Avvalimento e iscrizione Albo gestori ambientali

Avvalimento e Iscrizione Albo gestori ambientali – Sentenza Tar Lazio del 22.12.2011
Il requisito della iscrizione all Albo NGA, avendo natura prevalentemente soggettiva, non può essere oggetto di avvalimento.
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi   
Il TAR di Roma ha emesso importante sentenza  sulla possibilità di ricorrere all’istituto dell’avvalimento per l’attestazione del possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori in materia ambientale, al fine di poter legittimamente partecipare alle gare pubbliche.
Conclude il TAR per l’accoglimento del ricorso incidentale e afferma che la società ricorrente “non essendo personalmente in possesso del requisito di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale di cui all’art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara di che trattasi”.
La sentenza pone rilevante principio.
Esclude la possibilità di far ricorso all’istituto dell’avvalimento per la dimostrazione del possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, con la conseguenza che la società che partecipa alla gara pubblica deve essere personalmente in possesso del requisito in questione richiesto nei documenti di gara a pena di esclusione.
Pertanto, alla luce delle sopra esposte considerazioni, il TAR esclude la possibilità di far ricorso all’avvalimento per dimostrare il possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo,  evidenziando proprio l’incompatibilità tra l’istituto in questione ed il requisito: “Ora, sebbene l’avvalimento risponda all’esigenza di assicurare una maggiore concorrenza nel mercato, le caratteristiche (sopra descritte dell’istituto) non sono conciliabili con interessi di primario rilievo come la tutela dell’ambiente che, nel caso di specie, il legislatore nazionale ha inteso garantire prevedendo, per i soggetti che gestiscono rifiuti (anche pericolosi, come l’amianto), l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale”.
Il TAR precisa con chiarezza alcuni fondamenti:
“È noto, invero, che, per partecipare ad una procedura selettiva per l’affidamento di un appalto pubblico, è necessario il possesso di determinati requisiti richiesti dal bando che, in via generale, si distinguono in
a)    “soggettivi” che attengono alla  situazione personale del soggetto, alla sua affidabilità morale e professionale, non sono suscettibili di alcuna forma di sostituzione, né per essi è possibile ricorrere all’avvalimento
b)   “oggettivi” che fanno invece riferimento alle caratteristiche dell’operatore economico considerato sotto il profilo dell’attività espletata e della sua organizzazione. A quest’ultima categoria appartengono i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che, di regola, possono essere oggetto di avvalimento da parte dell’impresa che ne è sprovvista, proprio perché si tratta di acquisire la disponibilità di risorse e mezzi e non di situazioni meramente soggettive.
“L’art. 49, comma 1, del D.lgs n. 163 del 2006 fa altresì espresso riferimento alle attestazioni SOA che, invero, costituiscono un attestato obbligatorio che comprova la capacità economica e tecnica di un’impresa di qualificarsi per l’esecuzione di appalti pubblici di lavori di importo maggiore a euro 150.000,00, e conferma inoltre che il soggetto certificato è in possesso dei requisiti necessari per contrattare con i soggetti pubblici”.
FINALITA’ DELL’AVVALIMENTO
L’istituto dell’avvalimento è da ritenersi finalizzato a soddisfare quei requisiti strettamente connessi alla prova della capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, nel senso che l’impresa ausiliata può far fronte alle proprie carenze (in termini di solidità economica-finanziaria e di struttura organizzativa composta, in particolare, da esperienza e da risorse umane e strumentali) avvalendosi e quindi utilizzando, quando necessario per l’espletamento dell’appalto, i requisiti posseduti dall’impresa ausiliaria.
REQUISITI DI INCERTA NATURA
Esistono requisiti di natura incerta in cui non è semplice stablire la natura soggettiva od oggettiva come ad esempio il requisito della
a)    Iscrizione all’albo ex art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006
b)   Certificazione di qualità
EBBENE il possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale è previsto obbligatoriamente dalla normativa nazionale (art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006) e dalla lex specialis di gara e presuppone comunque una specifica organizzazione aziendale, necessaria per assicurare il corretto espletamento di attività delicate e/o pericolose e caratterizzate dall’impiego di attrezzature particolari e di competenze specifiche. Ciò concretizza una soggettività dell’iscrizione che non è equiparabile ad un requisito da poter prestare se disgiunto dall’organizzazione che l’ha conseguita.
A ciò si aggiunga che il requisito dell’iscrizione all’albo di che trattasi costituisce un requisito che si pone a monte dell’attività di gestione dei rifiuti in quanto costituisce titolo autorizzatorio al suo esercizio, previsto in via obbligatoria dalla legge.
L’art. 212, comma 5, del D.lgs n. 152 del 2006 prevede, invero, che “l’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto…”, dal che deriva che la normativa nazionale, proprio per la delicatezza e rilevanza delle funzioni svolte da tali soggetti (dal punto di vista ambientale ed igienico-sanitario), ritiene necessario che questi siano in possesso di caratteristiche aziendali ed organizzative tali da connotarli a livello soggettivo e da non consentire lo svolgimento delle attività da parte di soggetti terzi che ne siano privi. …
Ciò significa che la possibilità di avvalersi della struttura aziendale dell’impresa ausiliaria non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa nazionale a tutela del bene ambientale proprio perché non può essere rimessa alla libera scelta dell’impresa ausiliata l’individuazione delle modalità (e della “quantità”) di utilizzo delle risorse della struttura aziendale ausiliaria che è in possesso dell’autorizzazione a svolgere l’attività di che trattasi.
Ciò che si vuole dire è che l’avvalimento, a differenza dell’istituto del raggruppamento temporaneo di impresa (RTI), serve all’impresa ausiliata per colmare – come detto – la mancanza dei requisiti oggettivi per la partecipazione alla gara ma ciò non significa che il “prestito” operato dalla società ausiliaria si traduca poi nell’utilizzo effettivo di quelle risorse nella fase esecutiva della prestazione nel senso che è rimessa poi alla scelta organizzativa dell’impresa ausiliata se e come avvalersi, durante l’esecuzione, di quanto messo a disposizione dalla ditta ausiliaria.
Nel caso dei raggruppamenti temporanei di imprese, invece, tale forma di collaborazione tra imprese distinte deve trovare una chiara corrispondenza sia nella fase di selezione pubblica che in quella esecutiva della prestazione, come prevede l’art. 37 del D.lgs n. 163 del 2006 laddove dispone che “i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento” (comma 11), a riprova del fatto che ogni impresa del raggruppamento si impegna, già in sede di gara, ad eseguire una parte del servizio corrispondente alle qualificazioni possedute e dimostrate durante la fase pubblica di selezione.
Nel caso dell’avvalimento, come detto, l’impresa ausiliaria non si obbliga a svolgere una parte del servizio oggetto della gara, ma si limita a mettere a disposizione i propri requisiti economici e tecnici che l’impresa ausiliata potrà, se del caso, utilizzare durante la fase esecutiva.
Ora, sebbene l’avvalimento risponda all’esigenza di assicurare una maggiore concorrenza nel mercato, le caratteristiche (sopra descritte) dell’istituto non sono conciliabili con interessi di primario rilievo come la tutela dell’ambiente che, nel caso di specie, il legislatore nazionale ha inteso garantire prevedendo, per i soggetti che gestiscono rifiuti (anche pericolosi, come l’amianto), l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale.
Del resto, lo stesso art. 50, comma 4, del D.lgs n. 163 del 2006, nel prevedere che l’istituto dell’avvalimento si applica anche ai “sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture”, impone una valutazione di compatibilità rispetto alle disposizioni del medesimo articolo (cfr, TAR Puglia, sez. I, 3 giugno 2009, n. 1379) che, alla luce di quanto sopra esposto, il Collegio non ritiene sussistente, a prescindere dalla maggiore o minore ampiezza dei requisiti messi a disposizione dall’impresa ausiliaria a favore di quella ausiliata. …”
Tar Lazio 22.12.2011
 

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SISTRI: NUOVO TESTO DAL 5 GENNAIO 2012

 
Sistri: DM 10 novembre 2011 n. 219
modificato il Testo Unico Sistri
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi.
 
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 Gennaio 2012, è stato pubblicato il Decreto 10 novembre 2011, n. 219 che apporta modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 18 febbraio 2011, n. 52 cd. Testo Unico Sistri.
Il decreto correttivo, che regolamenta la fase transitoria e le modalità operative tra tutti i soggetti coinvolti, obbligati e non, introduce nuove procedure di utilizzo, di cessione o variazioni relative alle aziende iscritte, con la possibilità, da parte dell’Ispra, di aggiornare la banca dati contenente i dati e le autorizzazioni e comunicazioni degli impianti di recupero o smaltimento iscritti.
Queste le principali novità:
regolamentazione della fase transitoria e delle modalità operative tra tutti i soggetti;

  • introduzione del dispositivo USB per l’interoperabilità e relative procedure;
  • definizione di “unità operativa”;
  • possibilità di richiedere dispositivi USB aggiuntivi;
  • individuazione dei casi in cui è possibile custodire i dispositivi in diversa sede;
  • attenuazione delle responsabilità del delegato;
  • procedura per l’utilizzo della scheda movimentazione in bianco;
  • procedura per cessione d’azienda o di ramo d’azienda;
  • procedure per variazioni relative alle aziende di trasporto;
  • modalità di aggiornamento, da parte dell’ISPRA, della banca dati contenente le informazioni relative alle autorizzazioni/comunicazioni degli impianti di recupero e smaltimento.

 
Per ogni approfondimento si rimanda alla sintesi seguente che evidenzia, nel dettaglio, le principali modifiche ed integrazioni .

Regolamentazione delle modalità operative nella fase transitoria

I soggetti tenuti ad aderire al Sistri, fino allo scadere del termine fissato per la piena operatività del sistema (2 aprile 2012), qualora conferiscano i rifiuti ad imprese  o  enti  che raccolgono e trasportano rifiuti speciali a titolo professionale, che utilizzano il SISTRI, comunicano i  propri  dati,  necessari  per  la compilazione della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE,  al  delegato dell’impresa di trasporto che compila anche la sezione del produttore del  rifiuto,  inserendo  le  informazioni  ricevute  dal  produttore stesso; una copia della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE,  firmata dal produttore del rifiuto, deve essere consegnata al conducente  del mezzo  di  trasporto.  Una  copia  della   Scheda SISTRI –  AREA MOVIMENTAZIONE  deve  essere  conservata  presso  il  produttore  del rifiuto, che e’  tenuto  a  conservarla  per  tre  anni.  Il  gestore dell’impianto di recupero o smaltimento dei rifiuti in  tali  ipotesi e’ tenuto a stampare e trasmettere al produttore dei  rifiuti  stessi la copia della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE completa, al  fine di attestare l’assolvimento della sua responsabilità.
Introduzione del dispositivo USB per l’interoperabilità e relative procedure

Le aziende che utilizzano gestionali interfacciati al SIS potranno richiedere un dispositivo USB particolare. Tale dispositivo e’ abilitato alla firma delle operazioni create tramite il software precedentemente accreditato ed e’ tenuto fisicamente presso i relativi server.

È previsto, in particolare, che gli operatori che utilizzano software gestionali in grado di tracciare le operazioni poste in essere da tutti i delegati comunicati al SISTRI, e che abbiano accreditato uno o più software gestionali al servizio di interoperabilità secondo quanto regolato dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, possano richiedere al SISTRI il rilascio del dispositivo USB per l’interoperabilità. Il dispositivo USB per l’interoperabilità è abilitato alla firma delle schede SISTRI compilate per le attività soggette all’iscrizione SISTRI ed esercitate nelle unità locali e/o unità operative che operano attraverso il predetto software gestionale.
La richiesta al SISTRI dei dispositivi USB per l’interoperabilità dovrà essere sottoscritta dal legale rappresentante. Le credenziali di accesso al SISTRI e il certificato elettronico dei dispositivi USB per l’interoperabilità saranno attribuiti al legale rappresentante che sarà titolare della firma elettronica e delegato per il predetto dispositivo.
Il dispositivo USB per l’interoperabilità è custodito presso il centro elaborazione dati in cui sono inseriti i software gestionali. Laddove quest’ultimo non si trovi presso una delle unità locali e/o unità operative, il dispositivo USB per l’interoperabilità potrà essere custodito presso la sede in cui è ubicato il centro elaborazione dati. Qualsiasi variazione del luogo di custodia del dispositivo USB per l’interoperabilità deve essere preventivamente comunicata al SISTRI.

Definizione di “unità operativa” ed “unità locale”

Viene introdotta per la prima volta la definizione di «unità operativa»: reparto, impianto o stabilimento, all’interno di una unità locale, da cui originano in maniera autonoma rifiuti. Per quanto riguarda il concetto di unità locale questo viene esteso andando a ricomprendere “qualsiasi sede, impianto o insieme delle unità operative, nelle quali l’operatore esercita stabilmente una o più attività”.
Possibilità di richiedere dispositivi USB aggiuntivi
Una volta perfezionata la prima fase della procedura di iscrizione, agli operatori iscritti, entro i successivi trenta giorni, vengono consegnati i dispositivi elettronici previsti.
Con la consegna dei dispositivi previsti gli operatori possono richiedere ulteriori dispositivi per unità locali e unità operative, o per attività soggette all’obbligo di iscrizione al SISTRI, già iscritte. Tali dispositivi possono contenere fino ad un massimo di tre certificati elettronici associati alle persone fisiche individuate dall’operatore; le persone fisiche sono da individuarsi tra persone diverse da quelle già inserite in altri dispositivi richiesti per la medesima unità locale / unità operativa / attività soggetta all’obbligo di iscrizione al SISTRI.
Individuazione dei casi in cui è possibile custodire i dispositivi in diversa sede
Generalmente, al fine di consentire la consultazione della Scheda SISTRI – AREA REGISTRO CRONOLOGICO e delle singole Schede SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE, i dispositivi USB sono tenuti presso l’unità o la sede dell’ente o impresa per la quale sono stati rilasciati e sono resi disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta. Nel caso di unità locali o unità operative nelle quali non sia presente un servizio di vigilanza e controllo-accessi, previa comunicazione effettuata per iscritto al SISTRI, è possibile tenere i dispositivi USB presso altra unità locale o unità operativa fermo restando l’obbligo di renderli disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta.
Attenuazione delle responsabilità del delegato
La persona fisica, cui è associato il certificato elettronico contenuto nel dispositivo USB, è il titolare della firma elettronica che risponde del solo corretto inserimento nelle Schede SISTRI dei dati trasmessi dalle altre strutture e funzioni dell’organizzazione aziendale che sono coinvolte nella gestione dei rifiuti. Precedentemente la persona fisica cui era associato il certificato elettronico contenuto nel dispositivo USB, era il titolare della firma elettronica ed anche il responsabile della veridicità dei dati inseriti mediante l’utilizzo del dispositivo USB nelle Schede SISTRI sottoscritte con firma elettronica.
Procedura per l’utilizzo della scheda movimentazione in bianco
Nel caso in cui un soggetto tenuto alla compilazione della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE si trovi a non disporre temporaneamente dei mezzi informatici necessari a causa di
1)   ritardata consegna dei dispositivi in fase di prima iscrizione, nonché
2)   furto, perdita, distruzione o danneggiamento degli stessi, o
3)   per assenza di copertura della rete di trasmissione dati,
la compilazione della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE è effettuata, per conto di tale soggetto e su sua dichiarazione, da sottoscriversi su copia stampata della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE, dal soggetto tenuto alla compilazione della parte precedente o successiva della scheda medesima.
Qualora anche il soggetto tenuto alla compilazione della parte precedente o successiva della scheda medesima si trovi a non disporre temporaneamente dei mezzi informatici necessari a causa di
1)   ritardata consegna dei dispositivi in fase di prima iscrizione, nonché
2)   furto, perdita, distruzione o danneggiamento degli stessi, o per
3)   assenza di copertura della rete di trasmissione dati,
uno dei soggetti interessati deve comunicare per iscritto, prima della movimentazione, al SISTRI il verificarsi delle predette condizioni, specificando i soggetti coinvolti.
In tal caso le movimentazioni dei rifiuti sono annotate su un’apposita Scheda SISTRI in bianco tenuta a disposizione, da scaricarsi dal portale SISTRI accedendo all’area autenticata.
Le informazioni relative alle movimentazioni effettuate devono essere inserite nel sistema entro le ventiquattro ore e, fino al 30 giugno 2012, entro le settantadue ore successive alla cessazione delle condizioni che hanno generato la mancata compilazione della scheda SISTRI.
Nel caso di temporanea interruzione o non funzionamento del SISTRI, i soggetti tenuti alla compilazione delle Schede SISTRI sono tenuti ad annotare le movimentazioni dei rifiuti su un’apposita Scheda SISTRI in bianco tenuta a disposizione, da scaricarsi dal portale SISTRI accedendo all’area autenticata, e ad inserire i dati relativi alle movimentazioni di rifiuti effettuate entro le ventiquattro ore dalla ripresa del funzionamento del SISTRI e, fino al 30 giugno 2012, entro le settantadue ore dalla ripresa del funzionamento del SISTRI.
 

Procedura per cessione d’azienda o di ramo d’azienda

In tutti i casi in cui si verifichi un’ipotesi di
1)   sospensione o
2)   cessazione dell’attività per il cui esercizio è obbligatorio l’utilizzo dei dispositivi,
3)   ovvero di estinzione dei soggetti giuridici ai quali tali dispositivi sono stati consegnati, a qualsiasi causa tale estinzione sia imputabile,
4)   ivi incluse le ipotesi di cancellazione, ovvero in caso di chiusura di un’unità locale,
gli operatori iscritti devono comunicare per iscritto al SISTRI il verificarsi di uno dei predetti eventi, non oltre le settantadue ore dalla data di comunicazione al Registro delle Imprese dell’evento, e provvedere alla restituzione dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità, dopo aver assolto a tutti gli obblighi di legge, a mezzo raccomandata A/R, inviando gli stessi, unitamente al relativo modulo di restituzione disponibile sul portale informativo SISTRI, al seguente indirizzo: SISTRI – Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma.
In tutti i casi in cui si verifichino cambiamenti nella
1)   titolarità dell’azienda o
2)   del ramo d’azienda aventi ad oggetto l’esercizio delle attività per le quali è obbligatorio l’uso dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità (quali, a titolo esemplificativo, cessioni o affitti di azienda o di ramo d’azienda, trasformazioni, scissioni, scorpori o fusioni),
gli operatori subentranti nella titolarità dell’azienda o del ramo d’azienda, al fine di evitare soluzioni di continuità nell’esercizio delle attività interessate dai predetti cambiamenti, prima che tali cambiamenti acquisiscano efficacia, dovranno inviare al SISTRI, accedendo all’area “GESTIONE AZIENDE” disponibile sul portale SISTRI in area autenticata, copia degli atti che hanno comportato i predetti cambiamenti corredata da copia della richiesta di iscrizione di tali atti presso il Registro delle Imprese e dovranno effettuare la modifica dell’intestazione dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità rilasciati dal SISTRI al precedente operatore, utilizzando la predetta funzionalità “GESTIONE AZIENDE”. Il SISTRI procederà a confrontare i dati comunicati dagli operatori con quelli contenuti nel Registro delle Imprese e, nel caso in cui rilevasse l’esistenza di non conformità tra i predetti dati e tali difformità permanessero per più di sessanta giorni dalla modifica dell’intestazione dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità, procederà a disabilitare i dispositivi stessi.
Procedure per variazioni relative alle aziende di trasporto
Cambiano gli obblighi generali di comunicazione al Sistri da parte dei trasportatori. È previsto, in particolare, che tali soggetti, in caso di variazioni dovute a
1)   sospensione o
2)   cessazione dell’attività o
3)   cessazione dell’azienda o del ramo di azienda, nonché a
4)   variazioni relative ai veicoli a motore,
debbano comunicare tali variazioni direttamente alla Sezione regionale o provinciale dell’Albo nazionale gestori ambientali che, successivamente al rilascio dell’autorizzazione, le comunica al SISTRI. Salvo i casi di variazione dei dati identificativi comunicati in sede di iscrizione (per i quali i soggetti provvedono alle modifiche rivolgendosi direttamente presso il registro delle imprese), per dette variazioni le procedure e i termini per la restituzione dei dispositivi USB e per le operazioni di installazione, disinstallazione e riconfigurazione dei dispositivi black box sono disciplinati con deliberazione del Comitato Nazionale dell’Albo, sentito il SISTRI.
 

Modalità di aggiornamento, da parte dell’ISPRA, della banca dati contenente le informazioni relative alle autorizzazioni/comunicazioni degli impianti di recupero e smaltimento

L’ISPRA organizza il Catasto dei rifiuti per via informatica attraverso la costituzione e la gestione del Catasto telematico interconnesso su rete nazionale e articolato in banche dati.
A tal fine le amministrazioni competenti comunicano all’ISPRA, nel termine perentorio di quindici giorni dal rilascio dell’autorizzazione o dell’iscrizione, la ragione sociale e la sede legale dell’ente o impresa autorizzata o iscritta, il codice fiscale, la sede dell’impianto, l’attività per la quale viene rilasciata l’autorizzazione o l’iscrizione, i rifiuti oggetto dell’attività di gestione, le quantità autorizzate, la scadenza dell’autorizzazione o dell’iscrizione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell’autorizzazione o dell’iscrizione stessa. Le autorizzazioni rilasciate e le iscrizioni effettuate precedentemente all’entrata in vigore del decreto, sono comunicate all’ISPRA dalle amministrazioni competenti. La comunicazione è effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.
 
 

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AATO: 31.12.2012

SOPPRESSIONE AATO: 31.12.2012
Decreto milleproroghe e DGRVeneto n. 2157/2011
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
La normativa regionale Veneta insegue quella Statale.
Armata di buoni intenti la normativa Regionale si adattava alla sopressione delle AATO al 31.12.2011.
Così con Delibera di Giunta del 13 dicembre 2011 si prevede che a decorrere dall’ 1 gennaio 2012 i Presidenti delle AATO del servizio idrico integrato e di gestione dei rifiuti assumono la carica di Commissario regionale  per il proseguimento dell’attività delle autorità d’ambito.
 
Con DGRV 2157/2011 del 13.12.2011 in BUR 97 del 23.12.2011, la Giunta della Regione Veneto ha stabilito la disciplina transitoria fino alla emanazione delle leggi regionali di riorganizzazione delle funzioni delle AATO e comunque  non oltre l’1.9.2012 (art. 4 All. A DGRV 2157/2011).
 
E ciò sul presupposto che le  AATO dovevano cessare esistenza dal 31.12.2011.
 
I Commissari svolgeranno tutte le attività amministrative ordinarie nonché ogni atto necessario allo scopo ed obbligatorio per legge al fine di assicurare l’erogazione dei servizi idrici e di gestione dei rifiuti (art.2 All. A DGRV 2157/2011).
 
Vero è che con DL (milleproroghe) del 29 dicembre 2011 all’art. 13 le AATO sono state prorogate al 31.12.2012, un altro anno di vita ope legis.

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Sistri e MUD: novità

SISTRI: MUD e operatività del Sistri
Proroghe termini
A CURA DI AVV. CINZIA SILVESTRI E DOTT. DARIO GIARDI
 
Sono state pubblicate in Gazzetta ufficiale specifiche disposizioni inerenti il differimento dei termini in materia di Mud e avvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui si riportano, di seguito, gli elementi di dettaglio.
MUD E NUOVA MODULISTICA
Nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 23 dicembre 2011  è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Ambiente 12 novembre 2011,  entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione,  di proroga dei termini per la presentazione della dichiarazione “Mud”  già in scadenza al 31 dicembre 2011.
Il provvedimento differisce quindi dalla data del 31 dicembre 2011 (prevista dal Dm 17 dicembre 2009 – articolo 12 comma 1 – ) a quella del 30 aprile 2012 il termine ultimo entro il quale i soggetti obbligati dovranno denunciare alle competenti Istituzioni i dati relativi alle attività di produzione, gestione e smaltimento di rifiuti compiute nel corso del 2011.
Il decreto prevede inoltre che i rifiuti prodotti, smaltiti e recuperati nel periodo 2012 non coperto dal Sistri, dovranno essere dichiarati entro sei mesi dalla data di entrata in operatività del sistema.
Il 30 dicembre 2011 è stato poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 303 (supplemento ordinario n.283) il D.P.C.M. 23 dicembre 2011 contenente la nuova modulistica da utilizzare per la denuncia MUD già prevista dalla legge 70/94 e che va a sostituire, insieme alle istruzioni recate dallo stesso D.P.C.M., la analoga documentazione contenuta nel precedente D.P.C.M. 27 aprile 2010.
SISTRI
Nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2011 è stato pubblicato il Decreto Legge  29.12. 2011(entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione e che sarà convertito in legge entro 60 giorni) n. 216 di “Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative” c.d. milleproroghe.
Tra le varie norme viene previsto lo slittamento (art. 13 comma 3) al 2 aprile 2012 del termine di entrata in operatività del nuovo sistema di controllo della gestione  dei rifiuti che era stato precedentemente fissato dal Governo al 9 febbraio 2012 (legge 148/2011). Rimane comunque ferma l’eccezione prevista a favore dei piccoli produttori di rifiuti pericolosi, in relazione ai quali il nuovo sistema di controllo non potrà scattare prima del 1° giugno 2012.
 
Ulteriori differimenti
Sempre all’art. 13 sono state previste altre proroghe di disposizioni a carattere ambientale tra cui:
·         slittamento dal 1° gennaio 2012 al 1° gennaio 2013 del divieto di ammissibilità in discarica dei rifiuti con Pci (potere calorifico inferiore)  superiore a 13.000 Kj/kg;
·         spostamento al 31 dicembre 2012 del termine di entrata in vigore del divieto di vendita a paesi extra UE  di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria con limiti di COV (composti organici volatili) superiori a quelli previsti nell’allegato II del D.lgs. 161/2006;
·         rinvio dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2012 del termine previsto in materia di soppressione delle Autorità degli Ambiti territoriali Ottimali (ATO).
 

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Decreto legge "salva imprese"

DL salva imprese! Misure contro il sovraindebitamento
A cura di avv. CINZIA Silvestri
E’stato pubblicato il 22 dicembre 2011 il DL che possiamo definire “salva imprese”. Decreto che offre utile strumento anche ad imprese medio/piccole per uscire dal grave indebitamento. La catena dei debiti
Crea altri debiti. Le imprese che lavorano con enti hanno difficoltà ad ottenere i pagamenti in tempo debito.
Con riserva di meglio approfondire si richiama il testo pubblicato al link sotto indicato.
Buona lettura
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00624511.pdf

adminDecreto legge "salva imprese"
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FOTOVOLTAICO E INCENDI


 FOTOVOLTAICO E INCENDI
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 Il Comitato Tecnico Scientifico di prevenzione incendi, nella riunione del 13 novembre, ha approvato una Guida contenente prescrizioni di prevenzione incendi per attività ove sono installati impianti fotolvoltaici; prescrizioni che si sono rese necessarie in quanto sono stati segnalati sul territorio nazionale numerosi incendi in seguito alla installazione di tali impianti.
Nella guida viene premesso che gli impianti fotovoltaici non rientrano tra le attività soggette al controlli di prevenzione incendi ai sensi del D.P.R. n.151 del 1° agosto 2011 (Nuovo regolamento recante procedimenti di semplificazione in materia di prevenzione incendi). Tuttavia l’installazione di un impianto fotovoltaico a servizio di una attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi richiede gli adempimenti previsti dall’art. 4 comma 6 (avvio di nuove procedure) del richiamato D.P.R. qualora l’installazione comporti la modifica delle misure di prevenzione/protezione e/o l’aggravio del preesistente livello di rischio incendio.
Campo di applicazione
Rientrano nel campo di applicazione gli impianti fotovoltaici  (FV) con tensione in corrente continua (c.c.) non superiore a 1500 Volt.
Requisiti tecnici
Gli impianti dovranno essere progettati, realizzati e mantenuti a regola d’arte, ossia secondo i documenti tecnici emanati dal CEI o da Organismi di normazione internazionali e, in particolare, il modulo fotovoltaico dovrà essere conforme alle Norme CEI EN 61730-1 e CEI EN 61730-2.
L’installazione dell’impianto dovrà essere eseguita in modo da evitare la propagazione di un incendio  dal generatore fotovoltaico al fabbricato nel quale è incorporato.
L’ubicazione dei moduli e delle condutture elettriche dovrà inoltre consentire il corretto funzionamento e la manutenzione degli evacuatori di fumo e di calore  presenti e tener conto, in base all’analisi del rischio incendio, dell’esistenza di possibili vie di veicolazione degli incendi (lucernari, camini etc.).
Caratteristiche
L’impianto FV dovrà essere provvisto di un dispositivo di comando di emergenza ubicato in posizione segnalata ed accessibile. Nei luoghi con pericolo di esplosione  il generatore fotovoltaico e  tutti gli altri componenti che possono costituire potenziali fonti di innesco di fiamme, dovranno essere installati alle distanze di sicurezza stabilite dalle norme tecniche applicabili e i componenti dell’impianto non dovranno comunque essere d’intralcio alle vie di esodo.
Per l’intero impianto fotovoltaico (e non delle singole parti) dovrà essere acquisita la dichiarazione di conformità.
Verifiche e Segnaletica di sicurezza
Sia periodicamente sia  in caso di trasformazione, ampliamento o modifica dell’ impianto, dovranno essere eseguite e documentate  le verifiche ai fini del rischio incendio dell’impianto fotovoltaico.
L’ area in cui è ubicato il generatore, qualora accessibile,  dovrà essere segnalata con apposita cartellonistica  conforme al d.lgs. 81/08 che dovrà riportare la dicitura “ ATTENZIONE: impianto fotovoltaico in tensione durante le ore diurne (…Volt)”.
Impianti esistenti
Per gli impianti fotovoltaici messi in servizio prima dell’emanazione delle prescrizioni contenute nella Guida in parola e installati in attività soggette ai controlli  di prevenzione incendi, dovrà essere prevista:

  • la presenza e la funzionalità del dispositivo del comando di emergenza
  • l’applicazione della segnaletica di sicurezza e le verifiche

 
http://dl.dropbox.com/u/42891345/Com%2079%20Allegato.ppt

adminFOTOVOLTAICO E INCENDI
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Cancellazione iscrizione ex art. 212 co. 8 Dlgs. 152/2006

CANCELLAZIONE iscrizione ex art. 212 co. 8 Dlgs. 152/2006 – scadenza al 25.12.2011

 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

L’art. 212 comma 8 come sostituito dal dlgs. 205/2010 prevede che :
“I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonche’
i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantita’ non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno,
non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti..
Detti soggetti
1)   non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e
2)    sono iscritti in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni.
Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilita’, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990:
a) la sede dell’impresa, l’attivita’ o le attivita’ dai quali sono prodotti i rifiuti;
b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;
c) gli estremi identificativi e l’idoneita’ tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalita’ di effettuazione del trasporto medesimo;
d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l’impresa e’ tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione.
Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione .
 SCADENZA ENTRO IL 25.12.2011.
Con deliberazione del 26 ottobre 2011 il Comitato Nazionale dell’Albo ha disposto che le imprese che non abbiano presentato richiesta di aggiornamento dell’iscrizione entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010 n. 205 (e quindi entro il 25 dicembre 2011) saranno cancellate d’ufficio dall’Albo, ritenendo che la mancata presentazione del rinnovo debba essere considerata quale “mancanza di interesse al permanere dell’iscrizione” .
Dando seguito all’attuazione di tale disposizione il Comitato, con delibera del 16 dicembre 2011 ha precisato che le Sezioni Regionali dell’Albo dovranno deliberare entro e non oltre il 20 gennaio 2012  la cancellazione di quelle imprese iscritte all’Albo che non abbiano provveduto a presentare domanda di aggiornamento dell’iscrizione entro il 27 dicembre 2011. Le Sezioni regionali ne daranno poi comunicazione al Comitato che, anche ai fini della comunicazione agli interessati, adotterà una delibera ricognitiva dei provvedimenti di cancellazione, il cui comunicato sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Infine il Comitato ha specificato che:
1) le imprese che non abbiano provveduto a presentare la richiesta di rinnovo dell’iscrizione entro il 27 dicembre 2011 saranno cancellate d’ufficio a decorrere dalla data di pubblicazione in G.U. del comunicato sopra richiamato.
2) non saranno prese in considerazione le domande inviate successivamente al 27 dicembre
3) le imprese  che abbiano presentato la domanda di aggiornamento entro il termine previsto potranno continuare ad operare fino alla notifica del provvedimento di aggiornamento dell’iscrizione o del provvedimento di rigetto della domanda con conseguente cancellazione dall’Albo.
Per completezza d’informazione si allega il testo integrale della deliberazione 


Allegato I: Albo gestori comunicazione  Albo 16 dicembre 2011

adminCancellazione iscrizione ex art. 212 co. 8 Dlgs. 152/2006
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Registri di carico e scarico

ART. 190: REGISTRI DI CARICO E SCARICO
Schema riepilogativo.
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Può essere utile visualizzare l’art. 190 Dlgs. 152/2006 nella sua evoluzione fino alle ultime modifiche.
La sua storia è pari a quelle di molte altre norme del testo unico ambientale che a seguito di vari provvedimenti hanno modificato la loro fisionamia e applicazione almeno 5 o 6 volte nel corso di 6 anni (dal 2006 al 2011).
L’art. 190 è un ottimo esempio di ciò che normalmente accade .
La tabella di seguito riportata ha il solo valore di precisare l’applicazione “cronologica “ delle norme e l’importante modifica del 2010 che ha cambiato fisionmia all’articolo
Breve novità sul Dlgs. 121/2011 è già stata pubblicata di recente su questo sito.

ART. 190

REGISTRO DI CARICO E SCARICO

Dlgs. 3.4.2006 n. 152 in vigore dal 29.4.2006 Dlgs. 16.1.2008 n. 4 (comma 24 bis)
 
Dlgs. 205/2010 art. 16
In vigore dal 25.12.2010
Dlgs. n.  121/2011 del 7.7.2011
1. I soggetti di cui all’articolo 189, comma 3 hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. I soggetti che producono rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere e), d) e g), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate:
a) per i produttori, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo:
b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione del trasporto;
c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione della transazione relativa;
d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.
 
1.
I soggetti di cui all’articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e
b), che non hanno aderito su base volontaria al sistema di
tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis,
comma 2, lett. a), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e
scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche
qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere
effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del
rifiuto e dallo scarico del medesimo.
1. Fatto salvo quanto stabilito al comma 1-bis,
i soggetti di cui all’articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno aderito su base volontaria al sistema di tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo (2).
      1-bis. Sono esclusi dall’obbligo di tenuta di un registro di carico e scarico gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, nonche’ le imprese e gli enti che, ai sensi dell’art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettera b) (3).
2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere:
a) l’origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti;
b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato;
c) il metodo di trattamento impiegato.
 
2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni
impianto di produzione o, nel caso in cui cio’ risulti eccessivamente
oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di
identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, relativi al
trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di
controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall’impianto di
destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni
dalla data dell’ultima registrazione.
3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, nonché presso la sede dei commercianti e degli intermediari. I registri integrati con i formulari di cui all’articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell’attività devono essere consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione.
 
3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione annua di
rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi,
possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e
scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali
interessate o societa’ di servizi di diretta emanazione delle stesse,
che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile,
mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi
4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi.
 
4. Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico
sono rese disponibili in qualunque momento all’autorita’ di controllo
qualora ne faccia richiesta.
5. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta.
 
5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e
gestiti con le procedure e le modalita’ fissate dalla normativa sui
registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di
carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora
sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri
sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente
competenti.
6. I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata 6. I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata
I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti»
6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di
carico e scarico e’ quella di cui al decreto del Ministro
dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7.
  6-bis «Per le attivita’ di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora vengano utilizzati i registri IVA di acquisto e di vendita, secondo le procedure e le modalita’ fissate dall’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni ed integrazioni.
 
   
7. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente articolo è definita con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 9, e di cui alla circolare del Ministro dell’ambiente del 4 agosto 1998.
 
7. Nell’Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del
Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: “in
litri” la congiunzione: “e” e’ sostituita dalla disgiunzione: “o”.
8. Sono esonerati dall’obbligo di cui al comma 1 le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e e), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili con analoghe funzioni e fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative.
 
8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in
un’organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all’obbligo della
tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la
conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del
sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui
all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative ai rifiuti
prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.
9. Nell’Allegato 6.CI, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dall’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: «in litri» la congiunzione: «e» è sostituita dalla disgiunzione: «o».
 
9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui
all’articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse dagli obblighi
del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i
rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico puo’
essere effettuata contestualmente al momento dell’uscita dei rifiuti
stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun
codice dell’elenco dei rifiuti.”;
 

 

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DL "Salva Italia": è operativo

Decreto “Salva italia”: è operativo  
DL n. 201 del 6.12.2011
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6-12-2011 – Suppl. Ordinario n.251 il DECRETO-LEGGE: Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità, il consolidamento dei conti pubblici, la promozione e la tutela della concorrenza e per lo sviluppo industriale e infrastrutturale del Paese.
Il provvedimento è in vigore dal 6 dicembre 2011.
Si offre mera lettura del testo che merita … riflessione.
Tale testo sembra già “non definitivo”; sembra una bozza che il Parlamento (ed è giusto che sia) andrà a valutare e revisionare.
Prematuro ogni commento.
 
 
 
 

adminDL "Salva Italia": è operativo
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Rifiuti e Servizi (RES) e Decreto "Salva Italia"

DECRETO “SALVA ITALIA”: RES in vigore dal 1.1.2013
“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici”
 a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
In attesa della pubblicazione del Decreto nominato “Salva Italia” (Decreto Monti) è possibile anticipare il contenuto dell’art. 14 relativo alla anticipata “istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi” (Rifiuti E Servizi – RES). Su questo sito (5.11.2011) già era stata anticipata la riforma e la introduzione della RES (articolo TIA e TARSU: abrogazione al 2013? ).
La disposizione fissa al 1° gennaio 2013 l’entrata in vigore del nuovo tributo denominato TRIBUTO COMUNALE RIFIUTI E SERVIZI  (in sigla:RES).
Il tributo comprenderà:
1)    quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti,
2)    quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (cd. servizi indivisibili).
La componente “rifiuti” assomiglierà più alla Tariffa di igiene ambientale (TIA) che alla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) nonostante entrambe risultino abrogate dall’entrata in vigore del Res.
La nuova tariffa sarà proporzionata “alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotte per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte” sulla base dei criteri stabiliti da un regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012.
Si applicano comunque in via transitoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino alla data da cui decorre l’applicazione del regolamento di cui sopra, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 attualmente vigenti.
 
Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.
La componente “servizi” sarà calcolata in base al valore dell’immobile attraverso un’aliquota comunale rappresentata da una maggiorazione pari a X euro (al momento non ancora definita) per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, aumentare la misura della maggiorazione per un importo massimo da definire, anche graduandola in ragione della tipologia dell’immobile e della zona ove è ubicato.
Andando nello specifico, la nuova tariffa dovrà essere pagata da chiunque possegga, occupi o detenga a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti.
Il pagamento della tariffa dovrà avvenire annualmente e sarà proporzionato alla quantità e qualità media ordinaria di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte.
Nel determinare le tariffe, dovrà tenersi conto sia della quota relativa al costo del servizio, sia di quella rapportata alla quantità di rifiuti relativi al servizio fornito e ai costi di gestione.
I Comuni, inoltre, potranno decidere di diminuire la tariffa o anche di prevedere agevolazioni o esenzioni in caso di ridotta produzione di rifiuti e prevedere agevolazioni per situazioni di particolare disagio sociale (ad esempio casi di particolari difficoltà economiche). I comuni più all’avanguardia che hanno realizzato sistemi di misurazione della quantità di rifiuti conferiti potranno applicare una tariffa avente natura corrispettiva.
 Criticità
A fronte dell’auspicata razionalizzazione e semplificazione del sistema fiscale attuale, viene proposto, in tema di tassazione dei rifiuti, un tributo locale ancor più macchinoso degli attuali modelli di prelievo (Tarsu e Tia). La complessità strutturale della nuova tassa, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2013, appare evidente.
Il tributo comprenderà, oltre alla quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti, anche una quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (manutenzione, pulizia).
La componente “rifiuti”, ricalca, sia nei principi che nelle componenti tariffarie, l’impianto già presente nella Tariffa Integrata Ambientale (TIA).
Su tale impianto permangono forti perplessità.
Continua a permanere uno scollamento rispetto al principio comunitario del “chi inquina paga”.
Il presupposto impositivo è tuttora ancorato, infatti, alla mera occupazione dei locali e non all’effettiva produzione dei rifiuti visto che il soggetto passivo continua ad essere individuato come “colui che possiede o detiene locali a qualsiasi uso adibiti”.
Viene così ribadito il concetto che sono le superfici a determinare il rifiuto e non gli individui.
Una presunzione legale, in considerazione della quale tutti i locali in cui vi è una presenza umana sono suscettibili di produrre rifiuti, che appare in netto contrasto con il principio europeo.
Non viene superato, peraltro, il problema relativo alla natura tributaria o tariffaria del prelievo sulla gestione dei rifiuti.
Altro aspetto critico è rappresentato dal fatto che l’impianto normativo affida, anche in questo caso, l’effettività e l’efficacia del nuovo tributo ad un futuro regolamento, da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, che dovrebbe fissare criteri presuntivi e potenziali per l’individuazione delle due componenti facenti parti della “parte rifiuti” del Res: costo del servizio e determinazione della tariffa.
Peraltro proprio su questo aspetto esistono strumenti ed indicatori testati attraverso campagne di pesatura sul territorio capaci di riflettere la reale produzione di rifiuti delle varie categorie economiche piuttosto che la produzione potenziale presunta.
Campagne che hanno evidenziato come sia altamente rischioso strutturare modelli incentrati sulla produzione potenziale di rifiuti visto che le imprese – a parità di quantità e qualità di rifiuti prodotti – potrebbero subire aumenti tariffari medi del 187%, con evidenti distorsioni della concorrenza tra i diversi operatori economici. Tali aumenti non sarebbero, peraltro, la conseguenza di un corrispondente incremento della produzione dei rifiuti ma, più semplicemente, sarebbero causati da una non adeguata determinazione dei coefficienti potenziali di produzione.
Per quanto riguarda la componente “servizi” il legislatore intende garantire la copertura dei costi dei servizi indivisibili attraverso l’istituzione di una nuova imposta fondata sul parametro metri quadrati su cui è basata la tassa sui rifiuti.
Ma è evidente che la mera estensione di superficie non può da sola rappresentare un indice di capacità contributiva conforme all’articolo 53 della costituzione:”Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”
L’idea di un unico tributo fondato su due basi imponibili diversificate, su diverse tipologie di contribuenti (proprietari ed inquilini degli immobili assoggettati al tributo), su adempimenti diversi connessi a ciascuna delle due componenti della nuova tassa, sembra contrastare con le aspettative di chiarezza e semplificazione.
 
 

adminRifiuti e Servizi (RES) e Decreto "Salva Italia"
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AATO: se ne parla ancora

FOCUS –  soppressione AATO
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Regna una certa confusione sulla vita delle “Autorità d’ambito” e delle conseguenze alla mancata/omessa distribuzione delle loro competenze.
Sono state soppresse, ma non è chiaro quando cesseranno le proprie funzioni; la cessazione delle funzioni è stata più volte posticipata (con atti di dubbia forza legislativa).
Utile dunque riassumere, senza pretesa di completezza, a mezzo di una “tabella cronologica” le disposizioni che si sono interessate alla questione.

DISPOSIZIONE NORMATIVA Contenuto TERMINE VIGENZA AATO
L. 191/2009 – art. 2 comma 186 bis soppressione dei consorzi partecipati dai Comuni. 31.12.2010
PARERE 26.1.2010, n. 4493: la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche ritiene non soppresse le AATO perché aventi autonomia patrimoniale e dunque estranei rispetto ai consorzi ex art. 2 comma 186 L. 191/2009.    
L. n. 42/2010 26.3.2010 art. 1 comma 1 quinques Aggiunge il comma 186 bis all’art. 2 L. 191/2009 31.12.2010
D.L. n. 225/2010 posticipa la soppressione 31.3.2011
L. n. 10/2010 Conversione D.L. 225/2010 31.3.2011
DPCM del 25.3.2011 Posticipa la soppressione 31.12.2011

Si consideri che il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25.3.2011….. NON ha forza di modificare la L.  n. 10/2010.
Il termine di vigenza delle AATO  – fissato al 31.3.2011 –  ad oggi è spirato.
Le Regioni dovevano “distribuire” le funzioni svolte dall’AATO ma ciò non è ancora accaduto, per lo meno in Veneto.
Ed invero, sull’erroneo presupposto della forza legislativa del DPCM la Giunta della Regione del Veneto emanava la delibera 421 del 12.4.2011 in BUR n. 31 del 29.4.2011 con cui sospende …l’efficacia della DGR n. 343 del 29.3.2011 sino al 31 dicembre 2011 e contestualmente di disporne la non pubblicazione sul BUR sino alla medesima data” (punto 1 deliberazione DGR 421/2011)[1].
Ad oggi il Consiglio Regionale non ha approvato il progetto di legge n. 150, prot. 4242/11, licenziato dalla Commissione consiliare nella seduta del 22.3.2011 con cui si disponeva una proroga di funzioni fino al 31.12.2011 nelle more della ridistribuzione delle stesse e della riorganizzazione.
L’inadempimento della Regione, comporta,  come si legge nella relazione introduttiva progetto di legge 150 che, essendo “soppresse le attuali Autorità d’ambito…ogni loro atto successivo dovrà considerarsi nullo”. Può dunque configurarsi “l’ipotesi che i Gestori del s.i.i. o del servizio rifiuti contestino il danno nei confronti della Regione Veneto a causa del blocco di fatto delle possibilità di realizzare gli investimenti previsti dal piano d’ambito…il danno potrebbe essere attribuito alla regione quale conseguenza del mancato adempimento da parte di quest’ultima della normativa statale nei tempi previsti”.



[1] Cfr. news su questo sito del 2.5.2011
adminAATO: se ne parla ancora
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Acque: Servizio Idrico Integrato – Corte Cost. n. 320/2011

 Acque: Servizio Idrico Integrato –Corte Cost. n. 320/2011
A  cura di avv. Cinzia Silvestri
La Corte costituzionale in data 25.11.2011 ha assunto importante decisione in merito alle problematiche delle funzioni dell’ATO; alle gare di affidamento del servizio; alla possibilità degli enti di costituire una società patrimoniale d’ambito; sulla proprietà pubblica delle reti ed il loro trasferimento a società fosse anche a partecipazione pubblica.
La Legge Regionale della Lombardia subisce la sentenza della Corte costituzionale che contiene però indicazioni foriere di larga applicazione in altri ambiti.
Per completezza si richiama l’intera sentenza nella sua complessità con riserva di segnalare in successive news i punti di interesse e si riporta invece il dispositivo finale che riconosce la illegittimità costituzionale
“dichiara l’illegittimità costituzionale dei commi 2 e 4 dell’art. 49 della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), introdotti dall’art. 1, comma 1, lettera t), della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2010, n. 21, recante «Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), in attuazione dell’articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191»;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della lettera c) del comma 6 dell’art. 49, della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003, introdotta dall’art. 1, comma 1, lettera t), della legge reg. Lombardia n. 21 del 2010, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e), l), m) e s), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
 
 

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Sistri aggiornamenti : novità

Sistri aggiornamenti : novità 

Nuove guide utenti e casi specifici affrontati

 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Sul sito www.sistri.it sono disponibili le edizioni aggiornate delle guide utenti nonché approfondimenti su specifici casi d’uso.
In particolare i documenti consultabili sul sito sono suddivisi in:

  • GUIDA RAPIDA PRODUTTORI
  • GUIDA RAPIDA TRASPORTATORI
  • GUIDA RAPIDA RECUPERATORI-SMALTITORI
  • GUIDA RAPIDA INTERMEDIARI
  • CASO D’USO: MICRORACCOLTA
  • CASO D’USO: GESTIONE ARRIVI
  • CASO D’USO: TRASPORTO INTERMODALE
  • CASO D’USO: TRASPORTO TRANSFRONTALIERO

Le principali semplificazioni introdotte riguardano:

  • la possibilità, per il Trasportatore, di firmare la presa in carico e le registrazioni cronologiche entro10 giorni dal trasporto;
  • registrazioni cronologiche generate sempre in automatico dal SISTRI nel registro cronologico del Trasportatore;
  • la possibilità, per il Trasportatore, di prendere in carico e/o consegnare il rifiuto senza la necessità di inserire il dispositivo USB veicolo nel computer del produttore e/o dell’impianto (utilizzando l’Area Conducente ad Accesso Pubblico ad inizio e fine giornata);
  • la possibilità di indicare nella scheda SISTRI il volume di un rifiuto in alternativa al peso;
  • la possibilità, per il Produttore, di scegliere se mantenere il peso verificato a destino dall’impianto o modificarlo in fase di associazione della scheda SISTRI al registro cronologico;
  • la possibilità, per il Produttore, di effettuare la registrazione cronologica di scarico entro 10 giorni dalla data di presa in carico del Trasportatore;
  • la possibilità, per il Destinatario, di effettuare e firmare la registrazione cronologica di carico entro 2 giorni dall’accettazione del rifiuto;
  • l’introduzione della causale “carico cumulativo rifiuti urbani” su registri cronologici dell’Impianto;
  • la possibilità, per l’Intermediario, di compilare la scheda SISTRI per conto del Produttore.

Per quanto riguarda il caso specifico della microraccolta le principali novità riguardano:
semplificazioni nell’utilizzo del dispositivo USB veicolo;

  • semplificazioni per il Produttore;
  • gestione dei casi particolari “tentata presa” e “carichi sopraggiunti durante il giro”;
  • eliminazione dichiarazione tragitto;
  • implementazione “Comunicazione trasporto rifiuti” senza l’obbligo di indicare i seguenti
  • dati:
  • quantità o volume “presunto”;
  • numero colli e tipo imballaggio;
  • nominativo conducente;
  • targa mezzo di trasporto.

 

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SICUREZZA: RSPP, preposto, datore di lavoro – Quali responsabilità

SICUREZZA: RSPP, preposto, datore di lavoro – Quali responsabilità
Nota a Cass. penale 20.4.2011 n. 28779
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
La Corte di Cassazione delinea, con apprezzabile chiarezza, la responsabilità penale del datore di lavoro, del RSPP e del preposto in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro.
Agli imputati veniva contestato di aver cagionato la morte di un dipendente e lesioni personali gravissime ad altro dipendente della Società – appaltatrice dei lavori commissionati dall’ENEL per lo smantellamento della linea elettrica Palmi – Gioia Tauro – i quali, recita la sentenza: “ nello smontare un traliccio, dopo essersi arrampicati sullo stesso ed averne svitato i bulloni di fissaggio, posti a metà altezza, erano precipitati da circa 15 metri a seguito del ripiegamento, a metà, della struttura su se stessa, ripiegamento che aveva determinato la caduta del Ca. e dello S..”.
I reati venivano contestati a:
1)    amministratore e legale rappresentante della Società appaltatrice
2)    al responsabile tecnico e responsabile dei servizi di prevenzione e protezione (RSPP)
3)    al responsabile di cantiere per la sicurezza ed esecuzione dei lavori commissionati dall’ENEL,
4)    al capo cantiere della ditta appaltatrice,
“individuando profili di colpa generica e di colpa specifica, per avere omesso di dotare gli operai di dispositivi di protezione individuale idonei e per avere consentito che gli stessi operassero secondo modalità altamente rischiose non previste nel piano operativo di sicurezza”.
 RAGIONI DELLA DIFESA
La Corte sintetizza la difesa dei ricorrenti in Cassazione che sostengono la esclusiva responsabilità del capo cantiere, in qualità di preposto e la mancata osservanza da parte dei lavoratori delle norme di sicurezza:
I ricorrenti ……l’evento era da ascrivere alla esclusiva responsabilità del capo cantiere C., il quale, in qualità di preposto, era dotato di autonoma posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori e la mattina del sinistro, del tutto imprevedibilmente, si era assentato dal cantiere senza darne preventivo preavviso al datore di lavoro. Si prospetta altresì la tesi che la condotta omissiva del C., unitamente alla mancata osservanza da parte dei lavoratori delle norme di sicurezza, integri una casa sopravvenuta sufficiente da sola a determinare l’evento”.
La Corte invero condanna tutti i soggetti indicati ritenendoli responsabili della morte e delle lesioni per omessa prevenzione e cautele sulla sicurezza.
In particolare e degno di nota è il passaggio che delinea e precisa la responsabilità preposto/RSSP e datore di lavoro con riferimento alla:
 1) Delega:
“… il datore di lavoro, pur a fronte di una delega corretta ed efficace- che, peraltro non risulta essere stata conferita in questo caso- non potrebbe andare esente da responsabilità, allorchè le carenze nella disciplina antinfortunistica e, più in generale, nella materia della sicurezza, attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza. E’ ipotesi, quest’ultima, che può non infrequentemente verificarsi allorchè si tratti dello svolgimento di attività lavorative pericolose, foriere di produrre inquinamento o di porsi come (con)cause efficienti di malattie professionali (per riferimenti, Sez. 4, 6 febbraio 2007, n. 12794, Proc.gen. App. Messina in proc. Chirafisi ed altro; Sezione 3, 3 dicembre 1999, Natali).
 2) Preposto:
“….non può farsi ricadere sul preposto l’onere di organizzazione dell’attività lavorativa aziendale, mediante l’adozione tempestiva di un POS adeguato, nè l’onere di procedere all’acquisto delle dotazioni di lavoro, nella specie funi di acciaio e tirfor, delle quali munire i lavoratori, nè l’omessa formazione del personale nè la scelta di adibire allo svolgimento di mansioni altamente rischiose lavoratori appena assunti presso la ditta.
 3) Scelte aziendali
“Si tratta, come osservato nella sentenza in esame, di un livello di dispiegamento del sistema di potere-dovere in ordine alla sicurezza che riguarda le complessive scelte aziendali inerenti all’organizzazione delle lavorazioni e che, quindi, coinvolge appieno la sfera di responsabilità del datore di lavoro”.
 4) Art. 2087 c.c.
“Va soggiunto, inoltre, che il dovere di vigilanza e di controllo- che compete tradizionalmente al datore di lavoro, ma anche al dirigente nei limiti delle relative competenze funzionali, in applicazione della generalissima regola cautelare contenuta nell’articolo 2087 del codice civile – non può non svilupparsi anche attraverso un obbligo di vigilanza sull’attività degli altri soggetti che, a vario titolo, sono titolari prò quota dell’obbligazione di garanzia, implicando evidentemente poteri di controllo e di sollecitazione”.
______________________________________________________________________________________________
La sentenza DUNQUE è occasione per precisare le singole responsabilità del rappresentante legale, del RSPP e del preposto, SENZA DIMENTICARE che le norme di cui al Dlgs. 81/2008 ss. m. mantengono peculiarità e applicazione nell’ambito della sicurezza sul lavoro e che non sono estensibili in altri campi di diritto se non nei limiti dei principi di diritto in essa contenuti.
1) Datore di lavoro
NESSUNA delega esonera completamente il datore di lavoro.
Egli, infatti, rimane SEMPRE garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei lavoratori e dunque deve:

  1. istruire i prestatori di lavoro;
  2. adottare le misure di sicurezza;
  3. garantire la concreta predisposizione ed attuazione delle misure di sicurezza;
  4. controllare CONTINUAMENTE l’osservanza delle misure di sicurezza.

 
Il datore di lavoro è SEMPRE responsabile per tutte quelle carenze che attengono a scelte di carattere generale di politica aziendale o a carenze strutturali, perché il delegato comunque non avrebbe voce in capitolo e gli sarebbe precluso un concreto intervento.
Il datore di lavoro è infine controllore dei controllori e mantiene il potere di vigilanza e di sollecitazione.
Questa funzione può tuttavia essere affidata ad un Dirigente.
La responsabilità del datore di lavoro non esclude la CONCORRENTE (ma non assorbente) responsabilità del RSPP: entrambi dovranno rispondere dell’illecito accertato per l’intero.
2) RSPP
Il RSPP risponde di tutte le situazioni pericolose che egli aveva l’obbligo di conoscere e segnalare.
La mancanza di poteri decisionali e/o di spesa sono ininfluenti perché funzione del RSPP è la prevenzione.
Egli dunque sarà sanzionato laddove:

  1. ometta la dovuta segnalazione, impedendo l’attivazione dei soggetti muniti di poteri decisionali e di spesa;
  2. segnali erroneamente o con imperizia, imprudenza e negligenza la situazione di potenziale pericolo o che comunque richiedeva intervento.

Nessuna sanzione è invece stabilita per la (generica) inadeguata vigilanza delle condizioni di sicurezza.
 3) PREPOSTO
Il preposto risponde direttamente per il mancato esercizio delle funzioni di supervisione e di controllo delle attività lavorative.
Egli deve dirigere le attività di lavoro e questo richiede anche:

  1. vigilare acchè le prescrizioni antinfortunistiche siano rispettate dai lavoratori;
  2. rimuovere le situazioni pregiudiziali per la sicurezza dei lavoratori e, laddove ciò sia impossibile, segnalare ai suoi superiori le situazioni di pericolo bloccando l’attività lavorativa;
  3. verificare che le attività siano svolte solo dai lavoratori adeguatamente istruiti.

 
 
 

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Impresa e P.A.: buoni propositi

Imprese e P.A.: buoni propositi
LEGGE 11 novembre 2011, n. 180 – Norme per la tutela della liberta’ d’impresa. Statuto delle imprese. (11G0238) (GU n.265 del 14-11-2011 ) Entrata in vigore del provvedimento: 15/11/2011
A cura di avv. Cinzia Silvestri
La L. 180/2011 si occupa delle “imprese” e del rapporto con la P.A..
La lettura del provvedimento suscita, nel lettore, obbligato al rapporto quotidiano con la P.A., ..un leggero “sorriso”.
Una legge di “principi” , FORSE solo “buoni propositi” .
Tuttavia si evidenza che nel diritto amministrativo la violazione dei principi di legge comporta la illegitimità stessa del provvedimento; la violazione dei “principi” comporta la caducazione del provvedimento. L’intento del legislatore dunque è positivo e fornisce alla impresa strumenti per adire la giustizia laddove tali principi non siano rispettati. L’importante è capire e attivarsi per la tutela dei propri diritti.
In questo contesto vale la pena di segnalare l’art. 9 della L. 180/2011 in vigore già dal 15.11.2011 in merito ai “Rapporti con la pubblica amministrazione e modifica dell’articolo 2630 del codice civile “.
PRINCIPI
Il comma 1 dell’art. 9 apre al buon umore  e con fiduciosa speranza, precisa:
1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, informano i rapporti con le imprese ai principi
1) di trasparenza,
2) di buona fede e
3) di effettivita’ dell’accesso ai documenti amministrativi, alle informazioni e ai servizi
svolgendo l’attivita’ amministrativa secondo criteri di
a) economicita’,
b) di efficacia,
c) di efficienza,
d) di tempestivita’,
e) di imparzialita’,
f) di uniformita’ di trattamento,
g) di proporzionalita’ e
h) di pubblicita’,
riducendo o eliminando, ove possibile, gli oneri meramente formali e burocratici relativi all’avvio dell’attivita’ imprenditoriale e all’instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore privato, nonche’ gli obblighi e gli adempimenti non sostanziali a carico dei lavoratori e delle imprese.
 CAMERE DI COMMERCIO E P.A.
Il Comma 2 dell’art 9 prosegue precisando che le P.A. “garantiscono”, “comunicano” con le camere di commercio:
2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 garantiscono, attraverso le camere di commercio, la pubblicazione e l’aggiornamento delle norme e dei requisiti minimi per l’esercizio di ciascuna tipologia di attivita’ d’impresa. A questo fine, le medesime amministrazioni comunicano alle camere di commercio, entro il 31 dicembre di ogni anno, l’elenco delle norme e dei requisiti minimi per l’esercizio di ciascuna tipologia di attivita’ d’impresa.
RITARDI DELLA P.A.: BUON SENSO
Il comma 3 dell’art. 9 viene scritto ciò che sembra appartenere al buon senso ed alla giustizia sostanziale:
3. All’articolo 10-bis 1della legge 7 agosto 1990, n. 241, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all’accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all’amministrazione».
DOCUMENTI GIA’ CONOSCIUTI DALLA P.A.
il Comma 4 dell’art. 9 è operativo ma il legislatore  afferma, per iscritto, che le P.A. Amministrazioni non possono richiedere alle imprese copie di documentazioni già presenti nel registro (sembra ovvio e non lo è):
4. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, le certificazioni relative all’impresa devono essere comunicate dalla stessa al registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, anche per il tramite delle agenzie per le imprese di cui all’articolo 38, comma 3, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e sono inserite dalle camere di commercio nel repertorio economico amministrativo (REA). Alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 del presente articolo, alle quali le imprese comunicano il proprio codice di iscrizione nel registro delle imprese, e’ garantito l’accesso telematico gratuito al registro delle imprese. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 non possono richiedere alle imprese copie di documentazione gia’ presente nello stesso registro.
OBBLIGO DI COMUNICAZIONE E SANZIONI
Il comma 5 dell’art. 9 si occupa di sanzioni e modifica l’art. 2630 c.c.:
5. Al fine di rendere piu’ equo il sistema delle sanzioni cui sono sottoposte le imprese relativamente alle denunce, alle comunicazioni e ai depositi da effettuarsi presso il registro delle imprese tenuto dalle camere di commercio, l’articolo 2630 del codice civile e’ sostituito dal seguente:
«Art. 2630. – (Omessa esecuzione di denunce, comunicazioni e depositi). – Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una societa’ o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall’articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria e’ ridotta ad un terzo. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria e’ aumentata di un terzo».

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Organismo di Vigilanza ex Dlgs. n. 231/2001: nuove regole?

ODV e responsabilità delle Società – Legge Stabilità: dal 1.1.2012 nuove regole ( www.parlamento.it)
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Con Legge 12 novembre 2011 n. 183[1] in vigore dal prossimo 1.1.2012 il Parlamento ha previsto all’art. 14 comma 12 l’inserimento del comma 4bis al Dlgs. 231/2011 art. 6.
Il legislatore, con la finalità, si presume, di alleggerire i  costi di gestione alle aziende, permette di trasferire le funzioni dell’Organismo di vigilanza (ODV) ad organi, già, societari (nelle sole società di  capitali).
La scelta finale del Legislatore si concentra invero sulla parola “POSSONO” che sembra ammettere la possibilità (e non l’obbligo), per le sole società di capitali, di scegliere se concentrare le attribuzioni su organismi societari già esistenti o di mantenere l’ODV con tutte le sue peculiarità.
In particolare :
Nelle societa’ di  capitali
1)      il  collegio  sindacale,
2)      il consiglio di sorveglianza  e
3)      il  comitato  per  il  controllo  della gestione
POSSONO svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza  di cui al comma 1, lettera b, OVVERO le funzioni di
1)        vigilare  sul  funzionamento  e  l’osservanza  dei modelli
2)        curare il loro aggiornamento
Si ricorda invero che l’ODV è organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di  controllo.
 
E’ utile richiamare alla memoria che tale modifica era già annunciata nella bozza del DL sviluppo del 23.10.2011 che al punto 114 così si esprimeva, anche con motivazione, annunciando invero la obbligatorietà della nomina:
“ 114 Attribuzione all’organo di controllo delle società di capitali delle funzioni dell’organismo di vigilanza previsto in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche …
1. All’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4bis. Nelle società di capitali, ove lo statuto o l’atto costitutivo non dispongano diversamente, il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione coordinano il sistema dei controlli della società e svolgono le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)».
 Motivazione
La proposta normativa, che si realizza mediante l’inserimento di un comma nell’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa della persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), è finalizzata a consentire la individuazione di un organismo di vigilanza, ai fini della legge richiamata, laddove già sussistano all’interno della struttura organi di controllo, con concentrazione delle funzioni e conseguenti risparmi di spesa per gli enti destinatari.”
 
Il testo dell’art. 6 del Dlgs. 231/2001 risulta dunque così riformato:  “Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell’ente
1. Se il reato e’ stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non  risponde  se  prova che:
a) l’organo dirigente ha adottato  ed  efficacemente  attuato,  prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di  gestione idonei a prevenire reati della specie di quello    verificatosi;
b) il compito  di  vigilare  sul  funzionamento  e  l’osservanza  dei modelli di curare il loro aggiornamento e’ stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di    controllo;
c) le persone hanno commesso il  reato  eludendo  fraudolentemente  i  modelli di organizzazione e di gestione;
d) non  vi  e’  stata  omessa  o  insufficiente  vigilanza  da  parte dell’organismo di cui alla lettera b).
2. In relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:
a) individuare le attivita’ nel cui ambito  possono  essere  commessi   reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalita’ di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione  nei  confronti  dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il  mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma  2,  sulla  base  di codici di comportamento redatti  dalle  associazioni  rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di  concerto con i Ministeri competenti,  puo’  formulare,  entro  trenta  giorni, osservazioni sulla idoneita’ dei modelli a prevenire i reati. (6)
4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera  b),  del  comma  1,  possono  essere   svolti   direttamente dall’organo dirigente.
4-bis. Nelle societa’  di  capitali  il  collegio  sindacale,  il consiglio di sorveglianza  e  il  comitato  per  il  controllo  della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza  di cui al comma 1, lettera b).
5. E’ comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente.”



[1] “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2012)” Materia: LEGGE FINANZIARIA, ANNO FINANZIARIO 2012, BILANCIO DELLO STATO Pubblicazione: G.U. n. 265 del 14 novembre 2011 (suppl.ord.)
 
 
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Sicurezza: ambienti sospetti di inquinamento

Tutela della salute e sicurezza negli “ambienti confinati”
DPR 14 settembre 2011 n.177 – in vigore dal 23 novembre  2011
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
E’ stato pubblicato il D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177 sul “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell’art. 6 comma 8  lett. g)  del d.lgs. 81/08” (Gazzetta Ufficiale n. 260 dell’8 novembre 2011)
Il provvedimento, approvato dal Consiglio dei Ministri nell’agosto scorso (entrerà in vigore il prossimo 23 novembre (decorsi cioè i quindici giorni dalla sua pubblicazione in G.U.).
Si richiamano di seguito le principali disposizioni introdotte dal decreto in parola.
Il regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 (pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie,  caldaie, cisterne),  121  (scavi)  e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV punto 3  del d.lgs. 81/08 (vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti e silos).
Secondo quanto previsto dall’art. 2, per svolgere un’attività lavorativa in ambienti confinati, le imprese o i lavoratori autonomi devono possedere come requisiti:
1)  essere in regola con le disposizioni riguardanti la valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e gestione delle emergenze; 2) nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi obbligatorietà della formazione e sorveglianza sanitaria; 3) presenza di personale (in percentuale non inferiore al 30%) con esperienza almeno triennale in “ambienti confinati”, assunta con contratto di lavoro subordinato o con altri contratti (in tal caso certificati ai sensi del D.lgs. 276/03); 4) aver ricevuto specifica formazione e informazione compresa l’attività di addestramento di tutto il personale – incluso il datore di lavoro – relativamente all’applicazione delle procedure di sicurezza; 5) possedere dispositivi di protezione individuale (es. maschere protettive, imbracature di sicurezza) e una strumentazione e attrezzature di lavoro (es. rilevatori di gas, respiratori etc.)  idonei a prevenire i rischi propri di tali attività lavorative; 6) rispetto integrale degli obblighi in materia  di Documento Unico di regolarità Contributiva (DURC) e relativi alla parte normativa ed economica della contrattazione collettiva di settore
Il subappalto è consentito solo a condizione che sia espressamente autorizzato dal datore di lavoro committente, che dovrà anche verificare  il possesso da parte dell’impresa subappaltatrice dei requisiti di qualificazione;
Quando i lavori siano svolti tramite  appalto, deve essere garantito  che, prima dell’accesso nei luoghi di lavoro, tutti i lavoratori che verranno impegnati nell’attività siano puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente dei rischi che possono essere presenti nell’area di lavoro;
Il datore di lavoro committente è inoltre tenuto ad individuare un proprio rappresentante, adeguatamente formato e addestrato, incaricato di vigilare sulle attività lavorative e con funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi, per limitare i rischi da interferenze.
Durante tutte le fasi di lavorazioni in “ambienti confinati”  deve essere adottata una procedura di lavoro specificamente diretta ad eliminare o quantomeno a ridurre al minimo i rischi propri dell’attività e che consenta, in caso di necessità, un intervento immediato del Servizio Sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco.
Il mancato rispetto di tutte le disposizioni previste dal D.P.R.  comporterà il venir meno della qualificazione necessaria da parte delle imprese per operare in ambienti confinati.
Per completezza di informazione si allega il testo integrale del provvedimento  DPR n. 177/2011
 

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Terre e rocce da scavo: DL Sviluppo

 Terre e Rocce da scavo: DL Sviluppo – Uno sguardo al futuro?

 a cura di avv. Cinzia Silvestri

La travagliata storia delle Terre e rocce da scavo (a memoria dell’ art. 186 Dlgs. n.152/2006 ss.) è destinata a non finire.

Per coloro che si sono occupati a lungo dell’art. 186 (Dlgs. n.152/2006) e ne hanno seguito l’evoluzione sin dal primitivo, ma attuale, provvedimento del 2001 (L. 443/2001), il contenuto nel prossimo DL Sviluppo ….rinnova la memoria.

Non si può dimenticare che, un anno fa circa, l’art. art. 39 comma 4 Dlgs. n. 205/2010 precisava che: “Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 184-bis,comma 2, e’ abrogato l’articolo 186.”.

 Ebbene, il “DL Sviluppo”, ancora in incubazione, porta con se’ un “ritorno al passato”, rievoca alla memoria di coloro che hanno scritto sul tema, ciò che è stato…. abrogato.

 E’ prematuro commentare ma vale la pena di ….segnalare.

 La bozza del 23.10.2011 Dl Sviluppo precisa all’art. 36:

La proposta è finalizzata a classificare le terre e rocce da scavo quali sottoprodotti e non rifiuti, consentendone pertanto il riutilizzo nell’ambito del medesimo intervento dal quale traggono origine e comportando, in tal modo, una riduzione dei costi delle infrastrutture.”.

Ovvero:

Sono da considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184‐bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 2 dello stesso articolo, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, prodotte nell’esecuzione di opere pubbliche, anche se contaminate o mischiate, durante il ciclo produttivo, da materiali, sostanze o residui di varia natura, ancorchè inquinanti, derivanti dalle tecniche e dai materiali utilizzati per poter effettuare le attività di evacuazione, perforazione e costruzione ed impiegate, senza alcuna trasformazione diversa dalla normale pratica industriale, intendendosi per tale anche selezioni granulometrica, riduzione volumetrica, stabilizzazione a calce o a cemento, essiccamento, nell’ambito di un unico ciclo produttivo che preveda la loro ricollocazione secondo le modalità stabilite nel progetto di utilizzo approvato dalle autorità competenti anche ai fini ambientali ed urbanistici e nel rispetto delle caratteristiche ambientali del sito di destinazione, con riferimento alle concentrazioni di tabella 1, allegato 5, parte IV, del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, fatta salva la possibilità, in caso di fenomeni naturali che determinano superamenti delle stesse, di adottare i valori del conto come concentrazioni soglia di contaminazione”.

 Relazione

La proposta, da verificare con il competente Ministero dell’ambiente, è finalizzata a classificare le terre e rocce da scavo quali sottoprodotti e non rifiuti, consentendone pertanto il riutilizzo nell’ambito del medesimo intervento dal quale traggono origine e comportando, in tal modo, una riduzione dei costi delle infrastrutture in particolare per le opere infrastrutturali che prevedono la realizzazione di gallerie”.

 

 

 

 

Nota 1: cfr. Codice dell’Ambiente, Giuffrè, 2008, commento all’art. 186 a cura di Cinzia Silvestri

Nota 2: Articolo 184-bis 1. E’ un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto e’ originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e’ la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) e’ certo che la sostanza o l’oggetto sara’ utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto puo’ essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo e’ legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non portera’ a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinche’ specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformita’ a quanto previsto dalla disciplina comunitaria
Articolo inserito dall’articolo 12 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.
 

 

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TIA e TARSU: abrogazione al 2013?


 TIA E TARSU: abrogazione al 2013? Nuovo Tributo: R.E.S. (Rifiuti e Servizi)

 a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

 Il Consiglio dei ministri del 24 ottobre u.s., ha approvato, in prima lettura, schema di decreto legislativo (Allegato I) che incide anche sul Dlgs. del 14.3.2011 n. 23 inserendo dopo l’art. 14 … l’intera disciplina relativa a nuovo tributo chiamato RES (Rifiuti e Servizi).

RES che accorpa, innova, interpreta e rielabora la TIA e la TARSU1 (..abrogandole).

 Le disposizioni fissano al 1° gennaio 2013 l’entrata in vigore del TRIBUTO COMUNALE RIFIUTI E SERVIZI (RES). Il futuro tributo comprende, oltre alla quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti, anche una quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (manutenzione, pulizia).

 La componente “rifiuti” assomiglierà più alla Tariffa di igiene ambientale (TIA) che alla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) nonostante entrambe risultino abrogate dall’entrata in vigore del Res. La nuova tariffa dovrà essere determinata, infatti, da determinarsi attraverso un regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, sarà proporzionata “alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotte per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte” mentre la componente “servizi” sarà calcolata in base al valore dell’immobile attraverso un’aliquota comunale.

 Res: rifiuti – La nuova tariffa si comporrà :

  1. rifiuti: pagati da chiunque possegga, occupa o detiene a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte s

    uscettibili di produrre rifiuti. Il pagamento della tariffa sarà annuale e proporzionato alla quantità e qualità media ordinaria di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte.

    Tariffe determinate tenendo conto della quota relativa al costo del servizio e di quella rapportata alla quantità di rifiuti relativi al servizio fornito e ai costi di gestione.

  2. I Comuni, inoltre, potranno decidere di diminuire la tariffa o anche di prevedere agevolazioni o esenzioni in caso di ridotta produzione di rifiuti e prevedere agevolazioni per situazioni di particolare disagio sociale (ad esempio casi di particolare difficoltà economiche). I comuni più all’avanguardia che hanno realizzato sistemi di misurazione della quantità di rifiuti conferiti potranno applicare una tariffa «avente natura corrispettiva». Ma questa norma (art.14 undecies inserito dal dlgs correttivo all’interno del decreto legislativo n.23/2011) è stata oggetto di critiche da parte del Ministero dell’Ambiente e potrebbe essere modificata. In un parere (Allegato II) inviato a palazzo Chigi e al Ministero dell’Economia, il Ministero dell’Ambiente ha sollevato dubbi, in particolare, su quale sia l’amministrazione centrale a cui spetterà redigere il regolamento che metterà nero su bianco i criteri per determinare il costo del servizio. In sede comunitaria, fa notare il Ministero, «risulta controverso se il modello della liquidazione esatta dei costi debba essere applicato allo smaltimento dei rifiuti urbani». Una causa su questo punto è tutt’ora pendente davanti alla Corte di giustizia Ue. Inoltre, se il Res si configurasse come tariffa (e dunque come prelievo di natura non tributaria), ci sarebbe più di un dubbio sulla sua conformità con i criteri direttivi della legge delega sul federalismo (n.42/2009) che fa riferimento solo alla razionalizzazione della fiscalità degli enti. Qualora invece la bozza di dlgs tendesse a fare del Res un tributo, emergerebbero «alcuni profili di estrema criticità» con riferimento alla normativa in materia di servizi pubblici locali.

    Res: servizi – Res avrà come presupposto l’occupazione, a qualsiasi titolo (quindi non solo proprietà ma anche locazione, uso, usufrutto ecc.) di immobili ad uso abitativo (classificati alle categorie catastali da A1 a A9) da parte di soggetti anagraficamente residenti nel territorio del comune. Questa quota della nuova “service tax” sarà dovuta da tutte le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio del comune che occupano fabbricati. La base imponibile del Res, limitatamente alla componente relativa ai servizi indivisibili, sarà il valore dei fabbricati e delle relative pertinenze determinato moltiplicando per 100 la rendita catastale. A questa cifra si applicherà un’aliquota definita dal consiglio comunale. Anche in questo caso sono previste agevolazioni e riduzioni in base al reddito e al numero di familiari a carico. Per esempio, stando alla prima bozza di decreto, viene stabilita una no tax area per i residenti il cui reddito non superi il primo scaglione dell’Irpef (15 mila euro). C
    ostoro non pagheranno nulla, ma il diritto all’esenzione verrà meno se la somma dei redditi dei soggetti che vivono sotto lo stesso tetto supera tale soglia. Per chi vive in affitto e ha un reddito complessivo a livello di nucleo familiare non superiore al limite previsto per il secondo scaglione Irpef (28 mila euro) il tributo sarà ridotto della metà. Lo stesso dicasi per i proprietari (o titolari di diritto di usufrutto, uso, abitazione o superficie) già assoggettati ad Ici o Imu.

Per quanto riguarda gli adempimenti, i contribuenti dovranno presentare la dichiarazione relativa alla «Res» entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di inizio del possesso. La riscossione potrà essere affidata anche all’ente erogatore dell’energia elettrica. E nel caso in cui il contribuente non paghi il tributo per due volte consecutive, l’ente gestore potrà arrivare alla sospensione dell’energia elettrica.

 11Vale la pena di ricordare che la TARSU trova disciplina nel Dlgs. 507/93 ed è applicata dai Comuni quale tassa per il costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani oltre che per lo spazzamento delle strade pubbliche; la tassa si parametra alla superficie dei locali di abitazione e di attività dove possono avere origine rifiuti di varia natura.

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Registro di carico e scarico: esclusioni

TRASPORTO IN CONTO PROPRIO
REGISTRO DI CARICO E SCARICO: SOGGETTI ESCLUSI
Art. 190 comma 1bis Dlgs. 152/2006 – Dlgs. n. 121/2011 art. 4 co. 1 lett. b)
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Coloro che trasportano in conto proprio rifiuti non pericolosi ai sensi dell’art. 212 comma 8 Dlgs. 152/2010 non sono più obbligati a tenere il Registro di carico e scarico (nei limiti indicati dalla legge) già dal 16.8.2011.
L’importante novità è stata inserita all’art. 190 Dlgs. 152/2006 (comma 1-bis) dal Dlgs. 121/2011 e operativa dal 16.8.2011:
Sono esclusi, dal 16.8.2011, dall’obbligo di tenuta di un registro di carico e scarico :
1)    gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile che
2)    raccolgono e
3)    trasportano
i propri rifiuti speciali purchè non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8,
nonche’
4)    le imprese e
5)    gli enti che,
ai sensi dell’art. 212, comma 8,
6)    raccolgono e
7)    trasportano
i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettera b)
ovvero “i rifiuti derivanti dalle attivita’ di demolizione, costruzione, nonche’ i rifiuti che derivano dalle attivita’ di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis” ovvero non integri i requisiti del “sottoprodotto” (art. 184bis).
Il legislatore sembra operare una esclusione ampia per gli imprenditori agricoli mentre restringe l’ambito di esclusione per le imprese ed enti ai soli rifiuti che derivano da demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attvità da scavo ecc…
Il comma 8 dell’art. 212 Dlgs. 152/2006 ha subito anch’esso profonda revisione dal Dlgs. n. 205/2010 e dunque, ad oggi, il riferimento al trasporto di rifiuti propri, anche ai fini della esclusione della tenuta del Registro e carico e scarico deve essere intesa:
1) I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonche’
2) i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi
3) in quantita’ non eccedenti
a) trenta chilogrammi o trenta litri al giorno,
non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti.
Detti soggetti
1)    non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e
2)    sono iscritti in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilita’, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990:
a) la sede dell’impresa, l’attivita’ o le attivita’ dai quali sono prodotti i rifiuti;
b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;
c) gli estremi identificativi e l’idoneita’ tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalita’ di effettuazione del trasporto medesimo;
d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l’impresa e’ tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione.
Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione .

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Sistri e reati

SISTRI E REATI: responsabilità delle Società
Dlgs. 231/2001 art. 25 undecies co. 2 lett. g).
art. 260 bis Dlgs. 152/2006
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo Studio Legale Ambiente continua lo schema di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001[1] per i reati di cui al Dlgs. 152/2006 in vigore dal 16.8.2011; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
 Art. 260 bis Dlgs. 152/2006 (novità).
L’articolo 260 bis è stato introdotto nel nostro ordinamento dal  Dlgs. 205/2010  (vigente al 25.12.2010) assieme alle altre sanzioni relative al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) .
E’ tuttavia nota la vicenda normativa che ha coinvolto proprio l’art. 260 bis che, assieme a tutto il sistema Sistri, veniva abrogato dall’articolo 6, comma 2, lettera d) del Dl 13 agosto 2011, n. 138; per poi rivivere con la legge di conversione del  14 settembre 2011, n. 148; legge che ha posto nel nulla il decreto abrogativo.
Ebbene circa un mese prima della abrogazione a mano del Governo (DL 13.8.2011 n. 138) il Parlamento aveva riformato proprio ed anche l’articolo 260 bis (Dlgs. 121/2011 del 7.7.2011). introducendo i commi 9bis e 9ter.
L’entrata in vigore delle modifiche (17.8.2011) successiva alla abrogazione segnava una battuta di arresto dell’intera normativa.
La legge di conversione del 14.9.2011 n. 148 riporta in luce anche il testo modificato dell’art. 260 bis.
Le modifiche intervenute sull’art. 260 bis hanno introdotto solo i commi 9 bis e 9 ter. Sono modifiche che non prevedono nuovi comportamenti sanzionabili bensì benefici e riduzioni di pena.
 Reati ex art. 260 bis e Dlgs. 231/2001
Nel caso di reati e dunque di comportamenti ritenuti gravi dal legislatore e che vengono puniti con pena che incide sulla libertà personale quale la reclusione
1)    nessun trattamento premiale di riduzione della pena
2)    previsione di responsabilità amministrativa della società ex Dlgs. 231/2001 ex art. 25 undecies.
Lo schema è il seguente:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Società
ex Dlgs. 231/2001
Sanzioni interdittive
art. 260 bis comma 6
Certificato analisi rifiuti falso
 
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 7 secondo periodo
Trasporto senza copia cartacea sistri rifiuti pericolosi
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 7 terzo periodo
Trasporto uso certificato fase indicazioni
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 8 primo periodo
Trasposrto con scheda cartacea sistri alterata
Pena reclusione da 4 mesi a 2 anni
(477 e 482 c.p.)
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis
Comma 8 secondo periodo
Trasporto scheda sistri alterata rifiuti pericolosi
Pena reclusione da 4 mesi a 2 anni
(477 e 482 c.p.) con aumento fino ad 1/3
Da  200 a 300 quote Non prevista

 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 



[1] IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela   penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.
 
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RESPONSABILITA' P.A. E DANNO

Comportamento scorretto della p.a. – TERMOVALORIZZATORE – Danno risarcibile – RESPONSABILITA’ DELLA PA – VIOLAZIONE DELLA BUONA FEDE – APPALTI – Consiglio di Stato 12.7.2011 n. 4196
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
 L’amministrazione espleta una gara di appalto per la costruzione di un termovalorizzatore e provvede anche alla aggiudicazione.
Dopo l’aggiudicazione però non vuole stipulare il contratto di appalto sostenendo la giuridica impossibilità di realizzare il medesimo termovalorizzatore e apponendo inoltre il vincolo archeologico sull’area interessata.
ED INVERO la P.A. dopo l’aggiudicazione ed in via istruttoria scopre sull’area un sito archeologico e dunque ritiene di non poter più dare avvio alla costruzione appaltata e revoca ogni provvedimento.
Il Consiglio di Stato a dire il vero rigetta tutte le doglianze dei ricorrenti rendendo legittima la decisione della amministrazione….. tuttavia riconosce la esistenza di un danno anche alla luce dei comportamenti tenuti da alcune amministrazioni .
Questa la novità.
 Il comportamento della P.A. si pone in violazione del canone di buona fede in senso oggettivo di cui all’art. 1337 c.c; la P.A. invero viola l’ obbligo di realizzazione degli adempimenti necessari a garantire la validità, l’efficacia o l’utilità del rapporto negoziale.
La responsabilità della P.A. anche in sede precontrattuale si configura nella correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’art. 1337 c.c. .
La valutazione del comportamento di buona fede in sede precontrattuale prevale sull’interesse stesso alla stipula del contratto tant’è che la stipulazione del contratto e dunque il raggiungimento dell’obiettivo non esclude la valutazione del comportamento ex art. 1337 c.c.. (cfr. Cass. civ., 8 ottobre 2008, n. 24795; Sez. Un. civ., 19 dicembre 2007, n. 26724).
La mancata stipula del contratto può dipendere da vari fattori.
Si ritiene che la P.A. possa rispondere ex art. 1337 c.c. anche se l’omessa stipulazione del contratto dipenda da fattori non imputabili alla amministrazione .
Si pensi al caso in cui intervenga il radicale mutamento della vicenda sottesa in causa (il factum principis, Cons. Stato n. 1763/2006, cit.).
Si pensi al caso in cui la P.A. ponga in essere comportamento in violazione con l’ obbligo di realizzazione degli adempimenti necessari a garantire la validità, l’efficacia o l’utilità del rapporto negoziale (nonché, prima ancora, la sua stessa finalizzazione – Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2009, n. 5245; cfr. anche Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6).
Anche la Corte di cassazione evoca il significato oggettivo della buona fede che deve avere a tutela la reciprocità dell’affidamento delle parti contrattuali e che impone dunque a ciascuna delle parti il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile (Cass. civ., 10 novembre 2010, n. 22819).
QUANTIFICAZIONE DEL DANNO
Di particolare interesse la decisione in ordine alla quantificazione del danno.
Il Collegio invero richiama i parametri dell’interesse negativo ex art. 1337 c.c. ma ritiene applicabile tale criterio solo qualora il danno sia direttamente imputabile alla amministrazione e non derivi dunque da fattori successivi esterni e meritevoli di accogliemento (scoperta sito archeologico).
Ciò che importa è che il Consiglio di Stato  ha valutato comunque il comportamento della amministrazione e ha offerto un parametro per la liquidazione del danno.
 In particolare attingendo direttamento dalla sentenza:
1) art. 34 c.p.a. comma 4
“6.2.5. Ai fini della quantificazione del danno, il Collegio ritiene di fare applicazione della previsione di cui al comma 4 dell’art. 34, c.p.a., secondo cui in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine”.
 
2)interesse negativo non liquidabile
“A tal fine si ritiene di non poter seguire in modo integrale in tradizionale orientamento secondo cui, in caso di condanna per responsabilità di carattere precontrattuale, il quantum risarcitorio deve essere parametrato per intero all’interesse negativo rappresentato dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative.”
 
3) danno emergente/occasioni perdute
Secondo l’orientamento giurisprudenziale allo stato prevalente, infatti, il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale da parte della pubblica Amministrazione a seguito della mancata stipula dal contratto, deve intendersi limitato:
a) al rimborso dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto (danno emergente), nonché
b) al ristoro della perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione con altri di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l’esecuzione del contratto (in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; id., Sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680; id., Sez. V, sent. 14 aprile 2008, n. 1667).
4) nesso diretto
Tuttavia, ad avviso del Collegio, il criterio in questione può essere integralmente e proficuamente utilizzato soltanto nelle ipotesi paradigmatiche in cui fra il comportamento scorretto dell’amministrazione e la mancata stipula del contratto intercorra un nesso di conseguenzialità diretta.
 5) temperamento
Al contrario, al medesimo criterio devono essere apportati dei temperamenti per le ipotesi in cui (come nel caso di specie) sussista, sì, un comportamento contrario a buona fede in senso soggettivo tenuto dall’amministrazione nel corso della fase precontrattuale, ma la mancata stipula del contratto non costituisca un effetto di tale comportamento, bensì l’effetto di fattori ulteriori autonomamente idonei, sotto il profilo causale, a determinare l’impossibilità di stipulare il contratto.
 
6) spese sostenute
In siffatte ipotesi, l’ammontare delle spese sostenute per la partecipazione alla gara può bensì essere assunta quale parametro per la determinazione del quantum risarcitorio, ma non quale posta risarcitoria in senso proprio, bensì quale criterio di computo idoneo a riempire di contenuto concreto una determinazione in via equitativa del danno risarcibile ai sensi dell’art. 1226, cod. civ.
7) congruità
Nel caso di specie, quindi, si ritiene congruo commisurare il quantum del risarcimento da corrispondere nella misura del quaranta per cento delle spese effettivamente sostenute ai fini della partecipazione alla gara (ivi comprese le spese di progettazione).
Non si ravvisano, invece, ragioni sistematiche o fattuali tali da indurre ad accogliere la domanda risarcitoria per ciò che attiene il preteso importo pari al 10 per cento del corrispettivo di gara.
Inoltre, non si ritiene di poter riconoscere il ristoro delle spese inutilmente sostenute nel corso delle trattative in vista del contratto non concluso, atteso che la società appellante non ha fornito alcun elemento di prova relativo ad ulteriori, possibili occasioni di stipulazione di contratti (altrettanto o maggiormente vantaggiosi rispetto a quello non concluso) i quali sarebbero stati impediti proprio dalle trattative indebitamente interrotte, in tal modo determinando l’obbligo di ristoro sotto il profilo del lucro cessante
Per quanto riguarda l’imputabilità soggettiva della condotta foriera di danno e la distribuzione del conseguente onere risarcitorio, si ritiene che la complessiva valutazione in ordine al comportamento delle amministrazioni appellate (e in ordine alla gravità dei relativi comportamenti) induca a distribuire il complessivo onere risarcitorio nella misura del 60 per cento a carico del Comune di Capannori e del 40 per cento a carico della Regione Toscana.
8) criteri:
in primo luogo, occorrerà determinare l’ammontare delle spese effettivamente sostenute per la partecipazione alla gara in questione (ivi comprese le somme per la predisposizione della documentazione di gara e del progetto, ove sussistenti e provate);
– le somme in tal modo determinate dovranno essere ridotte fino al quaranta per cento del loro ammontare complessivo;
– sul quantum risarcitorio in tal modo determinato, da intendersi quale debito di valore, dovranno essere computati gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria sino al giorno della pubblicazione della sentenza. Dovranno, inoltre, essere computati gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione della decisione sino all’effettivo soddisfo.
 

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Rifiuti: procedure semplificate

RIFIUTI E PROCEDURE SEMPLIFICATE

Note a TAR Lombardia – Milano n. 2311/2011 Silenzio assenso e revoca della iscrizione ex art. 216 Dlgs. 152/2006

 a cura di avv. Cinzia Silvestri

 Il TAR Lombardia-Milano con sentenza n. 2311/2011 del 29.9.2011 affronta un caso abbastanza comune ma ancora foriero di discussione.

Bisogna sempre considerare che le sentenze traggono origine da casi specifici e che vanno lette nel contesto di riferimento evitando di “fare di tutta l’erba un fascio”.

Certo, si registra da parte della magistratura una sempre maggiore distanza dall’operare concreto delle imprese; distanza giustificata dalla tutela ambientale che lascia, tuttavia, l’impresa, che combatte con costi e responsabilità, spesso in balia di norme oscure, interpretazioni, discrezionalità amministrative, incertezze.

Questa sentenza sembra dire che l’impresa che opera in regime sempliifcato può sempre vedersi revocata la iscrizione per “qualsiasi violazione del DM 5.2.1998” e che l’amministrazone non è tenuta neppure a motivare il provvedimento di revoca in quanto è implicita la motivazione dalla stessa istruttoria compiuta.

Ed invero.

Una società impugnava il provvedimento con il quale la Provincia di Lecco ha disposto il divieto di prosecuzione dell’attività e quello dell’Albo nazionale delle Imprese che svolgono la gestione dei rifiuti che ha archiviato la domanda di iscrizione al registro presentata dalla società.

La società invero sosteneva, ai sensi dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006, di aver ottenuto l’autorizzazione semplificata all’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti per silenzio assenso, con la conseguenza che il provvedimento della Provincia di Lecco sarebbe tardivo. Inoltre la procedura semplificata permetterebbe di svolgere l’attività di recupero dei rifiuti in via accessoria e strumentale senza i requisiti richiesti in via ordinaria.

Lamentava la società anche in ordine alla motivazione del provvedimento della Provincia la quale non indicava in modo specifico, neppure per relationem, i requisiti mancanti.

  1. Il silenzio assenso della amministrazione (decorsi 90 giorni dalla comunicazione) non esaurisce il potere di controllo della amministrazione ed il potere di incidere sulla iscrizione ex art. 216 Dlgs. 152/2006

La Corte precisa:

L’articolo 33 del decreto legislativo 5 luglio 1997 n. 22, ed oggi l’art. 216 del T.U. Ambientale prevede una procedura semplificata, mediante denunzia d’inizio d’attività, di autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti. Il comma 1 dispone che l’attività possa essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione d’inizio di attività alla provincia territorialmente competente, il comma 3 prevede che entro quel termine la provincia verifichi d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti per l’esercizio dell’attività, e il comma 4 prevede che, accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la provincia disponga il divieto d’inizio o di prosecuzione dell’attività.

Benché la comunicazione di cui trattasi sortisca effetto già per il decorso del termine di 90 giorni, in assenza di specifici divieti o richieste di integrazioni documentali da parte della Provincia, sulla scorta dei meccanismi tipici del silenzio assenso, la comunicazione medesima, pur sortendo l’effetto operativo di legittimare l’attività con il decorso dei termini di legge, soggiace alle disposizioni richiamate dall’art. 31, ultimo comma, del D. Lgs. 22/97 (oggi art. 214 del T.U. Ambiente), ovvero le statuizioni sulla veridicità delle comunicazioni rese e dei relativi atti che la compongono, nonché il divieto di conformazione se si siano rese dichiarazioni false e l’espressa previsione di applicazione della sanzione prevista dall’articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

Inoltre poiché la disposizione del terzo comma dell’art. 216 prevede espressamente che la Provincia verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, disponendo non solo il divieto di inizio ma anche quello di prosecuzione della medesima, si deve ritenere che tale potere di controllo sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità od il mancato rispetto della norma tecnica a presupposto della quale viene svolta l’attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito.

Ne consegue che nessuna consumazione del potere di controllo provinciale si è verificata per il fatto che il diniego di autorizzazione è stato emanato oltre un anno dopo la presentazione della domanda.”

  1. L’iscrizione semplificata deve rispettare le norme di cui all’art. 214 commi 1,2,3 e DM 5.2.1998.

Sul punto la Corte, pur avendo a riferimento la doglianza posta in causa, sembra ampliare la rilevanza del DM 5.2.1998. Il richiamo reciproco degli articoli 214 co. 1,2,3, e 216 co. 1,2,3 sembra invero precisare le “condizioni” senza le quali la iscrizione non può essere ottenuta; solo queste condizioni sono tali da giustificare un simile provvedimento foriero di grave danno per le aziende. Non tutto ciò che indicato nel DM 5.2.1998 (soprattutto nella parte deidicata ai principi art. 1 a 11) pare integrare questo requisito.

Tuttavia nel contesto la generalità dell’affermazione della Corte è giustificata dalla doglianza del ricorrente e la Corte precisa:

Il secondo motivo è infondato in quanto l’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 stabilisce al primo comma che l’autorizzazione semplificata opera “a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214, commi 1, 2 e 3”.

Ne consegue che non si può ritenere che la previsione della comunicazione di inizio di attività costituisca una forma di liberalizzazione dell’attività.

In secondo luogo poiché condizione indispensabile per l’utilizzo della procedura semplificata è, nel caso in questione, il rispetto del D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, non è possibile ritenere che la mera accessorietà dell’attività di recupero dei rifiuti rispetto all’attività principale giustifichi il mancato rispetto della normativa ambientale.

Sebbene, infatti, tra gli scopi del T.U. ambientale vi sia anche quello di favorire il recupero dei rifiuti rispetto alle tradizionali attività di smaltimento, la legge non ha voluto, con gli artt. 214 ss. del D. Lgs. 152/2006, ritenere che il recupero sia attività irrilevante dal punto di vista ambientale, quanto piuttosto sottoporla ad un regime amministrativo ambientale semplificato e di favore, a condizione però che siano rigidamente osservati i limiti stabiliti dal D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi. Solo il rispetto di fatto di queste condizioni legittima la piena efficacia della d.i.a. e la conseguente iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali.

Non è possibile quindi ritenere che l’attività di recupero non sia soggetta alla normativa ambientale ma a quella dell’attività principale.

  1. L’Amminstrazione non è tenuta a motivare nel provvedimento la condizione violata ex DM 5.2.1998.

L’affermazione desta perplessità. La Corte sembra giustificare, come motivata, la contestazione della amministrazione in quanto esiste documento (foto) dal quale desumere la motivazione del provvedimento.

Giustifica la Corte: “Il terzo motivo di ricorso, incentrato sul difetto di motivazione, è infondato in quanto la mancanza dei requisiti richiesti dal DM 05.02.1998 per la gestione dei rifiuti non pericolosi risulta dal confronto diretto tra le foto del verbale dell’ispezione effettuata dalla Provincia il 7 giugno 2007 e la normativa violata. In particolare risultano cumuli scoperti mentre l’allegato 5 al DM citato richiede che “lo stoccaggio in cumuli di rifiuti che possano dar luogo a formazioni di polveri deve avvenire in aree confinate; tali rifiuti devono essere protetti dalle acque meteoriche e dall’azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili”.

Ne consegue che nessun difetto di motivazione può imputarsi al provvedimento amministrativo in quanto la mancata indicazione della specifica disposizione vietata all’interno del DM citato costituisce una mera irregolarità in quanto non rende perplesso il contenuto del provvedimento”.

 

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Fanghi: quando sono rifiuti?

QUANDO I FANGHI DA DEPURAZIONE DIVENGONO RIFIUTI?
NOTE A CASS. PEN. N. 36096 DEL 5.1.2011.
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Il legale rappresentante di una società cui era affidata la gestione dell’impianto di depurazione delle acque reflue urbane era accusato di aver effettuato il deposito incontrollato dei rifiuti costituiti dai fanghi di depurazione del predetto impianto avendone omesso lo smaltimento.
La sentenza affronta il momento di passaggio dei “fanghi” alla disciplina sui “rifiuti”.
Utile la cronologia delle modifiche all’art. 127 :
1) L’art. 48 dell’ormai abrogato Dlgs 152/99 stabiliva: “ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 e successive modifiche, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta ciò risulti appropriato“.
2) L’art. 127 del Dlgs 152/2006, nell’originaria formulazione, specificava: “ferma restando la disciplina di cui al Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato”.
3) L’articolo 127, comma primo Dlgs 152/2006, nell’attuale formulazione dopo le modifiche apportate dal Dlgs 4/2008, così recita: “ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato”.
Le modifiche apportate all’articolo 127, recita la sentenza, spostano dunque il momento in cui la disciplina dei rifiuti deve applicarsi ai fanghi al termine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione, ragion per cui è essenziale individuare il momento finale di tale trattamento.
La sentenza approfondisce concludendo che se manca il trattamento finalizzato allo smaltimento e/o riutilizzo, ovvero quando tale procedura sia svolta in luogo diverso dall’impianto di depurazione o in modo incompleto, inappropriato o fittizio, i fanghi derivanti dalla depurazione di acque reflue devono considerarsi RIFIUTI.
Questo è il principio di diritto sancito dalla Cassazione Penale con sentenza n. 36096 del 5.10.2011, che ha rigettato il ricorso di un gestore di un impianto di depurazione di acque reflue urbane condannato per aver effettuato un deposito incontrollato di rifiuti costituiti da fanghi di depurazione non smaltiti.
Sul punto però il legislatore nulla ha statuito, anche perché, come riconosciuto dalla stessa Cassazione, la procedura di trattamento dei fanghi dipende da molti fattori (attrezzature impiegate, luogo in cui avviene l’essiccamento, agenti atmosferici, natura dei fanghi, destinazione dei letti di essiccamento) e sarebbe dunque impossibile determinare un momento finale adeguato e certo.
La Cassazione richiede pertanto un accertamento concreto della natura dei fanghi e delle modalità di trattamento degli stessi.
Nella fattispecie oggetto della sentenza, la mancanza di operazioni di scarico dei rifiuti nell’apposito registro e la presenza di vegetazione sui fanghi costituivano elementi fattuali che a parere della Cassazione dimostravano al di là di ogni ragionevole dubbio l’omesso trattamento dei fanghi ed il prolungato tempo di permanenza degli stessi nelle vasche di essicazione.
I fanghi dunque non erano destinati né allo smaltimento, né al loro recupero, ma costituivano rifiuti.
Il gestore non aveva peraltro provato l’avvio del trattamento, né aveva motivato il ritardo e questo costituiva ulteriore riprova dell’omesso trattamento.
La sentenza 36096/2011 è anche occasione per la Cassazione di ribadire che l’onere della prova incombe proprio sul produttore dei rifiuti, “in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria”.
 
 

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