SISTRI – disponibile il programma pilota per il tracciamento dei rifiuti

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Dal 26 luglio 2010 è ufficialmente partita la fase test sulle procedure informatizzate del sistema Sistri.
 
In vista della scadenza del 1° ottobre, termine posto dal D.M. 9 luglio 2010 all’avvio del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, è stata attivata questa fase di test al fine di consentire una piena e più diffusa conoscenza delle modalità operative e della funzionalità del SISTRI e per consentire ad un insieme rappresentativo di tutte le classi di utenti di provare il sistema e fornire suggerimenti e proposte per meglio adattare l’interfaccia utente e le procedure relative alle esigenze prospettate dagli operatori ed ai sistemi gestionali presenti presso le aziende.

Fino al 1 settembre, le imprese selezionate potranno far pervenire ai tecnici del Ministero, attraverso il programma pilota messo a disposizione sul sito www.sistri.it,  le proposte di miglioramento del sistema operativo, soprattutto per quanto riguarda l’interfacciabilità con i programmi in uso aziendale. Il programma sarà condotto con un approccio graduale ed evolutivo, garantendo agli utenti di sperimentare inizialmente un flusso base e progressivamente nuovi elementi sempre più aderenti al sistema in esercizio. Tale metodologia consentirà di raccogliere gli eventuali feedback da utilizzare ai fini del miglioramento del sistema. Il programma di test si articolerà, in particolare, in due fasi che procederanno distinte nel tempo.

 
La prima fase è circoscritta, a un insieme rappresentativo delle classi di utenti. Più avanti si consentirà a tutti gli utenti di familiarizzare con i nuovi percorsi. È un processo che porterà vantaggi per la funzionalità stessa del Sistri: il Ministero si aspetta, infatti, ritorni in termini di suggerimenti e proposte per meglio adattare l’interfaccia del sistema e le procedure alle esigenze delle imprese.

Nei prossimi giorni verrà messo a disposizione degli utenti una prima bozza di manuale operativo, che servirà per formare gli addetti aziendali sulla conoscenza delle nuove procedure e metterli in grado di operare in conformità alle nuove disposizioni.
Le  due fasi test prevedono:
Fase 1 – Sistema demo per la verifica di funzionalità, processi ed usabilità: per migliorare e consolidare l’interfaccia e le procedure del Sistri, grazie ai feedback che saranno utilizzati sia per il processo di miglioramento e tuning del sistema, sia per definire in maniera partecipata il Manuale Utente.
Fase 2 – Sistema in ambiente di produzione man mano che questo è consolidato attraverso la fase 1: per consentire agli utenti di fare pratica con il nuovo sistema, per acquisire praticità e rapidità nell’utilizzo anche grazie al supporto del Manuale Utente.

 

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SISTRI – PROROGA NOVITA'

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Il provvedimento di “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70,  approvato dal Senato il 7 luglio 2011 , non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, contiene un’importante disposizione  (in materia di Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, poichè prevede che, per imprese ed enti produttori di rifiuti speciali pericolosi (compresi i trasportatori di cui all’art. 212 c. 8 del D.Lgs. 152/06 che trasportano rifiuti pericolosi) che hanno fino a 10 dipendenti, la data di piena operatività del Sistri non possa essere antecedente al 1° giugno 2012.
La data di avvio della piena operatività del Sistri per i produttori di rifiuti pericolosi che hanno fino a dieci dipendenti non sarà dunque il 2 gennaio 2012, come stabilito con Decreto 26 maggio 2011, bensì quella che sarà adottata con un provvedimento di proroga emanato dal Ministero dell’Ambiente, comunque non antecedente al 1° giugno 2012.
 
Fino a tale data i produttori di rifiuti pericolosi che hanno fino a dieci dipendenti saranno tenuti alla gestione dei rifiuti secondo la logica del “doppio binario”: obbligo di utilizzo del Sistri (pur in assenza delle relative sanzioni, che scatteranno a partire dal giorno della piena operatività del sistema) e di tenuta delle tradizionali scritture cartacee (registri di carico e scarico e formulari di identificazione dei rifiuti), anche se il nuovo art. 258 del D.Lgs. 152/06 in materia di “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari” fa riferimento ai soli soggetti che non abbiano aderito al Sistri.
La modifica trova la sua motivazione nella necessità di «garantire che un adeguato periodo transitorio consenta la progressiva entrata in operatività» del Sistri. Il che è più che comprensibile a fronte della complessità del sistema e della dimensione dei soggetti destinatari dell’obbligo.
In ordine al sistema sanzionatorio, anche questa futura proroga varrà al pari di quelle intervenute per le altre categorie di soggetti obbligati con il Dm 26 maggio 2011. Infatti, le sanzioni previste per il Sistri si applicano a partire dal giorno successivo alla scadenza del regime del “doppio binario”.
Il Dm 26 maggio 2011 ha reso graduale la dismissione di tale regime e graduale sarà anche l’applicazione delle sanzioni che saranno applicabili solo da quando le singole categorie di soggetti saranno obbligate alla dismissione del “doppio binario”.


 

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ACQUE E RUMORE: SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA

Atto Governo n. 369 (reperibile in www.parlamento.it)

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Novità in materia di assimilazione delle acque e autorizzazione nonché qualche agevolazione in materia di rumore.
Per quanto riguarda il Veneto sembra potersi affermare che le eventuali estensioni delle acque assimilate domestiche sono già disciplinate dall’art. 34 PTA 2009; mentre applicabile appare la novità in materia di rinnovo autorizzazioni.
È al vaglio del Parlamento  testo di DPR predisposto in attuazione dell’art. 49 comma 4 quater D.L: 31.5.2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30.7.2010, n. 122 avente la finalità, “senza modificare le disposizione di cui al D. Lgs. 3.4.2006, n. 152 e alla legge 26.10.1995, n. 447, semplificare(re) gli adempimenti amministrativi gravanti sulle imprese in riferimento alla disciplina delle acque reflue e alla documentazione di impatto acustico, lasciando inalterati i livelli di tutela ambientale(relazione illustrativa DPR) .
Il testo, laddove approvato ed emanato, troverà applicazione solo per le micro, piccole e medie imprese (art. 1).
Le tabelle, non trovano applicazione in Veneto, stante la vigenza dell’art. 34 NTA del PTA Veneto.
Si precisa che la materia ambientale è di competenza esclusiva statale e, dunque, è precluso il potere legislativo in capo alle Regioni
Il PTA è un piano di settore, strumento di obbligatoria emanazione, stante l’art. 121 D. Lgs. 152/06 e volto alla sola indicazione del panorama attuale dello stato del patrimonio idrico regionale e a disporre, laddove opportuno in base alle condizioni territoriali, i valori dei parametri di cui all’all. 5 parte III TUA.
AUTORIZZAZIONE SCARICHI ACQUE REFLUE INDUSTRIALI
L’articolo 3 è finalizzato a “semplificare  la procedura di rinnovo dell’autorizzazione che attualmente risulta onerosa quanto una nuova autorizzazione” (relazione illustrativa).
Laddove non vi siano verificate modifiche di carattere strutturale, ovvero non vi siano mutamenti quali-quantitativi dello scarico è sufficiente una autocertificazione da inoltrare alla Provincia entro 6 mesi prima della scadenza dell’autorizzazione.
La semplificazione amministrativa non vale se lo scarico contiene sostanze pericolose (art. 3 comma 2).
 
*****
RUMORE
SEMPLIFICAZIONE DOCUMENTAZIONE IMPATTO ACUSTICO (ART. 4).
L’art. 8 L. 447/95 richiede il deposito di una valutazione di impatto acustico unitamente al progetto per la edificazione/realizzazione di un’infrastruttura, un’esercizio commerciale oppure un’attività.
Lo Stato italiano ha verificato che le imprese spendono otre 3.000 € per gli adempimenti in materia acustica, costo che potrebbe essere evitato grazie al DPR in fase di studio.
Il testo di legge, infatti, disciplina all’art. 4 quali casi possano sostituire la valutazione dell’esperto acustico con una autodichiarazione, “fornendo dunque un quadro regolatorio caratterizzato da maggiore certezza nell’ottica di ridurre il rischio che le imprese sostengano oneri amministrativi superflui rispetto alle effettive esigenze di tutela dall’inquinamento acustico” (relazione illustrativa).
 
Laddove dunque l’attività esercitata non superi i limiti stabiliti nei piani di zonizzazione acustica approvati dai Comuni ovvero, in mancanza, da quanto disposto dal DPCM 14.11.1997, la valutazione dell’esperto non è necessaria.
 
..il problema è che deve essere verificato il rispetto dei limiti e ciò richiede proprio l’intervento di un esperto……
Si evidenzia altresì un’altra problematica: l’attuale testo del DPR richiama soltanto il DPCM 14.11.1997, ma non quello del 1991 e ciò nonostante l’art. 6 DPCM 1.3.1991, che stabilisce proprio i limiti suppletivi, in attesa della classificazione acustica operata dai Comuni.


In particolare si evidenzia:
ART. 2: ACQUE ASSIMILATE A QUELLE DOMESTICHE:
Il DPR stabilisce due tabelle:
la prima contiene i valori che le acque devono presentare prima del trattamento depurativo;
la seconda indica le attività da cui devono derivare i reflui.
Le tabelle si applicano in assenza di disciplina regionale (art. 2 comma 2)
Tabella 1

  parametro/sostanza Unità di misura Valore limite di emissione
1 Portata Mc/giorno ≤ 15
2 pH   5,5-9,5
3 Temperatura ≤30
4 Colore   Non percettibile con diluizione 1:40
5 Materiali grossolani   Assenti
6 Solidi iSospesi Totali Mg/l ≤700
7 BOD5 (come ossigeno) Mg/l ≤300
8 COD (come ossigeno) Mg/l ≤700
9 Rapporto COD/BOD5   ≤2,2
10 Fosforo totale (come P) Mg/l ≤30
11 Azoto ammoniacale (come NH4) Mg/l ≤50
12 Azoto nitroso (come N) Mg/l ≤0,6
13 Azoto nitrico (come N) Mg/l ≤30
14 Grassi e oli animali/vegetali Mg/l ≤40
15 Tensioattivi Mg/l ≤20

 
Per i restanti parametri o sostanze, qualora siano presenti, valgono i valori limite previsti alla Tabella 3 dell’Allegato 5 alla parte terza del decreto 4.4.2006, n. 152 per le emissioni in acque superficiali.
 
Tabella 2 – attività che generano acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche
(si riportano solo i primi 13 attività rimandando per la completa lettura al sito www.parlamento.it)

  ATTIVITÀ
1 attività alberghiera, rifugi montani, villaggi turistici, residence, agriturismi, campeggi
2 Attvità di ristorazione (anche self service), mense, trattorie, rosticcerie, friggitorie, pizzerie, osterie e birrerie con cucina
3 Attività ricreativa
4 Attività turistica
5 Attività sportiva
6 Attività culturale
7 Servizi di intermediazione monetaria, finanziaria e immobiliare
8 Attività informatica
9 Laboratori di parrucchiera, barbiere ed istituti di bellezza con un consumo idrico giornaliero inferiore a 1 m3 al momento di massima attività
10 Lavanderie e stirerie con impiego di lavatrici ad acque analoghe a quelle di uso domestico e che effettivamente trattino non più di 100 kg di biancheria al giorno
11 Attività di vendita al dettaglio di generi alimentari, bevande e tabacco o altro commercio al dettaglio
12 Laboratori artigianali per la produzione di dolciumi, gelati, pane, biscotti e prodotti alimentari freschi, con un consumo idrico giornaliero inferiori a 5 mc nel periodo di massima attività

 

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Sicurezza: infortunio sul lavoro e responsabilità direttore

Corte di Cassazione Sentenza 3 febbraio 2011, n. 4106
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Precisare le responsabilità in caso di infortunio sul lavoro non è semplice tanto più in aziende di grandi dimensioni.
La sentenza in esame evidenzia proprio questa difficoltà laddove la corretta valutazione della responsabilità ha dovuto attraversare tre gradi di giudizio.
Merito della sentenza è la valutazione della posizione sostanziale di ogni figura rispetto agli obblighi di prevenzione.
Laddove esista figura destinata al controllo e direzione di un certo settore, anche nella gestione dei lavoratori e del lavoro , pur non essendo RSPP , esiste un obbligo diretto a provvedere alla sicurezza laddove, si intende, esista, quantomeno, un budget di intervento, un certo potere decisionale.
La sentenza elude la questione della delega aziendale e ne prescinde in quanto ritiene che esista un obbligo diretto, e non delegato dal datore di lavoro.
Laddove, infatti, al fine della sicurezza dei lavoratori l’intervento anche economico (come l’acquisto di una scaletta) rientri nel budget del direttore assegnato alla filiale questi è tenuto, per proprio dovere e nell’ambito dei suioi poteri, ad intervenire a tutela della sicurezza.
La responsabilità non può dunque essere imputata al datore di lavoro, in quanto tale, solo perchè non è stata provata la esistenza di una delega o perchè non era stato nominato RSPP.
La sentenza della Cassazione, dunque, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità ed onera invece il direttore di filiale per non essere intervenuto all’acquisto della scaletta nell’ambito del suo potere di spesa e decisionale.
****
In particolare:
Veniva condannato con sentenza del Tribunale alla pena di mesi due di reclusione per il reato di lesioni colpose in seguito ad infortunio sul lavoro in quanto responsabile di avere omesso, in qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della ditta, “…di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate, in particolare una scala pedana di dimensione e conformazione tali da realizzare un posto di lavoro stabile e sicuro per eseguire le attività inerenti la manutenzione della pressa a iniezione, sita nello stabilimento della sopra indicata impresa.”
In particolare descrive la sentenza del Tribunale : “…Il lavoratore addetto alla pressa nello stabilimento della ditta, nell’ispezionare l’interno della tramoggia, annessa alla pressa a iniezione, in mancanza di supporto adeguato, perdeva l’equilibrio e, nel tentativo di proteggersi, si agganciava al bordo tagliente della tramoggia con la mano destra, riportando ferita lacero contusa al terzo dito della mano destra con lesioni tendinee al flessore profondo con prognosi di 81 giorni ed invalidità permanente pari al 3%….”.
Veniva proprosto appello alla Corte di Trieste che però confermava la sentenza del Tribunale.
Seguiva impugnazione avanti alla Corte di Cassazione.
Affermava il ricorrente di essere legale rappresentante di una società che opera in sette stabilimenti dislocati in due regioni (Friuli Venezia Giulia e Veneto), che occupa oltre 600 dipendenti e che ha un fatturato annuo di circa 140 milioni di euro e che nello stabilimento nel quale si è verificato l’infortunio c’era un direttore, il quale aveva poteri ed autonomia di spesa almeno fino a 5000 euro, senza alcuna necessità di preventiva autorizzazione, il quale per delega disponeva le manutenzioni necessarie. Nella fattispecie il ruolo di “datore di lavoro” era soltanto del ricorrente (che è già stato condannato), nè il ricorrente poteva condividere l’assunto della Corte territoriale secondo cui sarebbe stata necessaria la prova rigorosa ed esaustiva dell’esistenza di una delega anche non scritta, in quanto tale asserzione poteva riferirsi solo all’insussistenza di una valida delega di tipo generale per coprire ogni tipo di deficienza nelle attrezzature messe a disposizione del lavoratore.
Non poteva invece ritenersi necessaria la prova rigorosa della delega per affermare la responsabilità esclusiva del direttore di stabilimento per tutti quegli infortuni che dipendevano o da carenze nelle modalità operative o da inidoneità di attrezzature alle quali egli doveva e poteva porre rimedio in quanto la spesa necessaria rientrava nei limiti della sua autonomia, come appunto nel caso che ci occupa.
La Corte di appello ha ritenuto sussistente la responsabilità del ricorrente (datore di lavoro) principalmente sulla base dei seguenti argomenti:

  1. il mancato accertamento dell’esistenza di una delega scritta e dell’esistenza di una delega ancorchè non scritta;
  2. la mancata nomina di un responsabile della sicurezza;
  3. la circostanza che il direttore dello stabilimento non poteva essere considerato “datore di lavoro”, dal momento che aveva un potere di spesa limitato solo alle situazioni di emergenza, come poteva desumersi dalle affermazioni del teste (.

Dalla istruttoria processuale risultava altresì che il direttore aveva poteri legati all’emergenza, ed anche il potere di far fronte alle spese di modesta entità, avendo a tale scopo una disponibilità di cassa di circa 1000,00 euro ; l’intervento sulla scala messa a disposizione del lavoratore comportava peraltro una spesa di circa 500,00 euro; spesa dunque che poteva rientrare nella disponibilità del direttore.
Secondo la Cassazione invece non risulta pertanto necessaria la prova rigorosa della sussistenza di una delega al direttore dello stabilimento.
Il Dlgs n. 626 del 1994, articolo 2, lettera b), 1 periodo, così come modificato dal Dlgs n. 242 del 1996, considera datore di lavoro “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore”comunque “il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita dalla lettera i) in quanto titolare dei poteri decisionali di spesa”.
Con l’avverbio “comunque” il legislatore ha inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale.
Conclude la Cassazione: “ ….Quindi, ……nelle aziende di grandi dimensioni è frequente il caso in cui il soggetto dotato della legale rappresentanza non coincide con quello in grado di esercitare l’effettivo potere di organizzazione dell’azienda e del lavoro dei dipendenti ed è a quest’ultimo che dovranno attribuirsi le connesseresponsabilità prevenzionali.
Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte, pertanto, (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, Sent. n. 49819 del 5 dicembre 2003) il dato normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico da uno o più datori di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale. E evidente che la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell’unità produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete esigenze prevenzionali.
Egli pertanto sarà qualificabile come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli saranno attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni (e relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili.
Pertanto, nella fattispecie di cui è processo, il direttore dello stabilimento , rientrando l’intervento sulla scala nel suo potere di spesa e nell’autonomia di cui disponeva, era autonomamente onerato a titolo originario e non già per delega del legale rappresentante della Spa”.
 

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Chi risponde del reato ambientale?

Cassazione pen. 1169/2011 – art. 256 comma 1 lett. a) Dlgs. 152/2006
Principio di corresponsabilità

A cura di avvocato Cinzia Silvestri

Il Tribunale di Lucera (Apricena) condannava il responsabile e socio accomandatario di una s.a.s., nella sua qualità, per il reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) del Dlgs. 152/2006 in quanto“effettuava raccolta, smaltimento stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi misti provenienti da attività di rifacimento del manto stradale, contenenti scarti di cemento, bitume catramato e terriccio … in mancanza della prescritta autorizzazione….”.
Si badi che l’effettiva attività veniva compiuta da suo dipendente.
 
Il Tribunale invero attribuiva la responsabilità al socio accomandatario in quanto “l’attività medesima era riconducibile al prevenuto e non risultando provato che nell’ambito aziendale vi fosse stata una delega ad altri soggetti….”
 
Il Socio accomandatario impugnava la sentenza del Tribunale in quanto la condanna risulta fondata solo “sulla sua qualità di amministratore della s.a.s. non potendo essergli rimproverato alcun comportamento riconducibile all’illecito”.
 
La sentenza della Cassazione ha confermato la responsabilità del socio accomandatario richiamando il principio di corresponsabilita’ o responsabilità condivisa; principio già presente nel Dlgs. 22/97 agli articoli art. 2 e 10 poi trasfuso negli articoli 178 comma 3 e 188 Dlgs. 152/2006 ed oggi presente, secondo tale sentenza, negli articoli 178 comma 1 e 188 comma 1 Dlgs. 152/2006 come riformato dal Dlgs. 205/2010).
 
Il principio di corresponsabilità ha carattere estensivo della responsabilità; e ciò nel senso che estende la punibilità anche a soggetti che pur non avendo commesso o contribuito a commettere il fatto restano legati all’illecito.
L’esigenza di questa estensione risiede nella particolare delicatezza del sistema ambiente e nella necessità di attuare una catena di controlli pressante tra i vari soggetti uniti dalla filiera.
Il principio di corresponsabilità si è ben espresso, ed è stato accettato anche nella sua applicazione, che sconfina nella responsabilità oggettiva, proprio nel viaggio del rifiuto e nel sistema cartaceo che individua la filiera di soggetti (produttore, trasportatore, destinatario).
La Cassazione però non precisa che tale sistema confligge con il principio della responsabilità personale; principio dogma del sistema penale.
Nessuno può essere punito se non abbia operato con colpevolezza (dolo/colpa).
Non si può attribuire una responsabilità tanto più penale in forza solo di una qualifica ricoperta, mansione o altro laddove non esista e non sia provata una precisa responsabilità del soggetto agente.
Per lungo tempo la giurisprudenza penale ha rifiutato l’applicazione del principio di corresponsabilità alle fattispecie penali in quanto sconfinava nella responsabilità oggettiva.
Attribuire una responsabilità solo in quanto collegato dalla filiera/viaggio/rifiuto configura una oggettiva responsabilità invisa al sistema penale della responsabilità personale e colpevole.
 
Ebbene, la sentenza in commento sembra recuperare quel filone giurisprudenziale che invece riteneva possibile tale applicazione.
Appare tuttavia un po’ frettolosa la conclusione che anche il TUA ambientale – riformato dal Dlgs. 205/2010 che ha completamente riformulato sia l’art. 178 che l’art. 188 –ribadisca per esteso tale corresponsabilità.
 
Vero è che la Cassazione, pur richiamando il principio di corresponsabilità, cita poi sentenze e ne richiama il contenuto, che imputano responsabilità non certo in via oggettiva ma in quanto riconoscono esistere un comportamento omissivo per violazione dei doveri di diligenza (Cass. pen. 47432/2003);  omessa vigilanza sull’operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta di abbandono (Cass. pen. 2473/2007).
 
Conclude dunque la Cassazione che il socio accomandatario è responsabile in quanto “ non risultando …. avesse delegato ad altri ogni responsabilità in relazione allo svolgimento di quell’attività non avesse adottato tutte le misure necessarie per evitare l’illecito di cui alla contestazione …”.
 
A dire il vero la conclusione di responsabilità della Corte sembra ben lontana dalla applicazione del principio di corresponsabilità ed anzi si allinea, nel concreto, alla necessaria valutazione di responsabilità sotto il  profilo soggettivo ed in relazione al caso in esame.
La sentenza dunque desta qualche perplessità e  qualche ragionevole dubbio nel suo percorso logico ….
 

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Convegno Sistri – Milano 23 giugno 2011

Studio Legale Ambiente Vi informa che il 23.6.2011 a Milano parteciperà al Convegno “Sistri tra semplificazione burocratica e complessità tecnologica”
Per iscrizioni potete accedere al link http://www.gsisr.org/
Il Convegno offre occasione di aggiornamento sul sistema di tracciabilità dei rifiuti alla luce del nuovo Regolamento.
Particolare attenzione alla evoluzione normativa e all’ambito di applicazione dei documenti/testi legislativi ormai di difficile comprensione.
Il Convegno inoltre si occuperà di dare breve ma esaustiva indicazione delle responsabilità/sanzioni che incombono ai soggetti tenuti ad aderire al Sistri e alle diverse figure citate dal Regolamento Sistri.
Cordiali saluti
Avv. Cinzia Silvestri
 

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Focus Sicurezza: RSPP

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

 
E’ utile a volte richiamare alla memoria ciò che ci sembra già di conoscere.
 
Il «responsabile del servizio di prevenzione e protezione» è la persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali indicati dall’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
L’ «addetto al servizio di prevenzione e protezione» è invece la persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32, facente parte del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.



Servizio di prevenzione e protezione

Servizio di prevenzione e protezione (art. 31)
 
commi 1 e 2 riprendono sostanzialmente le previsioni già presenti nel D.Lgs 626/94 e, in particolare, i requisiti degli addetti e del responsabile del SPP introdotti con il D.Lgs n. 195/2003, con la novità rappresentata dalla possibilità che il Servizio esterno può ora essere costituito anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici. Inoltre, relativamente all’ipotesi di costituzione di un SPP interno,  non viene ripetuto l’inciso “da lui dipendenti”,  contenuto nell’art. 8, comma 2, del  D.Lgs 626/94, con la conseguenza che le persone designate per l’espletamento dei compiti di addetto o responsabile del servizio  non devono essere necessariamente lavoratori subordinati. L’obbligo di consultazione del RLS, nel caso previsto dal comma 4 in cui si debba ricorrere a persone o servizi esterni in assenza, all’interno, di persone in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 32, è ora inserito nell’art. 50, comma 1, lett. c). Non trova conferma e risulta pertanto venuto meno, per il  datore di lavoro, l’obbligo, in precedenza previsto dall’art 8, comma 11, del D.Lgs 626/94, di comunicare al servizio ispezione del lavoro e alle unità sanitarie locali il nominativo del RSPP. Nel comma 6 – relativo alle ipotesi (in precedenza disciplinate dall’art. 8, comma 5) in cui è obbligatoria l’istituzione del SPP all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva – il termine “dipendenti” risulta sostituito dal termine “lavoratori”, con la conseguenza che, ai fini della determinazione della dimensione aziendale menzionata nei punti e), f) e g), vanno computati anche i soggetti occupati con rapporto diverso dal lavoro subordinato. Il successivo comma 7 dispone che, nelle ipotesi  di cui al precedente comma 6, il Responsabile del SPP deve essere interno. Ne discende che, stante la previsione del precedente comma 4, ove l’azienda non disponga al proprio interno di un soggetto in possesso di capacità adeguate, se ne dovrà dotare, integrando il proprio organico. Vista la definizione ampia di lavoratore, è da ritenere che l’impresa possa ricorrere ad una qualsiasi forma contrattuale. Infine, trova conferma nel comma 8 la possibilità di istituire un unico SPP nelle aziende con più unità produttive e nei casi di gruppi di imprese.

Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni (art. 32)

Il comma 2 introduce requisiti ulteriori per il responsabile del SPP e richiama i contenuti indicati dall’accordo Stato-regioni del 26 gennaio 2006, attuativo del comma 2 dell’art. 8 bis del  D.Lgs 626/94. Da notare i riferimenti a specifici corsi di formazione in materia di protezione dei rischi di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all’art. 2. Quest’ultima previsione consegue allo specifico inserimento, tra i rischi da valutare, di quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. Il comma 3 fa espressamente salva la previsione dell’art. 3 del D.Lgs n. 195/2003 relativo alla abilitazione alle  funzioni di responsabile o addetto di coloro che, pur essendo privi del titolo di studio richiesto, dimostrino di aver svolto le stesse funzioni, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003. L’esercizio della funzione di RSPP viene tuttavia condizionato alla previa frequenza di uno dei corsi previsti dall’accordo Stato regioni richiamato al comma 2. Il comma 7 dispone la registrazione dello svolgimento delle attività di formazione da parte dei componenti del servizio interno, nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 276/2003. Si tratta di una disposizione innovativa, finalizzata a dare evidenza, nel curriculum professionale e formativo del lavoratore, della frequenza dei corsi in materia di protezione e prevenzione.
 
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 34)
 
Il  comma 1 conferma la possibilità che, nelle ipotesi previste nell’allegato 2 , il datore di lavoro possa svolgere, insieme ai compiti propri del SPP, di prevenzione incendi e di evacuazione, anche le funzioni di primo soccorso. Il comma 2 pone a carico del datore di lavoro che intende svolgere personalmente le funzioni indicate nel comma 1, l’obbligo di  frequentare appositi corsi di formazione di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore. Per il contenuto della formazione si fa rinvio ad un accordo della Conferenza Stato-regioni che dovrà intervenire entro un anno dall’entrata in vigore del TU. Durante tale periodo, conserva validità la formazione conseguita attraverso la frequenza dei corsi, ai sensi dell’articolo 3 del DM 16 gennaio 1997. La stessa disposizione non conferma e deve, pertanto, ritenersi venuto meno l’obbligo per il datore di lavoro interessato  di provvedere alle comunicazioni, in precedenza previste dall’art. 10, comma 2, del D.Lgs 626/94, nei confronti dell’organo di vigilanza.   Infine, il comma 3 pone a carico dello stesso datore di lavoro interessato un nuovo obbligo di frequenza di corsi di aggiornamento. Si tratta di una previsione di portata generale riferibile  anche ai datori di lavoro che hanno frequentato i corsi previsti dal DM 16 gennaio 1997, nonché a quelli che, sia pure fino al 31 dicembre 1996, erano esonerati a norma dell’art. 95 del  D.Lgs 626/94.
 
Con il decreto 106 viene introdotto un comma aggiuntivo che prevede nelle aziende o unità produttive sino a 5 lavoratori la possibilità per il datore di lavoro di svolgere direttamente i compiti di primo soccorso e prevenzione incendi anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia affidato l’incarico di RSPP a persone interne o a servizi esterni, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
 
Il tal caso il datore di lavoro dovrà frequentare gli specifici corsi di formazione di pronto soccorso e prevenzione incendi.
 

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Sicurezza: il rischio elettivo esclude la responsabilità del datore di lavoro

Note a Cass. Lavoro n. 10734/2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Una guardia giurata si allontanava dal proprio posto di lavoro, seppur rimanendo nei pressi, per parlare con un collega al quale accidentalmente cadeva l’arma da fuoco a terra e lo feriva ad un braccio.
La guardia giurata conveniva in giudizio la società datrice di lavoro per vederla condannare al risarcimento dei danni per un infortunio accaduto in occasione del lavoro prestato.
La guardia giurata percorreva i due gradi di giudizio in quanto la domanda veniva rigettata atteso che i giudici escludevano che l’infortunio fosse connesso all’attività lavorativa. La guardia proponeva ricorso per cassazione.
 
La sentenza della Cassazione conferma i due gradi di giudizio e precisa: “Non era dunque ravvisabile né una causa, né una occasione di lavoro, dal momento che la condotta posta in essere… si era concretizzata nel fatto che, per ragioni del tutto estranee al servizio aveva lasciato la propria postazione di lavoro, soffermandosi a discutere con altra guardia giurata, determinando così il venir meno di qual vincolo di occasione lavorativa, che costituisce condizione imprescindibile per la responsabilità datoriale, si da configurare un rischio elettivo…”
 
Il rischio elettivo, consiste in una deviazione dalla attività lavorativa, volontaria, tesa a finalità personali e non riconducibili alla mansione resa e dalle normali modalità lavorative; il rischio elettivo esclude il nesso con l’attività lavorativa.
Il datore non è responsabile dell’infortunio al dipendente che si sia allontanato dalla propria postazione di lavoro.
La Cassazione cita altra sentenza come precedente ovvero la Cass. 4.7.2007 n. 15047 secondo cui “…in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, aggiungendo al riguardo che tale genere di rischio – in grado di incidere, escludendola, sull’occasione di lavoro – si connota per il simultaneo concorso di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive, della direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali ed infine, della mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa)..”.


 

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Sicurezza: lesioni personali colpose ex art. 590 co. 1,2 c.p.

Note a Cassazione penale n. 19555/2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri

Prevale la responsabilità del datore di lavoro anche se l’infortunio sia causato per colpa del lavoratore. 
Nel caso in esame un operaio, esperto, per evitare che uno dei pezzi allineato alla macchina rettificatrice cadesse, appoggiava la mano sinistra sulla lama della macchina rettificatrice, procurandosi delle lesioni.Il responsabile della gestione aziendale, nonché componente del Consiglio di Amministrazione dell’impresa, veniva condannato sia in primo che in secondo grado per il reato di lesioni personali colpose (art. 590, commi 1, 2 e 3, c.p.): il dirigente non aveva né adeguato la macchina alle prescrizioni antinfortunistiche predisponendo idonee misure di protezione nè richiesto ai propri dipendenti l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza.
In particolare precisa la sentenza: “….il cui funzionamento non aveva provveduto ad arrestare allorché aveva allungato la stessa mano nel tentativo di fermare la caduta a terra di uno dei pezzi che aveva allineato sulla macchina. L’infortunio si era verificato in (omissis), per la colpa generica in cui versava l’imputato nonché per la colpa specifica, avendo questi omesso di adeguare la macchina alle prescrizioni antinfortunistiche sopravvenute nei tempo, con idonee protezioni e con i presidi tecnici (essendo la stessa dotata unicamente di una cuffia) a tutela della sicurezza e della incolumità dei lavoratori dipendenti ed avendo altresì omesso di richiedere agli stessi l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza; ciò quindi in violazione dell’art. 2087 cod. civ. e dell’art. 35, commi 1 e 72 D.l.vo n. 626 dei 1994….”
L’omesso controllo del datore di lavoro e la macchina obsoleta determinano la sua responsbailità: “…Il fatto che alla produzione dell’evento avesse concorso la parte offesa, con condotta imprudente, per aver fatto verosimilmente eccessivo affidamento sulla pregressa esperienza e sulla reiterazione delle stesse operazioni, ovviamente non solo non vale ad escludere la responsabilità dell’imputato, in veste di datore di lavoro, ma tantomeno potrebbe condurre ad “escludere” la sussistenza dell’aggravante – contestata – del fatto commesso con violazione della disciplina antinfortunistica ed in particolare dell’art. 35, comma 1 D.l.vo n. 626 del 1994, come legittimamente ritenuto dalla Corte distrettuale. Era invero rimasto accertato, come rimarcato dalla sentenza impugnata, che l’infortunio si era verificato perché la macchina rettificatrice – già obsoleta all’epoca dei fatto – non era stata adeguata, per omissione del P., agli specifici congegni di sicurezza, individuati dai progredire della tecnica (ovvero gli “scudi di sicurezza” come precisato dal tecnico dell’A.S.L.) tali da bloccarne il funzionamento in difetto di espresso consenso all’apertura, elettricamente azionabile dall’operatore.



 

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SISTRI: non solo proroga

Alcune altre novità
http://www.minambiente.it/
 
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
Il sito del Ministero dell’ambiente ormai ha reso di dominio pubblico l’intento di scaglionare nel tempo l’operatività del Sistri  http://www.minambiente.it/
 
L’intenzione del Ministero è quella di emanare un Decreto Ministeriale con il quale, nel prorogare il termine del 1° giugno 2011 dell’entrata in operatività del SISTRI, si individuano date di operatività del Sistema differenziate per dimensione aziendale e per quantità di rifiuti trasportati.
 
Vero è che molte altre novità sono in arrivo.
 
Si segnala che il Decreto Legislativo di recepimento delle Direttive 2008/99/CE (tutela penale dell’ambiente) e 2009/123/CE (relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni) dovrebbero, invece, contenere nuove disposizioni specifiche relative al sistema sanzionatorio del SISTRI. In particolare dovrebbero essere previste, per il 1° semestre di operatività del sistema, sanzioni più lievi e graduali rispetto a quelle attualmente contenute nel Decreto Legislativo n. 205 del 2010.
 
È previsto anche un ulteriore Decreto Ministeriale con il quale verranno definite: soluzioni tecniche per i rallentamenti del sistema superiori a 3 minuti, una procedura alternativa nel caso in cui il SISTRI non individui il malfunzionamento che invece viene individuato dall’operatore, una procedura semplificata per i trasportatori che applicano il SISTRI ed acquisiscono i dati da produttori che ancora non applicano il sistema.
 
C’è stato, inoltre, un impegno di cui Governo e Ministero dell’Ambiente si sono fatti partecipi e garanti, di far effettuare nel corso dei 3 mesi antecedenti al 1° settembre p.v. (prima scadenza operativa), apposite ed opportune verifiche sul funzionamento del sistema SISTRI nel suo complesso nonché di intervenire conseguentemente, se del caso, con gli opportuni adeguamenti tecnici e semplificazioni operative (come ad esempio la sostituzione del sistema a chiavette con altro più semplice ed affidabile).
 

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RIFIUTI: SOTTOPRODOTTI -VINACCE ESAUSTE

Tribunale penale di Asti Ordinanza  13 gennaio 2011

A cura di avvocato Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
 
La vicenda trattata dal Tribunale presenta interesse laddove affronta la questione relativa a ciò che è rifiuto e a ciò che non lo è; affronta la questione relativa dunque al “sottoprodotto”.
 
La L. n. 205/2008 art. 2bis[1], che si riporta, aveva escluso le vinacce esauste dal novero dei rifiuti laddove esistenti alcune caratteristiche e si badi finalizzata, tale esclusione, al recupero energetico.
La legge 205/2008 invero richiama l’allegato della parte V  relativa alle “caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo”.
 
 
Ebbene il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Asti ha sollevato questione di legittimità costituzionale con ordinanza 13.1.2011 in relazione alle vinacce esauste la cui disciplina, dettata dall’art. 2 bis della L. 30.12.2008 n. 205, contrasterebbe con la Direttiva sui rifiuti 2006/12/CE.
 
Certo il Giudice richiama normativa nazionale (L. 205/2008) e comunitaria (Direttiva 2006/12) che ad oggi deve essere letta alla luce della L. 205/2010 di riforma della parte IV del codice ambientale e dunque degli articoli come riformati di cui art. 183 ss e in particolare dell’art. 184 bis nonché della Direttiva 2008/98/CE.
 
Ciò nonostante il ragionamento del Giudice presenta una sua attualità laddove richiama un principio importante: la natura di sottoprodotto deve essere sempre verificata.
 
L’incidente di costituzionalità trae origine dalla richiesta del Pubblico Ministero che, nella formulazione del capo di imputazione del titolare di una distilleria, aveva richiesto anche la condanna ai sensi dell’art. 256 comma 1 lett. a) in relazione all’art. 214 D. Lgs. 152/2006 dato il recupero energetico dei rifiuti prodotti dalla attività di distillazione costituiti da vinacce esauste in assenza di iscrizione nel registro provinciale delle imprese di recupero rifiuti non pericolosi.
Ebbene, il Tribunale prendeva atto che  le vinacce costituivano, infatti, sottoprodotti ai sensi dell’art. 2 bis L. 205/2008, non rientrando più tra i rifiuti derivati dall’industria agroalimentare ai sensi del DM 5.2.1998 ( cfr. all.1 sub1 punto 11.7 e all. 2 suball.1).
In quanto non rifiuti, l’uso improprio delle vinacce non costituisce reato ai sensi dell’art. 256 D. Lgs. 152/2006.
 
Il PM tuttavia rilevava che la L. 205/2008 stabilisce una presunzione assoluta, non permettendo di verificare nel concreto l’impiego effettivo delle vinacce e ciò sarebbe contrario alla ratio della Direttiva 2006/12/CE, che fa leva, invece, anche su elementi estrinseci e sui comportamenti dei soggetti produttori ed utilizzatori, non limitandosi alla sola natura del materiale (es: sfruttamento economico, rendita, operazioni di recupero).
così operando la normativa del 2008 ha creato un’ingiustificata riduzione della sfera di operatività della direttiva sui rifiuti che l’Italia è invece obbligata a trasporre mediante apposite norme interne” (ordinanza GIP)
 
Il Giudice nazionale non può disapplicare la disposizione italiana contrastante, preferendo la direttiva comunitaria, e dunque, qualora la ritenga in conflitto con la disciplina europea, unico rimedio, è investire la Corte Costituzionale della questione (sentenza Corte Costituzionale 25.1.2010, n. 28).
Sulla scorta delle argomentazioni del PM il GIP del Tribunale di Asti ha ritenuto non manifestamente infondata e rilevante la questione e ha adito la Consulta perché l’art.2bis L. 205/2008  viola l’art. 11 e 117 comma 1 Cost.
La Corte costituzionale dunque è chiamata a statuire sulla legittimità della L. 205/2008 laddove precisa la natura di sottoprodotto delle vinacce esauste.
Si rimane in attesa della pronuncia del Giudice delle leggi.


[1] “Art. 2bis.
Disposizioni in materia di biomasse combustibili relative alla vinaccia esausta ed al biogas nei processi di distillazione
 
1. Le vinacce vergini nonche’ le vinacce esauste ed i loro componenti, bucce, vinaccioli e raspi, derivanti dai processi di vinificazione e di distillazione, che subiscono esclusivamente trattamenti di tipo meccanico fisico, compreso il lavaggio con acqua o l’essiccazione, destinati alla combustione nel medesimo ciclo produttivo sono da considerare sottoprodotti soggetti alla disciplina di cui alla sezione 4 della parte II dell’allegato X alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

2. E’ sottoprodotto della distillazione anche il biogas derivante da processi anaerobici di depurazione delle borlande della distillazione destinato alla combustione nel medesimo ciclo produttivo, ai sensi della sezione 6 della parte II dell’allegato X alla parte quinta del citato decreto legislativo n. 152 del 2006».

 

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Sistri: modificare dati

Guida sulla “gestione azienda”
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 
Sul sito www.sistri.it, nella Sezione “Manuali e Guide”, è disponibile la guida “Gestione Azienda” che spiega nel dettaglio le nuove funzioni disponibili nell’apposita sezione del portale.
 
In particolare attraverso la nuova sezione l’utente potrà modificare l’anagrafica aziendale in modo da allinearla ai dati presenti presso le Camere di Commercio. In presenza di un disallineamento tra i dati comunicati al Sistri al momento dell’iscrizione e quelli presenti presso le Camere di Commercio, può generarsi un errore interno al sistema che non permette l’accesso da parte dell’impresa.
 
È evidente, quindi, l’importanza di aggiornare la sezione anagrafica aziendale al fine di poter operare correttamente all’interno del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti.
 
La nuova sezione permette, inoltre, la possibilità di modificare i dati dell’unità locale iscritta o di inserirne di nuove con  le relative categorie e delegati.
 
Per le Unità Locali esistenti è possibile modificare esclusivamente i campi NOME SEDE e NUMERO DIPENDENTI, in quanto ogni cambio sede comporta la chiusura dell’Unità Locale, la riconsegna dei relativi TOKEN e l’apertura di una nuova Unità Locale con nuovi TOKEN.
 
Qualora l’Azienda voglia inserire ulteriori Unità Locali, le operazioni di inserimento dei dati anagrafici dell’unità locale, di selezione delle categorie e di inserimento dei dati dei delegati dovrà esser ripetuta tante volte quante sono le Unità Locali.
 
Per quanto riguarda l’inserimento e modifica dei dati per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti (solo per Categorie Trasportatori), qualora l’Azienda sia già iscritta per l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti, nella scheda UNITÀ LOCALI, è disponibile il collegamento “Aggiungi unità trasportatori” per inserire o modificare le eventuali UNITÀ TRASPORTATORI.
 
Altra utilissima funzione presente nella gestione Azienda è quella relativa alla “Lista categorie associate”. Selezionando dal menu GESTIONE PRATICA tale collegamento, viene mostrato il riepilogo delle Unità Locali di afferenza, con il dettaglio delle Categorie, Tipologia di Rifiuto, e relativi Delegati di sede.
 
Si ricorda, inoltre, che per poter operare con efficienza, è assolutamente necessario che gli utenti che non hanno ancora aggiornato il software SISTRI installato sui dispositivi USB completino tale aggiornamento con un congruo anticipo rispetto alla scadenza del 31 maggio. La procedura di aggiornamento è lanciata automaticamente con l’inserimento dei dispositivi elettronici in un computer collegato in rete, e, in funzione della velocità della rete, può richiedere diversi minuti. Tale procedura è descritta in dettaglio nei documenti “Guida per l’aggiornamento del software del dispositivo USB” e “Guida per l’aggiornamento del software del browser SISTRI”, disponibili nella sezione Documenti – Manuali e guide.
 

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Sistri: TAR Lazio n. 3962/2011

Contratto di appalto “software”

A cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Alcune società informatiche avevano impugnato, con ricorso al TAR Lazio, il contratto di appalto con cui il Ministero ha affidato la fornitura del programma software nonché delle apparecchiature hardware e dei dispositivi USB e della  black box, che verranno utilizzati nel sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti nonché del relativo servizio di gestione e assistenza tecnica.
Le società chiedevano l’annullamento del contratto in quanto affidato in carenza di quasivoglia procedura selettiva ad evidenza pubblica.
 
La sentenza del TAR poteva portare conseguenze importanti sull’intera procedura di attuazione del Sistri.
Ebbene le parti (ministero e società informatiche) hanno preferito evitare la decisione del TAR e con opportuna transazione hanno posto fine alla questione e dunque al contenzioso.
Il TAR, dunque, a fronte della transazione intervenuta tra le parti ha dichiarato che è venuto meno per le partil’interesse alla impugnazione e dunque dichiarato improcedibile il gravame.
 
Dunque, il Sistri procede la via dell’attuazione, senza più ostacoli, e con l’aggiudicataria inziale.
 

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Acque – Regione veneto: FITOSANITARI

DGRV n. 425/2011
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
La Regione veneto con il Piano di Tutela delle Acque (PTA) ha individuato le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari:
 
“Art. 14 – Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari
1. Quale prima designazione, le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari coincidono con le zone vulnerabili di alta pianura – zona di ricarica degli acquiferi – di cui al comma 1 lettera c) dell’articolo 13.
2. La Giunta regionale predispone programmi di controllo per garantire il rispetto delle
limitazioni o esclusioni d’impiego dei prodotti fitosanitari.
3. La Giunta regionale può rivedere e aggiornare la designazione delle zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.”
 
 
La delibera precisa che con il PTA, ovvero con l’art. 14 sopra citato, la Regione ha provveduto ad individuare le aree divulnerabilità intrinseca sulle quali operare i necessari approfondimenti al fine di giungere alla individuazione delle aree a vulnerabilità specifica.
 
La delibera precisa, dunque, il concetto di “vulnerabilità specifica” che porta alla individuazione delle zone nell’ambito delle quali devono essere adottate le misure di tutela e limitazioni o esclusioni di impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili ai prodotti fitosanitari.
 
Ebbene, al fine di giungere alla individuazione delle aree a vulnerabilità specifica,  la Giunta della Regione Veneto ha deliberato, con DGRV  n. 425 del 12.4.2011 in BUR 32 del 3.5.2011,  di aver dato atto all’art. 93 D. Lgs. 152/06 con l’individuazione delle zone vulnerabili da prodotti fitosanitari di cui all’art. 14 NTA del Piano di Tutela delle Acque (DCRV 107/2009) e che con successivo provvedimento approverà il programma di massima per individuare modalità, limiti e restrizioni dell’impiego di fitosanitari nel territorio.
 
Con DGRV 2070 del 3.8.2010 era stato costituito un Gruppo di lavoro di tecnici ed esperti per l’individuazione delle misure e dei tempi per la riduzione dei rischi e degli impianti dell’utilizzo di prodotti fitosanitari.
 
Il lavoro era però stato sospeso perché la Commissione Consultiva Nazionale  aveva stabilito che i fitosanitari non si dovessero impiegare “su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80% e, comunque, nelle aree vulnerabili identificate ai sensi dell’art. 93 del D. Lgs 152/2006”: la Commissione, dunque, poneva un divieto assoluto di impiego di fitosanitari nelle aree riconosciute vulnerabili, a differenza del monito cautelare imposto dalla Direttiva 2003/82/CE.
 
Il Ministero della Salute, con nota del 4.3.2011 ha chiarito, in risposta alla nota del Presidente della Giunta del Veneto del 18.2.2011 prot. 83180, che le Regioni, “utilizzando le informazioni disponibili sulle caratteristiche del proprio territorio, con riferimento specifico alla vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, alla capacità di attenuazione del suolo e alle proprietà chemiodinamiche dei prodotti stessi” sono le uniche tenute ad individuare le zone sensibili.
Continua il Dicastero precisando che “Tali informazioni dovrebbero consentire di pianificare l’impiego dei prodotti a livello locale e precisare, rispetto all’indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o esclusioni di impiego”.


 

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Sistri: Testo Unico?

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 aprile 2011  il DM 18 febbraio 2001 n. 5[1]2
 
A CURA DI AVV. CINZIA SILVESTRI E DOTT. DARIO GIARDI
 
Il provvedimento riunifica in un solo testo tutti i cinque decreti finora emanati sul Sistri che, dal prossimo 11 maggio (data di entrata in vigore del cosidetto “Testo Unico”), cesseranno di produrre effetti.
Resteranno salve, tuttavia, le proroghe intervenute per:
o   l’avvio operativo del sistema fissato al 1 giugno 2011;
o   la trasmissione dei dati di quanto prodotto e smaltito o recuperato nel 2010  e nel 2011 (da effettuarsi rispettivamente entro il 30 aprile ed il 31 dicembre 2011).
 
Il Dm non incide nella sostanza sul Quadro esistente relativo al nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti. Vengono, tuttavia, introdotte importanti modifiche che è opportuno evidenziare:
 

  • VERSAMENTO CONTRIBUTO
  • viene DIFFERITO dal 31 gennaio al 30 aprile il temine entro il quale è possibile versare il contributo annuo. Si tratta di un vero e proprio mutamento della disciplina di base. Infatti, il 30 aprile rappresenterà il nuovo termine per i versamenti da effettuare anche in futuro. Per il 2011 è evidente il disallineamento temporale tra il pagamento entro il 30 aprile e l’entrata in vigore del Dm (11 maggio). Tale disallineamento non genererà però conseguenze dato che il quadro sanzionatorio entrerà in vigore a partire dal 1 giugno 2011;

 

  • TRASPORTATORI IN CONTO TERZI
  • è prevista la possibilità per i trasportatori in conto terzi (articolo 212, comma 5, Dlgs 152/2006) di dotarsi del dispositivo Usb (la chiavetta) relativo alla sola sede legale oppure, in alternativa, di un’ulteriore chiavetta per ciascuna unità locale. In questo secondo caso, il contributo va versato per ogni unità locale dotata di chiavetta. Resta fermo l’obbligo di pagare il contributo annuale e di dotarsi di una chiavetta per ogni veicolo a motore adibito al trasporto di rifiuti;

 

  • MICRORACCOLTA
  • viene confermata – per la microraccolta ed estesa alle attività di raccolta dei rifiuti prodotti da attività di manutenzione (purché i rifiuti siano trasportati direttamente all’impianto di recupero o smaltimento da parte del soggetto che ha effettuato la manutenzione) – la possibilità per il trasportatore che intende movimentare rifiuti pericolosi di non dover accedere necessariamente almeno due ore prima al sistema per la compilazione della scheda Sistri Area movimentazione. L’importante è che tale scheda venga compilata prima della movimentazione medesima;

 

  • TRASPORTO MARITTIMO
  • per il trasporto marittimo dei rifiuti è previsto che l’armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto, possano delegare gli adempimenti Sistri al raccomandatario marittimo di cui alla legge 135/77. In tal caso, il raccomandatario consegna al comandante della nave la copia compilata della scheda Sistri – Area movimentazione. All’arrivo, il comandante consegna la copia della scheda al raccomandatario rappresentante l’armatore o il noleggiatore presso il porto di destino;

 

  • RIFIUTI PERICOLOSI
  • per i produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa è prevista la possibilità di adempiere all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie della scheda Sistri Area movimentazione, relative ai rifiuti prodotti.

Restano soggetti al registro di carico e scarico i produttori di rifiuti non pericolosi non obbligati ad iscriversi al Sistri.
 
 
Si informa, inoltre, che sul sito www.sistri.it nella Sezione “Manuali e Guide”, è disponibile l’edizione aggiornata del Manuale Operativo 2.4 del 26 aprile u.s. (Allegato IV), in cui è stata aggiunta la procedura per la gestione degli autoveicoli fuori uso (ELV) e chiarimenti circa le modalità per allineare il registro cronologico alle giacenze reali prima del 1 giugno 2011.
 
 
 
 


[1] E’ stato pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 107 della Gazzetta Ufficiale n.95 del 26 aprile 2011, il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 18 febbraio 2011 n. 52 “Regolamento recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” . CFR. www.sistri.it

 

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AATO – REGIONE VENETO

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati



La L. 26.2.2011, n. 10, di conversione del D.L. 225/2010 aveva posticipato al 31.3.2011 la soppressione delle AATO, affidando alla potestà legislativa regionale la riallocazione delle funzioni da esse svolte.

In ottemperanza alla L. 26/2011 la Regione Veneto aveva disposto un elenco di Commissari regionali cui sarebbero stati attribuiti i poteri ed i compiti fino ad oggi esercitati dalle AATO: tale elenco era contenuto nell’allegato A della DGRV 343 del 29.3.2011.
Tale delibera, però, non è mai stata pubblicata nel BUR ed anzi è stata sospesa dalla DGRV n. 421 del 12.4.2011 in BUR n. 31 del 29.4.2011.
Nelle more, infatti, con DPCM 25.3.2011 “ulteriore proroga dei termini relativa al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”, in G.U. n. 74 del 31.3.2011, la soppressione delle AATO è stata differita al 31.12.2011.
Sulla scorta di tale slittamento la Regione Veneto ha deciso di “sospendere …l’efficacia della DGR n. 343 del 29.3.2011 sino al 31 dicembre 2011 e contestualmente di disporne la non pubblicazione sul BUR sino alla medesima data” (punto 1 deliberazione DGR 421/2011).
Si precisa che il DPCM non è fonte legislativa primaria e come tale non può modificare quanto disposto con legge…


 

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Sistri: ancora proroga?

DDL n. 2412 Senato e circolare Min. Amb. 3.3.2011
 
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
 
Non è un caso che in prossimità della operatività piena del sistema Sistri al 1 giugno 2011 qualcuno ricordi il progetto di legge DDL 2412 presentato al Senato il 27.10.2010, assegnato alle Camere il 11.11.2010 e da allora … dimenticato.
 
Il disegno di legge chiede l’operatività del Sistri “non può essere antecedente al 1 gennaio 2012…”.
 
Vero è che il Governo ed il Ministero dell’ambiente si esprimono diversamente .
 
Utile la lettura dell’ultimo comunicato Sistri del Ministro Prestigiacono datato 8.3.2011.
Utile la lettura della Circolare del Ministero ambiente del 3.3.2011 che riepiloga gli adempimenti a carico dei soggetti interessati (entrambi i documenti sono pubblicati in www.sistri.it) .
Tutto sembrerebbe pronto per la concreta operatività al 1 giugno 2011.
 
Vero è che ormai siamo abituati a subire/ottenere proroga non attraverso strumento legislativo (DDL 2412) ma a mezzo di strumenti governativi emanati all’ultimo momento e forse oltre …. l’ultimo momento.
 
Merita comunque lettura la Circolare del Ministero dell’ambiente che si riporta di seguito, rimandando comunque al sitowww.sistri.it, con l’unica precisazione che si tratta pur sempre di “circolare” ovvero stumento non legislativo finalizzato ad indicare linee di comportamento o semplificazioni o riassunti con mero intento di fornire chiarezza e destinato per lo più ad enti .
 
 

 
 

Circolare del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 03 marzo 2011

Rifiuti: modifiche agli obblighi di comunicazione annuale
Circolare recante indicazioni operative relative all’assolvimento degli obblighi di comunicazione annuale di cui alla legge 70/94, al Dpcm 27/04/2010 e all’art.12 del Dm 17/12/2009, come modificato con Dm 22/12/2010
A seguito dell’introduzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI, è venuta meno, per i soggetti tenuti ad aderire al SISTRI, la necessità di comunicazione, ai sensi della legge 70/94, dei dati relativi ai rifiuti prodotti, gestiti e movimentati già inseriti nel sistema informatico. In particolare, con il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, che, modificando il decreto legislativo n. 152/2006, ha introdotto, tra l’altro, l’articolo 264-bis, sono state abrogate, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, le norme concernenti le parti del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) di cui al DPCM 27 aprile 2010 riguardanti i produttori di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano il trasporto di rifiuti speciali, nonché i soggetti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti e gli intermediari e commercianti di rifiuti senza detenzione, ora tenuti ad iscriversi al SISTRI.
Tuttavia, nelle more della piena entrata a regime (a decorrere dal 1 giugno 2011) del SISTRI quale unico strumento per la registrazione e la tracciabilità dei rifiuti, il DM 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI, ha previsto, a carico dei soli produttori iniziali di rifiuti e delle imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti a presentare il MUD, l’obbligo di comunicare al SISTRI determinate informazioni.
I trasportatori di rifiuti e coloro che effettuano attività di commercio e intermediazione dei rifiuti senza detenzione non sono tenuti, pertanto, a porre in essere alcun adempimento di comunicazione a decorrere dall’anno 2010.
Le informazioni relative all’anno 2010 devono essere comunicate, secondo le modalità di seguito illustrate, entro il 30 aprile 2011, mentre le informazioni relative al periodo 1.1.2011-31.5.2011 dovranno essere comunicate entro il 31 dicembre 2011.
Stante il disposto dell’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009, come modificato con DM 22 dicembre 2010, le informazioni da comunicare sono riferite anche al periodo cosiddetto del “doppio binario”, nel quale è stato mantenuto anche l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006. Alla luce di ciò, tutti i soggetti sopra indicati dovranno presentare la comunicazione SISTRI per tutto il 2010 e per il periodo dal 1° gennaio al 31 maggio 2011.
I soggetti che operano nel settore dei veicoli a fine vita devono invece presentare, entro il 30 aprile 2011, il MUD relativo al 2010, dal momento che l’abrogazione del relativo capitolo 2 del DPCM 27 aprile 2010, disposta al comma 1, lettera b) del citato articolo 264 bis, spiega effetto a partire dalla dichiarazione relativa al 2011. Pertanto, i predetti soggetti presenteranno il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010 per la dichiarazione 2010, mentre per il periodo dell’anno 2011 antecedente l’entrata a regime del SISTRI (1° gennaio- 31 maggio) dovranno presentare la dichiarazione SISTRI di cui all’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009. In considerazione della limitatezza dell’arco temporale di riferimento e della non ripetibilità dell’adempimento della dichiarazione SISTRI, che riguarda unicamente il 2010 e parte del 2011, si ritiene opportuno agevolare i soggetti tenuti al suo espletamento utilizzando, nelle parti pertinenti, la medesima modulistica che era riportata nel DPCM 27 aprile 2010.
La presentazione della dichiarazione SISTRI potrà dunque avvenire con le seguenti modalità alternative, a scelta dell’interessato:

  • Compilando in via telematica gli appositi modelli, che saranno pubblicati sul portale www.sistri.it, oppure
  • Compilando e trasmettendo alla Camera di commercio territorialmente competente, previo pagamento del diritto di segreteria e con le modalità utilizzate per la presentazione del MUD di cui alla legge n.70/94, le schede del Capitolo 1 – Rifiuti del DPCM 27 aprile 2010 relative alla specifica attività svolta.

Le Camere di commercio provvederanno ad inoltrare le informazioni raccolte al SISTRI e all’ISPRA, deputato all’elaborazione dei dati nell’ambito del Catasto dei rifiuti.
Stante il sopra richiamato disposto normativo, rimangono tenuti a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010:

  • ll Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 del d.lgs. n. 152/2006 e i sistemi di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) del medesimo decreto legislativo, riconosciuti ai sensi del comma 5 del citato articolo 221;
  • I comuni o loro consorzi e le comunità montane, ai sensi dell’art.189, comma 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato con d.lgs. n. 205/2010. Tuttavia, ai sensi dello stesso articolo 189, commi 4 e 5, a decorrere dall’entrata a regime del SISTRI (1° giugno 2011) i comuni della regione Campania, tenuti ad aderire al SISTRI, e i comuni che aderiranno su base volontaria al SISTRI, non saranno più tenuti a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010, salvo quanto disposto per le informazioni relative ai costi di cui all’articolo 189, comma 3, lettera d);
  • I soggetti di cui all’articolo 13, commi 6 e 7, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, iscritti al Registro Nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo. Si riepiloga di seguito quanto sopra rappresentato riguardo agli adempimenti cui sono tenuti i diversi soggetti.

 

SOGGETTI TENUTI ALLA PRESENTAZIONE DEL MUD SULLA BASE DELLA PREVIGENTE NORMATIVA ADEMPIMENTO PERIODO DI RIFERIMENTO
Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti Nessuna
dichiarazione
A decorrere dalla dichiarazione relativa al 2010
Commercianti e intermediari di rifiuti senza detenzione Nessuna
dichiarazione
A decorrere dalla dichiarazione relativa al 2010
Imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti Dichiarazione
SISTRI
Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati Nessuna
dichiarazione
 
Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 del d.lgs. n. 152/2006 e sistemi riconosciuti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) del medesimo decreto legislativo Dichiarazione
MUD
 
Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi tranne imprenditori agricoli con volume annuo di affari non superiore a 8000 euro Dichiarazione
SISTRI
Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Soggetti che effettuano la raccolta, il trasporto, il trattamento ed il recupero dei veicoli fuori uso di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209. Dichiarazione
MUD
Dichiarazione MUD (Capitolo 2- Veicoli fuori uso) per il 2010. Dichiarazione SISTRI relativa al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Soggetti di cui all’articolo 13, commi 6 e 7, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, iscritti al Registro Nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo Dichiarazione
MUD
Dichiarazione MUD (Capitolo 3 – apparecchiature elettriche ed elettroniche e rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) per il 2010
Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del d.lgs n. 152/2006 con più di 10 dipendenti Dichiarazione
SISTRI
Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Comuni o loro consorzi e comunità montane Dichiarazione
MUD
 
Comuni della regione Campania e comuni che aderiscono volontariamente al SISTRI Dichiarazione
MUD
A decorrere dal secondo semestre 2011 le informazioni da rendere sono solo quelle relative ai costi di cui all’articolo 189, comma 5, lettera d) del d.lgs n. 152/2006

 

 

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Sistri: Aggiornamenti

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 
 
Sul sito www.sistri.it nella Sezione “Manuali e Guide”, è disponibile l’edizione aggiornata del Manuale Operativo e delle Guide Utenti che introducono importanti modifiche ed integrazioni.
Le principali riguardano i due capitoli aggiuntivi sul metodo di calcolo per i dipendenti di aziende ed unità locali (capitolo 6.1) e quello relativo alle operazioni di conguaglio dei contributi (capitolo 6.2) per l’anno 2012, incluso un estratto del testo unico di prossima pubblicazione (capitolo 6.2.1).
 
Importanti novità si trovano anche nelle sezioni:
–       Regione Campania;
–       Trasporto navale e marittimo rifiuti;
–       Attività di manutenzione infrastrutture e reti;
–       Trasbordo;
–       Autospurghi;
–       Veridicità dei dati e custodia dispositivi.
 
Per quanto riguarda i criteri per il calcolo del numero di dipendenti, nel manuale viene precisato che l’art. 188 ter del D.Lgs 152/2006, introdotto dall’art. 16 del D.Lgs. 205/2010, stabilisce che ai fini dell’iscrizione il numero dei dipendenti è calcolato con riferimento al numero delle persone occupate nell’unità locale dell’ente o dell’impresa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo pieno, a tempo parziale, con contratto di apprendistato o contratto di inserimento), anche se temporaneamente assenti (per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, cassa integrazione guadagni, eccetera). I lavoratori stagionali sono considerati come frazioni di unità lavorative annue con riferimento alle giornate effettivamente retribuite.
Per il calcolo dei lavoratori dipendenti si fa riferimento alle metodologie di calcolo delle Unità Lavorative Annue (ULA) così come stabilite dal Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18 Aprile 2005. In base a tale decreto, ai fini del calcolo delle ULA i dipendenti occupati part-time sono conteggiati come frazione di ULA in misura proporzionale al rapporto tra le ore di lavoro previste dal contratto part-time e quelle fissate dal contratto collettivo di riferimento. Ad esempio, qualora il contratto di riferimento preveda l’effettuazione di 36 ore settimanali e quello part-time di 18, il dipendente viene conteggiato pari a 0,5 ULA per il periodo di lavoro; qualora il contratto di riferimento preveda l’effettuazione di 40 ore settimanali e quello part-time di 28, il dipendente viene conteggiato pari a 0,7 ULA per il periodo di lavoro. Nei casi di assenza prolungata (maternità e malattie lunghe) verrà conteggiata una sola unità lavorativa anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia provveduto a sostituire l’assente mediante la stipulazione di un contratto a termine.
Si considerano dipendenti dell’impresa anche i proprietari gestori (imprenditori individuali) ed i soci che svolgono attività regolare nell’impresa; con riferimento a questi ultimi gli stessi devono percepire un compenso per l’attività svolta diverso da quello di partecipazione agli organi amministrativi della società. Al fine del calcolo in termini di ULA il socio che percepisce tali compensi viene considerato una ULA a meno che il contratto che regola i rapporti tra la società ed il socio stesso specifichi una durata inferiore all’anno (in tal caso si calcola la frazione di ULA).
Per il calcolo dei lavoratori autonomi e parasubordinati, questi vanno conteggiati: come frazione di ULA in misura proporzionale al rapporto tra le ore di lavoro previste dal contratto come parasubordinato o lavoratore autonomo e quelle fissate dal contratto collettivo di riferimento.
Con la dizione “lavoro indipendente” si indicano le posizioni di “lavoro autonomo” che prevedono una diretta relazione tra datore di lavoro e prestatore di lavoro.
Ai fini del SISTRI vanno prese in considerazione le sole prestazioni che abbiano caratteristiche di stabilità e continuità, anche se fornita in maniera indipendente, con esclusione, quindi, delle forme occasionali di collaborazione lavorativa.
In base a quanto sopra esposto devono essere computate, tra i soggetti che rientrano nel numero di dipendenti, le seguenti figure:
–       lavoratori dipendenti (comprendendo anche quelli assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro; in tal caso, in una situazione di assenza prolungata, viene conteggiata una sola unità lavorativa anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia provveduto a sostituire l’assente mediante la stipulazione di un contratto a termine);
–       lavoratori parasubordinati con contratto di durata superiore a 30 gg/anno (rientrano nella fattispecie i lavoratori con contratti a progetto e contratti di collaborazione coordinata e continuativa; vanno, altresì, conteggiati i lavoratori autonomi che prestino in modo continuativo la loro attività professionale esclusivamente nell’unità locale);
–       lavoratori autonomi con una presenza stabile e continuativa nell’unità locale (superiore a 30 gg/anno);
–       lavoratori stagionali (va considerata la generalità dei rapporti a termine, con inclusione dei lavoratori a part-time con conteggio dei giorni in funzione dell’entità dell’orario previsto; vengono, in analogia, considerati anche i lavoratori interinali con loro riproporzionamento in base alle giornate di lavoro);
–       stagisti;
 
devono, invece, essere escluse dal computo le seguenti figure:
–       lavoratori autonomi con presenza non continuativa nell’unità locale (inferiore a 30gg/anno);
–       lavoratori in somministrazione;
–       lavoratori occasionali (fino a 30 giorni nell’arco di un anno solare);
–       lavoratori distaccati presso altra azienda o sede per un periodo superiore a 6 mesi;
–       lavoratori che operano in virtù di contratti di appalto.
 
Va inoltre ricordato che per calcolare il numero di dipendenti della singola unità locale occorre fare riferimento al numero medio degli addetti nell’anno solare precedente a quello a cui si riferisce il pagamento del contributo, indipendentemente dalla chiusura del bilancio.
 
 
Per quanto riguarda il contributo ai sensi di quanto disposto dall’art 4 del d.m. 17 dicembre 2009, i soggetti iscritti al SISTRI hanno l’obbligo di versare un contributo annuale per assicurare la copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Con l’articolo 7 del Testo Unico Sistri di prossima pubblicazione viene fissata al 30 aprile la data del versamento riferito all’anno solare. L’importo del contributo dovuto è indicato nell’Allegato II dello stesso DM.
Con l’art.6 del d.m. 9 luglio 2010 è stata disposta una significativa riduzione dell’entità dei contributi dovuti da parte dei piccoli produttori di modesti quantitativi annui di rifiuti pericolosi. Al terzo comma dello stesso articolo è stato stabilito che i soggetti interessati alle modifiche intervenute, che hanno gia provveduto al pagamento dei contributi, hanno diritto al conguaglio di quanto versato a valere sui contributi dovuti per gli anni successivi.
 
In relazione a quanto sopra, al fine di normalizzare la situazione che si è venuta a determinare, tenendo conto anche di quanto proposto dal Comitato di Vigilanza e Controllo del SISTRI, il Ministero dell’Ambiente ha deciso di consentire unicamente ai soggetti di cui al comma 1 dell’art. 6 del d.m. 9 luglio 2010 – e cioè agli enti ed imprese produttori di rifiuti pericolosi ed agli imprenditori agricoli fino a 10 addetti e con quantitativi annui di rifiuti pericolosi prodotti inferiori a 400 kg, nonchè ai Comuni con meno di 5000 abitanti – di portare in detrazione la quota in eccesso versata nel 2010 sull’entità dei contributi dovuti per l’anno 2011, rimasti immutati rispetto all’anno precedente.
Ne discende, in caso di invarianza del livello dei contributi anche per gli anni successivi al 2011 e fermo restando che il contributo versato per il 2010 è stato di 120€, il seguente quadro di riferimento:
 
Enti ed imprese produttori di rifiuti pericolosi

Numero di addetti Produzione di rifiuti pericolosi Conguaglio
Da 1 a 5 Fino a 200 kg Nessun contributo per il 2011 e riduzione di 10 euro del contributo per il 2012
Da 1 a 5 Da 200 a 400 kg Nessun contributo per il 2011
Da 6 a 10 Fino a 400 kg Nessun contributo per il 2011

 
Imprenditori agricoli

Numero di addetti Produzione di rifiuti pericolosi Conguaglio
Da 1 a 5 Fino a 200 kg Nessun contributo fino al 2013 (30 euro per 3 annualità)
Da 1 a 5 Da 200 a 400 kg Nessun contributo per il 2011 Per il 2012 riduzione di 10 euro del contributo
Da 6 a 10 Fino a 400 kg Nessun contributo per il 2011
Per il 2012 riduzione di 10 euro del contributo

 
Comuni con meno di 5000 abitanti: nessun contributo per il 2011
 
Qualora nel corso del 2010 sia stato prodotto un quantitativo di rifiuti pericolosi superiore ai limiti sopra indicati, tale da comportare un nuovo livello di contributo per il 2011, il credito derivante dall’eccedenza versata nel 2010 va compensato con il nuovo livello di contributo dovuto.
Secondo quanto disposto al comma terzo dell’art 6 del d.m. 9 luglio 2010, i soggetti interessati devono inoltrare apposita domanda al SISTRI, mediante posta elettronica all’indirizzo e-mail conguagliosistri@sistri.it, via fax al numero verde 800 05 08 63, utilizzando il Modello disponibile sul sito internet www.sistri.it o attraverso l’applicazione Gestione Aziende che sarà a breve resa disponibile sul Portale Sistri. Nella parte del Modello dedicata alla “documentazione a supporto” va inserita una dichiarazione relativa alla quantità di rifiuti pericolosi prodotti nel 2010 , la stessa da riportare nel MUD 2010.
Si ricorda che, come stabilito dall’allegato II al DM 17 dicembre 2009, i produttori di rifiuti pericolosi che producono anche rifiuti non pericolosi pagano solo il contributo relativo ai rifiuti pericolosi.
 

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Mestiere rumoroso: art. 659 comma 1 c.p.?

a cura di avv. Cinzia Silvestri
* cfr. articolo pubblicato sul sito www.filodiritto.it per un approfondimento



Non è semplice valutare quando il mestiere rumoroso integra la fattispecie di reato ex art. 659 co. 21 c.p. oppure la differente ipotesi dell’illecito amministrativo ex art. 102 L. 447/95.
Ancora si discute se l’impresa rumorosa possa rispondere ex art. 659 comma 13 c.p..
La Corte, a mezzo di alcune pronunce (Cass. Penale 23866/2009; 2875/2006) ribadisce la depenalizzazione operata dalla L. 447/95 laddove l’impresa violi i limiti di immissione ed emissione di rumore ivi stabiliti; afferma l’applicazione dell’art. 659 comma 2 c.p. solo ove si discuta di violazione di ulteriori e diverse prescrizionidell’autorità; esclude in ogni caso l’estensione e l’applicabilità del comma 1 dell’art. 659 c.p. alle imprese “rumorose”
 
In particolare la CASSAZIONE penale n, 2875 del 21 dicembre 2006 anticipa le riflessioni della Cassazione n. 23866/2009 e risponde alla domanda:
l’azienda “rumorosa” può rispondere ex art. 659 comma 1?
Il caso aveva ad oggetto una falegnameria che non aveva installato barriere fonoassorbenti a ridosso delle pareti e del soffitto.
La Corte precisa che laddove si tratti di azienda che svolge attività rumorosa per la sua produzione deve applicarsi in via esclusiva ed assorbente il comma 2 dell’art. 659 c.p. in quanto: “ …dalla comparazione tra il primo ed il secondo comma dell’articolo in esame si desume …chiaramente che ogni ipotesi di esercizio di un mestiere naturalmente rumoroso costituisce l’oggetto della disposizione di cui al secondo comma, attenuata rispetto a quella di cui al primo comma per il ritenuto necessariocontemperamento tra le esigenze della quiete pubblica con quelle della produzione…”.
Il legislatore dunque ha tenuto già in conto le esigenze della produzione e le esigenze della quiete pubblica ed esprime il bilanciamento degli interesse in gioco a mezzo del comma 2 dell’art. 659 c.p..
Prosegue la Corte indicando che le esigenze di contemperamento sono proprio all’origine della disciplina dettata in materia di contenimento di rumori fastidiosi.
Il secondo comma dell’art. 659 comma 2 c.p. trova applicazione dunque ogni qualvolta si tratti di impresa rumorosa senza poter estendere il comma 1 alla attività rumorosa.
La conclusione (ribadita anche nella sentenza del 2009) è importante: l’art. 659 comma 2 c.p. deve essere applicato ogni qualvolta si discuta sul rumore provocato da azienda “rumorosa”.
 
La falegnameria priva dei pannelli fonoassorbenti ovvero in violazione di prescrizione diverse da quelle relative ali limiti di emissione (altrimenti depenalizzata) potrà dunque rispondere solo ex art. 659 comma 2 c.p..
 

1Art. 659 comma 2 c.p.: Si applica l’ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.
2art. 10 comma 2 L. 447/95: Chiunque, nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) e f) , fissati in conformità al disposto dell’articolo 3, comma 1, lettera a) , è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 10.000.000 (1).
3Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
[I]. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro [657660703].

 

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Reati ambientali – Responsabilità delle imprese

(Dlgs. n. 231/01)
Approvato schema di Decreto Legislativo che estende la responsabilità delle  imprese ai reati ambientali.

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
In data 7 aprile 2011, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, schema di Dlgs che estende la responsabilità amministrativa delle imprese (prevista dal decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231) agli illeciti commessi in violazione delle norme a protezione dell’ambiente.
 
Il provvedimento recepisce la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, nonchè la direttiva 2009/123/CE, che modifica la direttiva 2005/35/CE, relativa all’inquinamento provocato dalle navi.
 
Si ricorda che la previsione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie ed interdittive alle società per la commissione di reati ambientali ; e ciò a prescindere dalla responsabilità effettiva della pesrona fisica che ha causato il reato. Il legame tra persona fisica e persona giuridica resta delicato.
 
NUOVI REATI
Si ipotizza la formulazione di nuovi reati in misura molto ridotta rispetto alle precedenti proposte.
In particolare vengono introdotte due nuove fattispecie di reato nel codice penale:
1)   art. 727bis c.p.: sanziona la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede, fuori dai casi consentiti, esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette
2)   art. 733 bis (danneggiamento di habitat) sanziona chi distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto.
 
Viene esteso, inoltre, il campo di applicazione del decreto 231/2001 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche” che ha introdotto nel nostro ordinamento il concetto di responsabilità dell’impresa per reati commessi da propri dipendenti. Inizialmente circoscritto agli illeciti commessi nei rapporti tra aziende ed amministrazione pubblica, il provvedimento è stato poi esteso successivamente ai reati societari, finanziari e di sicurezza sul lavoro fino a ricomprendere, con lo schema di Dlgs in oggetto, i reati ambientali.
 
Il provvedimento, che passerà ora all’esame del parlamento, conferma il sistema sanzionatorio articolato in misure pecuniarie per quote modulari lasciando al giudice la possibilità di valutare la reale gravità della condotta (ogni quota va da un minimo di 258 euro a un massimo di 1549 euro).
 
PARTE II – AIA
Anche la violazione dell’art. 29 – quattordecies il legislatore prevede la responsabilità dell’ente con la sanzione pecuniaria fino a 250 quote.
 
PARTE IV RIFIUTI
Per quanto riguarda in particolare la Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applicanoall’ente le sanzioni pecuniarie per i reati di cui:
–      articolo 256 “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”,
–      articolo 257 “Bonifica dei siti”,
–      articolo 258 “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari”,
–      articolo 259 “Traffico illecito di rifiuti”,
–      articolo 260 “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”
–      articolo 260-bis “Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti – Sistri”.
 
SANZIONI INTERDITTIVE
A completare l’intero panorama ci sono le sanzioni interdittive che si affiancano alle quote stabilendo misure possibili, in via preventiva, che possono arrivare sino al commissariamento dell’ente, alla sospensione della sua attività oppure al divieto di pubblicità ed alla revoca delle autorizzazioni o licenze. L’interdizione può essere definitiva se l’ente o una sua unità organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
 
L’introduzione della responsabilità da reato delle persone giuridiche anche per i reati ambientali
porrà alle imprese (quelle che valuteranno il rischio rappresentato dalla possibile realizzazione, durante la propria attività imprenditoriale, di uno dei reati introdotti dal decreto legislativo) l’onere di implementazione del proprio modello organizzativo, che dovrà essere idoneo alla prevenzione dell’evento vietato. Il modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, può essere inteso come il complesso delle regole interne dell’ente previste per lo svolgimento delle attività “sensibili” (nelle quali sia astrattamente ravvisabile un rischio reato) e per le funzioni di organizzazione e controllo specificatamente previste da quest’ultima normativa (costituzione e funzionamento dell’organismo di vigilanza, e quant’altro previsto negli artt. 6 e 7, D.Lgs. n. 231/2001).
 
Si ricorda che:

  • sul piano normativo, è la qualità del modello che viene ad assumere un aspetto rilevante; infatti, l’esonero di responsabilità per le persone giuridiche è espressamente collegato alla previa «adozione ed efficace attuazione» di modelli organizzativi idonei a evitare reati della specie di quello verificatosi;
  • sul piano contenutistico, è prioritaria, in ordine razionale, l’esigenza di individuare i profili di rischio reato attraverso un’attività di risk assessment.

 

adminReati ambientali – Responsabilità delle imprese
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Energia: LRV del 18.3.2011 n. 7

Fotovoltaico e area agricola.
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Attesa la pubblicazione della LRV che pone limite alla realizzazione di impianti non solo fotovoltaici in area agricola .
Il riferimento all’area agricola è riferibile solo agli impianti fotovoltaici.
Il legislatore regionale peraltro fa salve le autorizzazioni già depositate e limita le nuove solo fino al 31.12.2011.
Per pochi mesi, ed in attesa di provvedimenti ulteriori, “non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti
1) fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp,
2) di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché
3) di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1.000kWe.”
 
In particolare:
 

Art. 4 – Disposizioni transitorie in materia di impianti fotovoltaici a terra e di impianti di produzione alimentati da biomassa e a biogas e bioliquidi e oneri istruttori in attuazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

1. Nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico di cui all’articolo 8 bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 “Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” convertito in legge con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, e della approvazione di uno specifico stralcio del Piano energetico regionale di cui all’articolo 2 della legge regionale 27 dicembre 2000, n. 25 “Norme per la pianificazione energetica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”, relativo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, da parte del Consiglio regionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp, di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1.000kWe.
2. Sono comunque fatte salve le istanze di autorizzazione di impianti fotovoltaici presentate alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. La Giunta regionale è altresì autorizzata ad effettuare gli studi e le analisi per la verifica del potenziale di sviluppo sostenibile della produzione di energia da fonti rinnovabili ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 e dell’individuazione delle aree e dei siti non idonei all’installazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili di cui al comma 10 dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”.
4. In applicazione di quanto previsto dal punto 9.1. dell’Allegato “Linee guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi” del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, la Giunta regionale è autorizzata ad applicare oneri istruttori al fine di coprire le spese istruttorie di cui al paragrafo 14 del predetto allegato del decreto ministeriale, inerenti l’avvio e lo svolgimento del procedimento unico per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
5. Gli oneri di cui al comma 4 sono a carico del proponente e sono rapportati al valore degli interventi in misura pari allo 0,025 per cento dell’investimento.
6. Le entrate derivanti dalla riscossione degli oneri istruttori di cui al comma 5, quantificate in euro 88.000,00, sono introitate nell’upb E0039 “Prestazione di servizi” del bilancio di previsione 2011.


 

adminEnergia: LRV del 18.3.2011 n. 7
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Rumore: LRV n. 7 del 18.3.2011

Legge Finanziaria 2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
E’ stata pubblicata la legge finanziaria della Regione del 2011 che modifica la LRV n. 21/99 all’art. 7 e art. 8.
Il Comune può autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione con riferimento alle attività indicate nel comma 1 e dunque non più genericamente ad ogni attività.
L’intervento appare più restrittivo.
Ed inoltre per l’esercizio di tali attività in deroga è necessaria la previsione di impatto acustico.
L’accensione di fuochi d’artificio ed il lancio di razzi non utilizzati per fini tecnici o agricoli non sono più vietati? E’ pensabile che tali attività rientrino nel comma 1 dell’art. 7.
 

Art. 7 – Emissioni sonore da attività temporanee.

Art. 7 – Modifiche alla legge regionale 10 maggio 1999, n. 21“Norme in materia di inquinamento acustico” e disposizioni per il rilancio delle attività economiche connesse al Distretto veneto della giostra.
Il Comune può, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera h) della legge n. 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione,
 
 
 
 
qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga.
 
 
 
 
ll Comune può, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera h) della legge n. 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione,“per lo svolgimento di attività temporanee o di manifestazioni in luogo pubblico o aperte al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo, ovvero mobile”.
qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga.

     
  1 bis. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il titolare, gestore od organizzatore presenta, prima dell’inizio dell’attività o della manifestazione, apposita domanda scritta e motivata al comune, corredata, ove espressamente previsto, da una relazione di previsione di impatto acustico.”.
2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
3. L’accensione di fuochi d’artificio ed il lancio di razzi non utilizzati per fini tecnici o agricoli sono vietati su tutto il territorio regionale. abrogato.
4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività.
 
5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività.
 
6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00. 6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00.
7. Deroga agli orari e ai divieti di cui al presente articolo può essere prevista nei regolamenti comunali. 7. Il comune può disciplinare le modalità e i criteri di rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1 mediante regolamento comunale.”.
8. Ulteriori deroghe agli orari e ai divieti di cui al presente articolo possono essere autorizzate dal comune su richiesta scritta e motivata del soggetto interessato.
 
abrogato.

 

adminRumore: LRV n. 7 del 18.3.2011
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AIA: Direttiva 2010/75/UE

Focus “Modifica sostanziale”  e Gestore
 
A cura di avvocato Cinzia Silvestri
in occasione di convegno[1] AIA tenutosi a Padova il 7.4.2011


 
 
La normativa AIA trova collocazione nel codice ambientale (Dlgs. n. 152/2006) dal 25.8.2010 grazie al Dlgs. n. 128/2010 che ha provveduto a inserire gli articoli 29 bis e ss. nella parte II del Codice.
Il Dlgs. n. 59/05 è stato espressamente abrogato ma rivive con integrazioni e modifiche nel testo del Codice ambientale.
 
Vero è che questa collocazione normativa, dettata dalla esigenza di armonizzare VIA-Vas-AIA, subirà a breve ulteriore integrazione dalla nuova Direttiva 2010/75/UE.
La direttiva 2010/75/UE è testo corposo e complesso che riunisce, con intento di chiarire e coordinare, ben 7 direttive tra le quali anche la Direttiva 2008/1/CE (direttiva AIA, definita di mera codificazione, che ha dato impulso al Dlgs. 128/2010 e recepita nel Dlgs. 152/2006).
 
E’ utile, dunque, fornire qualche indicazione sulla evoluzione subita da alcune definizioni contenute nell’ art. 2 del Dlgs. 59/2005 alla luce anche della direttiva 2010/75/UE che segna il passo futuro. La direttiva 2010/75/UE riporta nel testo delle definizioni sotto commentate l’oggetto esteso della sua applicazione anche
a) impianto di combustione,
b)  impianto di incenerimento dei rifiuti ;
c) impianto di coincenerimento dei rifiuti.
 
MODIFICA SOSTANZIALE
Pare d’obbligo soffermarsi sulla definizione di “modifica sostanziale” che impone il procedimento AIA; ma anche sulla definizione di “Gestore” che individua il soggetto tenuto agli adempimenti, pagamenti, ed anche soggetto alle sanzioni di cui all’art. 29 quattordecies Dlgs. 152/2006.
 
La modifica sostanziale comporta la necessità della procedura di AIA (ex art. 6 comma 13,14,15 Dlgs. 152/2006).
La nuova formulazione ha il pregio di estendere l’oggetto della modifica sostanziale non solo all’impianto ma anche al progetto e opera; inoltre precisa il contenuto della modifica sostanziale (presente anche nel testo della Direttiva 2010/75) ponendo l’accento alla variazione delle:
a) caratteristiche;
b) funzionamento;
c) potenziamento.
Si nota che compare nel testo anche la parola “infrastruttura” che va a completare l’oggetto della modifica sostanziale.
Espunto il riferimento al PARERE MOTIVATO dell’autorità competente per acquisire il termine più sfumato e meno impegnativo “secondo l’autorità competente”.
La modifica sostanziale acquisisce rilevanza laddove produce effetti negativi e significativi si badi solo SULL’AMBIENTE; il testo ha espunto il riferimento agli esseri umani .
L’inciso è importante invece con riferimento alla lettura della Direttiva 2010/75/UE  che  richiama espressamente non solo l’ambiente MA ANCHE LA SALUTE UMANA.
Tali riferimenti ricadranno sulla normativa futura in tema di AIA quanto il nostro legislatore sarà chiamato (entro il gennaio 2014) a recepire la Direttiva 2010/75/UE
 
 

Dlgs. 59/05 art. 2 Dlgs. 152/2006 art. 5 
Vigente dal 25/8/2010
Direttiva 2010/75/UE
n) modifica sostanziale: una modifica dell’impiantoche, 
 
 
 
 
 
 
 
secondo un parere motivato dell’autorità competente,potrebbe avere effetti negativi e significativi per gliesseri umani o per l’ambiente.
 
 
 
 
In particolare,
 
 
per ciascuna attività per la quale l’allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;
l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: 
la variazione delle caratteristiche o delfunzionamento ovvero un potenziamentodell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto che,
secondo l’autorità competente,
producano effetti negativi e significativi sull’ambiente.
 
 
 
 
 
In particolare, con riferimento alla disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l’allegato VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;”;
9) “modifica sostanziale“, una modifica delle 
 
caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento di un’installazione o di un impianto di combustione, di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti che
 
 
 
potrebbe avere effetti negativi e significativi per lasalute umana o per l’ambiente;

 
 
GESTORE
Utile avere chiarezza della evoluzione della definizione del Gestore; soggetto di particolare importanza ma di non facile individuazione soprattutto nelle strutture complesse. Il Gestore, come verrà approfondito in separato articolo, risponde delle sanzioni ovvero degli illeciti amministrativi di cui all’art. 29 quattordecies commi 4,5,6 Dlgs. 152/2006.
Si precisa che la “detenzione” non coincide con l’istituto giuridico civilistico che impone il rapporto tra possesso/detenzione ma è una forma lata che richiama qualsiasi rapporto materiale con la cosa/impianto.
Di fatto nella formulazione odierna quando il legislatore si riferisce al Gestore intende:
1)   colui che detiene
2)   colui che gestisce
3)   colui che ha un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dell’impianto stesso.
Tale ultima definizione richiama alla memoria la delega di responsabilità ma non deve essere confusa con questo istituto in quanto si pone su piano giuridico diverso.
In realtà il legislatore allarga le maglie della responsabilità e del soggetto responsabile attribuendo specifica competenza a colui che economicamente può intervenire sull’impianto.
Certamente colui che ha questo potere deve essere anche soggetto di particolare rilevanza in seno alla Società ma non necessariamente un soggetto delegato.
L’inciso è presente anche nella Direttiva 2010/75/UE.
 
 

Dlgs. 59/05 art. 2 Dlgs. 152/2006 art. 5 
Vigente dal 25/8/2010
Direttiva 2010/75/UE
p) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che 
detiene o
gestisce l’impianto;
r-bis) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che 
detiene o
gestisce l’impianto oppure che
 
 
dispone di un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dell’impianto stesso;”.
5) “gestore”, qualsiasi persona fisica o giuridica che 
detiene o
gestisce, nella sua totalità o in parte, l’installazione o l’impianto di combustione, l’impianto di incenerimento dei rifiuti o l’impianto di coincenerimento dei rifiuti oppure, se previsto dalla normativa nazionale,dispone di un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dei medesimi;

 


[1] Le diapositive del convegno saranno pubblicate sul sito www.studiolegaleambiente.it

 

adminAIA: Direttiva 2010/75/UE
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Iscrizioni Produttori entro 30.6.2011

Circolare Albo Nazionale Gestori Ambientali
Iscrizioni ai sensi dell’ articolo 212, comma 8, del D. Lgs. 152/06[1]

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

 

 
Il Comitato Nazionale dell’Albo Gestori Ambientali ha diramato la circolare 15 marzo 2011 n.432 che fornisce indicazioni circa l’iscrizione dei
1)   produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché
2)   le iscrizioni dei produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedente trenta chilogrammi o trenta litri al giorno.
 
In particolare, secondo quanto previsto dall’ articolo 212, comma 8, del D. Lgs. 152/06, come modificato dal D. Lgs. 205/10, tali iscrizioni devono essere rinnovate ogni 10 anni. Viene specificato, inoltre, che le iscrizioni effettuate entro il 14 aprile 2008 devono essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore del D.Lgs 205/10.
 
Al fine di disciplinare la procedura relativa all’aggiornamento delle suddette iscrizioni, è stato predisposto un apposito modello di domanda contenuto nell’allegato “A” alla circolare.
 
Considerato l’elevato numero di iscrizioni oggetto di aggiornamento e i termini previsti per l’espletamento delle relative procedure (entro il 25 dicembre 2011), le domande dovranno essere presentate entro il 30 giugno 2011.
 
Infine, il Comitato nazionale, in ordine ai termini di decorrenza dei dieci anni di durata delle iscrizioni all’Albo, effettuate alla data di entrata in vigore del D.Lgs 205/10, ha specificato quanto segue:

  • per le iscrizioni effettuate entro il 14 aprile 2008, ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, il suddetto termine deve intendersi riferito alla data della delibera di aggiornamento dell’iscrizione;
  • per le iscrizioni effettuate successivamente alle modifiche apportate dal D.Lgs 4/08, il termine deve intendersi riferito alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n.205/2010.

 
Per completezza d’informazione si ritiene utile allegare il testo integrale della circolare.
 

Allegato n. 432 del 15 marzo 2011

[1] 8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990:
a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;
b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;
c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;
d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l’impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

adminIscrizioni Produttori entro 30.6.2011
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