SISTRI – SANZIONI

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
È al vaglio del Consiglio dei Ministri lo schema di Decreto Legislativo che andrà a revisionare la parte IV del TUA (Dlgs. 152/2006) a fronte del recepimento della direttiva Comunitaria 2008/98; e ciò a seguito delle prescrizioni ed i pareri formulati dalle Camere sullo schema del testo normativo presentato dal Governo.
Non è buona regola commentare o anticipare modifiche di testi legislativi non ancora definitivi poiché l’iter di approvazione può riservare modifiche radicali che pongono nel nulla ogni commento.Tuttavia nel caso di specie il Dlgs. di recepimento, sebbene ancora modificabile, si distingue per la riscrittura completa dell’art. 32 ovvero dell’art. 260 bis del Dlgs. 152/2006 sul “Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti).
La normativa, infatti, sopperisce alla lacuna del DM SISTRI e successivi correttivi che non hanno stabilito alcuna sanzione per l’inosservanza delle condotte e degli obblighi prescritti in tema di tracciabilità dei rifiuti.
DISCIPLINA TRANSITORIA (art. 34)
Anche l’articolo 34 dello Schema di DLgs. di recepimento è stato “sostituito”.
Recita l’art. 34 comma 1 che le sanzioni stabilite dal Decreto Legislativo sui Rifiuti saranno applicabili solo a partire dall’ 1.01.2011 (giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 12 DM SISTRI come novellato dall’ultimo correttivo – DM 28.9.2010) (art. 34 comma 1).
Sul punto si attende già proroga. È previsto un periodo di applicazione del sistema del controllo della tracciabilità dei rifiuti: l’art. 34 comma 2 prescrive, fermo l’obbligo di iscrizione e di pagamento del relativo contributo  – iscrizione e/o pagamento contributo al SISTRI entro il 30.6.2011: sanzione del 5% dell’importo annuale per ciascun mese o frazione di mese di ritardo;- iscrizione e/o pagamento contributo al SISTRI entro il 31.12.02010: sanzione del 50% dell’importo annuale per ciascun mese o frazione di mese di ritardo- fino al 31.12.2011 sono esclusi dall’obbligo di iscrizione al SISTRI gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario[1] (art.34 comma 7-bis)
Art. 32 (art. 260 bis Dlgs. 152/2006)
Salvo quanto previsto dalla disciplina transitoria e quanto alle sanzioni per fatti diversi alla mancata iscrizione e/o pagamento contributo, le sanzioni articolate dallo Schema in commento saranno le seguenti (se emanato il Decreto Legislativo):

TIPOLOGIA
Art. 260 bis Dlgs. 152/2006
RIFIUTINON PERICOLOSI RIFIUTI PERICOLOSI
Omessa iscrizione nei termini (comma 1) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Omesso pagamento del contributo (comma 1-bis) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Omessa compilazione del registro cronologico o la scheda sistri – area movimentazione nei termini e forme previste (comma 2) –  da  € 2.600 a € 15.500 per imprese con >15 dipendenti- da € 1.040 a € 6.200 per imprese con < 15 dipendenti[2]: –  da € 15.500 a € 93.000 + sospensione da 1 mese ad 1 anno della carica rivestita dal reo per imprese con >15 dipendenti – da € 2.070 a € 12.400 per imprese con <15 dipendenti[3] (comma 3)
Informazioni incomplete, inesatte, alterazione fraudolenta di un dispositivo tecnologico, accessorio al SISTRI, ovvero chi ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento (comma 2) –  da  € 2.600 a € 15.500 per imprese con >15 dipendenti- da € 1.040 a € 6.200 per imprese con < 15 dipendenti –  da € 15.500 a € 93.000 + sospensione da 1 mese ad 1 anno della carica rivestita dal reo per imprese con >15 dipendenti- da € 2.070 a € 12.400 per imprese con <15 dipendenti[4] (comma 3)
Indicazioni incomplete o inesatte MA non pregiudicanti la tracciabilità dei rifiuti (comma 2) da € 260 a € 1.550 da € 520 a € 3.100 (comma 3)
Ulteriori obblighi imposti dal SISTRI (valenza residuale) (comma 4) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Certificato di analisi rifiuti con false indicazioni su: natura rifiuto, composizione e caratteristiche chimico-fisiche (comma 5) Art. 483 c.p.[5] Art. 483 c.p.
Inserimento di certificato falso nei dati da fornire ai fini SISTRI Art. 483 c.p. Art. 483 c.p.

TRASPORTATORE
Il Decreto Legislativo Rifiuti stabilisce altresì peculiari sanzioni a carico del trasportatore:

TIPOLOGIA
Art. 260 bis Dlgs. 152/2006
RIFIUTI NON PERICOLOSI RIFIUTI PERICOLOSI
Trasporto senza la copia cartacea della scheda sistri-movimentazione e, ove necessario, il certificato analitico di identificazione del rifiuto (comma 6) da € 1.600 a € 9.300 Art. 483 c.p.
Utilizzo di certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto (comma 6) Art. 483 c.p. Art. 483 c.p.
Trasporto accompagnato da copia cartacea della scheda sistri-area movimentazione  fraudolentemente  alterata (comma 7) Combinato disposto artt. 477[6] e 482[7] c.p. Combinato disposto artt. 477 e 482 c.p. MA la pena è aumentata fino ad un terzo.
Se le condotte sopra indicate non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti (comma 8) da € 260 a € 1.550 da € 260 a € 1.550

SANZIONI AMMINISTRATIVE ACCESSORIE
Si auspica una rilettura di TUTTO il testo normativo alla luce degli emendamenti del Parlamento, perché sussistono incongruenze a scapito del principio di legalità e di certezza del diritto.
Il comma 1 dell’art. 260 ter fa riferimento a violazioni di cui al comma 9 dell’art. 260 bis, che però è STATO espunto dalla revisione operata dalle Camere.Verosimile che si tratti di un mero errore materiale dovuto al mancato coordinamento, ma si spera in una correzione prima dell’emanazione del decreto legislativo.
Alla luce di quanto sopra indicato si riportano di seguito le sanzioni amministrative accessorie agli illeciti descritti:

VIOLAZIONE SANZIONE ACCESSORIA
Comma 1 art. 260 bis (comma 3) Fermo amministrativo per 12 mesi del mezzo utilizzato dal trasportatore. La revoca del fermo NON può essere disposta laddove sia accertata la mancata iscrizione e il versamento del relativo contributo.
Commi 8 e 9 (da leggersi quali commi 7 e 8 ??) (comma 1) Fermo amministrativo del veicolo utilizzato per il trasporto SE al responsabile è contestata la recidiva ex art.99 c.p.[8] o art. 8 bis[9] L.689/1981.
Trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi (comma 4) Confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto ex art. 240 comma 2 c.p.[10] SALVO che gli stessi appartengano a persona diversa non fittiziamente.
Art. 256 comma 1 D. Lgs. 152/2006 (comma 5) Fermo amministrativo del veicolo utilizzato per il trasporto SE al responsabile è contestata la recidiva ex art.99 c.p. o art. 8 bis L.689/1981. Confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto ex art. 240 comma 2 c.p. SALVO che gli stessi appartengano a persona diversa non fittiziamente.

[1] ai sensi dell’art. 34 comma 7 bis sono considerati occasionali e saltuari: a) i trasporti di rifiuti pericolosi ad una piattaforma di conferimento, effettuati complessivamente per non più di 4 volte l’anno per quantitativi non eccedenti i 30 kg / L al giorno e, comunque, i 100 kg/L all’anno; b) i conferimenti, anche in un’unica soluzione, di rifiuti ad un circuito organizzato di raccolta per quantitativi non eccedenti i 100 kg/L l’anno.
[2]Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. (art. 32 comma 1 D.Lgs: nuovo art. 260 bis comma 2 D. Lgs. 152/2006)
[3] La sanzione accessoria non è espressamente prevista nel caso di rifiuti pericolosi, ma appare assurda l’applicazione inferiore per una fattispecie illecita più grave. Si ritiene, quindi, che la sanzione accessoria sia compresa anche per i rifiuti pericolosi.
[4] La sanzione accessoria non è espressamente prevista nel caso di rifiuti pericolosi, ma appare assurda l’applicazione inferiore per una fattispecie illecita più grave. Si ritiene, quindi, che la sanzione accessoria sia compresa anche per i rifiuti pericolosi.
[5] Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico: Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.
[6] Art. 477. Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative:Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
[7] Art. 482. Falsità materiale commessa dal privato: Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.
[8] Art. 99. Recidiva. Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena.
Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l’aumento di pena è della metà.
Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
Se si tratta di uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l’aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
In nessun caso l’aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
[9] Art. 8-bis Reiterazione delle violazioni: Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall’autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato.
[10] Art. 240.Confisca:Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.
E’ sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.
[11] Art. 240.Confisca:Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.
E’ sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

 

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ATO e servizi pubblici: abrogazioni

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


E’ in vigore dal 27.10.2010 il Decreto del Presidente della Repubblica 7.9.2010, n. 168, attuativo dell’art. 23-bis D.L. 112/2008, convertito dalla L. 133/2008 (G.U. 239 del 12.10.2010).

Il DPR n. 168/2010 si applica ai servizi pubblici locali di rilevanza economica e, quanto al servizio idrico integrato, il decreto ribadisce la proprietà demaniale degli impianti, l’autonomia della gestione del soggetto gestore e la spettanza esclusiva delle risorse alle istituzioni pubbliche del governo (art. 1 comma 2).
Il regolamento incide sulle misure previste in tema di liberalizzazione imponendo agli enti locali di verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali limitando l’attribuzione di diritti di esclusiva ai soli casi in cui la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità… (cfr. art. 2 DPR 168/2010).
Il regolamento incide anche nelle norme applicabili in via generale per l’affidamento del servizio (art. 3) .
L’art. 12 del DPR 168/2010 conclude abrogando alcune disposizioni anche del Testo Unico Ambientale, e del Testo Unico sugli Enti Locali, in particolare:
– art. 12 comma 1 lettera a): abrogazione degli artt. 113 commi 5, 5-bis, 6, 7 ,8, 9 (tranne il primo periodo), 14, 15-bis, 15-ter e 15-quater D. Lgs. 18.8.2000, n. 267.
– art. 12 comma 1 lettera b): parziale abrogazione art. 150 comma 1 D. Lgs 152/2006: 1. L‘Autorita’ d’ambito, nel rispetto del piano d’ambito e del principio di unitarieta’ della gestione per ciascun ambito ( delibera la forma di gestione fra quelle di cui all’art. 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).L’ATO rimane competente per l’affidamento e per la aggiudicazione.Si ricorda che il legislatore ha soppresso le Autorità d’Ambito con L. 42/2010 che entrerà in vigore il 27.3.2011.
– art. 12 comma 1 lettera c): abroga parzialmente l’art. 202 comma 1 D. Lgs. 152/2006:1. L‘Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ( mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia.)L’ATO rimane competente per l’affidamento e per la aggiudicazione.
 

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Produzione, commercializzazione ed utilizzo dei sacchetti in plastica

Dal 1 gennaio2011 scatta il divieto alla commercializzazione

 
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


A partire dal 1 gennaio 2011 sarà vietata la commercializzazione e l’utilizzo dei sacchetti non biodegradabili.
La proroga (che spostava l’originario termine fissato al 1 gennaio 2010 entro il quale recepire le disposizioni comunitarie) prevista nella passata Finanziaria scade, infatti, il 31 dicembre 2010.
Nell’intenzione del legislatore tale divieto contribuirà a ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, a rafforzare la protezione ambientale, a sostenere le filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali nonché a raggiungere gli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto.
Il Ministero dell’Ambiente ha recentemente aperto un tavolo di lavoro con le categorie della distribuzione direttamente coinvolte. In tale sede il Ministero ha precisato che sono emerse difficoltà a formulare congiuntamente al Ministero dello Sviluppo Economico quanto era previsto nellaLegge Finanziaria 2007: l’avvio di un programma sperimentale volto alla progressiva riduzione della commercializzazione dei sacchetti, nonché il rinvio ai due decreti ministeriali, mai pubblicati, che avrebbero dovuto individuare misure da introdurre progressivamente nell’ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto.
A fronte di questa impossibilità e carenza normativa, il Ministero ha confermato la disponibilità, ferma restando la data del 1 gennaio 2011, a presentare un provvedimento che preveda una sorta di “doppio regime” che consenta, cioè, di “smaltire le scorte” ancora in carico alla distribuzione specialmente quella piccola.
Non si conoscono ancora i contenuti precisi di tale provvedimento. Il Ministero ha, inoltre, presentato la campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta ai cittadini che intenderebbe portare avanti insieme alle principali categorie distributive. La campagna dovrebbe essere lanciata prima della fine dell’anno sui principali mass media e sarà incentrata sul concetto di riutilizzo.
Data la rilevanza e l’impatto che avrà tale normativa è importante richiamare alcuni aspetti già evidenziati in precedenti comunicazioni. In primo luogo va sottolineato che il recepimento del dettato comunitario è avvenuto all’interno della legge finanziaria 2007 come puro atto di indirizzo al quale avrebbe dovuto far seguito un regolamento attuativo che però non è stato mai emanato.
Significa che non sono state previste multe o sanzioni per chi non si adeguerà. Saranno eventualmente i Comuni, con loro specifiche ordinanze, a prevedere la possibilità e l’entità di multe amministrative. Il divieto alla produzione, commercializzazione ed utilizzo riguarda i sacchetti in plasticanon biodegradabili così come definiti dalla norma tecnica EN 13432.
Tale norma “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”, adottata anche in Italia con la denominazione UNI EN 13432, definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito “compostabile”:
1)  biodegradabilità, ossia la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica;
2)  disintegrabilità, cioè la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva);
3) bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (esempio: riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante).
È importante, inoltre, ricordare, che la norma UNI EN 13432 è una norma armonizzata, ossia fornisce presunzione di conformità alla Direttiva Europea 2004/12/CE che modifica la direttiva 94/62/CE 94/62 EC, sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio.
 

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Sicurezza sul lavoro – Coordinatore della sicurezza nei cantieri

Obbligo di nomina anche per cantieri privati
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 7 ottobre scorso, nel procedimento C-224/09 ha dichiarato illegittima l’esenzione dall’obbligo di nomina dei coordinatori in materia di sicurezza nel caso di un cantiere di lavori privati, non soggetti a permesso di costruire e nel quale siano presenti più imprese.

Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo ha censurato l’art. 90, comma 1, del D.lgs. 81/09 in quanto tale disposizione, nel recepire la norma europea, aveva fatto un’eccezione proprio sul coordinatore della sicurezza, escludendo dall’obbligo di nomina i cantieri privati in cui è possibile avviare i lavori con una semplice dichiarazione di inizio attività (Dia).
Secondo i giudici europei l’esonero introdotto dal legislatore interno è in netto contrasto con la direttiva, che non opera  alcuna distinzione tra cantieri pubblici e privati e stabilisce in modo inequivocabile l’esigenza di individuare la figura del coordinatore nei cantieri in cui ci sono più imprese.
Tale obbligo deve essere rispettato a prescindere anche  dal grado di rischio che comportano i lavori effettuati e la designazione deve avvenire all’atto della progettazione dell’opera o comunque prima dell’ esecuzione dei lavori.
Infine la Corte Ue ricorda che la direttiva non crea obblighi nei confronti del singolo cittadino o imprenditore a cui non può essere contestato il mancato rispetto di adempimenti non previsti dalla legge interna.
 

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SCIA : ancora novità – art. 19 comma 4-bis L. n. 241/1990

Segnalazione certificata di inizio attività
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Il processo di riforma della Legge sulla semplificazione amministrativa non si è ancora concluso: il 6 ottobre 2010 è entrata in vigore la L. 1.10.2010, n. 163 (G.U. 233 del 5.10.2010), con la quale il Legislatore è nuovamente intervenuto sull’art. 19 L. 241/1990 con il comma 4-bis

Di seguito la riforma introdotta con gli artt. 1-quinques L. 163/2010.
Il comma 5 dell’art. 19 offre esempio di confusione legislativa .
Ed invero il comma 5 veniva abrogato per intero dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104.
Qualche giorno dopo veniva nuovamente inserito il comma 5 dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis (in vigore dal 31.7.2010): Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo  unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva  del giudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato  nei  termini  di  legge,  puo’ riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.
Ebbene, il legislatore forse dimentico della L. n. 122/2010, ha inserito il comma 4-bis con la L. 163/2010 del 1.10.2010 che sembra replicare il comma 5 prima parte…

POST L. n. 69/2009
ART. 19 Dichiarazione di inizio attività
POST D.Lgs. 2.7.2010 N. 104 e L. 30.7.2010 n. 122
ART. 19Segnalazione certificata di inizio attivita’ – Scia
L. n. 163 del 1.10.2010 (in vigore dal 6.10.2010)
ART. 19Segnalazione certificata di inizio attivita’ – Scia
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale ilcui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge  o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione      degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva,permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per leiscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l’esercizio  di  attivita’ imprenditoriale, commerciale o artigianale il  cui rilascio  dipendaesclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiestidalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  siaprevisto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumentidi programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e’ sostituito  da  una  segnalazione dell’interessato, con   la   sola esclusione  dei  casi  in   cui   sussistano   vincoli  ambientali,paesaggistici   o   culturali e   degli   atti  rilasciati   dalleamministrazioni  preposte  alla  difesa nazionale,   alla   pubblica sicurezza,  all’immigrazione,    all’asilo,    alla   cittadinanza,all’amministrazione  della   giustizia,  all’amministrazione   delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco,      nonche’  di  quelli imposti dalla normativa  comunitaria.  La segnalazione  e’  corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorieta’ per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita’ personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto delPresidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  nonche’  dalle attestazioni e asseverazioni  di  tecnici  abilitati,  ovvero dalledichiarazioni di conformita’ da parte dell’Agenzia delle  imprese  di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008, n.133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni  sono  corredate dagli elaborati tecnici necessari  per  consentire  le  verifiche  diCompetenza dell’amministrazione. Nei casi in  cui  la  legge prevedel’acquisizione  di  pareri  di  organi  o   enti  appositi,   ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono  comunque  sostituitidalle   auto-certificazioni,   attestazioni   e    asseverazioni    o certificazioni  di  cui  al  presente  comma,  salve   le  verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per leiscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l’esercizio  di attivita’imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui  rilascio  dipendaesclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiestidalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  siaprevisto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumentidi programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e’ sostituito  da  una  segnalazione dell’interessato, con   la   sola esclusione  dei  casi  in   cui   sussistano   vincoli  ambientali,paesaggistici   o   culturali e   degli   atti  rilasciati   dalleamministrazioni  preposte  alla  difesa nazionale,   alla   pubblica sicurezza,  all’immigrazione,    all’asilo,    alla   cittadinanza,all’amministrazione  della   giustizia, all’amministrazione   delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco,      nonche’  di  quelli imposti dalla normativa  comunitaria.  La segnalazione  e’  corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorieta’ per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita’ personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto delPresidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  nonche’  dalle attestazioni e asseverazioni  di  tecnici  abilitati,  ovvero dalledichiarazioni di conformita’ da parte dell’Agenzia delle  imprese  di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008, n.133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali  attestazioni e asseverazioni  sono  corredate dagli elaborati tecnici necessari  per  consentire  le  verifiche  diCompetenza dell’amministrazione. Nei casi in  cui  la  legge prevedel’acquisizione  di  pareri  di  organi  o   enti  appositi,   ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono  comunque  sostituitidalle   auto-certificazioni,   attestazioni   e    asseverazioni    o certificazioni  di  cui  al  presente  comma,  salve   le  verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.
2. L’attività oggetto della dichiarazione può essereiniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazioneall’amministrazione competente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, compresi gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l’attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente. 2. L’attivita’ oggetto  della  segnalazione  puo’  essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente. 2. L’attivita’ oggetto  della  segnalazione  puo’  essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.
3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti,nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, o, nei casi di cui all’ultimo periodo del medesimo comma 2, nel termine di trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E` fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all’acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l’amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all’interessato 3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza  deirequisiti e dei presupposti  di  cui  al comma  1, nel  termine  di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma,      adotta  motivati  provvedimenti  di divieto di  prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli  eventuali  effetti  dannosi di essa, salvo che, ove cio’ sia possibile,  l’interessato  provveda  a conformare alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi  effetti entro un termine  fissato dall’amministrazione,  in  ogni  caso  non inferiore  a trenta  giorni.  E’  fatto  comunque  salvo  il  potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via  diautotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni  sostitutive  di  certificazione  e dell’atto   dinotorieta’  false  o  mendaci, l’amministrazione,   ferma   restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma  6,  nonche’ diquelle di cui al capo VI del  testo  unico  di  cui  al decreto  del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo’  sempre  ein ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo. 3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza  deirequisiti e dei presupposti  di  cui  al comma  1, nel  termine  di sessanta giorni dal ricevimento della  segnalazione di cui al medesimo comma,      adotta  motivati  provvedimenti  di divieto di  prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli  eventuali  effetti  dannosi di essa, salvo che, ove cio’ sia  possibile,  l’interessato  provveda  a conformare alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi  effetti entro un termine  fissato dall’amministrazione,  in  ogni  caso  non inferiore  a trenta  giorni.  E’  fatto  comunque  salvo  il  potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via  diautotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni  sostitutive  di  certificazione  e dell’atto   dinotorieta’  false  o  mendaci, l’amministrazione,   ferma   restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma  6,  nonche’ diquelle di cui al capo VI del  testo  unico  di  cui  al decreto  del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo’  sempre  ein ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.
4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte della amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti. 4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti  di  cui  al primo  periodo  del  comma 3,  all’amministrazione   e’   consentito intervenire solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute,  perla sicurezza  pubblica  o  la  difesa nazionale  e  previo  motivato accertamento dell’impossibilita’ di tutelare comunque tali interessimediante conformazione  dell’attivita’  dei privati  alla  normativa vigente. 4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti  di  cui  al primo  periodo  del  comma 3, all’amministrazione   e’   consentito intervenire solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute,  perla sicurezza  pubblica  o  la  difesa nazionale  e  previo  motivato accertamento dell’impossibilita’ di tutelare comunque tali interessimediante conformazione  dell’attivita’  dei privati  alla  normativa vigente.
4-BIS” Il presente articolo non si applica alle attivita’ economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58″. (inserito L. 163/2010 in vigore dal 6.10.2010)
5.
 
 
 
Ogni controversia relativa all’applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.
5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  daltesto unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva delgiudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato nei  termini  di  legge,  puo’riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.    Comma dapprima ABROGATO dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104. Poi inserito dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis 5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  daltesto unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva delgiudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato nei  termini  di  legge,  puo’riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.    Comma dapprima ABROGATO dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104. Poi inserito dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis
6. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato, chiunque,  nelle dichiarazioni  o  attestazioni  o asseverazioni  che  corredano   lasegnalazione di inizio  attivita’,  dichiara  o  attesta  falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di  cui  al comma  1  e’ punito con la reclusione da uno a tre anni 6. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato, chiunque,  nelle dichiarazioni  o  attestazioni  o asseverazioni  che  corredano   lasegnalazione di inizio  attivita’,  dichiara  o  attesta  falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di  cui  al comma  1  e’ punito con la reclusione da uno a tre anni

 

adminSCIA : ancora novità – art. 19 comma 4-bis L. n. 241/1990
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Sistri: chiarimenti

Nota esplicativa del Ministero dell’Ambiente a corredo del DM 28 settembre 2010
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 230 del 1-10-2010, il decreto 28 settembre 2010 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in vigore dal giorno stesso della pubblicazione, che introduce due proroghe di termini alle disposizioni del D.M. 17 dicembre 2009, in tema di controllo e tracciabilità dei rifiuti.

A corredo del decreto, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha pubblicato, sul sito internet  www.sistri.it, una nota esplicativa che prende in esame gli aspetti principali delle nuove disposizioni. È importante sottolineare che, allo stato attuale, tale nota, pur se pubblicata su un sito a valenza istituzionale, non rappresenta una interpretazione giuridicamente rilevante poiché non è stata emanata attraverso un atto protocollare (come ad esempio una circolare ministeriale).
Nella nota, in particolare, viene evidenziato che il provvedimento:

  • conferma la data di operatività del SISTRI, stabilita per il 1° ottobre 2010;
  • proroga al 30 novembre 2010 il termine per la consegna dei dispositivi USB e black box agli aventi titolo;
  • proroga al 31 dicembre 2010 il termine previsto dall’art. 12, comma 2, del DM 17 dicembre 2009, ossia il periodo nel quale, oltre agli adempimenti SISTRI, dovranno essere osservati gli obblighi di tenuta dei registri di carico e scarico e del formulario.

Il quadro derivante dalle predette disposizioni è quindi il seguente:
a) utilizzo dei dispositivi elettronici
Gli iscritti al SISTRI che, alla data di avvio dell’operatività dello stesso, fissata per il 1° ottobre 2010, sono in possesso dei dispositivi elettronici, utilizzano i medesimi dispositivi a decorrere da tale data. Per quanto riguarda la compilazione del Registro cronologico, gli utenti inseriranno “in carico” le informazioni relative ai rifiuti prodotti/trasportati/gestiti a decorrere dal primo ottobre.
Lo “scarico” di rifiuti caricati nel Registro di cui all’articolo 190 del d.lgs. n. 152/2006 nel periodo antecedente all’operatività del SISTRI potrà, sino al 31 dicembre 2010, essere riportato solo in tale Registro. Tuttavia, entro tale data, i soggetti tenuti dovranno “caricare” nel Registro cronologico i dati relativi a tutti i rifiuti “in giacenza” nel Registro di cui all’articolo 190.
Dal momento che non tutti gli iscritti sono, alla data del 1° ottobre, dotati dei dispositivi, fino al 30 novembre 2010 potrebbe verificarsi che non tutti i soggetti interessati dalla movimentazione di un rifiuto siano in condizione di compilare il Registro cronologico e la scheda SISTRI- AREA MOVIMENTAZIONE.
In tale ipotesi, al fine di garantire il necessario flusso di informazioni al sistema, si applicherà quanto previsto all’articolo 6, comma 4, del DM 17 dicembre 2009 per i casi di indisponibilità temporanea dei dispositivi.
Si sottolinea l’estrema rilevanza che l’utilizzo immediato e costante dei dispositivi riveste al fine di acquisire la dovuta padronanza nell’impiego del nuovo sistema e, al tempo stesso, testarne la funzionalità, anche al fine di consentire di apportare le migliorie o modifiche la cui necessità dovesse evidenziarsi a seguito dell’effettivo e capillare utilizzo del sistema stesso.
b) soggetti iscritti al SISTRI che alla data del 1° ottobre 2010 non sono in possesso dei dispositivi elettronici
I soggetti iscritti al SISTRI ai quali, alla data del 1° ottobre 2010, non sono stati ancora consegnati i dispositivi, continuano a compilare unicamente il registro di carico e scarico e il formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006.Dal momento della consegna dei dispositivi, tali soggetti utilizzeranno altresì i dispositivi medesimi secondo quanto sopra riportato. Si evidenzia l’estrema utilità dell’utilizzo immediato dei dispositivi, una volta che gli stessi siano disponibili, al fine di poter usufruire della possibilità di prendere dimestichezza con il nuovo sistema in questa prima fase di avvio dell’operatività.
c) regime sanzionatorio applicabile sino al 31 dicembre 2010
L’articolo 12, comma 2, del DM 17 dicembre 2009 consente ai soggetti tenuti ad aderire al SISTRI di usufruire di una fase di applicazione dello stesso, ora prorogata sino al 31 dicembre 2010, finalizzata alla verifica della piena funzionalità del SISTRI e anche ad acquisire la necessaria padronanza nell’utilizzo dei dispositivi medesimi. Il medesimo articolo specifica infatti che, al fine di garantire che non vi sia soluzione di continuità per quanto riguarda l’adempimento degli obblighi di legge relativi alla tracciabilità dei rifiuti in tale fase di prima applicazione del SISTRI, i soggetti iscritti al SISTRI rimangono tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006.
Pertanto, fino al 31 dicembre 2010, solo la compilazione del registro di carico e scarico e del formulario di cui alla citata normativa garantisce l’adempimento degli obblighi di legge, e, a giudizio del Ministero, solo la violazione delle disposizioni dei predetti articoli darà luogo alla comminazione delle specifiche sanzioni previste dal decreto legislativo 152 del 2006. In realtà, come già evidenziato nella precedente comunicazione, si omette di evidenziare, nel provvedimento ministeriale, come le sanzioni siano contenute nello schema di decreto di recepimento della direttiva quadro sui rifiuti, attualmente al parere delle Commissioni parlamentari che debbono esprimersi entro il 24 ottobre p.v..
E’ pertanto evidente che il consideranda del decreto non avrà alcun valore giuridico qualora il decreto di recepimento dovesse entrare in vigore prima della fine del corrente anno.
 

adminSistri: chiarimenti
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Proroga Sistri

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la proroga della fase sperimentale e della fase distributiva dei dispositivi
a cura di avv.Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ stato pubblicato sulla G.U. del 1 ottobre 2010, il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in vigore dal giorno stesso della pubblicazione, che introduce due importanti e distinte proroghe alle disposizioni del dm 17 dicembre 2009.
Ferma restando la data di operatività del sistema per tutti i soggetti (1 ottobre 2010), come individuata agli articoli 1, commi 1 e 4, e 2 del DM 17 dicembre 2009 e successive modifiche e integrazioni, vengono differiti due termini specifici:

  • quello relativo alla distribuzione dei dispositivi USB ed installazione delle black box, di cui all’allegato IA, punto 5, del Dm 17 dicembre 2009,prorogato al 30 novembre p.v.;
  • e quello per la fase sperimentale “cd. fase test”, prevista dall’articolo 12, comma 2, del Dm 17 dicembre 2009, che sposta al 31 dicembre p.v. il termine fino al quale le imprese regolarmente iscritte al Sistri, rimarranno tenute anche agli adempimenti di cui agli articoli 190 (registro di carico e scarico) e 193 (formulario) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Particolare importanza riveste quest’ultimo aspetto. In sostanza durante la “fase test” il Sistri verrà utilizzato insieme a registri e formulari, cioè ai tradizionali adempimenti ambientali che dal “cd. Decreto Ronchi” regolano la produzione e gestione dei rifiuti. Tale fase si allunga così da uno a tre mesi per tutti i soggetti, cioè sia per chi al 1 ottobre 2010 sarà in possesso dei dispositivi sia per chi, invece, a quella data non li avrà ricevuti o sarà impossibilitato ad usarli per malfunzionamenti. La tenuta congiunta delle “tradizionali” scritture ambientali e del sistema telematico Sistri, nasce dalla necessità di non interrompere il sistema di tracciabilità dei rifiuti.
Questa, infatti, in una filiera “chiusa” come quella dei rifiuti, può essere garantita solo se tutti e tre i soggetti coinvolti (produttore, trasportatore e destinatario) sono messi nelle condizioni di operare con i dispositivi elettronici. I molti problemi connessi alle difficoltà di distribuzione di tali dispositivi e la imprescindibile necessità degli addetti delle singole imprese di familiarizzare con il sistema, hanno reso necessario ampliare da uno a tre mesi il periodo sperimentale, teso ad assicurare la piena funzionalità del Sistri.
Per maggiore chiarezza circa la nuova tempistica delineata dalle nuove disposizioni, si riporta la tabella seguente:

SCHEDA: LA NUOVA TEMPISTICA DOPO LO SLITTAMENTO DEI TERMINI

1 ottobre 2010 Da questa data il  Sistri è operativo; pertanto chi è in possesso dei dispositivi elettronici, deve iniziare ad usarli
30 novembre 2010 Il termine entro il quale completare le procedure di ritiro dei dispositivi elettronici viene prorogato dal 12 settembre al 30 novembre 2010 (alleato IA, punto 5, Dm 17 dicembre 2009)
31 dicembre 2010 Il termine fino al quale continuare a tenere i registri di carico e scarico ed i formulari, unitamente al Sistri, viene prorogato dal 1 novembre al 31 dicembre 2010, per verificare la piena funzionalità del sistema.

 
Relativamente al quadro sanzionatorio, nel nuovo decreto, tra i consideranda, si afferma un importante concetto: nel periodo sperimentale, che terminerà per tutti il 31 dicembre 2010 le fattispecie sanzionabili restano esclusivamente quelle relative alla violazione degli obblighi relativi a registri e formulari (articoli 190 e 193 del Dlgs 152/29006).
In realtà, attualmente, non c’è alcun riscontro di tale affermazione all’interno delle disposizioni relative al nuovo quadro sanzionatorio delineato dallo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98.
È legittimo dunque il dubbio sul valore giuridico di tale premessa al momento del recepimento della direttiva rifiuti. Ed invero tale previsione sanzionatoria dovrebbe essere trasferita all’interno delle disposizioni dello schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva quadro; schema che sta ultimando il suo iter (ora è all’esame delle competenti commissioni parlamentari) e che a breve, verrà varato definitivamente.


 

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Sicurezza sul lavoro – Identificazione degli addetti nei cantieri

Integrazioni alla tessera di riconoscimento

 
 

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


La legge del 13 agosto 2010 n. 136 sul “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo  in materia di normativa antimafia“ (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  del 23 agosto 2010 n. 196), ha modificato gli articoli 18 e 21 del D.Lgs 81/08 (cd. Testo Unico sulla sicurezza) prevedendo che la tessera di riconoscimento venga integrata con nuove informazioni.

In particolare, per quanto riguarda l’identificazione degli addetti nei cantieri, l’articolo 5 della legge 136/10 prevede che, nello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il lavoratore dovrà essere munito di una tessera di riconoscimento che, oltre ad essere corredata  di fotografia, con l’indicazione delle generalità del lavoratore e del nome del datore di lavoro (come richiedeva  l’art. 18 comma 1 lett. u) del Testo Unico), contenga anche la data di assunzione e, nel caso di subappalto, la relativa autorizzazione.
Il medesimo articolo prevede che anche la tessera di riconoscimento di cui devono essere dotati i lavoratori autonomi,  ferme restando le indicazioni relative alle generalità degli stessi  e all’apposizione di fotografia (art. 21 comma 1  lett.c), debba essere integrata con l’indicazione del committente dei lavori. Resta inalterato il regime sanzionatorio disciplinante la violazione delle disposizioni sopra richiamate.
Nello specifico, l’articolo 55 comma 5  lett. i) del D.Lgs 81/08  prevede, nei confronti del datore di lavoro, la sanzione  amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore non munito di tessera di riconoscimento, mentre l’art. 60 comma 1 lett. b) del medesimo provvedimento dispone per il lavoratore autonomo sprovvisto di tessera una sanzione  amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro.

 
 

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Aria: novità dal 30.9.2010 (Dlgs. n. 155/2010)

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


È stato pubblicato sulla Gu del 15 agosto il Dlgs 13 agosto 2010, n. 155, recante recepimento della direttiva comunitaria sulla qualità dell’aria (2008/50/CE), che disciplina l’intera materia della valutazione e gestione della qualità dell’aria nei paesi Ue.

Il Dlgs 155/2010 reca il nuovo quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, cioè “l’aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro”.
Dal 30 settembre 2010 le molteplici normative che si occupavano dell’aria saranno abrogate assieme ai provvedimenti ministeriali attuativi quali: Dlgs 351/1999 (qualità dell’aria);  Dlgs 183/2004 (ozono); il Dlgs 152/2007 (arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e idrocarburi policiclici aromatici); Dpr 203/1988 (impianti industriali, già soppresso in realtà dal Dlgs 152/2006 con alcune eccezioni transitorie, fatte comunque salve dal Dlgs 155/2010).
Il provvedimento, si precisa, interviene a fissare i valori e gli obiettivi di qualità dell’aria da raggiungere o da perseguire per biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e l’ozono.
Due gli obiettivi che vengono raggiunti:
1) razionalizzare le attività di valutazione e di gestione della qualità dell’aria, secondo canoni di efficienza, efficacia ed economicità;
2) responsabilizzare tutti i soggetti interessati all’attuazione delle nuove disposizioni sulla base di un preciso riparto delle competenze.
E’ prevista, inoltre, la possibilità di ricorrere a misure nazionali qualora da un’apposita istruttoria risulti che tutte le possibili misure individuabili dalle regioni nei piani di qualità dell’aria non siano risolutive, in quanto i superamenti sono causati in modo decisivo da sorgenti di emissione su cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa. In tal caso si procede all’adozione di misure di carattere nazionale sulla base dei lavori di un comitato da istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il recepimento della Direttiva UE si affianca alla recente modifica del codice ambiente varata dall’esecutivo il 24 giugno.  “Si realizza in questo modo – afferma il MinAmbiente – la prima parte dell’azione di contrasto dell’inquinamento atmosferico, che sarà a breve completata dal Governo italiano con il Piano anti-smog”.
Il nuovo decreto prevede la “zonizzazione”, ossia la suddivisione del territorio nazionale – soggetta al controllo del ministero dell’Ambiente – in spazi uniformi all’interno di ciascuna regione, fondata su elementi come la densità emissiva, le caratteristiche orografiche, quelle meteo-climatiche o il grado di urbanizzazione del territorio.
Viene prevista inoltre una valutazione della qualità dell’aria basata, sempre in ciascuna regione, su un programma nel quale devono essere definiti la rete di misurazione ufficiale, le misure indicative e le simulazioni. L’intera rete deve essere poi soggetta alla gestione o almeno al controllo pubblico assicurata dalle regioni o su delega dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. Le attività di pianificazione, volte a garantire il raggiungimento dei valori limite (concentrazioni atmosferiche fissate in base alle conoscenze scientifiche per evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi sulla salute umana e sull’ambiente) o i valori obiettivo (una sorta di media annua) sulla qualità dell’aria,dovranno fare riferimento alle “sorgenti di emissione” intervenendo con misure in modo “mirato”, senza cioè l’obbligo di estendersi all’intero territorio della zona o di limitarsi a quest’ultimo.
Sarà possibile tuttavia adottare misure di risanamento nazionali qualora tutte le misure individuabili nei piani regionali non possano assicurare il raggiungimento dei valori previsti.
 

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Aria e zonizzazione (DLGS. n. 155/2010)

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


Lo Stato italiano ha recepito la Direttiva comunitaria 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europacon il D. Lgs 13.08.2010, n. 155, pubblicato in: G.U. n. 216 del 15 settembre 2010, Suppl. Ordinario n. 217.

Il decreto entrerà in vigore il 30.09.2010 e da quel momento Regioni e Province autonome dovranno valutare il territorio di competenza ai fini della zonizzazione e dell’elaborazione di piani di risanamento per il rispetto dei valori tabellari stabiliti dalla Comunità Europea.
Il decreto abroga altresì il DM 20.5.1991 che stabiliva le linee guida per i piani di risanamento dell’aria da adottarsi da ogni singola Regione e Provincia Autonoma, i quali, laddove esistenti dovranno essere adeguati ai nuovi criteri imposti dalla Direttiva recepita nel termine di quattro mesi  (art.3 co.2  D. Lgs. 155/2010).
Nessun termine viene, invece, stabilito per l’adozione della zonizzazione ed i piani di risanamento di nuova elaborazione Il legislatore statale, inoltre, non stabilisce le modalità con le quali “zonizzare” il territorio, richiedendo soltanto che la stessa sia preceduta dall’individuazione degli agglomerati urbani: sembra sussistere, quindi, una connessione tra le scelte urbanistiche e quelle relative alla qualità dell’aria ben più forte rispetto a quanto statuito, ad esempio, in tema di zonizzazione acustica.
Stante il silenzio legislativo e l’ampia discrezionalità lasciata alle Regioni, non è dato sapere se l’analisi del territorio e la relativa suddivisione in zone, nonché la stesura di eventuali piani verrà svolta autonomamente oppure se saranno coinvolti anche i Comuni e le Province.
A ciò si aggiunga che il D. Lgs 155/2010 non dispone alcuna sanzione in caso di inadempimento ed è ragionevole ritenere che non si assisterà ad una ….corsa alla zonizzazione.Fondato è quindi il pericolo che il Decreto Legislativo non venga attuato, per lo meno non nel breve periodo e, soprattutto, che la zonizzazione rimanga a c.d. macchia di leopardo, vanificando l’intera direttiva: la zonizzazione dell’intero territorio nazionale è il presupposto su cui si organizza l’attività di valutazione della qualità dell’aria ambiente. (Art. 1 co. 4, lett.c).
 

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Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti – SISTRI

Dal 1 ottobre diventa operativo anche se molte sono ancora le criticità
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
Il Dm 9 luglio 2010 ha disposto che l’operatività del nuovo sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti decorra, per tutti i soggetti obbligati, a far data dal prossimo 1° ottobre 2010.
Tuttavia è previsto un mese di rodaggio dove viene legittimato il doppio regime.
Il Dm 17 dicembre 2009 prevede, infatti, all’articolo 12, comma2, che: al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del sistema Sistri, per un mese successivo all’operatività del Sistri (1 novembre p.v.), i soggetti obbligati all’iscrizione al nuovo sistema, rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 (registro di carico e scarico) e 193 (formulario) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Allo stato attuale, nonostante i termini perentori fissati dal Governo, i livelli di definizione del nuovo processo telematico risultano non completamente avviati sul territorio ed ancora in fase di avanzamento.
Sotto il profilo operativo si sono verificati, infatti, una serie di problemi che ostacolano l’avvio del sistema e che occorre rimuovere per far si che questo processo si sviluppi in coerenza con le esgenze di semplificazione degli adempimenti e di riduzione dei costi a carico delle imprese, specialmente quelle di più ridotte dimensioni.
Da analisi campione effettuate dal sistema camerale risultano, poi, ritardi nella distribuzione della necessaria strumentazione informatica ed elettronica (secondo Unioncamere appena il 54% delle imprese sono in possesso dei dispositivi previsti dalla normativa, nonostante sia stato superato ampiamente il termine del 12 settembre entro il quale si sarebbe dovuta completare la fase distributiva) e nell’adeguamento tecnologico di cui avrebbero bisogno tali dispositivi.
Anche per quanto riguarda la distribuzione avviata dalle sezioni dell’albo nazionale gestori ambientali, risulta che solo un ristretto numero di imprese coinvolte nel trasporto dei rifiuti abbiano istallato i previsti dispositivi Black Box.
È evidente che senza il completamento della fase distributiva, in ogni ambito territoriale e per ogni categoria di utenti  ivi compreso il comparto del trasporto – risulta difficile ipotizzare un ordinato e regolare avvio del sistema.
In data 23 settembre u.s., il Ministero dell’Ambiente  ha ritenuto opportuno convocare una riunione con tutte le Organizzazioni di categoria.
Durante tale incontro la segreteria tecnica ha comunicato di aver sottoposto alla valutazione del Ministro un provvedimento, per quelle imprese non oggettivamente in grado di avvalersi nelle procedure informatiche,  disporrebbe di operare con il vecchio sistema per ulteriori due mesi. È possibile che tale provvedimento trovi corpo nell’ambito di un testo unico sul Sistri di natura meramente compilativa che parrebbe essere stato già trasmesso al Consiglio di Stato o in alternativa attraverso una circolare ministeriale interpretativa in senso estensivo delle disposizioni.
 

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TARSU E TIA: REGIME TRANSITORIO

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Come noto il D.Lgs 22/97, nell’introdurre la tariffa d’igiene ambientale (Tia) aveva disposto la soppressione della tassa sullo smaltimento dei rifiuti urbani (Tarsu) a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio che veniva disciplinato dal successivo Regolamento di attuazione n. 158 del 27 aprile 1999.

I termini fissati nel Regolamento sono stati nel tempo oggetto di proroghe da parte del legislatore, dovute anche alla circostanza che i Comuni, per istituire la Tia, avrebbero dovuto provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio relativi alla gestione della stessa e non sempre erano in grado di operare in tal senso.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs 152/06 (c.d. “nuovo codice dell’ambiente”) veniva prevista, all’art. 238, una revisione complessiva del sistema tariffario di gestione dei rifiuti, rinviando ad un apposito regolamento la rideterminazione dei coefficienti di produzione dei rifiuti di cui al citato D.P.R. 158/99.
Il decreto 152 inoltre, nell’abrogare il D.Lgs 22/97 stabiliva, al fine di garantire continuità nel passaggio dalla preesistente normativa alla nuova, che continuassero ad essere applicati i vigenti provvedimenti attuativi sino alla entrata in vigore dei nuovi regolamenti. Il  decreto attuativo cui appunto rinvia l’art. 238, allo stato non è ancora stato emanato e pertanto, in sua attesa, si rendeva indispensabile una proroga espressa del regime transitorio.
Tale proroga può essere rinvenuta nella legge n. 296 del 27 dicembre 2006 che, all’art. 1, comma 184, stabiliva, nelle more della completa attuazione delle disposizioni di cui al D.Lgs 152/06, l’invarianza del regime di prelievo (Tarsu o Tia) relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune, sino ad arrivare alla copertura dell’intero anno 2009. Di conseguenza si evince che, a partire dal 1° gennaio 2010, essendo venuto meno il regime transitorio assicurato dalle proroghe succedutesi nel corso degli anni, l’istituto della Tarsu debba ritenersi formalmente decaduto.
Va inoltre considerata contestualmente la disposizione introdotta dalla legge n. 13 del 27 febbraio 2009, e oggetto di successive proroghe semestrali sino ad arrivare al 30 giugno 2010, che dava facoltà ai Comuni di passare al regime di Tia qualora il Ministero dell’Ambiente, entro le date prefissate, non avesse adottato il Regolamento attuativo di cui all’art. 238. Ciò poteva costituire, di fatto, una prosecuzione del regime di invarianza del prelievo in quanto, sino al 30 giugno, scorso i Comuni avrebbero dovuto attendere il Regolamento per attuare il passaggio alla tariffa.
Non essendo intervenuto più alcun differimento, teoricamente a partire dal 1° luglio 2010 i Comuni possono optare per il regime di prelievo diverso dalla Tarsu, applicando comunque le modalità di determinazione della tariffa fissate dall’ unico Regolamento ad oggi in vigore ossia il D.P.R. 158/99. Di fatto tale transizione risulterebbe puramente virtuale in quanto al 30 giugno sono scaduti anche i termini per modificare i regolamenti tributari locali e, pertanto, l’eventuale passaggio da Tarsu a Tia decorrerebbe a partire dal 2011. D’altronde una introduzione della Tia  dal 1° luglio  2010 non troverebbe solo impedimenti giuridici, ma anche ostacoli operativi, essendo estremamente arduo gestire una stessa annualità con due entrate diverse. In ogni caso si ritiene che per i Comuni che non hanno ancora attuato il passaggio da Tarsu a Tia,  dal 1° gennaio 2011 sussisterebbe l’obbligo e non più la facoltà di introdurre il nuovo istituto, essendo venuto meno per l’anno 2010 il regime transitorio che legittimava la contestuale esistenza delle due forme di prelievo.
Tra l’altro non risulta chiaro a quale normativa i Comuni dovranno fare riferimento e quali i criteri da seguire per la determinazione della tariffa. Andrebbe infatti esclusa la possibilità di applicare l’art. 49 del d.lgs. 22/97 in quanto abrogato dal D.Lgs 152/06. Altrettanto dubbia la possibilità di applicazione dell’ art. 238[1] del “codice ambientale” che istituisce la nuova tariffa, in “stand-by” perché manca il Regolamento statale di attuazione. In aggiunta a questo scenario estremamente complesso, vanno ricordate le recenti pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno sancito la natura tributaria del prelievo, in quanto non direttamente proporzionale ai rifiuti prodotti dai contribuenti, facendo  così decadere l’Iva dalla Tia e aprendo la strada a possibili richieste di rimborso.   Anche il recente intervento del Governo sulla manovra correttiva, che in una specifica disposizione ha stabilito che la Tia è una tariffa con lo spostamento delle eventuali controversie in sede giudiziaria ordinaria, non ha portato la dovuta chiarezza, in quanto viene fatto riferimento all’art. 238 del d.lgs. 152/06 – che, come visto in precedenza, risulta ancora inapplicato per la mancanza del regolamento attuativo – e non alla Tia del D.Lgs 22/97 attualmente applicata in quei Comuni che l’avevano adottata in via sperimentale.


[1](Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)  Art. 2381. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d’ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.5. Le Autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 207il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l’integrale copertura dei costi.6. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l’assenza di oneri per le autorità interessate.7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l’integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.9. L’eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio.10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l’Agenzia delle entrate (2).(1) Per la deroga alle disposizioni del presente articolo, relativa alla regione Campania, vedi articolo 7 del D.L. 11 maggio 2007, n. 61.(2) Vedi l’articolo 14, comma 33, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

 

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Sindaco e Rumore: quali poteri?

TAR Puglia , Bari, sez. II, 30.7.2010, 3274
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


Un privato lamenta di essere disturbato nel riposo dalle emissioni rumorose di un vicino opificio; provvede dunque a ripetute denunce alla ASL ed al Comune sollecitando l’ adozione da parte del Sindaco di una Ordinanza contingibile ed urgente.
Il Sindaco peraltro non si attiva e non risponde alle ripetute richieste di intervento ed il privato adisce il TAR al fine di “accertarsi la illegittimità del silenzio mantenuto dal Comune” in ordine alle istanze finalizzate a far cessare le immissioni rumorose.
Ebbene, il Tribunale ha analizzato compiutamente le missive inviate al Comune ed il loro contenuto al fine di verificare l’effettiva richiesta di un provvedimento idoneo ad attivare il Comune.
Il TAR Puglia, Bari, sez. II, 30.07.2010, n. 3274,  ha rigettato il ricorso presentato dal cittadino a fronte del silenzio e dall’inerzia serbata dal Comune perché le richieste in realtà erano solo generiche lamentele.
Nello specifico il TAR ha ritenuto preliminare la verifica della natura delle richieste inoltrate al Sindaco da parte del privato e valutare se queste fossero idonee a determinare l’obbligo di attivazione in capo alla amministrazione comunale.
Accertato che le missive del cittadino erano state inviate all’ASL competente e solo per conoscenza al Sindaco e soprattutto verificato che non veniva richiesta l’emissione di alcun provvedimento inibitorio verso la fonte di inquinamento acustico, il TAR concludeva per l’infondatezza della pretesa del cittadino.
Ed invero non veniva riscontrata un’emergenza sanitaria, ovvero un grave pericolo per l’incolumità pubblica, ma solo un fastidio percepito dal privato, che avrebbe quindi dovuto agire in sede penale o civile per la tutela dei propri diritti…..chiamando però in causa altro soggetto.
Nessun obbligo, invece, incombe sul Sindaco, che non è tenuto a dirimere le controversie individuali, dovendosi attivare solo se la fonte rumorosa possa rivelarsi dannosa per la collettività.
Suddetto potere di azione viene conferito al Sindaco dall’art. 9 L. 447/95, il quale è subordinato alla sussistenza di due presupposti: l’eccezionalità e l’urgenza e la necessità di salvaguardare la saluta pubblica. È vero che l’obbligo di intervento scaturisce anche se la lamentela proviene anche da un singolo cittadino, ma l’accertamento preventivo di tali due requisiti è preliminare e la mancanza anche parziale determina l’illegittimità dell’atto amministrativo emanato.
 

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Energia e Sottoprodotti: L. 13.8.2010 n. 129

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
L’art. 1 comma 3 della Legge 13 agosto 2010, n. 129 (G.U. 18.08.2010, n. 192) , con cui il Parlamento ha convertito, modificandolo, il D.L. 8 luglio 2010, n. 105 (G.U. 9.7.2010, n. 158) – Misure urgenti in materia di energia – ha novellato l’art. 185 comma 2 Codice Ambiente. A decorrere dal 19 agosto u.s. la definizione di sottoprodotto è così modificata:
 

art. 185 comma 2
ANTE RIFORMA
Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell’articolo 183:
materiali fecali e vegetali provenienti () da attività agricole utilizzati nelle attività agricole ()
 
 
 
o in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas, materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi,eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.
art. 185 comma 2
POST RIFORMA
Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell’articolo 183:
materiali fecali e vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato, oppure da attività agricole, utilizzati nelle attività agricole, anche al di fuori del luogo di produzione, ovvero ceduti a terzi, o
utilizzati in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas,materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi,eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.

 
Il Parlamento ha accolto con favore la disposizione ex art. 1 comma 3 D.L. 208/2010, perché evidente era la necessità di precisare i confini definitori della nozione di sottoprodotto:  tale intervento consente di colmare un vuoto normativo in linea con le conclusioni della dottrina e della “prassi” (Camera dei Deputati – Dossier di documentazione  A.C. 3660).
 

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Energia: Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili – D.M. 10 settembre 2010

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Nella Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010 è stato pubblicato il D.M. 10 settembre 2010 che – in attuazione di quanto previsto dall’articolo 12 del D.Lgs 387/2003 – detta le linee guida nazionali per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
 
Il provvedimento entrerà in vigore il prossimo 3 ottobre 2010.
Le Regioni avranno tempo sino al 2 gennaio 2011 per adeguare le rispettive discipline di autorizzazione.
Decorso tale termine, le linee guida si applicheranno ai procedimenti in corso, fatti salvi quelli completi della soluzione di connessione e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti.
Nel dettaglio le linee guida definiscono il regime giuridico delle autorizzazioni valido su scala nazionale, disciplinando i casi da assoggettare all’applicazione dell’autorizzazione unica, i contenuti minimi di tale procedura,  i casi invece che sono meritevoli di ulteriori semplificazioni e quelli che invece sono assoggettati alla procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA).
Occorre precisare, al riguardo, che le Linee guida fanno riferimento al procedimento di Denuncia di inizio attività (DIA) il quale è stato sostituito – in base all’art. 49, comma 4-bis, della Legge 122/2010 – dalla Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Segnalazione questa che prevede, a differenza del vecchio regime della DIA, la possibilità di iniziare l’esercizio dell’attività dalla data di presentazione della segnalazione all’amministrazione competente (e non più 30 giorni dopo).
Allegato: D.M. 10 settembre 2010
 

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Autorizzazione: Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi.

Nota a DGR Veneto 1766/2010
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La Regione del Veneto ha deliberato l’istituzione di uno specifico tavolo tecnico coordinato dalla Direzione regionale Ambiente, che si terrà entro il 31.12.2010, tra Regione, Unione Regionale delle Province del Veneto (URPV) e ARPAV a cui è stata invitata a partecipare anche l’ISPRA  (ex APAT).

Come specificato in DGRV n. 1766 del 6.07.2010 in Bur 61 del 27.07.2010 obiettivo della concertazione è chiarire ed uniformare le modalità di richiesta e rilascio delle autorizzazioni alle sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi.
Ad oggi la Regione conferma le precedenti DGRV 1838/2007 e 3764/2009 e richiama l’allegato A della DGRV 1766/2010 quale “criteri per la predisposizione della valutazione di rischio finalizzata alla concessione di deroghe ai limiti di accettabilità dei rifiuti in discarica”; e ciò fino alla ridefinizione delle procedure a seguito proprio del tavolo di concertazione promosso dalla Regione a seguito della necessità di meglio definire ed approfondire la procedura alla luce di nuove problematiche .
Ebbene, come è noto il D. Lgs 13.01.2003, n. 36, attuativo della Direttiva 1999/31/CE, classifica le discariche in tre tipologie (non più cinque):
i) discariche di rifiuti pericolosi,
ii) discariche di rifiuti non pericolosi,
iii) discariche per gli inerti.
L’art. 7 del DM 3.8.2005 prevede la facoltà per le autorità territorialmente competenti di autorizzare discariche di rifiuti non pericolosi nelle seguenti sottocategorie:
a)         discariche per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile;
b)        discariche per rifiuti in gran parte organici da suddividersi in discariche considerate bireattori con recupero di biogas e discariche per rifiuti organici protrattati;
c)         discariche per rifiuti misti non pericolosi con elevato contenuto sia di rifiuti organici o biodegradabili che di rifiuti inorganici, con recupero di biogas.
Le istanze di riclassificazione[1] per la specifica sottocategoria di discarica devono essere accompagnate:
a) da idonea documentazione tecnica comprensiva di quanto richiesto in circolare Ministero dell’Ambiente n. 14963 del 30.06.2009 e dell’aggiornamento delle informazioni ex art. 5 commi 1 e 2 D. Lgs 59/2005, 
b) dalla valutazione di rischio ex art. 7 comma 2 DM 3.8.2005,
c) dalla relazione di compatibilità ambientale ex art. 22 comma 4 LR 3/2000.
Le perplessità che la Regione vuole chiarire a mezzo del tavolo tecnico concernono i criteri  e le modalità di predisposizione della valutazioni di rischio da presentarsi unitamente alle istanze di autorizzazione a tali tipologie di discariche.
La difficoltà sta nel fatto che ogni discarica deve essere valutata in maniera autonoma, tenendo conto delle caratteristiche concrete dei rifiuti, della valutazione di rischio con riguardo alle emissioni della discarica e dell’idoneità del sito, ma soprattutto perché la norma prevede deroghe da indicarsi ad hoc per specifici parametri.
Il pericolo di una disciplina eterogenea era evidente e sul punto la Regione era già intervenuta con DGRV 3764 del 9.12.2009[2]:-          per le discariche esistenti le deroghe erano ammesse solo previo parare positivo della Commissione Tecnica Regionale sezione Ambiente (CTRA);-         per le nuove discariche, ovvero in caso di modifica delle tipologie di rifiuti trattati le autorizzazioni dovevano essere precedute dalla VIA e corredate da congrua documentazione.
Nelle more la Giunta Regionale ha fornito dei criteri per la predisposizione della valutazione di rischio finalizzata alla concessione di deroghe ai limiti di accettabilità dei rifiuti in discarica.Il calcolo del rischio deve riguardare tutti i possibili impatti sulle matrici ambientali di acque superficiali, acque sotterranee e la qualità dell’aria in termini di contaminazione delle stesse da parte delle potenziali emissioni della discarica.
La DGRV 1766/2010 statuisce altresì che anche per le discariche non classificate in una delle sottocategorie di cui all’art. 7 del DM 3.8.2005 possono essere rilasciate, ai sensi dell’art. 10 del medesimo decreto ministeriale e sulla base di una valutazione del rischio con riguardo alle emissioni della discarica, deroghe ai limiti di accettabilità previsti dalla norma per specifici parametri e per specifiche tipologie di rifiuto.
La valutazione del rischio richiede lo studio di tre componenti (Modello Concettuale del SITO -MCS-):1.      sorgente di contaminazione discarica2.      percorsi e vie di propagazione degli inquinanti3.      bersagli/recettori
Quanto ai valori di concentrazione limite, la DGRV 1766/2010 rinvia alla normativa ambientale e in tema di bonifiche, che già sono corredate da tabelle indicanti i parametri di riferimento.Nel caso in cui la sostanza specifica non sia contenuta nelle tabelle di riferimento, i valori di concentrazione limite accettabili devono essere ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.
Quanto alle caratteristiche del sito in cui viene ubicata la discarica, la valutazione del rischio dovrà considerare i dati forniti in sede di VIA, nonché, laddove già rilasciata, dall’eventuale autorizzazione all’esercizio, da quelli desunti da particolari campagne di misura o dai dati bibliografici esistenti in caso di parametri non presenti in progetto.
Quanto al calcolo di flusso di percolato che attraversa la barriera di sconfinamento del fondo della discarica si dovrà predisporre una presentazione probabile della conducibilità idraulica del suolo nel caso si impieghi il metodo Monte Carlo, oppure predisponendo misure alternative mediante il ricorso ad un coefficiente di permeabilità più elevato rispetto a quello in progetto.In ogni caso la Regione attesta l’ininfluenza dei teli in HDPE, perché non efficaci. La valutazione del rischio deve in ogni caso essere conforme ai criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata alle discariche, pubblicata da APAT (oggi ISPRA) nel giugno del 2005.


[1] Diversamente per nuove discariche per rifiuti non pericolosi che dovranno essere sottoposte a VIA ecc…
[2] In BUR Veneto n. 2 del 5.01.2010

 

adminAutorizzazione: Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi.
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Rumore e zonizzazione (Breve nota a TAR Veneto n. 351/2010 )

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La sentenza n. 351 del TAR Veneto pronunciata il 10 febbraio 2010, definisce la vertenza che vedeva coinvolto un Comune ed una società titolare di una cava all’interno del relativo territorio, dove svolgeva attività di frantumazione e lavorazione del materiale inerte.
A seguito di rilevamenti fonometrici che accertavano lo stabellamento dei limiti acustici, venivano notificate alla società due ordinanze comunali, che imponevano l’adozione di misure di contenimento acustico e di correttivi all’attività espletata per eliminare l’inquinamento prodotto.
Tali provvedimenti venivano impugnati avanti il TAR per sentirne dichiarare l’illegittimità perché posti in violazione della normativa acustica.
Le società evidenziavano diversi punti di doglianza ma il TAR accoglieva un solo punto (peraltro bastevole) ovvero quello relativo allamancanza di zonizzazione acustica del Comune interessato e limiti acustici applicabili.
Precisa il TAR Veneto che “…. è stata fatta erronea applicazione dell’articolo 4 DPCM 14 novembre 1997; articolo che prevede un doppio limite di tollerabilità; il limite differenziale (pari alla differenza tra il rumore ambientale ed il rumore residuo) e il limite del rumore ambientale in quanto tale…”
Ed invero il doppio limite di cui all’art. 4  DPCM 1997 non può trovare applicazione perché il Comune di … è privo di zonizzazione acustica e, quindi, si dovranno osservare solo i limiti assoluti ex art. 6 comma i DPCM 1991 per l’espresso rinvio del citato art. 8 DPCM 1997; “…articolo che da un lato non prevede il limite differenziale e dall’altro stabilisce limiti massimi più elevati (in tutto il territorio nazionale 70 leq (A) diurno e 60 leq (A) notturno..”
La sentenza del TAR Veneto citata si allinea quindi al consolidato orientamento giurisprudenziale, che segue in genere il seguente sillogismo:

1) Se il Comune non è dotato di un piano di zonizzazione acustica
2) allora si applica l’art. 8 DPCM 14.11.1997 che, in caso di mancata classificazione acustica, rinvia all’art. 6 comma 1 DPCM 1.3.1991 che prevede l’applicazione dei soli  limiti assoluti;
3) Ergo, all’interno dei Comuni privi di zonizzazione non si applicano i limiti differenziali (doppio limite) bensì solo il limite assoluto.

Tale orientamento presta il fianco a critiche laddove sembra poco considerare la ratio della legge n. 447/95 e l’effettiva tutela dei cittadini.

Si pensi che la Circolare 6 settembre 2004 –  Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – è intervenuta proprio a precisare che l’art. 8 DPCM, pur richiamando i soli limiti assoluti non intende escludere quelli differenziali.
Il ragionamento potrebbe essere condivisibile: solo i limiti assoluti sono legati alla previa zonizzazione acustica del territorio, mentre i limiti differenziali sono indistinti per tutte le classi.
La mancanza di un intervento legislativo ha poi avvalorato tale prassi, tanto che a parte sporadiche sentenze contrarie[1], per lo più antecedenti il 2006, ormai è principio assodato.


[1] TAR Trento 174/2005; TAR Puglia 488/2006

 

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Accordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE – Distribuzione

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
In data 7 luglio 2010 è stato firmato Accordo di programma tra Anci, Centro di Coordinamento Raee ed organizzazioni nazionali della distribuzione, con il quale si completa il quadro di accordi tra i soggetti coinvolti dalla normativa prevista dal Dm 8 marzo 2010 n.65.


L’accordo in oggetto , in particolare, segue due precedenti accordi: quello tra Anci e centro di coordinamento dell’8 luglio u.s ed il protocollo di intesa tra Centro di coordinamento RAEE, ANCI ed Organizzazioni della distribuzione del 24 giugno u.s.
L’accordo prevede che: Il CdC RAEE assicuri, attraverso l’operatività dei Sistemi Collettivi che lo costituiscono, il ritiro gratuito dei RAEE presso i Luoghi di Raggruppamento dei RAEE che rispondano ai seguenti precisi requisiti:
      il Luogo di Raggruppamento dei RAEE deve essere idoneo a svolgere le attività ai sensi della normativa vigente in materia;
      per ogni Luogo di Raggruppamento dei RAEE deve essere indicato il nominativo di una persona di riferimento per la gestione dei ritiri, che assicurerà la sottoscrizione dei documenti necessari e previsti per legge all’accompagnamento dei RAEE in uscita da detti Luoghi di Raggruppamento dei RAEE;
      per richiedere i servizi di ritiro i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE utilizzano esclusivamente il servizio via WEB messo a disposizione dal CdC RAEE;
      all’atto dell’iscrizione dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE, i Distributori o gestori del Luogo di Raggruppamento devono comunicare e successivamente mantenere aggiornato il dato relativo agli orari ed ai giorni lavorativi in cui è possibile effettuare il ritiro: è previsto che i Luoghi di Raggruppamento siano aperti 5 giorni alla settimana per un periodo minimo di 6 ore. Gli orari comunicati faranno fede ai fini del ritiro da parte dei Sistemi Collettivi: qualora i Luoghi di Raggruppamento dei RAEE risultino chiusi o l’unità di carico risulti non accessibile ai Sistemi Collettivi per il ritiro durante l’orario di apertura indicato, i Sistemi Collettivi segnaleranno al Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al CdC RAEE un’anomalia;
      i RAEE devono essere suddivisi in maniera conforme ai Raggruppamenti previsti. Qualora i Sistemi Collettivi accertino un’errata suddivisione dei RAEE, segnaleranno un’anomalia al Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al CdC RAEE;
      all’interno dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE deve essere assicurata un’adeguata gestione, al fine di evitare la dispersione nell’ambiente delle sostanze pericolose e di garantire l’integrità dei RAEE, così come conferiti dal consumatore; si ricorda che il Distributore, ai sensi dell’Art. 6 comma 2 del D. Lgs. 151/05, può rifiutare “il ritiro di un RAEE nel caso in cui vi sia un rischio di contaminazione del personale incaricato dello stesso ritiro o nel caso in cui risulta evidente che l’apparecchiatura in questione non contiene i suoi componenti essenziali”.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE si impegnano espressamente a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi Interferenziali (DUVRI), fornendo ai Sistemi Collettivi e agli operatori logistici da questi incaricati tutte le informazioni necessarie al fine di effettuare una compiuta valutazione dei rischi anche di natura interferenziale.  Qualora i Sistemi Collettivi per mezzo dei propri incaricati al ritiro accertino la presenza nelle unità di carico di RAEE fortemente danneggiati o gravemente mancanti di componenti essenziali, segnaleranno un’anomalia al Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al CdC RAEE e potranno rifiutare il ritiro dei contenitori; la gestione dei RAEE non conformi sarà a cura e a carico del Luogo di Raggruppamento dei RAEE.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE devono assicurare uno spazio idoneo al posizionamento e alla movimentazione delle unità di carico che saranno fornite in comodato gratuito dai Sistemi Collettivi.  Tramite il portale del CdC RAEE i Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE indicano le unità di carico ritenute necessarie; la scelta definitiva della tipologia e quantità di unità di carico è di competenza esclusiva dei Sistemi Collettivi, fatto salvo che deve essere finalizzata all’ottimizzazione degli spazi del Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al raggiungimento dei quantitativi previsti.  Per poter accedere al servizio di ritiro dei RAEE da parte dei Sistemi Collettivi, i Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE devono assicurare la disponibilità di spazi tali da accogliere le tipologie di unità di carico per ciascun Raggruppamento (è ammessa la gestione anche di un solo Raggruppamento). I Distributori, al fine di usufruire dei servizi di ritiro dei RAEE da parte dei Sistemi Collettivi, devono:

  • disporre di Luoghi di Raggruppamento dei RAEE conformi ai requisiti tecnico-organizzativi sopra esposti;
  • iscrivere i Luoghi di Raggruppamento dei RAEE destinatari dei servizi di ritiro al portale internet messo a disposizione dal CdC RAEE, www.cdcraee.it, nella apposita sezione, compilando la modulistica prevista ed accettando le condizioni di erogazione del servizio specificate nell’Accordo di Programma.

Non sono accettati RAEE a terra: i RAEE devono essere posizionati negli appositi contenitori a cura del soggetto che gestisce il Luogo di Raggruppamento dei RAEE.  All’atto dell’adesione al servizio il Distributore o il gestore del Luogo di Raggruppamento dei RAEE dovrà versare una cauzione per ogni Raggruppamento per cui viene richiesto il servizio.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE potranno richiedere il ritiro da parte dei Sistemi Collettivi solo per quantitativi superiori o uguali a quelli indicati nella tabella per ciascun Raggruppamento (i pesi sono verificati a destino). Qualora il Sistema Collettivo accerti un quantitativo inferiore al minimo consentito o sia effettuata una Richiesta di Ritiro per un quantitativo inferiore al minimo, il Distributore o il gestore del Luogo di Raggruppamento dei RAEE dovrà versare al Sistema Collettivo un contributo all’erogazione del servizio.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE devono fornire adeguate ed aggiornate informazioni per la compilazione della documentazione di trasporto dei RAEE in conformità alle normative vigenti. Contestualmente al ritiro i Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE si rendono disponibili a sottoscrivere i documenti previsti dalla normativa vigente.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE che al termine di ogni annualità, a decorrere dalla data di sottoscrizione del presente accordo, avranno conferito quantitativi di RAEE superiori ai seguenti valori:

RAGGRUPPAMENTI QUANTITATIVO ANNUO (Kg.)
R1 20.000
R2 30.000
R3 25.000
R4 25.000

riceveranno un premio di efficienza che sarà in ogni caso commisurato a quello versato ai gestori dei Centri di Raccolta comunali e che inizialmente è pari a € 35,00 per ogni tonnellata ritirata nella stessa annualità. Dal computo delle quantità generate annualmente saranno esclusi i ritiri effettuati al di sotto delle soglie minime indicate. Per favorire l’accesso al servizio disciplinato dal presente accordo il premio di efficienza è aumentato di € 15,00 per ogni tonnellata per quei gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE delegati da almeno 5 punti di vendita, ciascuno dei quali dovrà aver delegato un unico luogo di raggruppamento dei RAEE.
 

adminAccordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE – Distribuzione
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Accordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


In data 8/07/2010, è stato firmato da ANCI e Centro di Coordinamento l’Accordo di Programma per la gestione dei rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).

In particolare, l’accordo di programma prevede che:

  • il Centro di Coordinamento coordinerà le attività dei Sistemi Collettivi i quali assicurano le attività di ritiro dei RAEE provenienti dai nuclei domestici presso i Centri di Raccolta da parte dei Sistemi Collettivi:
  • l’ANCI si impegna a promuovere la realizzazione da parte dei Comuni, secondo criteri che privilegino l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio, di adeguati sistemi di raccolta differenziata sulla base di quanto previsto all’art. 6 comma 1 lettera a) del D.Lgs. 151/05, e nel rispetto dei Raggruppamenti.

Al fine di usufruire del servizio di ritiro dei RAEE coordinato dal Centro di Coordinamento, i Comuni ovvero i gestori delegati del Centro di Raccolta, qualunque sia la rispettiva forma giuridica ed il loro rapporto con il Comune, (i “Sottoscrittori”) dovranno:
a) assicurare che ciascun Centro di Raccolta sia e si mantenga conforme ai requisiti tecnico-organizzativi definiti dall’Allegato 1 al D.M. 8 aprile 2008, anche secondo quanto previsto all’art. 2 comma 8 del medesimo D.M. ovvero ai diversi requisiti previsti dalla Normativa Ambientale;
b) iscrivere i Centri di Raccolta destinatari dei servizi di ritiro all’apposito portale internet messo a disposizione dal Centro di Coordinamento www.cdcraee.it, sottoscrivendo la Convenzione Operativa e le relative Condizioni Generali di Ritiro di cui agli Allegati 2 e 1 al presente Accordo di Programma. A fronte del raggiungimento dei parametri di efficienza di cui all’articolo 8 dell’Accordo di Programma i Sistemi Collettivi erogheranno i contributi economici ivi previsti ai Soggetti Beneficiari.
Importante tenere presente che l’Accordo prevede un corrispettivo pari a 300 euro a tonnellata (320 euro per le isole minori) per i quantitativi di RAEE che i Comuni hanno gestito dal 1 gennaio 2008. Avranno diritto a tale corrispettivo i Comuni e i soggetti da essi delegati già iscritti al sito internet del Centro di Coordinamento RAEE (www.cdcraee.it), o che si iscriveranno entro le seguenti scadenze:Entro 31 luglio 2008 – in questo caso il rimborso riguarderà tutti i RAEE gestiti dal 1 gennaio 2008 fino al giorno in cui ha avuto inizio, nel territorio comunale, il servizio di ritiro dei RAEE da parte dei Sistemi Collettivi;Dal 1 agosto al 30 settembre 2008 – in questo caso il rimborso riguarderà tutti i RAEE gestiti nel periodo compreso fra il 1 gennaio 2008 e il 31 luglio 2008.
Nessun tipo di corrispettivo per l’anno 2008 è previsto, invece, per i Comuni che effettueranno l’iscrizione al portale del CdC RAEE dopo il 30 settembre 2008, salvo casi eccezionali. La registrazione on line al portale del Centro di Coordinamento viene effettuata dal Sottoscrittore per ciascun Centro di Raccolta e deve indicare, tra l’altro, i seguenti elementi:

  • l’anagrafica del Sottoscrittore comprensiva delle informazioni necessarie anche in relazione ai soggetti persone fisiche che gestiranno operativamente il servizio;
  • le caratteristiche del Centro di Raccolta, ivi incluso l’indirizzo completo;
  • il Bacino di Popolazione servito dal Centro di Raccolta

Al fine di poter essere registrati al portale del Centro di Coordinamento i Sottoscrittori devono garantire che i Centri di Raccolta:

  • soddisfino i requisiti indicati dal D. M. 8 aprile 2008 e siano conformi alla Normativa Ambientale, ovvero soddisfino i requisiti specifici individuati dalla Normativa Ambientale applicabile caso per caso;
  • assicurino, in particolare, che i RAEE ricevuti siano suddivisi in maniera conforme ai Raggruppamenti e alla Normativa Ambientale.

Anche nelle more dell’emanazione del Decreto di semplificazione di cui alla lettera B) dei “rilevata”, ANCI e il Centro di Coordinamento hanno individuato, per quanto di propria competenza, alcuni obiettivi relativi ai RAEE raccolti a cura dei Distributori / Installatori / Centri di assistenza tecnica. L’ANCI si impegna in tal senso a promuovere presso i Sottoscrittori l’accesso da parte dei Distributori / Installatori / Centri di assistenza tecnica ai propri Centri di Raccolta, così da consentire a regime una corretta gestione anche dei flussi dei RAEE domestici raccolti dalla Distribuzione dagli Installatori e dai Centri di assistenza tecnica.
I Sottoscrittori che assicurano la disponibilità dei propri Centri di Raccolta al conferimento da parte dei Distributori / Installatori / Centri di assistenza tecnica, si impegnano a ricevere tutti i RAEE provenienti da utenze domestiche consegnati al Centro di Raccolta da qualsiasi Distributore/ Installatore / Centro di assistenza tecnica, a patto che vengano rispettate da questi ultimi tutte le normative vigenti.
A fronte del suddetto impegno il Centro di Raccolta, ove si qualifichi come Soggetto Beneficiario avrà accesso ad un Premio di Efficienza maggiorato, secondo quanto indicato nella tabella all’articolo 9.2 dell’accordo.
 

adminAccordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE
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Sistri: operatività al primo ottobre?

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Ad una settimana dalla prevista data di partenza del sistema (13.7.2010), si anticipa che il Ministero dell’Ambiente ha comunicato, per vie informali,  la emanazione a breve di provvedimento “correttivo” del Decreto 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI.

Il Decreto prevede la proroga, al 1° ottobre p.v., dei termini relativi all’operatività del SISTRI ed alcune semplificazioni per le imprese che producono piccole quantità di rifiuti, tra le quali segnaliamo:
–  la riduzione delle tariffe per i piccoli produttori di rifiuti; –  l’ampliamento dei soggetti per i quali è consentita la gestione del SISTRI da parte dell’Associazione (produttori di rifiuti non pericolosi fino a 20 tonnellate annue e di rifiuti pericolosi fino a 4 tonnellate annue);
e ciò modificando la vecchia disposizione articolo 7 DM 17 dicembre 2009Modalità operative semplificate1.
Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a ottomila euro che producono rifiuti pericolosi, i soggetti la cui produzione annua non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi, nonché i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, possono adempiere agli obblighi di cui al presente decreto tramite le associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale interessate e loro articolazioni territoriali, o società di servizi di diretta emanazione delle medesime organizzazioni.
–     verrà concesso termine più lungo (rispetto ai 10 giorni previsti) per la compilazione del registro cronologico: con cadenza mensile  nel caso di tenuta del SISTRI da parte delle Associazioni e trimestrale per i piccoli produttori di rifiuti pericolosi.
 

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Comunitaria 2009: “Reati ambientali”

Pubblicazione GU 25.6.2010 (entra in vigore il 10.7.2010)
a cura di avv. Cinzia Silvestri


La L. 4.6.2010 n. 96 è stata pubblicata nella GU del 25.6.2010 ed entrerà in vigore il 10.7.2010.

Questo sito ha già proposto alcune indicazioni sulle novità della Comunitaria.
Si pensi alla nozione di “inerti” (art. 20 L. 96/2010) e all’allegato ivi inserito, quale esempio di rilevante novità.
In questa comunicazione breve, con riserva di precisare, si pone attenzione all’art. 19 L. 96/2010 ovvero alla delega per il recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla “tutela penale dell’ambiente”.
L’articolo 19 prevede che entro 9 mesi dalla entrata in vigore della presente legge il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi al fine di recepire le disposizioni della Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente.
In particolare tali decreti legislativi dovranno:
a) introdurre tra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8.6.2001 n. 231 ss.m. le fattispecie criminose indicate nelle direttive di cui al comma 1.
In particolare l’art. 3 della Direttiva 2008/99/Ce prevede:“InfrazioniCiascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:
a) lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
b) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
c) la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (Ce) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;
d) l’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
e) la produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
f) l’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
h) qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;
i) la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.
b) Il  Governo, dunque, dovrà articolare e prevedere tali ipotesi di reato (già peraltro abbozzate ed enumerate ma mai inserite nel Dlgs. 231/2001 che agli articoli da 24/a 26 ha inserito numerosi articoli bis ad integrazione delle fattispecie) .
Il Governo dovrà (lett. b) prevedere nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati “ambientali” adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie:
1) di confisca;
2) di pubblicazione della sentenza
3) ed eventualmente sanzioni interdittive
nella osservanza dei principi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del Dlgs. 2001/231 e ss.m.
Ebbene ritorna il tentativo di inserimento di nuove fattispecie di reato e soprattutto del coinvolgimento degli Enti nella sanzione; sanzione che non può essere detentiva (solo amministrativa) per il principio noto secondo il quale la responsabilità penale è solo personale (societas delinquere non potest).
 

adminComunitaria 2009: “Reati ambientali”
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Correttivi al Codice Ambientale

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
In data 24/06/2010, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via definitiva, il Decreto Legislativo recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69”.
Tale provvedimento riguarda in particolare le Parti I (disposizioni comuni), seconda (Via/Vas/Ippc) e quinta (Aria) del Dlgs 152/2006, cd. “Codice ambientale”.
Con riferimento alle modifiche apportate alla Parte Prima del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
Definizione di Ambiente e Sviluppo sostenibile
All’articolo 1-bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 viene inserita la definizione di ambiente e vengono introdotti espressamente i quattro principi comunitari dell’azione ambientale al fine di fornire un’indicazione circa le attività che conseguono alla loro adozione.All’articolo 3-ter del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152  viene introdotta una formulazione del principio di sviluppo sostenibile più completa e coerente attraverso anche il riferimento al principio della solidarietà intergenerazionale.
Con riferimento al contenuto delle modifiche apportate dal presente decreto alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
All’articolo 4 (Finalità) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, le modifiche introdotte sono state rese necessarie primariamente per consentire, con il richiamo alla c.d. direttiva IPPC, di introdurre nel d.lgs. n. 152/2006 anche la disciplina in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA), oggi contenuta nel d.lgs. n. 59/2005.  All’articolo 5 (Definizioni) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 si è ritenuto di introdurre modificazioni, dal momento che l’inserimento del d.lgs. n. 59/2005 comporta l’uso in questa parte del decreto di definizioni (es. “emissioni”, “valori limite di emissione” etc.) che potrebbero creare confusione rispetto ad altre analoghe contenute in altre parti del Codice. Viene introdotta una nuova definizione di VIA, che, conformemente alle ormai pacifiche acquisizioni dottrinali e giurisprudenziali, si specifica trattarsi di un “procedimento” dotato di autonomia.  Sono state, inoltre, scisse le ipotesi di VAS da quelle di VIA in relazione alla necessità o meno di svolgere la procedura di valutazione di incidenza (VINCA) disciplinata dal DPR n. 357/1997. Con la nuova formulazione, a differenza di quanto poteva emergere dalla precedente formulazione, la VINCA non risulta essere e obbligatoria sempre, ma unicamente nei casi in cui i piani o i progetti possano produrre effetti, anche indiretti, sui siti dal medesimo DPR tutelati. In aggiunta, considerata l’importanza della fase di monitoraggio per rendere realmente effettive le valutazioni rese in sede di VAS, è stata introdotta una continua verifica dell’attuazione del piano o del programma.  Viene espressamente prevista l’esperibilità del ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione di cui all’art. 21-bis della legge n. 1034/1971. Infine, si propone la correzione della parte della disposizione che si riferisce alle “consultazioni”, in quanto l’uso del termine è suscettibile di ingenerare confusione rispetto alla fase della consultazione propriamente detta, che è quella disciplinata dal successivo art. 24. Con l’introduzione del Titolo III bis – L’autorizzazione integrata ambientale – al decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, è stata introdotta la normativa in materia di AIA nel corpo del decreto legislativo n. 152/2006, prevedendo l’abrogazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, comunque, determinando la piena e continua operatività delle disposizioni trasposte nel nuovo provvedimento normativo.
Con specifico riferimento al contenuto delle modifiche apportate dal presente decreto alla Parte Quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
La proposta più importante, ai fini dell’operatività dell’intero quadro normativo della vigente parte quinta, é rappresentata dalla previsione di una distinzione tra la nozione di impianto e la nozione di stabilimento. Tale distinzione, presente in termini molto ambigui nel previgente d.p.r. n. 203 del 1988 e non riportata nel vigente decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, é infatti indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull’amministrazione. Al riguardo, il decreto definisce con precisione l’impianto come il dispositivo/sistema fisso e destinato ad una specifica attività, e lo stabilimento come il complesso unitario e stabile in cui sono presenti uno o più impianti o attività (articolo 268, comma 1, lettere h) ed l)). Si mantiene, con riferimento agli stabilimenti, la già esistente ripartizione in “nuovi”, “anteriori al 2006” ed “anteriori al 1988”. Altre novità si prevedono per gli articoli inerenti l’autorizzazione alle emissioni. In particolare, lo schema di decreto introduce una serie di modifiche volte a garantire, al contempo, una semplificazione dell’azione amministrativa ed un efficace controllo degli impianti sul territorio.Il proposto schema di decreto introduce altresì importanti precisazioni circa i valori limite di emissione e le prescrizioni per l’esercizio degli impianti (articolo 271 del d.lgs. n. 152 del 2006).Più circoscritto é l’intervento che lo schema di decreto propone in materia di impianti termici civili (titolo II della parte quinta). In particolare, si precisa che la disciplina speciale del titolo II si applica soltanto agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono invece sottoposti alla disciplina ordinaria del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore (articolo 282 del d.lgs. n. 152 del 2006). Ciò in quanto gli impianti termici civili dotati di una maggiore potenza termica non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali e devono pertanto soggiacere alle stesse regole.
 

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RAEE: firmato il protocollo di intesa

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


In data 24 giugno è stato firmato il Protocollo di intesa tra Centro di Coordinamento RAEE, Associazione Nazionale Comuni Italiani e Organizzazioni della distribuzione, che contribuisce alla realizzazione di un sistema efficiente tra tutti i soggetti coinvolti per la gestione dei RAEE conferiti dai consumatori presso i punti vendita al momento dell’acquisto di una nuova apparecchiatura dello stesso tipo.

Si ricorda che il cd ritiro “uno contro uno” è diventato operativo a partire dal 18 giugno 2010[1].
Nel corso della conferenza stampa sono stati illustrati tutti i dettagli dell’accordo e le novità per cittadini, commercianti e Comuni.
I Comuni o i soggetti da essi delegati alla gestione dei CdR comunali –  che dispongono di strutture idonee, nell’ambito delle proprie disponibilità di risorse umane, finanziarie e strumentali – indicano al CdC RAEE, tramite l’apposito portale web (www.cdcraee.it), quali CdR, per idonea potenzialità e organizzazione logistica in relazione ai diversi raggruppamenti previsti dal D.M. 185/07, risultano sufficientemente strutturati e attrezzati per ricevere i RAEE domestici conferiti dai Distributori, suddivisi nei raggruppamenti e secondo le possibili modalità di accesso e conferimento.
Tali modalità prevedono che l’accesso ai CdR da parte dei Punti Vendita o dei Luoghi di Raggruppamento della Distribuzione (identificati in base al proprio Codice Fiscale e indirizzo del Punto Vendita o Luogo di Raggruppamento) venga distinto in base al quantitativo conferito al singolo CdR in un unico conferimento giornaliero:
a)     Piccolo Conferitore, identificato in base a Codice Fiscale e indirizzo del Punto Vendita o Luogo di Raggruppamento: conferimento giornaliero fino a 200 kg, o comunque non oltre quattro pezzi se di peso superiore a 200 kg complessivi;
b)     Grande Conferitore, identificato in base a Codice Fiscale e indirizzo del Punto Vendita o Luogo di Raggruppamento: tutti i casi che non rientrano nel punto a).
Il Grande Conferitore che debba conferire la quantità di cui al punto a) potrà farlo alle condizioni sottoesposte (senza prenotazione) esclusivamente presso i CdR prescelti. La Distribuzione accede al portale web del CdC RAEE per l’individuazione dei CdR che possano erogare il servizio alla Distribuzione stessa. Il CdC RAEE indicherà la mappatura e le caratteristiche dei CdR che hanno manifestato la propria disponibilità ai Piccoli Conferitori oppure ai Grandi Conferitori; tali CdR saranno primariamente quelli presso cui possono conferire i cittadini del Comune in cui ha sede la Distribuzione stessa o i cittadini di altri comuni conferenti al CdR, in virtù di accordi convenzionali in essere fra CdR e Comuni conferenti, stipulati ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a) del d.Lgs. 151/2005.
Salvo diverse intese a livello territoriale, il Grande Conferitore dovrà prenotare il conferimento presso il CdR al quale intenderà conferire. Nel caso in cui il CdR in questione non possa erogare il servizio richiesto, il Distributore potrà conferire, sempre previa prenotazione, ad uno dei CdR alternativi prescelti, nel rispetto delle regole del Protocollo.
Con l’obiettivo di favorire la gestione dei flussi di RAEE conferiti dalla Distribuzione con origine territoriale differente dal luogo di destinazione – anche considerando che i rifiuti conferiti dai consumatori ai sensi del D.M. 65/2010 vengono raggruppati dai Distributori indipendentemente dal luogo di domicilio dei consumatori stessi – i Comuni e i Soggetti da essi delegati alla gestione dei CdR comunali[2], assicurano tramite i propri CdR e con le modalità descritte precedentemente, il ritiro gratuito dei RAEE provenienti dai nuclei domestici conferiti dai Punti Vendita e dai Luoghi di Raggruppamento dei Distributori siti sul proprio territorio comunale o ubicati in altri Comuni rispetto a quello dove avviene il conferimento. In questo ultimo caso, i Comuni e i Soggetti da essi delegati alla gestione dei CdR comunali, in virtù dei premi di efficienza citati fra gli “atteso che” e fatti salvi gli eventuali accordi esistenti a livello territoriale, stipuleranno con i Distributori, ai sensi dell’art.6 comma 1 lett. a) del D.lgs. 151/05, un’apposita Convenzione non onerosa.
I Tempi Massimi di Intervento (TMI) e le frequenze di prelievo dei RAEE previste per i CdR disponibili al conferimento da parte dei Distributori e dei Soggetti previsti dal Regolamento di cui al D.M. 65/2010, sono definiti in uno specifico Allegato (Condizioni Generali di Ritiro) all’Accordo di Programma sottoscritto tra ANCI e CdC RAEE in data 18/07/2008, opportunamente rivisto; tali condizioni verranno rivisitate dopo un adeguato periodo di monitoraggio di 6 mesi dalla data di avvio del sistema di raccolta dei RAEE della Distribuzione.
Il Protocollo d’Intesa si applica anche ai Gestori dei Centri di Assistenza Tecnica e agli Installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche ai sensi del D.M. 65/2010 art. 4 Capo I, “Modalità semplificate per la gestione dei RAEE domestici”.


[1] Si tratta del sistema disegnato dal Dlgs 151/2005, il quale impone ai distributori di assicurare “al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica destinata ad un nucleo domestico, il ritiro gratuito, in ragione di uno contro uno, della apparecchiatura usata”. Tale disposizione è stata attuata dal Dm 8 marzo 2010, n. 65, recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), nonchè dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature, ed entrato in vigore il 19 maggio u.s.
[2] Secondo quanto previsto dall’art. 2 del Protocollo di Intesa e dall’art. 6, comma 1, lett. a), del d.lgs. 151/2005

 

adminRAEE: firmato il protocollo di intesa
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RAEE e sanzioni: il punto.

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Come evidenziato da precedenti comunicazioni è stato pubblicato in G.U: 4 maggio 2010 n. 102, il Dm Ambiente 8 marzo 2010, n. 65 “Regolamento recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), nonchè dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature”.

Particolare attenzione riviste il quadro sanzionatorio disciplinato dall’articolo 10 del decreto secondo cui i soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei Raee sono assoggettati alle sanzioni relative alle attività di raccolta e trasporto di cui all’articolo 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e alle sanzioni relative alla violazione degli obblighi di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari di cui all’articolo 258 del medesimo decreto.
E’ opportuno richiamare il contenuto delle sanzioni citate senza pretesa di completezza ed al solo fine di porre attenzione alla condotta.
L’art. 256 “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”, comma 1 si riferisce a fattispecie tra loro estremamente differenti (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione), ma che presentano un minimo comune denominatore: tutte, infatti, sono caratterizzate dall’assenza delle autorizzazioni prescritte dalla legge.
L’illecito rappresentato dall’attivita` non autorizzata di gestione di rifiuti costituisce un reato di pericolo presunto, sicche´ la mera assenza dell’autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritta dalla legge (natura formale dell’ illecito) fa presumere la messa in pericolo del bene giuridico da proteggere (l’ambiente), attraverso la tutela, seppur indiretta, della funzione amministrativa.
La norma distingue le sanzioni prescritte a seconda che l’attivita` illecita abbia ad oggetto rifiuti non pericolosi o rifiuti pericolosi: in entrambi casi si tratta di contravvenzioni, ma con alcune differenze.
Rifiuti non pericolosi
Nel caso dei rifiuti non pericolosi possono essere comminate
1) la pena dell’arresto (da 3 mesi a 1 anno) oppure in via alternativa
2) l’ammenda (da € 2.600 a € 26.000);
Rifiuti pericolosi
Nell’ipotesi di rifiuti pericolosi possono essere comminate
1) la pena dell’arresto (da 6 mesi a 2 anni) –  esattamente il doppio rispetto al caso precedente- ed anche in via cumulativa
2) l’ammenda (da € 2.600 a € 26.000).
La maggiore gravità della sanzione prevista per i rifiuti pericolosi è insita anche e proprio nel cumulo della pena detentiva e pecuniaria.
Omessa osservazione delle prescrizioni della autorizzazione
Ebbene il successivo comma 4 richiama le sanzioni base previste nel comma 1, ma le dimezza qualora, pur in possesso della prescritta autorizzazione, non vengano osservate le prescrizioni nella stessa contenute o anche semplicemente richiamate; e si incorre nelle medesime sanzioni (dimezzate) in caso di carenza dei requisiti o delle condizioni richieste per le iscrizioni (ad es. iscrizione all’albo gestori ambientali) o per le comunicazioni (ad es. autosmaltimento di rifiuti).
Discarica abusiva
Il comma 3 sanziona l’illecito della realizzazione o gestione della c.d. «discarica abusiva», ovvero della discarica posta in essere in assenza dell’autorizzazione prescritta dalla legge.
Un accenno è utile alla differenza tra «discarica abusiva» e “abbandono/deposito incontrollato di rifiuti”. La giurisprudenza richiedeva anche la presenza del requisito della trasformazione, sia pur tendenziale, del sito degradato dalla presenza dei rifiuti: ad oggi, pero` , si tratta di una condizione ormai superata, posizione peraltro confermata in numerose pronunce, sicche´ i caratteri che permettono di identificare la discarica rispetto al mero abbandono di rifiuti sono i seguenti:

  • accumulo ripetuto di rifiuti;
  • stesso luogo;
  • tendenziale carattere di definitivita` .

Miscelazione
Posto poi che l’art. 187 del D.Lgs. n. 152/2006 pone il divieto di miscelazione di rifiuti e contemporaneamente ammetta la sua deroga in presenza di determinate condizioni, l’art. 256, comma 5 prevede che:«chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attivita` non consentite di miscelazione di rifiuti, e` punito con la pena di cui al comma 1, lettera b)».Fatta salva l’applicazione di questa specifica sanzione, l’art. 187, comma 3 prevede che chiunque violi il divieto di miscelazione sia altresı` tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, sempre che cio` sia tecnicamente ed economicamente possibile.
L’art. 258 “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari” disciplina le sanzioni relative agli adempimenti documentali.
L’art. 258 comma 1 richiama l’art. 189 comma 3 con  duplice scopo: individuare i soggetti che possono commettere questo illecito e ricordare l’obbligo di effettuare la comunicazione annuale sancito in quella sede. Le condotte sanzionate dall’art. 258 comma 1 sono di due tipi:
1) la mancanza della comunicazione e
2) l’effettuazione di tale comunicazione in modo incompleto o inesatto sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.600  a € 15.500 .
In caso di ritardo nella presentazione della comunicazione, la giurisprudenza ritiene che cio` integri la violazione in oggetto come se si trattasse dell’omissione della comunicazione, sempre che questo ritardo sfori il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ex Legge n. 70/1994.
Diversamente l’art. 258, comma 1 prevede la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria da € 26  a € 160 .
Comunicazione incompleta o inesatta
Il comma 5 introduce il diverso caso della comunicazione che contiene indicazioni formalmente incomplete o inesatte: qualora, pero` , dall’esame del MUD, dei registri e dei formulari si possano ricostruire le informazioni mancanti, si applica al soggetto responsabile di tale illecito la sanzione amministrativa pecuniaria ridotta da 260 Euro a 1.550 Euro.
In tema di registri di carico e scarico, l’art. 258, comma 2 richiama l’art. 190 comma 1 con duplice scopo:
1) individuare i soggetti che possono commettere questo illecito e
2) ricordare l’obbligo di tenere il registro di carico e scarico rifiuti sancito in quella sede.
Le condotte sanzionate dall’art. 258, comma 2 sono di due tipi:
1) la mancata tenuta del registro e
2) la sua tenuta in modo incompleto sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria dal € 2.600  a € 15.500 .
Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa pecuniaria e` aumentata da 15.500 Euro a 93.000 Euro e si aggiunge la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da 1 mese a 1 anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore. Il comma 3 precisa che i suddetti importi sanzionatori sono ridotti (del 60% per i rifiuti non pericolosi – da 1.040 Euro a 6.200 Euro; dell’85% ca. per i rifiuti pericolosi – da 2.070 E a 12.400 E) qualora le violazioni di cui al comma 2 avvengano in imprese che occupano un numero di lavoratori inferiore a 15 dipendenti (il capoverso successivo illustra i criteri per il calcolo di tale numero).Infine, il comma 5 introduce il diverso caso del registro che contiene indicazioni formalmente incomplete o inesatte.Qualora dall’esame del MUD, dei registri e dei formulari si possano ricostruire le informazioni mancanti, si applica al soggetto responsabile di tale illecito la sanzione amministrativa pecuniaria ridotta da 260 € a 1.550 €. Si tenga presente che il comma 5 equipara la sanzione anche alla ipotesi di mancata conservazione dei registri di cui all’art. 190 comma 1 D.Lgs. n. 152/2006.
Formulario
Per quanto riguarda il Formulario l’art. 258, comma 4 richiama direttamente l’art. 193 allo scopo di ricordare l’obbligo sancito in quella sede di accompagnare ogni trasporto di rifiuti con il formulario di identificazione (non c’e`, peraltro, una precisa individuazione dei soggetti obbligati, in quanto si tratta di un obbligo generale, le cui uniche due eccezioni sono individuate dall’art. 193, comma 4 relativamente al soggetto gestore del servizio pubblico e ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore in modo occasionale e saltuario che non eccedano la quantita` di 30 Kg o 30 l).
Le condotte sanzionate dall’art. 258, comma 4 sono di due tipi:
1) il mancato utilizzo del formulario durante il trasporto ed
2) il suo utilizzo con l’indicazione di dati incompleti o inesatti sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 1.600 € a 9.300 €.
Falso
Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi si applica, invece, la sanzione penale di cui all’art. 483 cod. penale (falsita` ideologica commessa dal privato in atto pubblico – fino a 2 anni di reclusione).La dottrina si e` interrogata se il rinvio operato dall’art. 258 D.Lgs. n. 152/ 2006 all’art 483 cod. pen. riguardi solo la pena o l’intera fattispecie, perche´ in questo secondo caso, trattandosi di un delitto, si pone il problema di dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo (il dolo) richiesto dalla fattispecie. Si ritiene che il rinvio operato all’art. 483 c.p. sia solo riferibile alla pena (quoad poenam), in quanto piu` aderente al dettato della norma.
Peraltro, proprio perche´ la ratio del formulario risiede nel permettere la tracciabilita` dei rifiuti trasportati, il Legislatore estende la sopraccitata sanzione penale anche al diverso caso del certificato di analisi dei rifiuti: infatti, la pena di cui all’art. 483 cod. pen. si applica anche a chi, nel predisporre un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sugli stessi (natura, composizione, caratteristiche fisico-chimiche), nonche´ a chi utilizza un certificato falso durante il trasporto.In altre parole, non solo le condotte sanzionate penalmente sono due, ovvero quella di predisposizione di un certificato di analisi con false indicazioni (e questo e` un reato che prescinde dall’attivita` di trasporto) e quella di uso di un certificato falso, ma le stesse sono riferibili (e quindi la pena e` ugualmente applicabile) sia ai rifiuti non pericolosi, sia ai rifiuti pericolosi, in quanto l’art. 258, comma 4, cpv 3, non fa alcun cenno alle caratteristiche del rifiuto.
 

adminRAEE e sanzioni: il punto.
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