Sistri: Contributo Sistri 2012
Chiarimenti sul pagamento
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Il comma 3 dell’articolo 7 del Decreto 18 febbraio 2011, n. 52 (cd. Testo Unico Sistri), prevede che il contributo annuale debba essere riferito all’anno solare di competenza, indipendentemente dal periodo di effettiva fruizione del servizio, e versato entro il 30 aprile dell’anno al quale i contributi si riferiscono.
In assenza di ulteriori indicazioni al riguardo, pertanto, la scadenza del pagamento sarà, anche quest’anno, il prossimo 30 aprile.
La mancata operatività del sistema determinatasi nel corso del 2010 e del 2011, nonostante l’avvenuta iscrizione delle imprese, ha indotto le organizzazioni datoriali ad intraprendere un’azione politica nei confronti del Ministero dell’Ambiente al fine di introdurre nella normativa misure di conguaglio a favore degli operatori che si sono iscritti secondo i termini previsti.
In tale direzione è stata inoltrata una lettera al Ministro dell’Ambiente Clini (allegato I) con la quale è stata chiesta espressamente la soppressione del pagamento del contributo del Sistri per il 2012. La richiesta di un contributo, a fronte di una mancata operatività del sistema, continua infatti ad essere, per le imprese, motivo di preoccupazione e di malcontento.
Possiamo anticipare in proposito che dovrebbe essere allo studio una sospensione dei pagamenti e un’ulteriore proroga dell’operatività, ad oggi fissata dalla legge 14/2012 di conversione del Dl 216/2011 (cd. “Milleproroghe”) al 30 giugno 2012, per valutare una complessiva ristrutturazione del sistema di tracciabilità.
Riterremmo, quindi, consigliabile attendere gli sviluppi della questione fino all’ultimo giorno utile, prima di procedere al pagamento.
Lettera congiunta Ministro Clini
Tariffa Igiene Ambientale: Iva rimborsabile
Tariffa Igiene ambientale (TIA1) – Iva rimborsabile
La Cassazione del 9 marzo 2012 n. 3756 nega la natura di corrispettivo:
il tributo non è soggetto all’IVA (imposta sul valore aggiunto).
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Non capita spesso che il contribuente, che magari da anni evidenziava la illegittimità dell’iva, si veda accogliere le doglianze.
Il contribuente viene investito da strane sigle (TIA1, TIA2, TARSU, RES) che impongono pagamenti, ivati, non ivabili …. non si sa.
Di fatto il contribuente sa che ogni volta che chiede un “rimborso” deve affrontare un percorso ad ostacoli, difficile, punteggiato di strane e late missive di “rimpallo”, spuntano circolari, norme oscure, interpretazioni.. e chissà. Chiunque desiste .
Vero è che la sentenza della Cassazione legittima la richiesta di “rimborso dell’iva” (si ritiene con un pregresso di 10 anni).
Ghiotta occasione per tutti coloro che cercano un po’ di ristoro economico alle continue gabelle.
Si badi, tutto questo, con riferimento a “Tariffe” (tributi in realtà) destinate alla sostituzione con la R.E.S. (Tributo Comunale rifiuti e servizi) a partire dal 1.1.2013 (art. 14 DL 201/2011).
Ma la strada non può essere così semplice e già si attende qualche intervento legislativo (o governativo), qualche “circolare” che limiti o sopprima la richiesta di rimborso.
In ogni caso il rimborso impone molti distinguo:
Può essere richiesta solo se la tariffa è stata chiesta da Comuni (gestori del Servizio)
Bisogna capire se il Comune ha applicato la TIA2 (Tariffa INTEGRATA ambientale ex art. 238 Dlgs. 152/2006) o al TIA1 (Tariffa IGIENE Ambientale art. 49 Dlgs. 22/97).
Se ha applicato la TIA1 il rimborso può avvenire per le vie brevi.
Se ha applicato la TIA 2 bisogna fare attenzione; qualche intoppo potrebbe esserci (ma c’è speranza).
Non può essere chiesta ai Comuni che hanno applicato la TARSU (l’iva non è applicata).
La Cassazione, con la sentenza 3756 del 9 marzo 2012, sancendo la natura di tributo per la Tia1 (articolo 49, del decreto legislativo 22/97) ha, pertanto, negato che possa essere assoggettabile a Iva.
Scrive la Cassazione a conforto del contribuente: “la questione…. relativa alla… soggezione della Tia1 all’IVA va risolta in coerenza con la pacifica natura tributaria della medesima, con la mancanza di disposizioni legislative che …assoggettano a iva le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti e con l’irrilevanza di diverse prassi amministrative …. posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa e non da dette eventuali distorte prassi…”
La sentenza capovolge, ad esempio, le conclusioni della Circolare 3/2010 (dipartimento delle politiche fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze), che aveva ravvisato una sorta di continuità tra Tia1 e Tia2 (articolo 238 del Dlgs 152/06) affermando che anche la Tia1 si sarebbe configurata come un’entrata patrimoniale (pagamento di un servizio) e, in quanto tale, assoggettabile a Iva.
A dire il vero questa ultima prassi rischia di provocare un ritorno negativo laddove la continuità asserita potrebbe e dovrebbe trasmettersi dalla Tia 1 alla TIA2… con conseguente rimborso anche della TIA2…. si vedrà.
Tuttavia la Cassazione ha ritenuto una forzatura logica il principio secondo cui la successione logico-giuridica di due entrate possa generare in automatico l’identità della loro natura. La sentenza ha, pertanto, rilevato che l’identificazione di un prelievo deve avvenire sulla base della complessiva disciplina legislativa e non esiste nessuna previsione che supporti la connotazione patrimoniale della tariffa e dunque l’applicabilità dell’IVA.
Sicurezza: Conferenza Stato Regioni
Sicurezza/Lavoro: Conferenza Stato Regioni
Approvazione degli Accordi sulle attrezzature di lavoro / Gazz. uff. 12.3.2012 n. 60
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
La Conferenza Stato Regioni del 22 febbraio scorso ha approvato un accordo, che entrerà in vigore dopo 12 mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (12.3.2013) che individua le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di questa abilitazione. L’accordo definisce inoltre i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione da erogare a questi lavoratori. Si tratta ricordiamo di formazione specifica che non esime gli stessi operatori dal seguire iter e programmi formativi obbligatori. La durata ed i contenuti della formazione sono da considerarsi minimi.
I soggetti formatori
Rispetto ai requisiti dei soggetti formatori fissati dall’ accordo sulla formazione dei lavoratori in attuazione dell’articolo 37 del D.Lgs. 81/2008, questo nuovo accordo ne prevede di più specifici. È infatti stabilito che solo alcuni soggetti formatori possono erogare la formazione. Oltre a quelli istituzionali (Il Ministero del lavoro, l’Inail, le Regioni e le Province, ecc) sono previsti anche gli organismi paritetici e gli enti bilaterali, le associazioni sindacali, gli ordini e i collegi professionali, pur con alcune limitazioni previste dal punto 1 dell’accordo. Sono inoltre abilitati gli enti di formazione accreditati presso i sistemi regionali con una esperienza minima di 3 anni nel settore specifico o di 6 anni in materia di sicurezza e salute sul lavoro.
Le attrezzature
Le attrezzature per l’uso delle quali è prevista formazione specifica sono: piattaforme di lavoro mobili elevabili, gru a torre, gru mobile, gru per autocarro, carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo, trattori agricoli o forestali, macchine movimento terra, pompa per calcestruzzo.
Il percorso formativo
Vengono definiti i requisiti minimi dei corsi, che devono disporre di un responsabile, di un registro di presenza, di un numero massimo di allievi per ogni corso non superiore alle 24 unità, di un rapporto istruttore allievi nella pratica in aree idonee non superiore di 1 a 6. Tre generalmente le tipologie di modulo formativo: teorico, tecnico, pratico. Con questi ultimi due dalla lunghezza e dalla consistenza molto variabile in base all’attrezzatura oggetto della formazione. Per il modulo giuridico e per il tecnico è consentito l’uso di modalità formative in e-elarning. Il modulo giuridico qualora si desideri ottenere attestato per diverse attrezzature è sempre valido. Al termine di ogni modulo e alla conclusione dell’intero iter sono previste prove di valutazione. Al termine delle prove di valutazione sono rilasciati attestati di abilitazione. L’abilitazione durerà 5 anni e per il rinnovo occorrerà seguire corso di aggiornamento della durata minima di 4 ore.
Il percorso formativo verrà registrato nel libretto formativo del cittadino (art.2 comma 1, lettera i) del decreto legislativo 10 settembre 2003 n.276). Al contempo il soggetto formatore dovrà conservare per almeno 10 anni il “Fascicolo del corso” con i dati dei corsi, degli allievi e degli attestati. Il percorso formativo prevede vari moduli teorici e pratici con verifiche intermedie e finali i cui contenuti variano in riferimento alla tipologia di attrezzature. Per alcuni moduli teorici è prevista la possibilità di erogare la formazione in modalità e-learning: modulo giuridico normativo (1 ora) e modulo tecnico (2, 3, 6 o 7 ore in funzione della tipologia di attrezzature).
La durata della validità dell’abilitazione e l’aggiornamento della formazione
L’Accordo prevede che l’abilitazione sia rinnovata ogni 5 anni dalla data di rilascio dell’attestazione dell’abilitazione, a condizione che sia svolto un corso di aggiornamento della durata minima di 4 ore di cui almeno 3 ore relative agli argomenti previsti dai moduli pratici.
Formazione pregressa
Per quanto riguarda il riconoscimento della formazione pregressa saranno riconosciuti attestati di: corsi di formazione della durata complessiva non inferiore a quella indicata dagli accordi; corsi dalla durata inferiore ma completati da aggiornamento entro 24 mesi dall’entrata in vigore dell’accordo con verifica finale; corsi non completati da verifica finale e di qualsiasi durata, purchè entro 24 mesi siano integrati da modulo di aggiornamento e verifica finale di apprendimento.
Acque: violazione tabellare
Acque: fermo dell’impianto e campionamento
Sentenza Tar Napoli 13 febbraio 2012, n. 746 – Violazioni tabellari e accertamento.
A cura di avv. Cinzia Silvestri
La sentenza ha il pregio di precisare e porre limite agli accertamenti finalizzati alla contestazione di violazioni tabellari degli scarichi.
La Corte collega il “diritto” alla “realtà” operativa degli impianti di depurazione.
L’accertamento,che rileva violazione di limiti tabellari, deve essere considerato alla luce della operatività del sistema di depurazione; sistema mai perfetto, soggetto a variabili spesso imponderabili.
Ecco, dunque, che l’accertamento eseguito subito dopo un periodo di fermo dell’impianto non concreta, necessariamente, sanzione per la violazione tabellare.
Emerge il concetto che il campionamento deve essere “rappresentativo” della normale gestione dell’impianto e dunque qualsiasi accadimento fisiologico o tecnico, purchè proprio della vita dell’impianto, mina la attendibilità del campionamento stesso.
In particolare la sentenza ha anche il pregio, ormai raro, di avere chiarezza espositiva che permette la semplice parafrasi:
Ordinanza sindacale: divieto
Con ricorso una societa’ esercente nel proprio stabilimento attività di produzione di carta per uso igienico e sanitario, impugnava, l’ordinanza con il quale il Comune in base al rapporto di prova per il quale “le analisi eseguite hanno evidenziato il superamento del limite fissato dall’atto autorizzativo per i parametri, solidi sospesi totali, BOD e COD”, respingeva l’istanza di revoca inoltrata dalla s.r.l.”, reiterando a carico di quest’ultima l’ordine sindacale recante, divieto di immettere acque reflue provenienti dallo stabilimento nel Rio, fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti.
La societa’ rappresentava:
— di essere munita dell’autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, civili e meteoriche provenienti dalla rete fognaria dell’opificio con immissione nel fosso stradale adiacente lo stabilimento e confluente nel Rio Pantano,
— nella giornata del campionamento, al momento della riapertura dell’azienda dopo la pausa delle festività di fine anno, i funzionari dell’ ARPAC in occasione di un sopralluogo nell’impianto al fine di verificare la regolarità degli scarichi, dai risultati delle analisi effettuate sui campioni di acqua prelevati, rilevavano che le acque provenienti dall’impianto contenevano una quantità di solidi sospesi totali, di COD e di BOS 5 superiori ai limiti normativamente previsti;
— in virtù di tale accertamento, nonostante le indicate irregolarità fossero riconducibili alla normale sedimentazione del materiale fibroso creatasi nella conduttura finale dello scarico per effetto del protratto inutilizzo nella giornate di chiusura festiva, l’Asl proponeva al sindaco di vietare alla società l’immissione delle acque reflue nel vicino fosso stradale confluente nel Rio Pantano;
—il Sindaco, con ordinanza, ingiungeva alla ricorrente di interrompere ad horas lo scarico delle acque reflue fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti;
— la società, chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione in quanto le criticità accertate all’atto del sopralluogo erano state determinate unicamente dalla chiusura dell’impianto per effetto del protratto inutilizzo delle giornate di chiusura festiva e dalla conseguente normale sedimentazione di materiale fibroso nelle tubature, essendo, viceversa lo scarico assolutamente regolare nei periodi attività, come dimostrato dalle analisi mensili puntualmente trasmesse alla Provincia;
— in attesa della determinazione in autotutela del Comune, la Srl si conformava al divieto di scarico
— al fine di non interrompere la produzione, entrava in gestione di riutilizzo di acque a ciclo chiuso,
— l’Arpac, nel corso della rinnovata istruttoria, effettuava un nuovo sopralluogo ed, anche al momento di tale ispezione lo scarico non era attivo, in ottemperanza all’ordinanza sindacale ed a causa di tale circostanza, verbalizzata dagli stessi funzionari, le analisi dei prelievi effettuati evidenziavano il superamento del limite relativo ai solidi sospesi totali (non più anche dei BOD 5 e dei COD), superamento provocato, come nel caso precedente, dalle fibre cellulosiche depositatesi lungo la conduttura di scarico durante il periodo i fermo forzoso.
In questo quadro di riferimento la Corte accoglie il ricorso della società rilevando:
La Corte “… in relazione ai due sopralluoghi effettuati, ….. ed a seguito dei quali sarebbe stato imposta l’interruzione dello scarico delle acque reflue provenienti dall’impianto, dubita dell’attendibilità delle risultanze istruttorie in quanto le attività ispettive e di prelievi di campioni sarebbero state effettuate dall’Arpac, in entrambe le circostanze, in un momento straordinario, ossia all’atto della riapertura dell’impianto dopo giorni di chiusura…”
La società nel corso del processo produceva perizia “…..da cui emergerebbe che, nel periodo di fermo si formerebbero delle “naturali incrostazioni lungo le tubazioni di scarico (prevalentemente fibre di cellulosa)” che verrebbero trascinate via al momento della riattivazione dello scarico, terminando una iniziale torbidità dell’acqua; viceversa con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, le emissioni rispetterebbero tutti i limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006, come sarebbe dimostrato dagli esiti delle analisi mensili (versate in atti) che la ditta trasmetterebbe alla Provincia di Napoli.
La tesi prospettata dalla difesa tecnica del ricorrente suppone, all’evidenza, che l’inconveniente segnalato consistente nel superamento del COD e del BOD5, sia in occasione delle analisi effettuate in occasione del sopralluogo ……..sarebbero compatibili con il fermo dello stabilimento e con la connessa sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna, mentre non dovrebbero registrarsi in occasione del funzionamento dell’impianto a regime.
Seguiva istruttoria e l’articolazione delle difese e si giungeva alla conclusione che “ ….
le criticità accertate nei precedenti sopralluoghi (eccedenza di solidi sospesi, BOD e COD5) dipendevano unicamente dall’inutilizzo dello scarico nei periodi di fermo e dalla conseguente sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna.
Viceversa, con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, è stato verificato che le emissioni rispettano i relativi limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006…”
Ed ancora la Corte precisa ”…..Invero all’esito del riesame dei campioni analizzati è stata data prova che il quadro istruttorio posto a base del provvedimento impugnato è, in realtà, incompleto e non esaustivo in quanto il superamento dei parametri relativi ai solidi sospesi, al BOD e al COD5 (ossia le specifiche ed uniche contestazioni mosse in sede procedimentale) non si verifica con il funzionamento dello scarico a pieno regime….”
Scuola Emas – Auditor interni e Consulenti ambientali/Brescia
Corsi per Auditor interni e Consulenti ambientali presso la Scuola Emas ed Ecolabel di Brescia
Studio Legale Ambiente, parteciperà quale relatore a modulo dedicato alla “normativa ambientale e alle novità EMAS e Dlgs. 231/2001 – reati ambientali e responsabilita’.
Si segnala questa opportunità e si rinvia al sito www.scuolaemasbrescia.it
Tributo rifiuti (RES): modifiche
RES/TARES : Modifiche al Tributo comunale sui Rifiuti e sui servizi
DECRETO-LEGGE 2 marzo 2012 , n. 16 – Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Importante novità introdotta in materia di RES
Attività e certificazioni in materia catastale (Art. 6)
Il DL 6/2012 all’art. 6 comma 2 modifica il comma 9 dell’ art. 14 della L. 214/2011; articolo dedicato alla nuova tariffa comunale sui rifiuti e sui servizi.
Si rimanda anche ad altro articolo pubblicato su questo sito.
6.1 – Comma 2 – Modifiche alla disciplina del nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)
La norma in esame modifica la disciplina del nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES). Tale tributo è corrisposto, per le unità immobiliari a destinazione ordinaria, sulla base dell’80% della superficie catastale, determinata secondo i criteri stabiliti dal D.P.R. 23 marzo 1998. n. 138.
La norma, attualmente vigente, prevede che – nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale – gli intestatari catastali provvedano, a richiesta del comune, a presentare all’ufficio provinciale dell’Agenzia del Territorio la planimetria catastale del relativo immobile, per l’eventuale conseguente modifica della consistenza di riferimento.
Ora, considerato che si possono verificare tempi lunghi per poter acquisire dai soggetti interessati – su richiesta del comune – le dichiarazioni di aggiornamento catastale, con la procedura DOCFA, che comprendono anche la planimetria catastale mancante, viene previsto che, in sede di prima applicazione, sia determinata dall’Agenzia del Territorio una superficie convenzionale derivata dagli elementi di consistenza in proprio possesso.
Inoltre – al fine di rendere disponibile ai comuni la superficie catastale sulla quale determinare la nuova imposta – si applicano le stesse modalità di determinazione di una superficie convenzionale, sempre in sede di prima applicazione, anche per le unità immobiliari a destinazione ordinaria alle quali è stata attribuita la rendita presunta.
Terre e rocce da scavo: DL 1/2012 approvato
Terre e rocce scavo: modifiche
DL n. 1/2012 approvato
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il DL 1/2012 vigente dal 25/1/2012 e’ stato approvato e si attende la imminente conversione in legge. Il Decreto contiene molte novità .
L ‘ art. 49 del DL 1/2012 ( liberalizzazioni) dialoga invero con l’ art. 13 del DL 2/2012 ( ambiente) in materia di “materiali da riporto”.
Il futuro Regolamento in materia di terre e rocce da scavo conterrà anche la disciplina su ” materiali da riporto.
Così il nuovo testo dell’ art. 49:
All’articolo 49:
al comma 1, le parole da: «da adottarsi» fino alla fine del comma sono soppresse;
dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. Il decreto di cui al comma precedente, da adottare entro ses- santa giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del de- creto legislativo n. 152 del 2006.
1-ter. All’articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il primo periodo e` sostituito dal seguente: “Dalla data di en- trata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 49 del decreto- legge 24 gennaio 2012, n. 1, e` abrogato l’articolo 186”.
1-quater. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
Materiali/matrici da riporto: modifiche in arrivo
(2) Materiali/matrici da riporto: modifiche DDL C. 4999
art. 3 DL 2/2012 – Vigente dal 26.1.2012
a cura di avvocato Cinzia Silvestri
Su questo sito è commentato il comma 2 dell’art. 3 DL. 2/2012, vigente. Si evidenziava la tortuosa tecnica legislativa a fronte della semplicità dell’intento, ovvero, sottrarre i materiali da riporto alla applicazione della normativa dei rifiuti laddove siano presenti alcuni requisiti.
Ebbene, proprio il comma 2 dell’art. 3 che modificava l’art. 39 del Dlgs. 205/2010 sembra espunto dalla legge di conversione del decreto.
Ed invero il DL 2/2012, vigente al 25.1.2012, è in corso di conversione ed il Senato, in data 24.2.2012, ha consegnato il testo ampiamente modificato alla Camera (DDL C. n. 4999).
Il DL vigente, composto di soli 3 articoli, ha subito cesure, modifiche ampliamenti di notevole spessore e molte sono le novità in arrivo.
E’ certo prematuro commentare ed anticipare i contenuti di un testo che potrebbe non trovare accordo ma le modifiche sul punto “matrici da riporto” sono interessanti e tracciano il cammino del legislatore che appare invero un po’ ….confuso.
Si consideri che il DL, oggi vigente, richiama l’art. 185 e l’art. 184bis TUA, comprende nel “suolo” le “matrici da riporto”, richiama l’intricato passaggio rifiuti/non rifiuti/sottoprodotti; non definisce le “matrici da riporto”, evoca l’allegato 2 della parte V senza altro precisare.
La legge di conversione contiene l’assoluta novità, ad esempio, di definire i “materiali di riporto”; richiama il Regolamento sulle terre e rocce da scavo; offre interpretazione autentica del legislatore e dunque pone valore normativo e retroattivo alla stessa.
Si indica di seguito tabella di raffronto delle possibili modifiche che interverranno in sede di conversione del DL 2/2012.
Poco rimane dell’art. 3 DL 2/2012 vigente.
Art. 3 DL 2/2012 vigente dal 25.1.2012 | Art. 3 DDL C. n. 4999 |
Materiali di riporto | (Interpretazione autentica dell’articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, disposizioni in materia di matrici materiali di riporto e ulteriori disposizioni in materia di rifiuti). |
1. Considerata la necessita’ di favorire, nel rispetto dell’ambiente, la ripresa del processo di infrastrutturazione del Paese,ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al «suolo» contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, si intendono come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del predetto decreto legislativo. | 1. Ferma restando la disciplinain materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al “suolo” contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo. |
2. All’articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, dopo il primo periodo e’ aggiunto il seguente: «Con il medesimo decreto sono stabilite le condizioni alle quali le matrici materiali di riporto, di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, possono essere considerati sottoprodotti.». | “2. Ai fini dell’applicazione dei commi da 1 a 4, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei utilizzati in passato per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei, quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione e materiali terrosi”. |
3. Nel caso in cui il decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge24 gennaio 2012, n. 1, non sia emanato entro il termine di novantagiorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono considerate sottoprodotti qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006. | |
“4. All’articolo 240, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la parola: “suolo” sono inserite le seguenti: “, materiali di riporto”. |
Impianti fotovoltaici: linee guida 2012
Impianti fotovoltaici / linee guida 2012
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Si invita alla lettura della Guida 2012 per gli impianti fotovoltaici.
Si riporta quanto precisato sul sito del Governo : “Il Ministero dell’interno ha predisposto un aggiornamento della guida per l’installazione degli impianti fotovoltaici nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, che recepisce i contenuti del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, tenendo conto delle varie problematiche emerse in sede periferica a seguito delle installazioni di impianti fotovoltaici.
La Guida 2012, on line sul sito dei Vigili del fuoco, fornisce informazioni riguardo a requisiti tecnici, documentazione, verifiche ed in generale riguardo alle procedure da rispettare.
L’installazione di un impianto fotovoltaico a servizio di un’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi, potendo comportare un aggravio del preesistente livello di rischio di incendio, deve necessariamente rispondere agli adempimenti previsti dal D.P.R. n.151/2011.”
Si legga anche articolo su questo sito FOTOVOLTAICO E INCENDI del 22/12/2011
Proroghe: Legge n. 14/2012
Proroghe: e’ Legge
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Il DL del 29.12.2011 n. 216 e’ stato convertito con Legge del 24/2/2012 n. 14 in vigore dal 28/2/2012.
Le proroghe incidono anche su materia ambientale e già si era anticipato su questo sito la proroga Sistri al 30/6/2012.
Con riserva di approfondimento si offre lettura del testo ampiamente modificato dalla Legge.
Confermata proroga Sistri al 30/6/2012.
Il Ministro Clini scrive….
Il Ministro Clini scrive alle Regioni.
Segnalazione da Studio Legale Ambiente.
Sul sito del ministero dell’ambiente e’ pubblicata lettera del Ministro Clini; lettera d’ intenti sulla necessita’ di dare riordino alla gestione del servizio idrico ed in seguito a quanto espresso dalla Corte Costituzionale n. 26/2011.
Trasporto rifiuti: modifiche DL n. 5/2012
Trasporto rifiuti – IMPRESE AGRICOLE
Il viaggio non è considerato trasporto ...se finalizzato a raggiungere luogo per deposito temporaneo (Art. 193 comma 9 bis Dlgs. 152/2006 e art. 28 DL n. 5/2012)
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il DL n. 5/2012 (semplificazioni) è all’esame della Camera ed in attesa di conversione.
L’art. 28 D.L. 5/2012 (vigente al 10.2.2012) modifica anche l’articolo 193 del D.Lgs. 152/06 inserendo il comma 9 bis.
AZIENDA AGRICOLA
Il Governo esclude l’applicazione degli adempimenti relativi al trasporto in presenza di presupposti, quali:
1) “La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola”: il Governo sottolinea la unicità del gestore; il trasporto avviene tra fondi che appartengono alla medesima azienda. Il termine “appartenenza” non è giuridico e si presta a varia interpretazione. Vero è che il Governo subito di seguito si esprime precisando la “disponibilità giuridica”.
2) “ancorche’ effettuati percorrendo la pubblica via”: i fondi possono non essere contigui e necessitare, per il raggiungimento, di percorrere, ad esempio, la pubblica via;
3) “Non e’ considerata trasporto ai fini del presente decreto”: viene esclusa dunque la normativa e gli adempimenti relativi al trasporto della parte IV del decreto; e ciò previa verifica o meglio “ qualora risulti comprovato”:
a) “da elementi oggettivi ed univoci” : il riferimento apre le porte alla discrezionalità.
b) “finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo” : il deposito temporaneo ha subito modifica proprio con il DL 5/2012 al successivo comma 2 dell’art. 28 in favore delle imprese agricole (si rimanda alla pubblicazione in questo sito). Il deposito temporaneo dunque si estende a fattispecie prima non comprese sia sotto il profilo del “luogo” sia con riferimento ai “soggetti”. Il deposito temporaneo (art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 come riformato dall’art. 28 DL 5/2012) costituisce perno della intera disciplina. Il viaggio non è considerato trasporto solo e se finalizzato a raggiungere luogo per deposito temporaneo.
c) e la distanza fra i fondi non sia superiore a dieci chilometri: curiosa la precisazione e sfugge il criterio che ha prodotto tale affermazione.
COOPERATIVA AGRICOLA
ART. 183 e ART. 193 Dlgs. 152/2006
L’inciso finale dell’art. 193 comma 9bis deve essere letto in combinato disposto con le modifiche dell’art. 183 com. 1 lett. bb) (cfr. art. 28 DL 5/2012).
La modifica considera l’imprenditore agricolo socio di cooperativa agricola che
1) deposita (temporaneo) presso il sito che è nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia) ; non necessariamene dunque il luogo di produzione.
2) trasporta presso il sito nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia)
Si nota che il Governo apre il secondo capoverso dell’art. 28 Dl 5/2102 dedicato alla cooperativa agricola con l’inciso ”Non e’ altresi’ considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo …”.
Quasi a precisare ipotesi diversa da quella precedente e tale da poter escudere in questo caso che, ad esempio, i fondi debbano avere una vicinanza inferiore ai … 10 chilometri (?).
Sembra invero una fattispecie diversa da quella relativa alla azienda agricola.
Si nota, altresì, l’inciso relativo alla “disponibilità giuridica” che evoca la esistenza di un titolo (contratto, proprietà, affitto ecc…).
Di seguito le modifiche apportate dal DL 5/2012 art. 28 commi 1 e 2
Deposito temporaneoArt. 183 co. 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006DL 5/2012 art. 28 Vigente al 10.2.2012 |
Trasporto rifiutiArt. 193 co. 9bis Dlgs. 152/2006DL 5/2012 art. 28 Vigente al 10.2.2012 |
bb) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni: “….” |
9-bis. La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola, ancorche’ effettuati percorrendo la pubblica via, non e’ considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra i fondi non sia superiore a dieci chilometri.Non e’ altresi’ considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile dai propri fondi al sito che sia nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola di cui e’ socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.». |
Schema: modifiche deposito temporaneo
Schema : modifiche al deposito temporaneo.
Tabella di raffronto art. 183 co. 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 fino al DL 5/2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Di seguito si riporta schema delle modifiche intervenute all’art. 183 del Dlgs. 152/2006 dal Dlgs. 4/2008 ad oggi ( tralascia il testo dell’art. 183 vigente dal 29.4.2006 al 12.2.2008).
Deposito temporaneoDal 13.2.2008 FINO al 24.12.2010(Dlgs n. 4/2008) | Deposito temporaneoDAL 25.12.2012 Al 9.2.2012 (Dlgs. 205/2010) |
Deposito temporaneoDal 10.2.2012 (DL n. 5/2012) |
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Art. 183 comma 1 lettera m) | Art. 183 comma 1 lettera bb) | Art. 183 comma 1 lettera bb) | |
Deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: | Deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: | Deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, o, per gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 c.c., presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni: | |
1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantita’ superiore a 2,5 parti per milione (ppm), ne’ policlorobifenile e policlorotrifenili in quantita’ superiore a 25 parti per milione (ppm); | 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al Regolamento (CE) 850/2004 e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; | ||
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi nel caso di rifiuti pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di rifiuti non pericolosi. In ogni caso, allorchè il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi i 10 metri cubi l’anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l’anno, il deposito non può avere durata superiore ad un anno; | 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuto pericolosi. In ogni caso, allorchè il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno,il deposito non può avere durata superiore ad un anno; | ||
3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
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4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;
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5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del MATTM, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo |
Deposito temporaneo: modifiche DL 5/2012
Deposito temporaneo – IMPRESE AGRICOLE
Art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 e art. 28 DL n. 5/2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il DL n. 5/2012 (semplificazioni) è all’esame della Camera ed in attesa di conversione.
L’art. 28 D.L. 5/2012 (vigente al 10.2.2012) modifica l’articolo 183 comma 1 lett. bb) del D.Lgs. 152/06 .
Gli imprenditori agricoli “creano” deposito temporaneo non solo nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti (limite presupposto della disciplina) bensì anche presso il sito che “sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi sono soci”.
Il deposito può avvenire non solo nel luogo dove è prodotto il rifiuto ma anche in sito (suggerisce il Governo) diverso.
L’articolo richiama la “disponibilità giuridica” del sito e ciò evoca il sito “di proprietà” o “in affitto” e altro; sito, certamente, destinato all’uso proprio della “cooperativa agricola”.
La cooperativa agricola a dire il vero sembra il soggetto giuridico a cui è destinata la norma, imponendo anche l’appartenenza alla stessa come soci.
La modifica ha certo l’intento di agevolare l’imprenditore agricolo che può considerare deposito temporaneo anche i rifiuti raccolti in sito di propria appartenenza.
Per riassumere:
Il deposito di rifiuti è definito temporaneo se consiste in:
– raggruppamento di rifiuti
– effettuato prima della raccolta
– nel luogo di produzione dei rifiuti
– nel sito nella disponibilità della cooperativa agricola
con rispetto delle condizioni indicate nell’art. 183:
– i rifiuti sono suddivisi per categorie omogenee;
– a scelta del produttore: deposito non superiore ai 3 mesi ovvero i 30 mc, di cui al massimo 10 mc di rifiuti pericolosi. In ogni caso non superiore a 1 anno.
– sono rispettate le norme in materia di imballaggio, etichettatura delle sostanze pericolose, nonché le norme specifiche dettate per peculiari caratteristiche di rifiuto
La modifica all’art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 offre l’occasione per percorrere la storia delle modifiche normative intervenute in merito al deposito temporaneo.
Schema che si pubblica su questo sito con separato titolo.
Acque industriali: DPR n. 227/2011
DPR n. 227/2011 – Acque industriali (2)
Semplificazione / RINNOVO AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Studio Legale Ambiente ha già pubblicato in questo sito breve commento all’art. 4 DPR n. 227/2011 in materia di Rumore (inquinamento acustico).
Utile concentrare l’attenzione sulle disposizioni del Regolamento (art. 3) che si occupano di Acque e della forma semplificata di rinnovo della autorizzazione.
Giova ribadire che le semplificazioni contenute nel DPR sono indirizzate solo alle micro/piccole/medie imprese (PMI).
ESCLUSIONI
Il Regolamento offre, invero, modalità “semplificata” di rinnovo della autorizzazione ma precisa la esclusione e dunque la non applicazione:
1) “per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’art. 108 Dlgs. 152/2006” (cfr. comma 2 art. 3 DPR)
2) se si sono verificate modificazioni rispetto ai presupposti della autorizzazione già concessa (art. 3 comma 1)
3) se si tratta di acque reflue urbane
TERMINE DI 6 MESI
L’art. 124 comma comma 8 prevede che il rinnovo della autorizzazione debba essere richiesto 1 anno prima della scadenza.
Il DPR art. 3 prevede invece il termine di 6 mesi .
La lettura dell’art. 3 sembra indicare che
– in caso di acque reflue industriali (e non quelle urbane)
– se non ci sono modifiche sostanziali rispetto alla precedente autorizzazione
– il termine per chiedere il rinnovo è di 6 mesi anziché 1 anno.
La modifica del termine a mezzo di Regolamento lascia perplessi stante anche la importanza delle conseguenze alla omissione.
In merito alla forza del Regolamento, con riferimento al problema della gerarchia delle fonti, si riporta il testo dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attivita’ di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri… : « 2. – Con decreto del Presidente della Repubblica, ….sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potesta’ regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.».
ISTANZA/DICHIARAZIONE – responsablità
Ai fini della autorizzazione il titolare dello scarico presenta all’autorità competente istanza corredata da dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 che attesti che sono rimaste immutate:
a) le caratteristiche quali e quantitative dello scarico (volume, massa, sostanze caricate ecc..)
b) le caratteristiche del ciclo produttivo
c) tipologia e quantità di sostanze impiegate nel ciclo produttivo
d) impianti aziendali di trattamento
e) localizzazione dello scarico
La semplificazione si attua, dunque, come per il rumore, spostando la responsabilità in capo al dichiarante tramite dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà inviato esclusivamente per via telematica (come specificato dall’art. 5 DPR 227/2011).
Le falsità in atti e le dichiarazioni mendaci sono soggette a responsabilità penale come indicato all’art. 76 del DPR 445/2000 (al quale si giunge solo dopo il percorso che parte dall’art. 3 DR 227/2011 – art. 47 e poi 48 e poi 76 DPR 445/2000).
Forse le norme di semplificazione che rimandano alle dichiarazioni in sostituzione all’atto di notorietà dovrebbero richiamare espressamente le conseguenze e le responsbilità che conseguono a dichiarazioni mendaci ,come recita l’art. 76 DPR 445/2000 (richiamato dall’art. 48).
Utile ricordare il testo dell’art. 47 fonte di responsabilità:
Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
2. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.
3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’ articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.
4. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.
C.E.R.: Circolare Albo Gestori
CER: Circolare n. 95/2012 / Albo Nazionale Gestori Ambientali
Utilizzazione codici dell’elenco europeo dei rifiuti
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Con circolare del 24 gennaio 2012 il Comitato Nazionale dell’Albo, in seguito alle richieste di chiarimenti pervenute, ha fornito indicazioni in merito all’utilizzo dei codici Cer da utilizzare per l’iscrizione da parte delle imprese in alcune categorie.
In particolare:
Iscrizione alla categoria 4
(raccolta e trasporto di rifiuti urbani e assimilati)
Andranno utilizzati i codici riportati nel capitolo 20 del Catalogo europeo dei rifiuti per quanto riguarda i rifiuti non identificati ma comunque di provenienza urbana;
dovrà essere utilizzato il codice CER 180103* (rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni) per identificare le siringhe usate giacenti su strade o aree pubbliche o aree o strade private soggette ad uso pubblico.
Iscrizione nella categoria 4 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi) o
Iscrizione nella categoria 5 (raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi)
Ai fini dell’iscrizione in categoria 4 possono essere individuati determinati rifiuti con i codici riportati nel capitolo 20 del CER, ma che per la loro origine possono essere classificati come rifiuti speciali, ossia:
20 01 01 –carta e cartone
20 01 08 – rifiuti biodegradabili di mense e cucine
20 01 25 – oli e grassi commestibili
20 03 04 – fanghi da fosse settiche
20 03 06 – rifiuti da pulizia delle fognature
Tali codici possono essere utilizzati anche per l’iscrizione in categoria 5 qualora tale categoria ricomprenda anche i rifiuti speciali non pericolosi così come regolamentato dal comma 7 dell’art. 212 del d.lgs. 152/06 e s.m.i.
Viene infine disposta l’abrogazione delle circolari rispettivamente del 22 dicembre 1999 e del 15 dicembre del 2000.
Allegato: Circolare 24 gennaio 2012 prot. 0095
Sistri: proroga al 30.6.2012?
Sistri: proroga al 30.6.2012?
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
La tormentata storia della operatività (ad oggi al 2.4.2012) del Sistri continua.
Il DL n. 216/2011 (29.12.2012) – che aveva rinviato la operatività del Sistri al 2.4.2012 – è in corso di conversione (entro il 29.2.2012).
A breve ne conosceremo l’esito ma già si anticipa che la legge di conversione potrebbe contenere la ulteriore proroga della operatività Sistri al 30.6.2012.
Il testo del DL è stato modificato dal Senato e consegnato alla lettura della Camera in data 16.2.2012.
Utile ricordare parte del percorso “normativo”:
1) OPERATIVITA’ SISTRI AL 9.2.2012
Con Legge del 14 settembre 2011 n. 148 veniva fissata la data per la operatività del Sistri al 9.2.2012 (conversione del DL 138/2011 art. 6 comma 2).
Il Legislatore esprimeva nel testo la necessita’ di garantire un adeguato periodo transitorio per
1) consentire la progressiva entrata in operativita’ del Sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI), nonche’
2) l’efficacia del funzionamento delle tecnologie connesse al SISTRI.
2) OPERATIVITA’ SISTRI AL 2.4.2012
Qualche mese (dicembre 2011) dopo, il Governo interveniva con Decreto Legge cosidetto “milleproroghe” – DL n. 216/2011 art. 13 comma 3 (in vigore dal 29.12.2011)- e “prorogava l’inizio della operatività del SISTRI al 2.4.2012 e cosi prevedeva:
“3. All’articolo 6, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole: “9 febbraio 2012” sono sostituite dalle seguenti: “2 aprile 2012.”
3) OPERATIVITA’ SISTRI AL 30.6.2012
Ebbene con Atto del senato n. 3124 approvato il 15.2.2012 l’inizio della operatività Sistri sembra rinviata al 30.6.2012.
L’atto del Senato così si esprime:
“al comma 3, le parole: «2 aprile 2012» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2012»
e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
«A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per la gestione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), la competente Direzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per lo svolgimento di tutte le attività diverse da quelle individuate dal contratto in essere avente ad oggetto la fornitura del relativo sistema informatico e la gestione del relativo sito internet. A decorrere dal medesimo termine, ogni sei mesi il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del SISTRI. A quest’ultimo fine, per quanto attiene alla verifica del funzionamento tecnico del sistema, la competente Direzione del Ministero può avvalersi di DigitPA, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
La parola ora alla Camera.
Schema art. 2 L. 241/1990
(2) Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012
Schema – Art.1 DL n. 5/2012 e art. 2 L. 241/1990
a cura di avv. Cinzia Silvestri
Di seguito schema dell’art. 2 L. 241/1990 come modificato dal DL. 5/2012.
Si rimanda alla lettura del breve commento su questo sito.
L. n. 241/1990
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DL n. 5/2012 vigente al 10.2.2012 |
Art. 2 Conclusione del procedimento
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1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. 2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni. 3. Con uno o piu’ decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza 4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilita’ dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessita’ del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione. 5. Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative, le autorita’ di garanzia e di vigilanza disciplinano, in conformita’ ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza. 6. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento e’ ad iniziativa di parte. 7. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualita’ non attestati in documenti gia’ in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2. |
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8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione e’ disciplinata dal codice del processo amministrativo. |
8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione e’ disciplinata dal codice del processo amministrativo. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti. |
9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilita’ dirigenziale. |
9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonche’ di responsabilita’ disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente. |
9-bis. L’organo di governo individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di piu’ elevato livello presente nell’amministrazione. |
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9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato puo’ rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perche’, entro un termine pari alla meta’ di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario. |
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9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non e’ stato rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono all’attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. |
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9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte e’ espressamente indicato il termine previsto dalla legge o dai regolamenti di cui all’articolo 2 e quello effettivamente impiegato. |
Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012
(1) Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012
Art.1 DL n. 5/2012 (semplificazioni e sviluppo) e art. 2 L. 241/1990 (conclusione procedimento)
a cura di avv. Cinzia Silvestri
Il Dl n. 5/2012 all’art. 1 modifica e sostituisce i commi 8 e 9 dell’art. 2 L. 241/1990 ed aggiunge i commi da 9bis a 9-quinquies.
L’articolo 2 della L. 241/1990 ha subito già dal 2005 numerosi interventi legislativi di modifica (L. n. 15/2005, 80/2005, 69/2009, Dlgs. 104/2010).
Con tecnica “legislativa” ormai in uso, il Governo chiude l’art. 1 del Decreto Legge n. 5/2012 con il comma 2 che prevede la non applicazione dell’art. 2 L. 241/1990 in quanto normati da leggi speciali a:
1) procedimenti tributari
2) procedimenti in materia di giochi pubblici
Dunque il comune lettore (cittadino) non troverà tale esclusione nell’art. 2 della Legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990) a completamento della disciplina e per chiarezza espositiva; ma dovrà conoscere il comma 2 dell’art. 1 del DL n. 5/2012!
Giova sempre ribadire che si tratta, ancora, di DL soggetto a Legge di conversione e dunque il testo può essere modificato.
Conclusione del procedimento: L. n. 241/1990 art. 2
L’art. 2 della L. 241/1990 impone alla amministrazione:
1) obbligo di concludere il procedimento con provvedimento espresso
2) termine di 30 giorni, ove non espressamente specificato
I commi da 1 a 7 precisano e articolano diversi tempi di conclusione a seconda del procedimento.
SILENZIO DELLA PA
Per tutti coloro che operano con la PA è noto come il silenzio della PA sia un vero e proprio problema, sempre giustificato o giustificabile, e che il processo amministrativo in sede giudiziaria (TAR) che si apre per ottenere la “risposta” dovuta, onera sempre il cittadino di costi e tempi tali da defaticare l’azione stessa.
Forse questo è l’intento.
Il Governo sembra voler operare un controllo :
a) a posteriori e sceglie la Corte dei conti quale controllore. Ed invero il ritardo/inadempimento crea costi anche alla amministrazione.
b) Preventivo: attuando un meccanismo di sostituzione alla inerzia e di responsabilità per coloro che tardano alla emissione del provvedimento finale.
CORTE DEI CONTI
IL GOVERNO dunque prevede, modificando il comma 8 dell’art. 2 L. 241/1990 che “Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti.
RESPONSABILITA’
Non più solo la MANCATA emanazione del provvedimento costituisce elemento di Valutazione di responsabilità ma anche la TARDIVA emanazione dello stesso permette la valutazione anche disciplinare.
Il Governo allarga le maglie dei soggetti responsabili e richiama ipotesi di responsabilità disciplinare; passa dalla “valutazione della responsabilità dirigenziale” a:
“…La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione
1) della performance individuale, nonche’
2) di responsabilita’ disciplinare e amministrativo-contabile
del dirigente e del funzionario inadempiente.
POTERE SOSTITUTIVO IN CASO DI INERZIA
Il cittadino dunque dovrà trovare all’interno della amministrazione il soggetto a cui fare riferimento in caso di inerzia del soggetto preposto al procedimento disatteso.
L’organo di governo individua, nell’ambito delle figure
apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere
sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione
il potere sostitutivo si considera attribuito al
1) dirigente generale o, in mancanza,
2) al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza
3) al funzionario di piu’ elevato livello presente nell’amministrazione.
Termine di conclusione
Il dirigente individuato in sostituzione dovrà concludere il procedimento entro 15 giorni o altro dimezzato termine (con riferimento a quello richiesto dalla legge).
Autorizzazione unica ambientale?
Autorizzazione Unica Ambientale?
Il Governo rinvia ad agosto 2012 – DL n. 5/2012 art. 23
a cura di avv. Cinzia Silvestri
Il Governo ribadisce l’ intento di semplificare e ridurre gli oneri per le PMI (piccole e medie imprese) e promette l’autorizzazione unica, che invoglia le imprese e le nutre di speranza.
Si deve precisare che si tratta di un Decreto Legge soggetto a Legge di conversione e che dunque potrebbe subire nel tempo rilevanti modifiche.
Ebbene il Governo promette e precisa:
1)Autorizzazione integrata ambientale: le novità non incidono sulla AIA disciplinata dagli articoli 29 bis e ss. del Dlgs. N. 152/2006 ” ..Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152″
2) Oneri amministrativi: il governo richiama il DL n. 112/2008 art. 25 convertito con L.133/2008 precisando che la semplificazione avviene “anche” con riferimento agli oneri amministrativi …già disciplinati. La lettura del testo del 2008, richiamato dal governo, sorprende per la sua attualità trattandosi di DL che conferma gli stessi scopi e fini di quello attualmente in vigenza. DL del 2008 che intitolava l’ art. 25 “tagli oneri spese” ed e’ stato firmato da Napolitano, Berlusconi, Tremonti, Brunetta, ecc… ; precisa così il testo in commento: “…anche sulla base dei risultati delle attivita’di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6agosto 2008, n. 133
3) REGOLAMENTO: dopo le premesse di rito, il Governo non disciplina ma promette futuro regolamento, con DPR, su proposta principalmente del Ministro Clini ( pensando che la proposta avvenga nella durata di questo Governo). Il richiamo alla Conferenza Unificata evoca, purtroppo, al lettore tempi poco compatibili con l’urgenza suggerita dal DL. Desta interesse inciso, frutto certo della confusione che ormai regna, in cui il Governo autorizza se stesso alla ….emanazione. Scrive, dunque, testualmente il Governo: “Governo e’ autorizzato emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281″
4) FINALITÀ‘: il REGOLAMENTO e’ volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese. Il preambolo racchiude, tra le molteplici righe, l’ intento del Governo espresso in poche e chiare parole.
5) PRINCIPI E CRITERI DIRETTIVI: il Regolamento dovrà seguire il solco tracciato dalla L. 59/1997 che, agli articoli 20 e seguenti, indica alcune linee guida per operare la semplificazione. Il riferimento alla L. 59/1997 vale approfondimento in separato commento; all’ epoca (1997) correttamente il Parlamento (legge) delegava il Governo ad emanare decreti legislativi….
6)PROPOSITI: il Governo entra nel merito della sua futura azione indicando i buoni propositi ed evocando quella semplicità auspicata e mai realizzata. Ed invero le parole chiave sono concentrate nella ” sostituzione, unico ente, proporzionalità, dimensione impresa, oneri a carico impresa”. In particolare e testualmente il governo indica:
a) l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione,
notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in
materia ambientale;
b) l’autorizzazione unica ambientale e’ rilasciata da un unico
ente;
c) il procedimento deve essere improntato al principio di
proporzionalita’ degli adempimenti amministrativi in relazione alla
dimensione dell’impresa e al settore di attivita’, nonche’
all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovra’
comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.
6) TEMPI: quanto tempo per emanare questo Regolamento? 6 mesi dalla data della entrata in vigore del presente DL ovvero entro il 10 agosto 2012?
Si chiude, infine, l’articolo 23 con precisazione:”… e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le
norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono
abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento. “.
Semplificazioni: DL n. 5/2012 è vigente
Semplificazioni: DL n. 5/2012 è vigente
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Prosegue la maratona “legislativa” (rectius governativa) a suon di Decreti Legge.
Dopo il DL n. 1/2012 sulle Liberalizzazioni, il DL n. 2/2012 sull’Ambiente, la L. n. 3/2012 (sovraindebitamento), il DPR n. 227/2012 (semplificazioni acqua e rumore) arriva l’atteso decreto sulle semplificazioni che dovrebbe allegerire il carico degli adempimenti anche ambientali sin dal 10.2.2012.
Lo Studio Legale Ambiente offre alla lettura il Decreto legge segnalando gli articoli 23 e 24 in materia di semplificazioni ambientali e riservandosi il commento in altra comunicazione.
Rumore: DPR 227/2011 – semplificazioni
Rumore : DPR 227/2011 – semplificazioni (1)
Vigenza al 18.2.2012
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Lo Studio Legale Ambiente aveva già anticipato le novità oggi approdate con modifica nel provvedimento del Presidente della Repubblica (cfr. articolo del 10.7.2011 “Acque e rumore: semplificazioni amministrative” su questo sito).
Può essere utile parafrasare l’art. 4 del DPR; unico articolo che si occupa della semplificazione della documentazione di impatto acustico e che entrarà in vigore il 18.2.2012.
A dire il vero la semplificazione appare “contenuta” e si concreta, per lo più, nell’uso dell’atto di notorietà ovvero nella dichiarazione sostituitiva dell’esercente che attesta la propria condizione ed il livello del rumore sotto la sua personale responsabilità.
Il richiamo inoltre alla documentazione di cui all’art. 8 L. 447/95 lascia perplessi . L’art. 8 impone la documentazione con riferimento a precisi ambiti di applicazione (VIA, richiesta di comuni, concessioni edilizia) mentre il richiamo operato dall’art. 4 in commento sembra prescindere dal contesto applicativo.
In particolare:
1) ESCLUSIONI: Il Regolamento esclude “dall’obbligo di presentare la documentazione di cui all’articolo 8, commi 2, 3 e 4, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, le attivita’ a bassa rumorosita’ elencate nell’Allegato B”.
Ed invero l’”attività alberghiera” o una “palestra” (elenco B) viene considerata a “bassa rumorosità” e dunque non più tenuta a presentare la documentazione indicata nell’art. 8 L. n. 447/1995.
Si pensi al comma 4 dell’art.8 (impatto acustico) che prevedeva anche per le attività sportive il deposito di documento di “previsione di impatto acustico”.
2) ECCEZIONI: Prosegue il Regolamento ponendo “eccezione” e dunque obbligo di documentazione laddove si utilizzino impianti di diffusione sonora ovvero:
“….fatta eccezione per l’esercizio di ristoranti, pizzerie, trattorie, bar, mense, attivita’ ricreative, agroturistiche, culturali e di spettacolo, sale da gioco, palestre, stabilimenti balneari che utilizzino impianti di diffusione sonora ovvero svolgano manifestazioni ed eventi con diffusione di musica o utilizzo di strumenti musicali.
Dunque la “palestra” gode della semplificazione amministrativa solo se non utilizza impianti di diffusione sonora!
3) PREVISIONE DI IMPATTO ACUSTICO: “…In tali casi e’ fatto obbligo di predisporre adeguata documentazione di previsione di impatto acustico ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447. Resta ferma la facolta’ di fare ricorso alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’ di cui all’articolo 8, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, ove non vengano superati i limiti di emissione di rumore di cui al comma 2.
Il richiamo all’art. 8 comma 2 della L. 447/95 evoca documentazione di “impatto acustico” richiesta dai comuni o nell’ambito addirittura della procedura di VIA.
In pratica la “palestra” che organizza evento con diffusione di musica è tenuta a presentare la documentazione di “impatto acustico”.
Continua il Regolamento richiamando invero il successivo comma 2 dell’art. 4 in commento e precisa che 1) se non vengono superati i limiti di emissione di cui al piano di classificazione comunale o 2) del DPCM 1991 (se non adottato il piano) allora la “palestra” (ad esempio) può usufruire della dichiarazione sostitutiva di cui all’art. 8 comma 5 L. 447/95.
Il richiamo all’art. 8 comma 5 impone la verifica dei criteri indicati dalla Regione (art. 4 co. 1 lett. l) L. 447/95) per la redazione della documentazione di cui all’art. 8 commi 2,3,4 con le modalità DPR 445/2000 (che ha abrogato la L. 15/68).
4) ATTIVITA’/emissioni NON superiori:
Le attività ritenute a “bassa rumorosità” seguono la disciplina di cui al comma 1 dell’art. 4.
Il Regolamento permette di escludere la documentazione ex art. 8 L. 447/1995 e di sostituirla con dichiarazione di atto di notorietà a quelle attività
- diverse da quelle indicate nel comma 1
- le cui emissioni di rumore non siano superiori ai limiti stabiliti dal documento di classificazione acustica del territorio comunale di riferimento ovvero,
- ove questo non sia stato adottato, ai limiti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre 1997, 3.
ATTIVITA’ emissioni superiori.
Il DPR, al comma 3, precisa in merito a quelle attività che invece presentano (comportano) emissioni di rumore superiori ai limiti stabiliti dal documento di classificazione acustica comunale o se questo non è stato adottato alla legge di riferimento DPCM 1997.
Se le emissioni sono oltre il limite:
A)“è fatto obbligo di presentare la documentazione prevista dall’art. 8 comma 6 del L. 447/95” ovvero l’indicazione delle misure previste per ridurre o eliminare le emissioni sonore causate dall’attività e dagli impianti.
b) la documentazione deve essere predisposta da tecnico competente in acustica.
Modello "231": quali responsabilità?
Modello “231” – Responsabilità dell’Ente /Società: un chiarimento
Nota a sent. Cass. pen. Sez. VI, Sent. del 16-07-2010, n. 27735
A cura di avv. Cinzia Silvestri
La sentenza della Cassazione penale n. 27735/2010 precisa la natura della responsabilità della Società.
Con chiarezza espositiva riassume l’orientamento maggioritario e declina i passaggi fondamentali della disciplina.
Si riporta tra “virgolette” il testo della sentenza che esprime i passaggi logici e giuridici che permettono l’attribuzione di responsabilità alla Società, precisando anche in merito all’onere probatorio.
Di interesse il passaggio che riguarda l’adozione del Modello “231”; ovvero del modello organizzativo volto a prevenire la commissione dell’illecito da parte delle persone apicali (e non apicali) della Società.
Qualora l’accusa (PM) provi la commissione dell’illecito della persona fisica (es. dirigente) nell’interesse (ad esempio) della Società accade che la stessa sia responsabile per non aver adottato tutti quegli accorgimenti necessari ad evitare l’evento e dunque sia colpevole nella sua “dis-organizzazione” e tenuta a rispondere in proprio dell’illecito, a mezzo del pagamento della somma statuita dal Giudice.
La non obbligatorietà/non adozione del Modello “231” si traduce nella:
1)perdita di prova liberatoria;
2) colpa in “organizzazione”.
La Cassazione dribla il dogma della responsabilità oggettiva che… incombe.
In particolare:
1) RESPONSABILITA’ PROPRIA DELLA SOCIETA’
La Cassazione precisa la natura propria della responsabilità che si fonda nel rapporto di immedesimazione organica. Ciò permette che la società risponda di fatto commesso da altro soggetto.
“Il fatto – reato commesso dal soggetto inserito nella compagine della societas, in vista del perseguimento dell’interesse o del vantaggio di questa, è qualificabile come “proprio” anche della persona giuridica, e ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda: la persona fisica che opera nell’ambito delle sue competenze societarie, nell’interesse dell’ente, agisce come organo e non come soggetto da questo distinto; nè la degenerazione di tale attività funzionale in illecito penale è di ostacolo all’ immedesimazione.
2) TERTIUM GENUS
“Il D.Lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto un tertium genus di responsabilità rispetto ai sistemi tradizionali di responsabilità penale e di responsabilità amministrativa, prevedendo un’autonoma responsabilità amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati espressamente elencati nella sezione 3^ da parte un soggetto che riveste una posizione apicale, sul presupposto che il fatto-reato “è fatto della società, di cui essa deve rispondere“.
Conclusivamente, in forza del citato rapporto di immedesimazione organica con il suo dirigente apicale, l’ente risponde per fatto proprio, senza coinvolgere il principio costituzionale del divieto di responsabilità penale per fatto altrui (art. 27 Cost.).
3) RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
“Nè il D.Lgs. n. 231 delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva, prevedendo, al contrario, la necessità che sussista la c.d. “colpa di organizzazione” dell’ente, il non avere cioè predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato; il riscontro di un tale deficit organizzativo consente una piana e agevole imputazione all’ente dell’illecito penale realizzato nel suo ambito operativo”.
4) ONERE DI PROVA
“Grava sull’Accusa l’onere di dimostrare l’esistenza e l’accertamento dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa della societas e che abbia agito nell’interesse di questa; tale accertata responsabilità si estende “per rimbalzo” dall’individuo all’ente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente l’azione dell’uno all’interesse dell’altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell’ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo.
5) MODELLO 231 – EFFETTO LIBERATORIO
“Militano, inoltre, a favore dell’ente, con effetti liberatori, le previsioni probatorie di segno contrario di cui al D.Lgs. n. 231, art. 6, e, specificamente, l’onere per l’ente di provare, per contrastare gli elementi di accusa a suo carico, “che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi” (art. 6, lett. a) e che, sulla base di tale presupposto, ricorrono le altre previsioni elencate nelle successive lettere del citato art. 6.
Nessuna inversione dell’onere della prova è, pertanto, ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilità da reato dell’ente, gravando comunque sull’Accusa l’onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui al D.Lgs. n. 231, art. 5, e la carente regolamentazione interna dell’ente. Quest’ultimo ha ampia facoltà di fornire prova liberatoria.
SERVIZI PUBBLICI LOCALI E CONCORRENZA
SERVIZI PUBBLICI LOCALI: art. 25 DL n. 1/2012
(Liberalizzazioni – concorrenza del Servizio)
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Lo Studio Legale Ambiente offre breve scheda delle novità introdotte dall’Art. 25 DL. 1/2012 ancora in fase di conversione.
ARTICOLO 25 – Promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali
L’articolo introduce una serie di disposizioni a carattere generale in riferimento alla disciplina dei servizi pubblici locali finalizzate ad incentivare, ma anche imporre, una gestione concorrenziale di tali servizi.
Tra di queste si citano le seguenti:
- viene imposto alle Regioni, a tutela della concorrenza e dell’ambiente come principi generali dell’ordinamento nazionale, di organizzare entro il 30 giugno 2012 lo svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali di dimensioni comunque non inferiori al territorio provinciale e tali da consentire economie di scala e massimizzazione dell’efficienza del servizio. Decorso tale termine, il Governo può subentrare all’ente locale nell’ambito dell’organizzazione del servizio pubblico locale;
- a decorrere dal 2013 l’affidamento di servizi pubblici in base a procedure ad evidenza pubblica costituisce elemento di valutazione nell’ambito dei parametri di virtuosità di cui al patto di stabilità interno e ai sensi dell’art. 20 D.L. 98/2011;
- viene introdotto il criterio di attribuzione prioritaria di eventuali risorse pubbliche statali in favore degli enti di governo ovvero direttamente in favore dei gestori negli ambiti ottimali in cui vi siano state procedure ad evidenza pubblica di selezione del gestore;
- previsione dell’assoggettamento delle società in house e delle aziende speciali al patto di stabilità interno (modalità da definire con successivo D.M.) e obbligo di acquisizione di beni e servizi in base alla normativa sugli appalti pubblici (D.Lgs. 163/2006).
In aggiunta l’articolo integra l’attuale disciplina dei servizi pubblici locali, di cui all’articolo 4 del D.L. 138/2011, prevedendo:
- l’obbligatorietà del parere preventivo da richiedere all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell’adozione, da parte dell’ente locale, della delibera di verifica della realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;
- l’abbassamento della soglia di cui al comma 13 dell’articolo 4 del D.L. 138/2011 che per i servizi con valore inferiore a 900.000 euro consentiva, in deroga alla procedura ad evidenza pubblica, l’affidamento diretto. Tale soglia è ridotta a 200.000;
- ulteriori modifiche al regime transitorio di cui al comma 32 dell’articolo 4 del D.L 138/2011 prevedendo la cessione degli affidamenti diretti non conformi alla nuova disciplina entro la data del 31 dicembre 2012 anziché quella prevista del 31 marzo 2012 ed entro il 31 marzo 2013 per le gestioni affidate a società a partecipazione mista pubblica e privata di cui alla lettera b) del comma 32 dell’articolo 4 del D.L 138/2011. Viene inoltre prevista un’ulteriore deroga alla regola generale del ricorso alla gara prevedendo che la gestione di un servizio affidato in house può essere consentita per un periodo massimo di 3 anni solo nel caso in cui l’azienda affidataria del servizio, comporti, come esito di fusione aziendale, un processo di riduzione del numero di aziende dirette presenti nell’ambito ottimale di riferimento;
- l’inclusione del trasporto ferroviario regionale tra i servizi pubblici locali oggetto di riforma, sottoponendolo quindi tale settore alle procedure di affidamento basate sulla scelta del soggetto affidatario in base a gara e prevedendo un apposito regime transitorio che fa salvi, fino alla scadenza naturale dei primi sei anni di validità, gli affidamenti e i contratti già deliberati o sottoscritti in conformità sia del Regolamento CE 1370/2007 che dell’articolo 61 della legge 99/2009;
- previsione di specifici obblighi di natura informativa in capo ai concessionari e agli affidatari di servizi pubblici locali che sono tenuti a fornire, a seguito di specifica richiesta, agli enti locali, che devono bandire una gara per l’affidamento del servizio già esercitato dai concessionari e affidatari stessi, i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile iniziale, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione utile per la definizione dei bandi di gara. Qualora i concessionari e gli affidatari diano le suddette informazioni oltre il termine di 60 giorni dalla richiesta o diano informazioni false, il prefetto, su richiesta dell’ente locale, irroga una sanzione stabilita da minimo di euro 5.000 ad un massimo di euro 500.000.