auto (L.134/2012): non tutti sanno che….

Incentivi auto: non tutti sanno che…
Segnalazione a cura Studio legale Ambiente
Il Legislatore (L 134/2012 vigente dal 16/9/2012, di conversione del DL 83/2012)
ha dedicato gli articoli 17 SS.. alla incentivazione delle auto elettriche, promuovendo la installazione in luoghi pubblici e privati delle colonne di ricarica…
Si offre alla lettura ad esempio l’ art. 17 decies che promette incentivi per l’acquisto di auto a basse emissioni …
Art. 17-decies – Incentivi per l’acquisto di veicoli
1. A coloro che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo nuovo di fabbrica a basse emissioni complessive e che consegnano per la rottamazione un veicolo di cui siano proprietari o utilizzatori, in caso di locazione finanziaria,da almeno dodici mesi, e’ riconosciuto un contributo pari al:
a) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 5.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessiveche producono emissioni di CO2 non superiori a 50 g/km;
b) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 3.500 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 50 g/km;
c) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 4.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 95 g/km;
d) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 3.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 95 g/km;
e) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 2.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 120 g/km;
f) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 1.800 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 120 g/km.
2. Il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati tra il 1º gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015 a condizione che:
a) il contributo di cui al comma 1 risulti ripartito in parti uguali tra un contributo statale, nei limiti delle risorse di cui all’articolo 17-undecies, comma 1, e uno sconto praticato dal venditore;
b) il veicolo acquistato non sia stato gia’ immatricolato in precedenza;
c) il veicolo consegnato per la rottamazione appartenga alla medesima categoria del veicolo acquistato e risulti immatricolato almeno dieci anni prima della data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b);
d) il veicolo consegnato per la rottamazione sia intestato, da almeno dodici mesi dalla data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b), allo stesso soggetto intestatario di quest’ultimo o ad uno dei familiari conviventi alla data di acquisto del medesimo
veicolo, ovvero, in caso di locazione finanziaria del veicolo nuovo, che sia intestato, da almeno dodici mesi, al soggetto utilizzatore del suddetto veicolo o a uno dei predetti familiari;
e) nell’atto di acquisto sia espressamente dichiarato che il veicolo consegnato e’ destinato alla rottamazione e siano indicate le misure dello sconto praticato e del contributo statale di cui al comma 1.
3. Entro quindici giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, il venditore ha l’obbligo, pena il non riconoscimento del contributo, di consegnare il veicolo usato ad un demolitore e di provvedere direttamente alla richiesta di cancellazione per demolizione allo sportello telematico dell’automobilista, di cui al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358.
4. I veicoli usati di cui al comma 3 non possono essere rimessi in circolazione e devono essere avviati o alle case costruttrici o ai centri appositamente autorizzati, anche convenzionati con le stesse, al fine della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero di materiali e della rottamazione.
5. Il contributo e’ corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto.
6. Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano detto importo quale credito di imposta per il versamento delle ritenute dell’imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualita’ di sostituto d’imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle
Societa’ e dell’imposta sul valore aggiunto, dovute, anche in acconto, per l’esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l’originale del certificato di proprieta’ e per i
successivi.
7. Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui
e’ stata emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o
importatrici conservano la seguente documentazione, che deve essere
ad esse trasmessa dal venditore:
a) copia della fattura di vendita e dell’atto di acquisto;
b) copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio
complementare o del certificato di proprieta’ del veicolo usato o, in
caso di loro mancanza, copia dell’estratto cronologico;
c) originale del certificato di proprieta’ relativo alla
cancellazione per demolizione, rilasciato dallo sportello telematico
dell’automobilista di cui al comma 3;
d) certificato dello stato di famiglia, nel caso previsto dal
comma 2, lettera d).))

adminIncentivi auto (L.134/2012): non tutti sanno che….
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Clini propone il PIANO CRESCITA AMBIENTALE

Il Ministro Clini propone il PIANO CRESCITA AMBIENTALE – il punto su Acque/rifiuti
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Il Ministro Clini ha pubblicato il proprio programma per lo sviluppo e la tutela ambientale.
Ovvero un PIANO CRESCITA, in 5 punti che sarà discusso dal GOVERNO.
La lettura e’ interessante e deve essere attenta perché segna i binari sui quali si svilupperanno forse i prossimi provvedimenti.
Si riporta testualmente il punto 5 che riguarda le ACQUE
“5. GESTIONE INTEGRATA DELLE RISORSE IDRICHE
Obiettivi
➢ Riduzione dei consumi di acqua;
➢ Bilanciamento tra i diversi usi ( industria, energia, agricoltura,alimentazione umana);
➢ Collettamento e depurazione delle acque reflue;
➢ Riuso delle acque depurate negli usi agricoli e industriali.
Misure
Adozione entro dicembre 2012 del Piano Nazionale per la Gestione Integrata delle Risorse Idriche in Italia, con l’indicazione delle misure per il raggiungimento degli obiettivi, e la definizione degli indicatori necessari per l’applicazione delle tariffe agli usi delle acque, anche ai fini della piena applicazione del DPCM adottato ai sensi della legge 214/2011.”
Si rinvia al testo pubblicato per la lettura degli altri punti.

adminClini propone il PIANO CRESCITA AMBIENTALE
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Convegno Remtech- Ferrara

Si ringrazia per la partecipazione numerosa al Convegno.
A breve su questo sito verra’ pubblicato il materiale relativo agli interventi del convegno.
Potete iscriverVi alle mailing list per ricevere le News..
 inviare proprio nominativo/azienda/societa’ e indirizzo mail al seguente indirizzo mail
studioambiente@silvestricinzia.191.it
Il Convegno si e’ tenuto alle ore 9.30 di Mercoledì 19 settembre 2012 presso la Fiera Remtech a Ferrara sala B.
Clicca per leggere il programma del Convegno.

Convegno tratterà i seguenti temi

” “ Terre e rocce da scavo/materiali da riporto alla luce delle novità legislative” Il punto su tema complesso alla luce della recente normativa –a cura di Studio Legale Ambiente – avv. Cinzia Silvestri

 “ Alcuni casi pratici e problematiche applicative” Un approfondimento anche alla complessa questione del  “riutilizzo in sito “ –  “riutilizzo fuori sito (tutto o in parte)” –  “ riutilizzo fuori sito con deposito in sito o mappale confinante “ – a cura di dott. Francesco Codato

  Il supporto nei SGA e dei certificati per la gestione operativa del Dlgs. n. 231/2001 e Dlgs. n. 121/2011″ a cura di Prof. A. Segale della Università degli Studi di Milano
 
 

adminConvegno Remtech- Ferrara
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Sicurezza: Linee Guida “Rumore”

Acustica Edifici, Musica, attività ricreative e non solo
 Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente e Dario Giardi
 Le linee Guida, a dispetto della nominazione che sembra riferirsi solo alla musica contiene utili indicazioni per tutti i settori che operano nell’intrattenimento, bar, discoteche, palestre e altro.
Ogni evento pubblico o privato che produce musica deve avere tutela dei lavoratori ex Dlgs. 81/2008
Di particolare interesse l’allegato 3 che si occupa della acustica passiva degli edifici ed evoca l’applicazione del DPCM 5.12.1997
Sul sito del Ministero Lavoro sono pubblicate le Linee Guida che interessano dunque diversi settori di attività.
Si legge sul sito del Ministero :
“Sono state approvate nella Conferenza Stato Regioni del 25 luglio 2012

nella seduta del 25 luglio 2012 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ha definito le Linee guida per il settore della musica e delle attività ricreative, ai sensi dell’articolo 198 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., approvate dalla Commissione consultiva permanente per la sicurezza e la salute sul lavoro nella seduta del 7 marzo 2012.
Il documento è stato elaborato al fine di agevolare l’attuazione degli obblighi previsti dal Capo II del D.lgs. n.81/2008, concernente le prescrizioni minime per la tutela dei lavoratori in relazione ai rischi per la loro salute e sicurezza derivanti dall’esposizione a rumore durante il lavoro, in settori particolari come quello della musica e dell’intrattenimento caratterizzati da livelli sonori elevati ed effetti speciali rumorosi.
• Linea guida per il settore della musica e delle attività ricreative 
-
Articolato :L’articolato interessa non solo i musicisti ma anche chi lavora con la musica, tecnici, conduttori ecc… ; le linee guida richiamano  l’articolo 198 del D.Lgs. 81/2008, che ha recepito l’articolo 14 della Direttiva 2003/10/CE, recita infatti: “Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro di cui all’articolo 6, sentite le parti sociali, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le linee guida per l’applicazione del presente capo nei settori della musica, delle attività ricreative e dei call center2″.
Occorre poi rilevare che a volte i lavoratori di questi settori operano come lavoratori autonomi, per i quali valgono le disposizioni dell’art. 21 del D.Lgs. 81/08 e, ove applicabili, le disposizioni dell’art. 26.
Di particolare interesse l’allegato 3 che si occupa dei requisiti acustici passivi degli edifici ed evoca il DPCM 5.12.1997
Si rinvia agli allegati pubblicati sul sito del ministero del lavoro

adminSicurezza: Linee Guida “Rumore”
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Bando Europeo Eco-innovazione/rifiuti

Bando Europeo: Finanziamenti europei per la creazione di reti di fornitori per l’acquisto di soluzioni eco-innovative.
Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente e Dario Giardi
Informiamo che la Commissione Europea ha emanato il Bando ENT/CIP/11/C/N02C00, nell’ambito del Programma di Imprenditorialità e Innovazione (EIP) del CIP (Competitiveness and Innovation Framework Programme).
L’obiettivo del bando è quello di rafforzare la fornitura di eco-innovazione, attraverso la creazione di reti transnazionali di committenti pubblici e privati “green”, per cercare di superare la frammentazione della domanda di soluzioni eco-innovative in Europa e condividere i rischi e i costi aggiuntivi di acquisto e di utilizzo che tali soluzioni comportano.
I compiti principali delle reti saranno:
·         creare gruppi di acquisto dedicati alla fornitura di soluzioni eco-innovative e al processo di approvvigionamento;
·         effettuare, entro il termine del progetto (36 mesi), un acquisto di soluzioni innovative cofinanziato dall’Unione Europea. L’acquisto potrebbe essere eseguito a livello individuale o, meglio, comune tra i membri del gruppo.
Il bando si concentra sui seguenti settori:
·         trasporti
·         trattamento dei reflui
·         riutilizzo e riciclo dei rifiuti

·         componenti chimici
·         prodotti biologici
·         prodotti sanitari
·         componenti ad alta efficienza energetica
I candidati ammessi a presentare proposte sono Enti, Istituzioni e Parti interessate, pubblici o privati, con sede legale in uno Stato membro o in altri Paesi partecipanti al programma EIP del CIP.
I fondi messi a disposizione sono pari a 2 milioni di euro; il numero indicativo di progetti finanziabili è di 2, con un tetto massimo indicativo di 1 milione di euro a progetto (l’ottenimento del finanziamento riguarda il 95% dei costi ammissibili).
Le domande di partecipazione devono essere inderogabilmente presentate entro le ore 17:00 del 20 ottobre 2012.
Per il bando completo e per scaricare i documenti necessari alla partecipazione (in lingua inglese) si rimanda al sito della Commissione Europea: http://ec.europa.eu/environment/funding/gpp_12.htm

adminBando Europeo Eco-innovazione/rifiuti
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Durc: Circolare 6/2012

Circolare DURC 31 maggio 2012 n. 6
A cura di Studio Legale Ambiente
Si segnala la pubblicazione di circolare che chiarisce i dubbi interpretativi ed applicativi relativi al DURC a seguito del DL n. 5/2012.
Il DURC ha natura di certificato ed e’ escluso che il DURC possa essere consegnato dai privati, ed anzi , deve essere richiesto dalle amministrazioni alle stesse preposte o alle casse edili. E cio’ sia nel caso di appalti pubblici che privati.
Si rinvia ad articolo già pubblicato su questo sito
Si rinvia alla Circolare

adminDurc: Circolare 6/2012
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Inviate Vostra disponibilità e curriculum breve all’ indirizzo studioambiente@silvestricinzia.191.it

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