Terre e Rocce: Linee Guida Comunitarie

Terreno in situ : Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti –  (punto 2.2 Linee Guida)
 a cura di avvocato Cinzia Silvestri
Approfondimento di questo tema sarà trattato dallo Studio Legale Ambiente con convegno a Ferrara , 19 settembre 2012 ore 9.30/12.30 REMTECH.
Le linee Guida Comunitarie affrontano la complessa materia della esclusione  prevista per i terreni (in situ), suolo contaminato non escavato e gli edifici  ma anche il suolo non contaminato, altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione.
La lettura delle linee Guida sul tema offre spunto per ricordare che l’inciso di cui alla lettera c) ovvero il riferimento al “suolo e altro materiale “ sono stati assimilati anche alla terre e rocce da scavo; mentre l’inciso relativo allo “stato naturale” porta ad escludere le terre e rocce contaminate o comunque terre che hanno subito un processo di alterazione, ccontaminazione,  (si pensi appunto alla escavazione , costruzione ecc..).
Le Linee Guida Comunitarie tentano di chiarire l’annoso problema che lega le terre, al suolo, al sito, al terreno.
L’articolo 2 (1) (b)[1] della direttiva quadro (riprodotta all’art. 185 comma 1 lettera b) Dlgs. 152/2006) esclude l’ applicazione della direttiva :
1)   suolo contaminato non escavato
2)   gli edifici collegati permanentemente al terreno
3)   terreno in situ
‘In situ’ , precisano le linee Guida, significa “non scavato” ovvero nella sua posizione originaria.
L’esclusione si riferisce alla terra, al suolo e agli edifici che sono nella loro posizione originale e non sono disturbati, ad esempio tramite scavo o demolizione.
Un suolo contaminato non costituisce di per se’ rifiuto.
La Commissione Europea cita invero la sentenza  Van de Walle del 7 sttembre 2004 (pur sotto la vigenza della direttiva 75/442) dove la CGUE affronta il caso di terreno accidentalmente contaminato da sversamento occasionale di idrocarburi. Solo gli idrocarburi sono risultati essere qualificati come rifiuti, di conseguenza, è stato consoderato contaminato il suolo e dunque considerati rifiuti.
Ciò ha portato a discussioni su come coordinare la legislazione sui rifiuti con la legislazione di protezione del suolo.
Come deve essere inteso il termine ‘terreno contaminato”? (Linee Guida 2.2)
‘Terreno contaminato’ non è definito nella direttiva quadro o in altri atti giuridici a livello comunitario.
Un criterio minimo da applicare da parte delle autorità competenti per determinare se il suolo è considerato contaminato è la presenza di una delle ‘proprietà di rifiuti che lo rendono pericoloso ‘ come da Allegato III[2] della direttiva quadro.
Inoltre, il termine ‘Contaminato’ può essere chiarito tramite confronto con il suo opposto ovvero il ‘suolo incontaminato’ il termine di cui all’articolo 2 (1) (c), della direttiva quadro.
Dal tenore letterale di tale disposizione suolo incontaminato ‘ è il materiale allo stato naturale .
 



[1] Direttiva 2008/98 : b) terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e
gli edifici collegati permanentemente al terreno;
c) suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale
escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che
il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato
naturale nello stesso sito in cui è stato escavato;
[2] ALLEGATO III – CARATTERISTICHE DI PERICOLO PER I RIFIUTI
H 1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e
agli attriti più del dinitrobenzene.
H 2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano
una forte reazione esotermica.
H 3-A «Facilmente infiammabile……
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Sistri: bisogna pagare il contributo?

Sistri: bisogna pagare il contributo 2012?
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

Sulla Gazzetta Ufficiale del 23 agosto 2012 n. 196 è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 141 del 25 maggio 2012 che ha come oggetto il “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52″.

Il decreto che entrerà in vigore il prossimo 7 settembre, introduce importanti modifiche al DM 52/2011 che ha istituito il sistema di controllo telematico della tracciabilità dei rifiuti – mai partito a regime e sospeso prima dell’estate dallo stesso Ministero attraverso il cd. Decreto Crescita del 22 giugno n. 83.

 Vero è che rimangono di fatto sospese a livello operativo  le novità introdotte….così come rimarrà sospeso l’intero sistema Sistri.
Tali modifiche e integrazioni entrano in vigore a tutti gli effetti solo quando e se  il sistema di tracciabilità verrà  ripristinato.
Per quanto riguarda il contributo annuale per l’iscrizione al sistema telematico, in attesa di conferme ufficiali, si ritiene ( e si auspica) che per il 2012 tale pagamento sia …sospeso. La disposizione introdotta dal Dm n.141/2012 (decreto attuativo) contrasta palesemente, infatti, con quanto disposto dalla norma primaria (gerarchicamente superiore) contenuta nel decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 art. 52, comma 2.

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Sistri: nuovo Regolamento

Sistri:  Regolamento DM 25 maggio 2012 n. 141
A cura di Studio Legale Ambiente
Il Ministero pubblica in Gazzetta ufficiale ( 23/8/2012) il Regolamento di revisione del Decreto 18.2.2011 n. 52 ( Decreto Sistri) in vigore dal 7 settembre 2012…
Ciò che coglie attenzione immediata e’ la previsione dell’ art. 1 lett. C) che modifica l’ art. 7 comma 3 del Decreto n. 52/2011 precisando che il contributo per l’ anno 2012 e’ dovuto entro il 30/11/2012..
L’ art. 7 risultata così modificato:
Articolo 7
Contributo di iscrizione al Sistri
1. La copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del Sistri, a carico degli operatori iscritti, è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale.
2. Il contributo di cui al comma 1 è versato annualmente da ciascun operatore iscritto per ciascuna attività di gestione dei rifiuti svolta all’interno dell’unità locale. In caso di unità locali per le quali è stato richiesto un dispositivo Usb per ciascuna unità operativa ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), il contributo è versato per ciascun dispositivo Usb richiesto. Gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti versano il contributo per la sola sede legale e per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. Gli enti e le imprese di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, che raccolgono e trasportano i propri rifiuti versano il contributo relativo alla categoria di produttori di appartenenza e il contributo relativo al numero di veicoli adibiti al trasporto di rifiuti.
3. Il contributo si riferisce all’anno solare di competenza, indipendentemente dal periodo di effettiva fruizione del servizio, e deve essere versato al momento dell’iscrizione. Negli anni successivi il contributo è versato entro il 30 aprile dell’anno al quale i contributi si riferiscono. Per l’anno 2012 il pagamento del contributo deve essere effettuato entro il 30 novembre 2012. Qualora, al momento del pagamento del contributo annuale, sia certo che il numero dei dipendenti occupato si è modificato rispetto all’anno precedente in modo da incidere sull’importo del contributo dovuto, è possibile indicare il numero relativo all’anno in corso, previa dichiarazione al Sistri.
4. L’importo e le modalità di versamento dei contributi sono indicati nell’allegato II. L’ammontare del contributo può essere rideterminato annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
5. Nel caso di versamento da parte degli operatori di somme maggiori rispetto al contributo dovuto, la somma versata in eccesso è conguagliata a valere sui contributi dovuti per gli anni successivi. A tal fine i predetti operatori inoltrano apposita domanda al Sistri accedendo all’area “gestione aziende” disponibile sul portale Sistri in area autenticata, oppure inviando, mediante posta elettronica o via fax, il modello disponibile sul portale informativo Sistri.
6. Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, i contributi sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

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Servizio Idrico Integrato: Deliberazione 2/8/2012

Servizio Idrico Integrato: deliberazione 2/8/2012

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente
Deliberazione del 2/8/2012 della autorità per l’energia elettrica ed il Gas che impone ai gestori del servizio Idrico Integrato adempimenti già a partire dal 1/9/2012.
Definizione dei contenuti informativi e procedure di raccolta dati del Servizio Idrico Integrato costituisce ll’oggetto del provvedimento.
Si rinvia al testo

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Revisione Spesa pubblica: Legge n. 135/2012

Revisione spesa pubblica, riordino Enti: e’ Legge</
Spending review
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Tutto accade a ferragosto.
La revisione tutta italiana della spesa pubblica si identifica, ormai e purtroppo, nel conciso inglese ” spending review…”.
Solo 30 giorni per convertire nella legge del 7/8/2012 n. 135 il DL del 6/7/2012 n. 95.
La LEGGE, che modifica il DL in numerose parti ( secondo ormai l’uso) e’ stata pubblicata nella gazzetta ufficiale del 14/8/2012…
Si richiamano per il momento
1) l’art. 1 sulla riduzione della spesa per acquisto e servizi che incide sul Dlgs. 163/2006( appalti);
2) l’art. 17 sul riordino delle Province e funzioni..

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DL "Crescita" e' Legge 134/2012

Il DL 83/2012 “Crescita” e’ Legge
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
In questo sabato di ferragosto (11/8/2012) il parlamento pubblica in Gazzetta Ufficiale la legge 134/2012 di conversione del DL 83/2012; legge destinata alla ” Crescita del Paese”.
Su questo sito e’ stata offerta breve anticipazione dell’ art. 52 laddove dispone
1) conferma sospensione sistri ( qualche modifica introdotta)
2) il digestato diviene sottoprodotto (novità della L. 134/2012)
3) estensione ai consorzi agrari della nuova disciplina di cui all’ art. 193 commando 9 bis Dlgs. 152/2006.
Le novità sono in realtà molteplici soprattutto in tema di energia.
Con riserva di maggiore commento si rinvia alla lettura del corposo testo …..

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Digestato è sottoprodotto

Digestato è sottoprodotto
a cura di Studio Legale Ambiente
La legge di conversione (L. 134/2012) del DL 83/2012 è ricca di sorprese.
L’art. 52 del DL 83/2012 contiene novità in tema di digestato (fertilizzante) ritenuto, per esplcita  indicazione normativa, sottoprodotto “ai sensi dell’art. 184 bis Dlgs. 152/2006.”
Già non si comprende se il digestato sia considerato sottoprodotto laddove comunque esistano le condizioni di cui all’art. 184 bis (come dovrebbe essere); oppure il digestato sia considerato sottoprodotto …. dal legislatore (e ciò potrebbe comportare qualche problema di compatibilità con la legislazione comunitaria e non solo).
L’esclusione del digestato dalla normativa rifiuti viene inserita in testo legislativo “satellite”.
In attesa della pubblicazione del provvedimento legislativo si riporta la disposizione contenuta nell’art. 52 che farà parlare di se’…..

«2-bis. Ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, e` considerato sottoprodotto il digestato ottenuto in impianti
aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata
anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento
o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o
delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agro-industria,
conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini
agronomici.
Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, sono definite le caratteristiche e le modalita` di impiego
del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all’efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonche` le modalita` di
classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura.
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Avvalimento: determina AVLP n. 2/2012

Avvalimento nelle procedure di gara: determinazione n. 2 del 1 agosto 2012 – GU n. 185 del 9.8.2012
segnalazione a cura di Studio legale Ambiente
E’ stata pubblicata in GU odierna determinazione della AVLP relativa all’avvalimento.
Il testo è di particolare interesse ed esaustivo in merito a tutte le problematiche insorte sull’istituto dell’avvalimento.
Si rimanda alla lettura del corposo testo.
 

adminAvvalimento: determina AVLP n. 2/2012
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Trasporto rifiuti e Consorzi Agrari

Consorzi Agrari e trasporto rifiuti
modifiche all’art. 193 comma 9 bis Dlgs. 152/2006 – Art. 52 DL 83/2012 come riformato con Legge 134/2012
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
L’art. 28 della L. 35/2012 (vigente dal 7.4.2012) di conversione del D.L. 5/2012 (vigente al 10.2.2012)  modificava l’articolo 193 del  D.Lgs. 152/06 inserendo il comma 9 bis e modificava l’art. 183 lett. bb).
 Il DL 83/2012 all’art. 52 si era limitato a statuire sul problema Sistri imponendo la sospensione del sistema.
Il sede di conversione del DL 83/2012 il legislatore (Parlamento) ha ritenuto di aggiungere all’art. 52 alcuni commi che vanno a modificare, ad esempio, l’art. 193 comma 9 bis e art. 183 lett. bb).
L’intervento del legislatore estende anche ai CONSORZI AGRARI (e non solo alle cooperative agricole) il beneficio del comma 9 bis art. 193 Dlgs. 152/2006 ovvero di non considerare trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile  dai  propri  fondi  al  sito  che  sia  nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola ivi compresi i
consorzi agrari di cui e’  socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.».
La prima parte dell’art. 193 comma 9 bis non è interessata dalla modifica.
Il Legislatore si concentra sulla movimentazione dei rifiuti e precisa che “non si tratta di trasporto” ai sensi della normativa dei rifiuti.
AZIENDA AGRICOLA
Esclude l’applicazione degli adempimenti relativi al trasporto in presenza di presupposti, quali:
1) “La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti  alla medesima  azienda  agricola”: il Governo sottolinea la unicità del gestore; il trasporto avviene tra  fondi che appartengono alla medesima azienda. Il termine “appartenenza” non è giuridico e si presta a varia interpretazione.  Vero è che il Governo subito di seguito si esprime precisando la “disponibilità giuridica”.
2) “ancorche’  effettuati  percorrendo   la pubblica via”: i fondi possono non essere contigui e necessitare, per il raggiungimento, di percorrere, ad esempio, la pubblica via;
3) “Non e’  considerata  trasporto  ai  fini  del  presente decreto”: viene esclusa dunque la normativa e gli adempimenti relativi al trasporto della parte IV del decreto; e ciò previa verifica o meglio “ qualora risulti comprovato”:
a)  “da elementi oggettivi  ed  univoci” : il riferimento apre le porte alla discrezionalità.
b)  “finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo” : il deposito temporaneo ha subito modifica proprio con il DL 5/2012 al successivo comma 2 dell’art. 28 in favore delle imprese agricole (si rimanda alla pubblicazione in questo sito). Il deposito temporaneo dunque si estende a fattispecie prima non comprese sia sotto il profilo del “luogo” sia con riferimento ai “soggetti”. Il deposito temporaneo (art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 come riformato dall’art. 28 L. 35/2012) costituisce perno della intera disciplina. Il viaggio non è considerato trasporto solo e se finalizzato a raggiungere luogo per deposito temporaneo.
c)  e la distanza fra  i  fondi non sia superiore a dieci chilometri: curiosa la precisazione e sfugge il criterio che ha prodotto tale affermazione.
CONSORZIO AGRARIO/COOPERATIVA AGRICOLA
ART. 183 lett. bb) e ART. 193 comma 9bis Dlgs. 152/2006
L’inciso finale dell’art. 193 comma 9bis deve essere letto in combinato disposto con le modifiche dell’art. 183 com. 1 lett. bb) (cfr. art. 28 L. 35/2012).
La modifica considera l’imprenditore agricolo socio di cooperativa agricola che
1)    deposita (temporaneo) presso il sito che è nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia) ; non necessariamene dunque il luogo di produzione.
2)    trasporta presso il sito nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia) o del CONSORZIO AGRARIO (socio)
Si nota che il Governo apre il secondo capoverso dell’art. 28 L. 35/2012 dedicato alla cooperativa agricola e al consorzio agrario con l’inciso ”Non  e’  altresi’  considerata  trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata  dall’imprenditore agricolo …”.
Quasi a precisare ipotesi diversa da quella precedente e tale da poter escludere in questo caso che, ad esempio, i fondi debbano avere una vicinanza inferiore ai … 10 chilometri (?).
Sembra invero una fattispecie diversa da quella relativa alla azienda agricola.
Si nota, altresì, anche l’inciso relativo alla “disponibilità giuridica” che evoca la esistenza di un titolo (contratto, proprietà, affitto ecc…)
Di seguito le modifiche apportate dalla L. 35/2012 art. 28 e dalla Legge di conversione del DL 83/2012 art. 52 in attesa di pubblicazione

Deposito temporaneo
Art. 183 co. 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006
L. 35/2012 (DL 5/2012) art. 28
Come riformato(DL83/2012 in attesa di pubblicazione)
Trasporto rifiuti
Art. 193 co. 9bis  Dlgs. 152/2006
L. 35/2012 (DL 5/2012) art. 28
Come riformato (DL 83 in attesa di pubblicazione)
bb)  “deposito  temporaneo”:  il   raggruppamento   dei   rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui  gli  stessi  sono prodotti o,
 
 
 
 
per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo  2135 del codice civile,  presso  il  sito  che  sia  nella  disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola ivi compresi i consorzi agrari di cui gli stessi  sono  soci, alle seguenti condizioni: “….”
9-bis.  La  movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla  medesima  azienda  agricola, ancorche’ effettuati percorrendo la pubblica via, non e’  considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato  da elementi oggettivi ed  univoci  che  sia  finalizzata  unicamente  al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei  rifiuti  in  deposito temporaneo e la distanza fra  i  fondi  non  sia  superiore  a  dieci chilometri.
Non e’ altresi’ considerata trasporto  la  movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile  dai  propri  fondi  al  sito  che  sia  nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola ivi compresi i consorzi agrari di cui e’  socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.».

 
 
 
 
 
 

adminTrasporto rifiuti e Consorzi Agrari
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Sottoprodotto: certezza dell'utilizzo

Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti
Sottoprodotto: quando vi è certezza di utilizzo? (punto 1.2.3 Linee Guida)
 a cura di avvocato Cinzia Silvestri
La Commissione Europea – Direzione generale Ambiente – ha pubblicato le Linee Guida per la lettura della Direttiva Rifiuti 2008/98 (vedi su questo sito – anche su barra archivio)
La Commissione Europea ha cercato di semplificare i concetti .
Il requisito della certezza dell’utilizzo (condizione necessaria per poter considerare sottoprodotto il residuo) non è di facile individuazione.
In questa breve disamina si considerano solo le indicazioni Comunitarie, tenendo presente che tali concetti sono trasposti nel diritto italiano, purtroppo, non con altrettanta semplicità.
Precisa la Commissione che l’ulteriore utilizzo non deve essere una possibilità ma una certezza; deve essere garantito che il materiale verrà utilizzato.
Ad esempio, un materiale depositato per un tempo indefinito non offre elementi di certezza del requisito (cfr. sentenza CJEU Palin Granit); l’utilizzo del residuo per soddisfare esigenze di operatori economici diversi da quello che lo ha prodotto offre, invece, elementi sufficienti di certezza.
La Commissione richiama alcune sentenze decisive per la definizione di sottoprodotto e offre alla lettura alcuni casi che possono fornire “certezza “ all’utilizzo:
a)    esistenza di contratti tra il produttore di materiali e l’utente successivo
b)    un guadagno economico per il produttore del residuo
c)     un mercato economico per il residuo
La Commissione subito di affretta a precisare che tali casi non costituiscono dei criteri ulteriori; per valutare la natura di sottoprodotto di un residuo e dunque la certezza dell’utilizzo non esistono criteri univoci e certi; ogni residuo dovrà essere valutato nel suo complesso considerando la presenza di alcuni indicatori (utilizzo economico, contratti ecc…) .
Ne discende che la presenza, ad esempio, di contrattualistica tra le parti non è elemento che di per se’ determina la certezza dell’utilizzo ma è certamente elemento utile e indiziario dell’utilizzo del residuo; elemento che dovrà peraltro  coordinarsi con le altre condizioni descritte all’art. 5 Direttiva 2008/98, ovvero
1)   utilizzo diretto senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale protica industriale
2)   la sostanza è prodotta come parte integrante della produzione
3)   impatto negativo sull’ambiente e sulla salute umana.
Si veda anche articolo sul sottoprodotto/Linee Guida Direttiva 2008/98 pubblicato su questo sito.

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Responsabilità' Societa': nuovo reato

Responsabilità Societa’: nuovo reato
Art. 25 duodecies Dlgs. n. 231/2001 – Dlgs. 16 luglio 2012 n. 109
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il Dlgs. n. 109/2012 che entrerà in vigore il 9 agosto 2012 ( decreto immigrazione ) suggerisce alle Società la revisione dei protocolli per il Modello cosiddetto “231”.
Il testo attua la direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno e’ irregolare.
L’art. 2 detta la Disposizione sanzionatoria e precisa:
1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo l’articolo
“25-undecies” e’ inserito il seguente:
“25-duodecies. (Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e’ irregolare).
1. In relazione alla commissione del delitto di cui all’articolo 22, comma 12-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, entro il limite di 150.000 euro.”.
L’ art. 22 comma 12 Del Decreto immigrazione ( Dlgs 286/1998) precisa il reato del datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri
1) privi del permesso di soggiorno
2) Permesso scaduto
3) Permesso non rinnovato, revocato o annullato
Il datore e’ punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la sanzione di € 5000 per ogni lavoratore impiegato.
Il richiamo esplicito all’ art. 12 bis (art. 25 duodecies Dlgs. 231/2001) sembra limitare la responsabilità dell’ Ente alle sole ipotesi aggravate dell’ art. 12 bis .
Il comma 12 bis viene peraltro modificato dallo stesso Dlgs. 109/2012 che così recita:
12-bis. Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla meta’:
a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre;
b) se i lavoratori occupati sono minori in eta’ non lavorativa;
c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell’articolo 603-bis del codice penale.

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Sottoprodotto/Linee Guida Direttiva 2008/98

Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti/ Sottoprodotto (punto 1.2 Linee Guida)
a cura di avvocato Cinzia Silvestri
La Commissione Europea – Direzione generale Ambiente – ha pubblicato le Linee Guida per la lettura della Direttiva Rifiuti 2008/98 (vedi su questo sito – anche su barra archivio)
Linee Guida non vincolanti, lo sottolinea la Commissione, ma certo utili a chiarire la interpretazione di concetti complessi e non ben recepiti.
La “Guida” si apre con la precisazione del concetto di rifiuto, di sottoprodotto e di “End of waste” (fine rifiuto).
Chiarisce la Commissione il concetto di sottoprodotto come “qualcosa che si vuole sfruttare”.
Ciò che consola è che la Commissione conferma la necessità che la natura di sottoprodotto deve essere valutata alla luce di tutte le circostanze e tenendo conto dello scopo della direttiva quadro.
La commissione ribadisce che il sottoprodotto è ciò che residua dal processo di produzione e che, aggiunge, soddisfa le condizioni di cui all’art. 5 della direttiva quadro (2008).
Al fine di cogliere il concetto distingue tra :
1)    Prodotto: costituisce lo scopo della produzione (bottiglia di vetro);
2)    Residuo (di produzione): ciò che residua dalla produzione ma “può essere o meno un rifiuto”.
Il residuo di produzione laddove non sia oggetto di scarto è un sottoprodotto e dunque NON RIFIUTO.
La Commissione prosegue con una importante precisazione: la decisione sulla opportunità o meno che una particolare sostanza o oggetto sia considerata sottoprodotto è decisa in prima istanza proprio dal produttore della sostanza insieme con le autorità competenti e sulla base della normativa vigente.
La Commissione sembra comprendere la difficoltà di precisare se una sostanza od oggetto sia sottoprodotto ( e dunque non rifiuto) e lascia la opportunitta allo stesso produttore di descriverne il ciclo e di considerarlo dunque NON Rifiuto.
Dunque solo il residuo di produzione può essere considerato sottoprodotto e in presenza di certe condizioni che la direttiva quadro ha elencato all’art. 5[1]
1)   certezza dell’ulteriore utilizzo
2)   utilizzo diretto senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale protica industriale
3)   la sostanza è prodotta come parte integrante della produzione
4)   impatto negativo sull’ambiente e sulla salute umana.
Condizioni che devono essere tutte soddisfatte
La Commissione continua la disamina dei casi che Studio Legale Ambiente approfondirà con separate news.
Si rimanda per il momento ad articolo pubblicato su questo sito relativo a presentazione a Ecomondo 2008 ; e ciò per una disamina del mutato contesto normativo relativo al sottoprodotto.
 
 



[1] Sottoprodotti
1. Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell’articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/ o;
b) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
c) la sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
2. Sulla base delle condizioni previste al paragrafo 1, possono essere adottate misure per stabilire i criteri da soddisfare affinché sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti e non rifiuti ai sensi dell’articolo 3, punto 1. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 39, paragrafo 2.
 
adminSottoprodotto/Linee Guida Direttiva 2008/98
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Sfalci e potature

Quesito Una ditta  si occupa di lavori agricoli per conto terzi e manutenzioni aree verdi pubbliche e private. La sistemazione delle aree verdi comporta la creazione di rifiuti di tipi organico come ramaglie, fogliame ecc.
Il centro raccolta si trova nel raggio di 10 km, ma il  problema è il trasporto del materiale dalla proprietà al centro smaltimento. Come si fanno ad ottenere le licenze per questo tipo di trasporti e l’onerosità che comporta?
RISPOSTA La legge di conversione del Dl 25 febbraio 2012, n. 2, approvata dal Senato il 23 febbraio 2012, ha escluso dal regime dei rifiuti gli sfalci e potature da manutenzione del verde pubblico e privato (articolo 185, Dlgs 152/2006) solo se soddisfano i requisiti di sottoprodotto (articolo 184-bis, Dlgs 152/2006) e sono impiegati per produrre energia.
Inalterata è rimasta la definizione (articolo 183, lettera d)) di “rifiuto organico”, cioè: “rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato, nonché manufatti compostabili certificati Uni En 13432:2002.”.
Il materiale derivante da giardini e parchi mantiene, pertanto, lo status di rifiuto e il codice Cer relativo, 20.02.01; rimane inalterata, inoltre, la classificazione (articolo 184, comma 2) dei rifiuti urbani che alla lettera e) contempla espressamente i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali.
Il rifiuto vegetale di parchi e giardini prodotto in ambito urbano rimane un rifiuto a tutti gli effetti proprio in virtù della non esclusione .
Da tutto quanto ciò premesso risulta evidente che per trasportare tale tipologia di rifiuti l’azienda dovrà necessariamente provvedere ad iscriversi all’albo gestori ambientali.
In particolare dovrà presentare la documentazione prevista per la Categoria 1: raccolta e trasporto di rifiuti urbani ed assimilati (Deliberazione n. 1 del 30.01.2003 – ALLEGATO “A”). Tra le attività che rientrano in tale Categoria di iscrizione è ricompressa, infatti, espressamente la “Raccolta e trasporto di rifiuti vegetali provenienti da aree verdi” (articolo 184, comma 2, lettera e, del D.Lgs. 152/2006).
L’impresa dovrà presentare la domanda di iscrizione alla sezione regionale dell’Albo, competente per territorio, tenuto conto della sede legale dell’impresa, pagando i diritti di segreteria previsti.
Il trasporto dovrà essere, inoltre, accompagnato dal formulario di trasporto disciplinato dall’art. 193 Dlgs 152/2006.

adminSfalci e potature
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Sospensione sistri

Quesito: Vorrei sapere se, nel periodo di sospensione del SISTRI (fino a Giungo 2013) occorre comunque continuare a comunicare le modifiche intercorse rispetto a quanto comunicato alla data dell’iscrizione o delle ultime modifiche già recepite dal sistema (es.: cambio delegati, cambio legale rappresentante, cambio di sede, ecc.)
Risposta:
Il decreto di sospensione del Sistri Decreto Legge 26 giugno 2012 n° 83, non ha previsto alcuna istruzione operativa riguardo l’obbligo o l’opportunità di continuare a comunicare le modifiche intercorse rispetto a quanto comunicato alla data dell’iscrizione o delle ultime modifiche già recepite dal sistema (es.: cambio delegati, cambio legale rappresentante, cambio di sede, ecc.)

A livello territoriale nelle sezioni regionali dell’Albo gli sportelli Sistri sono sempre attivi così come è attivo il numero verde ed il sito istituzionale www.sistri.it. È evidente, pertanto, che qualsiasi modifica possa continuare ad essere effettuata da parte degli operatori. Si suggerisce, però, l’opportunità di attendere gli sviluppi della normativa – il decreto deve ancora essere convertito in legge (fine agosto) ed è plausibile che verranno emanate successivamente delle precise istruzioni operative in merito – considerando che molte variazioni implicano dei costi aggiuntivi per l’impresa (esempio: contributo attivazione Black Box per un nuovo mezzo).

adminSospensione sistri
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RAEE: Direttiva 2012/19/UE

RAEE: Nuova direttiva pubblicata 24.7.2012
Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) 
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Il 24 luglio 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, L 197, la nuova Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) che abroga la precedente Direttiva 2002/96/CE.
AMBITO DI APPLICAZIONE
I PRODOTTI
La direttiva entrerà in vigore il 13 agosto p.v (20 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale europea) come precisato all’art. 26. Da quella data sono previste, due fasi di attuazione: un periodo transitorio e un periodo a regime.
Periodo transitorio: per i primi 6 anni dall’entrata in vigore della direttiva (si sottolinea come il termine iniziale coincida con l’entrata in vigore della Direttiva e non con quello di attuazione della stessa con normativa nazionale da parte dei singoli Stati Membri ai quali, sono dati 18 mesi di tempo per legiferare – 14 febbraio 2014 termine recepimento) non è previsto alcun cambiamento all’ambito delle 10 classi di prodotti coperti (allegato I e II) salvo alcune modifiche e integrazioni come l’aggiunta da subito dei pannelli fotovoltaici, che vengono abbinati al gruppo degli apparecchi di consumo, delle apparecchiature facenti parti di impianti fissi di grandi dimensione che svolgono la loro funzione anche ove non siano elementi degli stessi, non essendo state progettate e installate precisamente in quanto elemento di detti impianti (come ad esempio, oltre ai predetti moduli fotovoltaici, le attrezzature di illuminazione), dei veicoli elettrici a due ruote non omologati (es. bici elettriche a pedalata assistita).
1. Grandi elettrodomestici
2. Piccoli elettrodomestici
3. Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni
4. Apparecchiature di consumo e pannelli fotovoltaici
5. Apparecchiature di illuminazione
6. Strumenti elettrici ed elettronici (ad eccezione degli utensili industriali fissi di grandi dimensioni)
7. Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport
8. Dispositivi medici (ad eccezione di tutti i prodotti impiantati ed infettati)
9. Strumenti di monitoraggio e di controllo
10. Distributori automatici
Ripresentate anche le esclusioni già esistenti con l’aggiunta di alcune ulteriori esclusioni tra cui

  • apparecchiature necessarie per la tutela degli interessi essenziali della sicurezza degli Stati membri, compresi le armi, le munizioni e il materiale bellico, destinate a fini specificamente militari;

apparecchiature progettate e installate specificamente come parti di un’altra apparecchiatura, che è esclusa o non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva, che possono svolgere la propria funzione solo in quanto parti di tale apparecchiatura;
lampade a incandescenza.
Periodo a regime: dopo 6 anni, ferme comunque le predette esclusioni, il campo di applicazione della normativa RAEE si estenderà a tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) secondo il concetto di “campo di applicazione aperto“. Gli apparecchi così risultanti saranno raggruppati in 6 classi indicate dall’allegato III:
1. Apparecchiature per lo scambio di temperatura
2. Schermi monitor ed apparecchiature dotate di schermi di superficie superiore a 100 cm
3. Lampade
4. Apparecchiature di grandi dimensioni (con almeno una dimensione esterna superiore a 50 cm), compresi ma non solo: elettrodomestici; apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni; apparecchiature di consumo; lampadari; apparecchiature per riprodurre suoni o immagini, apparecchiature musicali; strumenti elettrici ed elettronici; giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport; dispositivi medici; strumenti di monitoraggio e di controllo; distributoriautomatici; apparecchiature per la generazione di corrente elettrica.
5. Apparecchiature di piccole dimensioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm), compresi ma non solo: elettrodomestici; apparecchiature di consumo; lampadari; apparecchiature per riprodurre suoni o immagini, apparecchiature musicali; strumenti elettrici ed elettronici; giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport; dispositivi medici; strumenti di monitoraggio e di controllo; distributori automatici; apparecchiature per la generazione di corrente elettrica.
6. Piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm.
 
Dopo 3 anni dalla data di entrata in vigore della direttiva la Commissione è incaricata di riesaminare l’ ambito di applicazione.
 
AMBITO DI APPLICAZIONE 
I PRODUTTORI
I soggetti che rientrano nella definizione di “Produttore” sono tre:
1 chi produce e immette sul mercato di uno Stato membro AEE recanti il suo marchio;
2 chi immette nel mercato di uno Stato membro col suo marchio (e solo col suo marchio) apparecchiature prodotte da altri;
3 chi importa (ed eventualmente esporta) immettendo nel mercato di uno stato membro AEE che riportano il marchio originale del produttore che gli ha fornito i prodotti.
 
In tutti e tre i casi, è indifferente che la vendita avvenga a distanza o meno. La nuova direttiva fa maggiore chiarezza in proposito, precisando che il “Produttore” dovrà essere “stabilito in uno Stato membro” oppure, se vende gli AEE mediante tecniche di comunicazione a distanza, potrà essere stabilito nello stesso Stato membro in cui vende gli AEE oppure in un altro Stato membro oppure in un Paese terzo.
 
IDENTIFICAZIONE DEI RAEE PROFESSIONALI
Come nella precedente direttiva, i RAEE professionali seguono un regime finanziario e di raccolta diverso da quello per i domestici. Infatti, mentre nel caso dei RAEE domestici la raccolta primaria dei rifiuti non è a carico del Produttore, nel caso dei RAEE professionali il singolo Produttore è tenuto a farsi carico di ritirare i RAEE presso l’acquirente finale di un suo prodotto (AEE), oltre che naturalmente curare a sue spese il trattamento di tali rifiuti.
È pertanto importante distinguere i RAEE domestici da quelli professionali e viceversa. Il che, come noto, non è sempre agevole, anzi.
A tal proposito la nuova Direttiva stabilisce che gli apparecchi “Dual Use”, ossia quegli apparecchi (un personal computer, un Pc / telefono palmare, certi tipi di stampanti multifunzionali) che si prestano per qualità, prezzo, canale di vendita a uso sia domestico sia professionale, sono trattati, quando diventano rifiuti, come RAEE domestici e non professionali.
La nuova direttiva non fornisce tuttavia alcuna indicazione sui criteri da utilizzare per identificare gli apparecchi “Dual Use” (ad esempio: quando una stampante è effettivamente un apparecchio sia domestico sia professionale? Sulla base del prezzo? Sulla base del canale di vendita? Per requisiti tecnici interni? Se sì quali? ecc. ecc.).
RACCOLTA E FINANZIAMENTO
Raccolta: al contrario di quanto ipotizzato nei vari testi considerati durante l’iter di elaborazione della direttiva, non vengono posti in capo ai Produttori nuovi oneri di raccolta a domicilio: i Produttori, infatti, sono tenuti, come ora, a finanziare la gestione dei rifiuti solo (almeno) dai centri di raccolta in poi; è però innovativamente previsto il dovere per gli Stati Membri di consentire “ai detentori finali e ai distributori di rendere almeno gratuitamente tali rifiuti” e la loro facoltà di “incoraggiare i produttori a finanziare anche i costi legati alla raccolta dei RAEE dai nuclei domestici”.
RAEE Storici: viene ribadito che la gestione dei RAEE “storici”, ovvero dei rifiuti generati da AEE immesse nel mercato prima del 13.08.2005 – data che per l’Italia, a seguito di emendamenti legislativi nazionali, corrisponde al 31.12.2010 – i Produttori sono tenuti ad aderire a un sistema collettivo, essendo solidamente responsabili.
RAEE “Nuovi”: quanto ai RAEE generati da AEE immesse nel mercato dopo il 13.08.2005 (ossia, quanto all’Italia, dopo il 31.12.2010) viene ribadito che i Produttori sono responsabili individualmente del finanziamento della gestione di tali rifiuti. È opportuno ricordare che nel caso dell’Italia, a seguito di un emendamento contenuto nella legge Comunitaria 2009, quanto ai RAEE nuovi i Produttori possono attualmente scegliere tra un regime collettivo e uno individuale: si deve ritenere e auspicare che il diritto a tale scelta sia mantenuto anche a seguito dell’attuazione della nuova direttiva.
RAEE “Nuovi” e “Visibile fee”: la “Visible Fee”, detta in Italia E.C.R. (Eco Contributo RAEE) é attualmente prevista per alcuni RAEE “Storici”(condizionatori ed elettrodomestici “bianchi”), fino al 13.02.2013; essa permette ai Produttori di indicare separatamente in fattura, rispetto al prezzo di vendita, i costi di raccolta e trattamento a loro carico. Orbene, stando alla nuova Direttiva, questo sistema di finanziamento non muore definitivamente ma agli Stati Membri è lasciata la facoltà di stabilire o mantenere l’ECR (per tutti o alcuni AEE) a livello nazionale purché i costi così indicati “non superino la migliore stima delle spese effettivamente sostenute”.
Distributori: oltre al ritiro “1 contro 1” previsto dalla normativa corrente a fronte di AEE nuove vendute, i Distributori sono tenuti anche alla raccolta “1 contro 0” ossia alla raccolta indipendentemente dalla vendita o meno di un prodotto nuovo, seppure in tal caso limitatamente agli esercizi di almeno 400 mq circa dedicati alla vendita di AEE e con riferimento ai soli RAEE di piccolissime dimensioni (dimensioni esterne inferiori a 25 cm) “salvo ove una valutazione dimostri che regimi di raccolta alternativa esistenti non siano almeno altrettanto efficaci”.
RAEE “Professionali”: attualmente gli oneri finanziari della gestione dei RAEE professionali (inclusa la raccolta primaria) sono totalmente a carico dei Produttori. La nuova direttiva prevede innovativamente che “gli Stati Membri possono in alternativa, disporre che gli utenti […] professionali […] siano anch’essi totalmente o parzialmente responsabili di tale finanziamento”.
OBIETTIVI DI RACCOLTA
Gli obiettivi di raccolta sono stabiliti con il seguente criterio di gradualità (sono fatti salvi obiettivi più “ambiziosi” da parte dei singoli Stati):
–      in via intermedia, continua ad applicarsi, per i primi tre anni dalla data di entrata in vigore della direttiva, l’obiettivo minimo attuale di 4Kg l’anno per abitante “oppure lo stesso volume di peso medio di RAEE raccolto nello Stato membro in questione nei tre anni precedenti considerando il valore più alto”.
–      il primo obiettivo (minimo) è del 45% del peso medio annuale delle AEE immesse nel mercato nella media i tre anni precedenti e decorre solo dopo i primi 4 anni dall’entrata in vigore della nuova direttiva RAEE.
–      il secondo obiettivo è da raggiungere con gradualità, con un’evoluzione continua che porti ad almeno il 65% del peso medio annuale delle AEE immesse nel mercato nei tre anni precedenti o, alternativamente, all’85% dei RAEE prodotti nel territorio; esso decorre dopo 7 anni dall’entrata in vigore della nuova direttiva.
La Commissione dovrà sviluppare una metodologia di calcolo ai fini del monitoraggio degli obiettivi e, entro 3 anni dall’entrata in vigore della nuova direttiva, proporre eventuali emendamenti rispetto agli obiettivi di massima sopra indicati (con particolare riguardo ai pannelli fotovoltaici, alle apparecchiature di piccole dimensioni e alle lampade contenenti mercurio).
OBIETTIVI DI RECUPERO, RICICLAGGIO E RIUTILIZZO
Può esser utile ricordare anzitutto che per “Recupero” si intende genericamente la conversione dei rifiuti in materia o in energia al fine di fare svolgere ai medesimi un qualche ruolo utile. Per “Riciclaggio” si intende un’attività specifica del recupero, ossia il nuovo uso di materiali o sostanze provenienti dai rifiuti (es. riciclo del rame contenuto del motore di una lavastoviglie).
Per riutilizzo o, meglio, “Preparazione al riutilizzo” si intende infine un’attività anch’essa rientrante nel recupero, ossia il reimpiego di un rifiuto o di parti del medesimo per lo stesso scopo originario (ad esempio, lo smontaggio per il riutilizzo delle serpentine esterne per la dissipazione del calore del retro dei frigoriferi).
Ciò premesso, la nuova direttiva – dopo avere indicato nelle premesse alcuni obiettivi prioritari tra cui, oltre a quelli tradizionali della tutela della salute e dell’ambiente, anche quello della preservazione delle materie prime intese come risorsa essenziale per lo sviluppo europeo – stabilisce all’allegato V nuovi obiettivi di recupero, riciclaggio e preparazione al riutilizzo che variano per categoria di prodotto e per periodo di tempo (ad esempio, nel caso delle apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni, delle apparecchiature di consumo e dei pannelli fotovoltaici, sono previsti per i primi tre anni obiettivi di recupero del 75% e di riciclaggio del 65 %). Inoltre, gli Stati membri sono tenuti ad attuare la registrazione dei materiali in uscita dagli impianti di trattamento onde fornire questi dati alla Commissione che li utilizzerà per una possibile ridefinizione degli obiettivi.
PROGETTAZIONE, RIUTILIZZO E RICICLABILITÀ
La direttiva stabilisce che gli Stati Membri devono favorire:
–      la collaborazione tra riciclatori e produttori nello stadio preliminare all’immissione in commercio degli AEE (ossia: progettazione degli AEE secondo i criteri della Direttiva c.d.”ecodesign” 2009/125/CE sui prodotti correlati all’uso di energia);
–      la collaborazione tra riciclatori e riutilizzatori quando gli AEE, divenuti RAEE, giacciono presso i centri di trattamento; in tal caso, infatti, i riciclatori dovranno effettuare la separazione dei RAEE da preparare per il riutilizzo dagli altri RAEE raccolti separatamente e quindi assicurare l’accesso ai centri di trattamento ai riutilizzatori affinché questi ultimi siano in grado di identificare e ritirare i RAEE suscettibili di ridiventare AEE, ossia di essere ulteriormente utilizzati, previe se del caso operazioni di ripristino.
 
La direttiva conferma altresì l’obbligo già attualmente previsto in capo ai Produttori di fornire agli operatori del riutilizzo, ai trattatori e ai riciclatori le informazioni utili e necessarie ai fini di
tali attività per ogni nuovo modello di AEE immesso in commercio.
 
REGISTRO NAZIONALE
Non viene istituito alcun registro AEE europeo (in altri termini la registrazione rimane nazionale) ma viene riconosciuta ai Produttori residenti in altro Stato membro la possibilità di iscriversi al registro tramite un rappresentante autorizzato.
Vale la pena di ricordare che questa è già la disciplina in vigore in Italia (peraltro non solo per i RAEE ma anche per i rifiuti di pile e accumulatori) in virtù della normativa nazionale di attuazione qui vigente: infatti, il Produttore che introduce AEE nel nostro Paese e ha sede in un altro Stato membro o in Paesi terzi, si iscrive al registro AEE (e, come si é detto, se del caso, anche a quello relativo ai rifiuti di pile e accumulatori) tramite un rappresentante in Italia, incaricato dei correlativi adempimenti.
 
VENDITE A DISTANZA DI AEE DOMESTICI DA STATO MEMBRO A STATO MEMBRO
I venditori a distanza di AEE destinate a nuclei domestici devono registrarsi nello Stato membro in cui effettuano la vendita, se del caso tramite il rappresentante autorizzato e farsi carico di tutti gli oneri anche finanziari previsti in capo ai Produttori dalla normativa RAEE. La nuova direttiva prevede alcune misure di coordinamento, informazione e collaborazione tra i vari registri nazionali.
ELABORAZIONE DI NORME ARMONIZZATE SUL TRATTAMENTO DEI RAEE
È prevista l’elaborazione di standard armonizzati a livello europeo nel trattamento dei RAEE sì da rispecchiare “il più recente livello tecnico”, da svilupparsi dalle organizzazioni di armonizzazione normativa europee e da adottarsi a seguito del vaglio del comitato tecnico di armonizzazione. Gli Stati membri potranno a loro volta elaborare standard nazionali aggiuntivi, di cui dovranno informare la Commissione. L’allegato VII disciplina i trattamenti selettivi dei RAEE: tale disciplina potrà essere emendata solo dalla Commissione, la quale valuterà a tal fine la possibilità di estenderla anche ai nanomateriali.
 

adminRAEE: Direttiva 2012/19/UE
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Appalti, Acque, responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001

 Appalti, Acque e responsabilità amministrativa Società ex Dlgs. 231/2001
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo scarico di acque reflue industriali contenenti sostante pericolose ( tab. 5 e 3/A allegato 5) senza autorizzazione (art. 137 comma 2); la violazione tabellare (tab. 3/A) ex art. 137 comma 5 ); la violazione del divieto di scarico sul suolo (art. 103) e sottosuolo e acque sotteranee (art. 104) …
comportano sanzioni gravi per colui che commette il reato; sanzioni che si riflettono anche sulla Società che viene colpita ex Dlgs. 231/2001 non solo da pesanti saznzioni ma anche da misure interdittive che si riflettono di conseguenza anche sulla possibilità di accedere alle gare.
E’ utile ricordare dunque che il Dlgs. 163/2006 ss.m. all’art. 38 comma 1 lett. m) esclude la possibilità di partecipare alle gare pubbliche le società colpite da sanzione interdittiva di “divieto di contrarre con la P.A.”.
Recita invero la lettera m) dell’art. 38:
“..nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 ….”
L’art. 9 comma 2 del Dlgs. 231/2001 precisa invero che “… Le sanzioni interdittive sono:
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Il Dlgs. 121/2011, con vigenza dall’agosto del 2011, ha introdotto i reati ambientali come reati presupposto.
La lettura del combinato disposto di cui agli artt. 137 Dlgs. 152/2006, art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001, art. 38 comma 1 lett. m) Dlgs. 163/2001 porta a concludere la Società che veda il proprio dipendente/dirigente o altro subire con condanna il processo penale per i reati di cui ai commi 2,5,11 Dlgs. 152/2006 potrebbe trovarsi interdetta la strada di ammissione ai pubblici appalti qualora intervenga inderdizione a contrarre con la P.A..
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
Art. 25 undecies comma 7
art. 137 co. 2
 
dell’arresto da tre mesi a tre anni.
 
200 a 300 quote  
 
 
Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 6 mesi.
137 co. 5 secondo periodo l’arresto da sei mesi a tre anni
e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
200 a 300 quote
137 co. 11 l’arresto sino a tre anni. 200 a 300  quote

 

adminAppalti, Acque, responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001
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Corte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane

Corte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane
A cura di avv. Cinzia Silvestri
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione) 19 luglio 2012
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Articoli 3, 4 e 10 – Rete fognaria – Trattamento secondario o equivalente – Impianti di trattamento – Campioni rappresentativi» / causa C565/10,
LA Corte ricorda gli obblighi comunitari allo Stato italiano che risulta inadempiente e viene condannato alle spese.
La Corte prende in considerazione la situazione di molti agglomerati ( principalmente al sud) ma anche in Liguria, Veneto (Vicenza),Trieste (ed altri) non in regola con gli adempimenti imposti dalla direttiva 91/271/CEE.
Tra le righe della sentenza emergono riferimenti utili anche per quegli agglomerati non nominati dalla sentenza; riferimenti dimenticati anche dalle nostre amministrazioni.
Di particolare interesse e’ l’inciso delle Corte ai doveri di progettazione e costruzione di impianti che tengano conto dei diversi flussi turistici estivi e delle maggiori portate conseguenti; nonché il rilievo al numero dei campionamenti annuo, alle variazioni climatiche ecc…
CONTESTO NORMATIVO
La Corte definisce prima il Contesto normativo utile ad inquadrare la contestazione:
“…..2        A termini dell’articolo 1, primo comma, della direttiva 91/271, quest’ultima concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali. Ai sensi del secondo comma del citato articolo 1, tale direttiva ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue.
3        L’articolo 3 della direttiva 91/271 dispone quanto segue:
«1.      Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane,
–        entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15 000
(…)
Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale.
2.      Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono soddisfare i requisiti pertinenti dell’allegato I, sezione A. (…)».
4        L’articolo 4 di tale direttiva prevede quanto segue:
«1.      Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, secondo le seguenti modalità:
–        al più tardi entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15 000 a.e.
(…)
3.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti ai paragrafi 1 e 2 devono soddisfare i requisiti pertinenti previsti all’allegato I, sezione B. (…)
4.      Il carico espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo in ingresso all’impianto di trattamento nel corso dell’anno escludendo situazioni inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti».
5        Ai sensi dell’articolo 10 della citata direttiva:
«Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. La progettazione degli impianti deve tenere conto delle variazioni stagionali di carico».
6        L’allegato I della direttiva 91/271, intitolato «Requisiti relativi alle acque reflue urbane», prevede, alla sezione A, le prescrizioni che devono essere seguite per le reti fognarie e, alla sezione B, quelle applicabili agli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ed immessi in acque recipienti. Tra queste ultime figura quella in base alla quale la progettazione o la modifica di detti impianti va effettuata in modo da poter prelevare campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati, prima del loro scarico nelle acque recipienti. Per quanto riguarda gli impianti di trattamento la cui dimensione corrisponde a un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10 000 e 49 999, la sezione D del suddetto allegato I fissa a 12 il numero minimo annuo di campioni da raccogliere ad intervalli regolari nel corso dell’anno.
GIUDIZIO DELLA CORTE
1) La Corte condanna l’Italia per non aver adempiuto agli obblighi di collettamento fognario entro il termine imposto dalla comunità europea ovvero il 31 dicembre 2000 ovvero in violazione dell’ art. 3 Direttiva 91/271.
“…. Sull’addebito relativo a una violazione dell’articolo 3 della direttiva 91/271…
21      Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, primo trattino, della direttiva 91/271, gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 avrebbero dovuto essere provvisti di reti fognarie per le loro acque reflue urbane entro il 31 dicembre 2000…..
….24      Orbene, come riconosciuto dalla stessa Repubblica italiana, occorre rilevare che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, gli agglomerati di ………non erano provvisti di reti fognarie idonee a raccogliere e convogliare la totalità delle loro acque reflue urbane.
25      Relativamente agli agglomerati di…….., i lavori diretti a dotare detti agglomerati di reti fognarie per le loro acque reflue urbane non erano ultimati.
26      Dalle medesime indicazioni risulta altresì che, ……la raccolta di tutte le acque reflue urbane degli agglomerati di……non era garantita……
30      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che gli agglomerati di……….), aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271, siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 3 della citata direttiva.
TRATTAMENTO SECONDARIO
La corte condanna l’Italia per la violazione  dell’ 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271 che prevede che, negli agglomerati con oltre 15 000 a.e., la totalità delle acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie devono, prima dello scarico, essere sottoposte ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, al più tardi entro il 31 dicembre 2000.
prosegue la sentenza:
“…32      Inoltre, a termini del citato articolo 4, paragrafo 3, tale trattamento secondario o tale trattamento equivalente deve essere garantito mediante impianti di trattamento i cui scarichi soddisfino i requisiti dell’allegato I, sezione B, della direttiva 91/271.
33      Si deve osservare che la Repubblica italiana non contesta che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, l’obbligo di sottoporre le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271, non era rispettato negli agglomerati di …..
34      Per quanto attiene agli agglomerati di…….), è sufficiente constatare che, dal momento che tali agglomerati non erano provvisti di reti fognarie idonee a raccogliere e convogliare la totalità delle loro acque reflue urbane, l’obbligo di sottoporre tutti gli scarichi ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271, non era dunque a fortiori adempiuto (sentenze del 25 ottobre 2007, Commissione/Grecia, C440/06, punto 25, e del 7 maggio 2009, Commissione/Portogallo, C530/07, punto 55).
35      Inoltre, dalle indicazioni fornite dalla Repubblica italiana risulta che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, gli impianti di trattamento degli agglomerati di ……i quali, conformemente all’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva 91/271, sono diretti ad assicurare il trattamento secondario o il trattamento equivalente della totalità delle acque urbane che confluiscono nelle reti fognarie e a garantire che gli scarichi da essi provenienti soddisfino i requisiti di cui alla sezione B dell’allegato I della medesima direttiva, non erano in funzione.
Numero di campioni annuo
Di particolare interesse la statuizione della corte in merito al numero dei campioni annuo . Campionamento precisato dal legislatore comunitario ed anche italiano e costantemente disatteso anche dalle nostre amministrazioni. L’omissione del campionamento annuo comporta la impossibilita di valutare la conformità del campionamento.
“….36      Con riguardo all’agglomerato di Campobasso 1 (Molise), occorre ricordare che, se è vero che la Commissione, nella memoria di replica, ha ritenuto che non fosse più necessario chiedere la dichiarazione dell’inadempimento dell’articolo 3 della direttiva 91/271, essa ha tuttavia mantenuto il suo addebito relativo a una violazione dell’articolo 4 della medesima direttiva, asserendo che, stando al controricorso della Repubblica italiana e agli allegati allo stesso, il numero annuo di campioni prelevati non corrispondeva al minimo previsto all’allegato I, sezione D, della citata direttiva.
37      Orbene, poiché la Repubblica italiana ha prodotto,….., il numero minimo di campioni che devono essere prelevati ad intervalli regolari nel corso dell’anno, conformemente al suddetto allegato I, sezione D, non occorre dichiarare l’inadempimento dell’articolo 4 della direttiva 91/271 con riguardo al suddetto agglomerato.
38      Per contro, gli scarichi provenienti dall’impianto di trattamento dell’agglomerato di Casarano (Puglia) non possono essere ritenuti conformi al citato articolo 4 a causa dell’insufficiente numero di campioni prelevati. Infatti, la Repubblica italiana non ha fornito alcun campione per il 2009 e il 2010. Inoltre, come precisato da tale Stato membro nel controricorso, l’impianto in parola è entrato in esercizio in una data posteriore a quella della scadenza del termine fissato nel parere motivato.
39      Lo stesso dicasi per gli scarichi provenienti dall’impianto di trattamento dell’agglomerato di Menfi (Sicilia), poiché la Repubblica italiana non ha prodotto campioni relativi a tali scarichi per il 2009.
40      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che, negli agglomerati…….. aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della citata direttiva.
PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE
Sull’addebito relativo a una violazione dell’articolo 10 della direttiva 91/271
…41      Si deve ricordare che l’articolo 10 della direttiva 91/271 prevede che la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 47 debbano essere condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e tenendo conto delle variazioni stagionali di carico.
42      Ne consegue che il rispetto dell’obbligo sancito dal citato articolo 10 presuppone in particolare che siano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 4 della direttiva 91/271.
43      Pertanto, il suddetto obbligo non può considerarsi assolto negli agglomerati in cui il trattamento secondario o il trattamento equivalente della totalità delle acque urbane che confluiscono nelle reti fognarie non è garantito mediante impianti di trattamento i cui scarichi soddisfino i requisiti di cui all’allegato I, sezione B, della direttiva 91/271.
44      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 47 della direttiva 91/271 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e affinché la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico negli agglomerati, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 10 della direttiva 91/271.

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Sicurezza, Valutazione rischi: differimento termini

Sicurezza nei luoghi di lavoro e Valutazione rischi: differimento termini

L. 101/2012 di Conversione del DL 57/2012

 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Si comunica che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio 2012   la Legge 12 luglio 2012 n. 101 di conversione, con modificazioni, del decreto legge 12 maggio 2012 n. 57,  recante disposizioni urgenti  in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dei trasporti e delle microimprese.
La legge modifica con vigenza al 14.7.2012 il testo
1) art. 3 comma 2 Dlgs. 81/2008 , così il nuovo testo:

3. ((Fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2,))  sono
fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma  2,  del
decreto  legislativo  19  settembre  1994,   n.   626,   nonche'   le
disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 298, e  le  disposizioni  tecniche  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del
Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate  dalla
legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi  decreti  di  attuazione
((. . .)).((Gli schemi dei decreti di cui al citato comma 2 del presente articolo 
sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle 
Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla 
data di assegnazione)).

2)  art. 29 comma 5 Dlgs. 81/2008 (valutazione rischio), così il nuovo testo: 

5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori  effettuano
la valutazione dei rischi di cui  al  presente  articolo  sulla  base
delle procedure  standardizzate  di  cui  all'articolo  6,  comma  8,
lettera f).
((Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore 
del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, 
comunque, non oltre il 31 dicembre 2012)),
gli stessi datori di lavoro possono  autocertificare
l'effettuazione della valutazione dei  rischi.  Quanto  previsto  nel
precedente periodo non si applica alle attivita' di cui  all'articolo
31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).

La Legge
Il testo della Legge 101/2012, che si compone di un unico articolo, prevede il differimento di alcuni termini previsti nel D.Lgs 81/08 e s.m.i.
Al comma 1 dell’art. 1 viene disposto che, fino alla emanazione degli appositi decreti interministeriali (che andranno a dettare disposizioni di coordinamento del Testo Unico sulla sicurezza con la normativa relativa ai settori ferroviario, marittimo e portuale) continua ad applicarsi la disciplina attualmente vigente relativamente ai settori soprarichiamati.
Viene inoltre esteso da quarantotto a cinquantacinque  (55) mesi il termine entro il quale dovranno essere emanati i decreti in materia di sicurezza sul lavoro nei confronti delle Forze armate, di polizia, dei Carabinieri, della protezione civile, tenuto conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato.
Gli schemi dei decreti di cui sopra dovranno essere trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti.
Il comma 2, che è rimasto invariato rispetto al decreto legge, dispone che, in attesa della definizione del decreto sulle procedure standardizzate per la valutazione dei rischi per le imprese che occupano fino a 10 dipendenti, il termine del 30 giugno 2012 è sostituito dal seguente inciso: “fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale” che andrà a recepire dette procedure  e comunque non oltre il 31 dicembre del 2012.

 Di seguito il testo della Legge:

Art. 1      ((01.  All’articolo  3,  comma  2,  secondo  periodo,  del  decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81,  e  successive  modificazioni,  le parole: “entro quarantotto  mesi”  sono  sostituite  dalle  seguenti: “entro cinquantacinque mesi”)).    1. All’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile  2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:      a) le parole: “Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2,” sono sostituite dalle seguenti: “Fino all’emanazione dei  decreti  di cui al comma 2,”;      b) le parole da:” ; decorso” a : ” decreto” sono soppresse.      ((b-bis) e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo:  “Gli  schemi dei decreti di cui al citato  comma  2  del  presente  articolo  sono trasmessi alle Camere per l’espressione del  parere  da  parte  delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro  trenta  giorni dalla data di assegnazione”)).    2. Per consentire la definizione delle procedure standardizzate  di valutazione dei rischi di cui all’articolo 6, comma  8,  lettera  f), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, all’articolo 29,  comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81,  e successive  modificazioni,  le  parole:  “Fino  alla   scadenza   del diciottesimo mese successivo alla  data  di  entrata  in  vigore  del decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il  30  giugno  2012”  sono  sostituite  dalle seguenti: “Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data  di entrata in vigore del decreto interministeriale di  cui  all’articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012”.
 

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Responsabilità della società solo se esiste vantaggio

Responsabilità della Societa’ solo se esiste vantaggio
Ipotesi di omesso modello organizzativo
Vantaggio e interesse ex art. 5 Dlgs. 231/2001 – Sentenza GUP Tolmezzo
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il caso:
A fronte di un guasto all’impianto elettrico un dipendente, con mansioni di tecnico conduttore, seppure a conoscenza della fallita procedura di messa fuori servizio della linea da 20KV interveniva, con porta del quadro elettrico aperta, nel tentativo di rimuovere gli elementi del quadro Apierre, allentando con chiave fissa quattro bulloni che vincolavano il coperchio del quadro.
A seguito di tale apertura un secondo dipendente “entrava” con il capo nell’armadio contenente il quadro e vi rimaneva folgorato.
Il reato ascritto alla società:
Il Pubblico Ministero chiedeva il rinvio a giudizio anche della società per responsabilità amministrativa da reato dipendente ex artt. 5, 6 e 25 septies co.2 D.Lgs. 231/2001 “perché traeva interesse o vantaggio dal delitto p.e.p. dagli artt. 40, 113 e 589 c.p., commesso in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro da (omissis) agendo questi in veste di datore di lavoro/dirigente della (omissis), responsabile dell’impianto in forza di procura speciale …avendo la società omesso di adottare ed efficacemente attivare un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire il reato sopra specificato per difetto di adeguate misure di interdizione all’accesso alla cabina elettrica di cui sopra in presenza di condizioni di pericolo per l’incolumità del personale ivi operante……beneficiando di cd. risparmio di spesa”.
Il Giudice dell’Udienza Preliminare GUP di Tolmezzo 18/12 depositata il 3.2.2012 pronunciava sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. perché “il fatto non sussiste” nei confronti della societa’ imputata ex artt. 5 e 6 D.Lgs. 231/2001 perché:
– non sussiste interesse / vantaggio dal reato dipendente;
– l’ assenza di modello organizzativo non costituisce di per sé reato.
Il ragionamento del GUP:
La responsabilità dell’ente sussiste, ex art. 5 D.Lgs. 231/2001, solo in caso di
– vantaggio o
– interesse
dell’ente tratto dal reato commesso dal dipendente o dal soggetto che riveste una posizione apicale all’interno dello stesso.
Nel caso di specie il Giudice ha ravvisato l’impossibilità di individuare il vantaggio o l’interesse in capo all’agente nel reato di lesioni gravissime, da cui è derivata la morte del dipendente.
Da qui la necessità di una lettura interpretativa del D.Lgs. 231/2001 per poter applicare l’art. 5 D.Lgs 231/01 che altrimenti rimarrebbe inoperativo per i reati colposi di evento.
Afferma il GUP di Tolmezzo, riprendendo una giurisprudenza recente interrogatasi sul medesimo problema, che l’interesse/vantaggio ex art. 5 vadano ricercati non nell’evento (lesione – morte del dipendente), bensì nella condotta che viola le disposizioni a tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro (GUP Cagliari 4.7.2011, GUP Novara 26.10.2010, GUP Pinerolo 23.9.2010, Trib. Trani, sez. Molfetta 11.1.2010).
Il vantaggio, infatti, è dato dal risparmio dei costi connessi alla formazione e all’adozione di misure atte a prevenire gli infortuni, oppure nell’omissione di misure per accelerare la produzione e la prestazione aziendale.
Non è quindi sufficiente una semplice imperizia, né la sottovalutazione dei rischi, ma violazioni frutto di esplicite deliberazioni volitive finalisticamente orientate a soddisfare un interesse dell’ente, che il Giudice deve accertare …e il PM provare.
Essendo tale la ratio del D.Lgs. 231/2001, l’assenza del modello organizzativo non costituisce di per se’ motivo di responsabilità, che va invece ricercata nel concreto.
Né tale omissione è ipotesi di reato.
Nel caso di specie era stato accertato che esistevano procedure di sicurezza e sistemi produttivi, non funzionanti per mancata lubrificazione dei meccanismi.
La società, dunque, aveva adottato i sistemi di sicurezza necessari, il cui mancato funzionamento va addebitato non all’ente bensì al personale a ciò incaricato.
Manca quindi il vantaggio dell’ente ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 231/01 poiché la società aveva adottato le misure preventive e di sicurezza.
L’infortunio è stato causato da negligenza e dunque solo le persone fisiche che hanno agito con colpa andranno soggette a pena (per omessa manutenzione nel caso di dipendente, ovvero per omessa vigilanza nel caso del rappresentante legale).

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Linee Guida Direttiva 2008/98/CE – Commissione Europea

Linee Guida Direttiva 2008/98/CE
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
La Commissione Europea ha pubblicato interessanti linee guida sulla Direttiva 2008/98/CE in tema di rifiuti.
Il documento, che si offre alla lettura in lingua originaria, contiene esempi, definizioni chiarimenti utili alla applicazione della Direttiva.
Certo, precisa la Commissione, nessun valore di legge al testo, nessun valore vincolante ma indubbia espressione del pensiero e orientamento comunitario.
Il testo in italiano verra’ di seguito pubblicato con singoli commenti alle linee guida.
Linee Guida Commissione Europea su Direttiva 2008/98/CE

adminLinee Guida Direttiva 2008/98/CE – Commissione Europea
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Sistri "sospeso" e FIR: quali conseguenze?

Sistri “sospeso” e FIR: quali conseguenze?
A cura di avv. Cinzia Silvestri
L’articolo 52 del DL 83/2012 ha sospeso l’operatività del Sistri fino al 30.6.2012
Il Dlgs. 205/2010 ha innovato il Dlgs. 152/2006 definendo nuovi contenuti alla luce dell’intervenuto Sistri.
La parte IV Dlgs. 152/2006 sui rifiuti ha subito vera rivoluzione anche letterale.
La “sospensione” del sistema Sistri rende, di fatto, e per legge inapplicabile quel nucleo di norme pensate per sostenere il Sistema di Tracciabilità.
Dopo aver disposto la sospensione il Governo si preoccupa di dirimere la questione su ciò che deve essere applicato e scrive all’art. 52 DL 83/2012:
“…..fermo  restando,  in  ogni  caso,  che  essi rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  ed  all’osservanza della   relativa    disciplina,    anche    sanzionatoria,    vigente antecedentemente all’entrata in vigore del decreto legislativo del  3 dicembre 2010, n. 205….”.
Bisogna recuperare l’art. 190 e 193 vigenti prima della novella del 2010?
E che dire di tutti gli altri articoli disseminati nel codice ambientale che richiedono per la loro applicazione l’operatività del Sistri?
Accontentiamoci di Governo richiama espressamente solo gli articoli 190 e 193 “vecchia maniera”.
Si è portati dunque a riprendere il “vecchio” testo e considerarlo interamente applicabile (?).
Ci siamo dimenticati dell’art. 16 Dlgs. 205/2010 comma 2 ha condizionato la vigenza degli articoli 188, 188 bis e ter, 189, 190 e 193 alla operatività del Sistri.
Di fatto si devono considerare mai entrati in vigore tali articoli.
 
E’ visibile dalla lettura comparata del testo prima e dopo novella 2010, che alcuni commi sono rimasti invariati o  hanno subito cesure solo letterali (ad esempio il comma 2 e il comma 3 trasfuso nel nuovo comma 4 )
 
Vero è che il legislatore è intervenuto sul testo dell’art. 193 successivamente alla novella. Il recente comma 9bis, ad esempio, era stato inserito con la recente novella (DL 5/2012) e portava il beneficio della esclusione del FIR in capo alle imprese agricole a certe condizioni. Questo articolo non richiede la operatività del Sistri e dunque, bisogna chiedersi se è vigente.
 
 
La lettura dell’art. 193, come dell’art. 190, deve portare alla “sospensione” solo di quella parte del testo che richiede quale presupposto la operatività del Sistri?
 
Che dire a contrario del previgente art. 193 comma 4bis; comma che non risulta riportato nel nuovo testo del 193?
 
Si indica schema:
 

art. 193 Trasporto rifiuti

Testo vigente fino al 24.12.2010 e poi modificato e sostituito dal Dlgs. 205/2010. Testo introdotto dal Dlgs. 205/2010 e vigente dal 25.12.2010 (oggi “sospeso”) Note
  1. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di  identificazione  dal  quale  devono risultare almeno i seguenti dati:

a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
b) origine, tipologia e quantita’ del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell’istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
 

    1. Per gli enti e le  imprese  che  raccolgono  e  trasportano  i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, e che non aderiscono su base  volontaria  al  sistema  di  controllo  dellatracciabilita’ dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis, comma 2,  lett.  a)  i  rifiuti  devono  essere  accompagnati  da  un formulario di identificazione dal quale  devono  risultare  almeno  i seguenti dati:a)  nome  ed  indirizzo  del  produttore  dei  rifiuti  e   del detentore;
b) origine, tipologia e quantita’ del rifiuto;
c)impianto di destinazione;
d) data e percorso dell’istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1  deve  essere redatto  in  quattro  esemplari,  compilato,  datato  e  firmato  dal produttore  o  dal  detentore  dei  rifiuti   e   controfirmato   dal trasportatore. Una copia  del  formulario  deve  rimanere  presso  il produttore o il detentore e le altre tre, controfirmate e  datate  inarrivo dal destinatario, sono acquisite una dal  destinatario  e  due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al  detentore.Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.
 
2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto  in  quattro  esemplari,  compilato,  datato  e  firmato  dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che  in  tal modo da’ atto di aver ricevuto i rifiuti. Una  copia  del  formulario deve rimanere presso il produttore e le altre  tre,  controfirmate  e datate  in  arrivo  dal  destinatario,   sono   acquisite   una   dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie  del  formulario  devono essere conservate per cinque anni. *Applicabile il comma 2 che presenta continuità con il previgente
3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi  devono essere imballati ed etichettati in conformita’ alle norme vigenti  in materia. 3. Il trasportatore non e’ responsabile per quanto indicato nella Scheda  SISTRI  –   Area   movimentazione   o   nel   formulario   di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore  dei rifiuti e per le eventuali difformita’ tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e  consistenza,  fatta  eccezione  per  le difformita’ riscontrabili con la  diligenza  richiesta  dalla  natura dell’incarico . *NON applicabile in parte.IPotrebbe applicarsi nella parte che richiama il comma 1 e seguente.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al  trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che  gestisce  il  servizio pubblico ne’ ai trasporti di rifiuti non  pericolosi  effettuati  dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e  saltuario,  che non eccedano la quantita’ di trenta chilogrammi o di trenta litri. 4. Durante la raccolta  ed  il  trasporto  i  rifiuti  pericolosi devono essere imballati ed  etichettati  in  conformita’  alle  norme vigenti in materia di  imballaggio  e  etichettatura  delle  sostanze pericolose. *Il comma 4 nuova formulazione richiama invero il comma 3 previgente salvo la precisazione sulle sostanze pericolose.
4-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano  altresi’ nel caso di trasporto di rifiuti speciali di cui  all’articolo  184, comma 3, lettera a), effettuato dal produttore dei rifiuti stessi  inmodo occasionale e saltuario e finalizzato al conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani con il quale siastata stipulata una convenzione, purche’ tali rifiuti non eccedano la
quantita’ di trenta chilogrammi o di trenta litri.
 
5. Fatto salvo quanto previsto per  i  comuni  e  le  imprese  di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della  regione  Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo  della  tracciabilita’  dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.  a), nonche’ per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti  urbani  in regioni diverse dalla regione Campania di cui  all´articolo  188-ter, comma 2, lett. e), che  aderiscono  al  sistema  di  controllo  della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al  comma 1 non si applicano al trasporto  di  rifiuti  urbani  effettuato  dal soggetto che gestisce il  servizio  pubblico,  ne’  ai  trasporti  di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti  stessi, in modo occasionale e saltuario, che non  eccedano  la  quantita’  di trenta chilogrammi o di trenta litri, ne’  al  trasporto  di  rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri  di  raccolta di cui  all’articolo  183,  comma  1,  lett.  mm).  Sono  considerati occasionali  e  saltuari   i   trasporti   di   rifiuti,   effettuati complessivamente per non piu’ di quattro volte l’anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al  giorno  e,  comunque,  i  cento chilogrammi o cento litri l’anno.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LA SECONDA PARTE appare applicabile in quanto richiama e specifica il previgente comma 4.
 
5. La  disciplina  di  carattere  nazionale  relativa  al  presente articolo e’ definita con decreto del Ministro dell’ambiente e dellatutela del territorio e del mare da emanarsi entro sessanta  giorni dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto.  Sinoall’emanazione del  predetto  decreto  continuano  ad  applicarsi  le
disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente  1°  aprile
1998, n. 145.
 
6. In ordine alla definizione del modello  e  dei  contenuti  del formulario di identificazione, si applica  il  decreto  del  Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145. *Il comma 6 rimane applicabile.
6. La definizione del modello e dei  contenuti  del  formulario  di identificazione e le modalita’  di  numerazione, di  vidimazione  ai sensi  della  lettera   b)   e   di   gestione   dei   formulari   di identificazione,   nonche’    la    disciplina    delle    specifiche responsabilita’ del produttore o detentore, del trasportatore  e  del destinatario sono fissati con decreto del Ministro dell’ambiente  edella  tutela  del  territorio  e  del  mare tenendo  conto  delle specifiche  modalita’  delle  singole  tipologie  di  trasporto,  con particolare riferimento ai trasporti intermodali,  ai  trasporti  perferrovia e  alla  microraccolta.  Sino  all’emanazione  del  predetto decreto continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni:
a) relativamente alla definizione del modello e dei contenuti del
formulario di identificazione, si applica  il  decreto  del  Ministro
dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145;
b) relativamente alla numerazione e vidimazione, i  formulari  di
identificazione  devono  essere  numerati  e  vidimati  dagli  uffici
dell’Agenzia delle entrate o dalle Camere  di  commercio,  industria,
artigianato e agricoltura o  dagli  uffici  regionali  e  provinciali
competenti in  materia  di  rifiuti  e  devono  essere  annotati  sul
registro IVA acquisti.  La  vidimazione  dei  predetti  formulari  di
identificazione e’ gratuita e non e’  soggetta  ad  alcun  diritto  o
imposizione tributaria.
 
7. I  formulari  di  identificazione  devono  essere  numerati  e vidimati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate o  dalle  Camere  di commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura  o  dagli  uffici regionali e provinciali competenti in materia  di  rifiuti  e  devono essere  annotati  sul  registro  Iva  acquisti.  La  vidimazione  dei predetti formulari di identificazione e’ gratuita e non  e’  soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.
7. Il  formulario  di  cui  al  presente  articolo  e’  validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria  di  cui  all’articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale 8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i  propri  rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base volontaria  al  sistema  di controllo  della  tracciabilita’  dei   rifiuti   (SISTRI)   di   cui all´articolo  188-bis,  comma  2,  lett.   a),   il   formulario   di identificazione e’ validamente sostituito, per i rifiuti  oggetto  di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti  dalla  normativa comunitaria di cui all’articolo 194, anche con riguardo  alla  tratta percorsa su territorio nazionale. *
8. La scheda di accompagnamento di cui all’articolo 13 del  decretolegislativo 27 gennaio 1992, n. 99,relativo  all’utilizzazione  dei fanghi di depurazione in agricoltura, e’ sostituita dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di  cui all’allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 non previste nel modello del formulario di cui al comma 1 devono  essere  indicate nello spazio relativo alle annotazioni del medesimo formulario.  9. La scheda  di  accompagnamento  di  cui  all’articolo  13  del decreto   legislativo   27   gennaio   1992,    n.    99,    relativa all’utilizzazione  dei  fanghi  di  depurazione  in  agricoltura,  e’ sostituita dalla Scheda  SISTRI  –  Area  movimentazione  di  cui  al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela  del  territorio  e del mare in  data  17  dicembre  2009  o,  per  le  imprese  che  non aderiscono  su  base  volontaria  al  sistema  di   controllo   della  tracciabilita’ dei rifiuti  (SISTRI)  di  cui  all´articolo  188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di cui al  comma 1. Le specifiche informazioni di cui all’allegato  IIIA  del  decreto legislativo n. 99  del  1992  devono  essere  indicate  nello  spazio relativo  alle  annotazioni  della  medesima  Scheda  SISTRI  –  Area movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione dei  rifiuti  esclusivamente  all’interno  di  aree  private  non  e’ considerata  trasporto  ai  fini  della  parte  quarta  del  presente decreto. *

 
 
 

adminSistri "sospeso" e FIR: quali conseguenze?
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Tariffa Rifiuti (TIA): obbligo di motivazione

Tariffa Rifiuti (TIA) : la PA deve motivare
Consiglio di Stato n. 539/2012
A cura di Cinzia Silvestri
L’“ampio potere discrezionale dell’ente locale …non può intuitivamente sfuggire a qualsiasi forma di controllo e non può pertanto essere sottratto all’obbligo della motivazione, se non al costo di rinnegare i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento che, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, devono caratterizzare l’azione amministrativa….”
Il Comune deve motivare l’applicazione della tariffa ai massimi consentiti.
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Alcune associazioni di professionisti chiedevano al TAR di Toscana l’annullamento delle delibere del Comune di Prato relative al regolamento per la tariffa Rifiuti.
“.. i ricorrenti sostenevano l’illegittimità della istituzione della tariffa di igiene ambientale per le utenze non domestiche appartenenti alla categoria 11 (uffici, agenzie, studi professionali) nella misura più elevata possibile…… senza alcuna motivazione che giustificassero tale massima imposizione e senza dar minimamente conto dei criteri applicati nell’ambito dei valori minimi e massimi indicati nell’allegato al D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158; ciò senza contare che non solo alcun criterio omogeneo risultava seguito per le varie categorie di contribuenti (per alcune delle quali (nn. 1, 4, 13, 17, 18, 19, 20, 21) erano stati applicati i coefficienti minimi e per altre (n. 11) quelli massimi), per quanto la tariffa, secondo la previsione di cui all’articolo 4, terzo comma, del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, doveva essere differenziata per zone, con riferimento alla destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e qualità dei servizi da fornire.
LA Corte accoglie la doglianza.
Scrive la Corte:”…L’art. 49 del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, nel prevedere l’istituzione della tariffa in questione, stabilisce al comma 4 che essa è composta da
una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e
da una quota rapportata
alle quantità di rifiuti,
al servizio fornito, e
all’entità dei costi di gestione,
in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
Il successivo comma 5 rimette al Ministro dell’ambiente …., l’elaborazione di un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento…”
TARIFFA
La tariffa, prosegue la Corte:”…. deve essere articolata per fasce (comma 6) e costituisce la base per la determinazione della tariffa e per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall’applicazione dello stesso decreto legislativo (comma 7).
Il regolamento per l’elaborazione del metodo normalizzato per la definizione della tariffa di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, approvato col già citato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, dopo aver precisato all’articolo 2 che “la tariffa di riferimento rappresenta l’insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali” (comma 1) e ribadito all’articolo 3, comma 1, che “la tariffa è composta da
una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e
da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione”,
all’articolo 4 (“Articolazione della tariffa) prevede che la tariffa è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica (comma 1), stabilendo che l’ente locale ripartisce tra le categorie di utenza domestica e non domestica l’insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa secondo criteri razionali (assicurando l’agevolazione per l’utenza domestica di cui all’art. 49, comma 10, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) (comma 2) e aggiungendo che a livello territoriale la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e alla qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dal comune (comma 3).
Ai fini del calcolo della tariffa per le utenze domestiche, in particolare, l’articolo 6 stabilisce, al primo comma, che “Per le comunità, per le attività commerciali, industriali, professionali e per le attività produttive in genere, la parte fissa della tariffa è attribuita alla singola utenza sulla base di un coefficiente relativo alla potenziale produzione di rifiuti connessa alla tipologia di attività per unità di superficie assoggettabile a tariffa e determinato dal comune nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.3. dell’allegato 1 al presente decreto”, e, al secondo comma, che “Per l’attribuzione della parte variabile della tariffa gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze. Gli enti locali non ancora organizzati applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq. ritenuta congrua nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.4. dell’allegato 1.
4.3.2.2. Alla luce del delineato substrato normativo non può ragionevolmente dubitarsi della sussistenza del vizio di motivazione che, come eccepito dagli appellanti, inficia gli atti impugnati.
Invero, ancorché non possa dubitarsi della natura di atto generale del provvedimento istitutivo della tariffa e del relativo regolamento, non può tuttavia negarsi che esso, proprio in quanto costituisce applicazione concreta anche delle disposizioni contenute nel ricordato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, ha un contenuto composito, in parte regolamentare ed in parte provvedimentale, con particolare riferimento a quella parte in cui stabilisce il costo del servizio e la determinazione della tariffa, le modalità di applicazione della tariffa, le agevolazioni e le riduzioni tariffarie, le modalità di riscossione della tariffa, i coefficienti per l’attribuzione della parte fissa e della parte variabile della tariffa.
La determinazione di tali peculiari elementi, che implica, come si ricava dalle richiamate disposizioni, l’individuazione dei costi da coprire, la loro ripartizione tra le categoria di utenza domestica e non domestica, la articolazione della tariffa stessa in ragione delle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunali, secondo la loro destinazione urbanistica, è frutto di un ampio potere discrezionale dell’ente locale che non può intuitivamente sfuggire a qualsiasi forma di controllo e non può pertanto essere sottratto all’obbligo della motivazione, se non al costo di rinnegare i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento che, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, devono caratterizzare l’azione amministrativa.
Ma, anche a voler prescindere dalle considerazioni fin qui svolte, un decisivo argomento letterale a conforto della tesi dell’obbligo di motivazione di cui si discute è rintracciabile nelle disposizioni dell’articolo 6 del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, che, disciplinando il calcolo della tariffa per le utenze non domestiche, facoltizza i comuni a determinare la parte fissa della tariffa “…nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.3. dell’allegato 1 al decreto” (comma 1) e quella variabile prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per metri quadrati “…ritenuta congrua nell’abito degli intervalli indicati al punto 4.4. dell’allegato 1” (comma 2): invero, proprio il potere di scelta nell’ambito di un intervallo, delimitato da un minimo ed un M., imponeva all’ente locale appellato l’obbligo di motivare le ragioni della scelta dei coefficienti massimi, non essendovi del resto alcun elemento (né essendo stato in alcun modo indicato) negli atti impugnati idoneo a rendere manifesto e comprensibile l’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione e dunque le ragioni della scelta.
È appena il caso di evidenziare che a tale vulnus non potrebbe porsi rimedio in occasione dell’emanazione dei singoli atti impositivi e della loro eventuale impugnazione, dal momento che essi, in quanto meramente applicativi, sfuggono essi stessi all’obbligo e particolareggiato obbligo di motivazione (essendo sufficiente per la loro legittimità il rinvio per relationem proprio all’atto istitutivo della tariffa ed al regolamento di applicazione, di contenuto, come si è visto, composito).
In tali sensi la censura di difetto di motivazione deve essere considerata fondata (ed assorbente anche rispetto alla dedotta carenza di istruttoria)

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