Comunitaria 2009: “Reati ambientali”

Pubblicazione GU 25.6.2010 (entra in vigore il 10.7.2010)
a cura di avv. Cinzia Silvestri


La L. 4.6.2010 n. 96 è stata pubblicata nella GU del 25.6.2010 ed entrerà in vigore il 10.7.2010.

Questo sito ha già proposto alcune indicazioni sulle novità della Comunitaria.
Si pensi alla nozione di “inerti” (art. 20 L. 96/2010) e all’allegato ivi inserito, quale esempio di rilevante novità.
In questa comunicazione breve, con riserva di precisare, si pone attenzione all’art. 19 L. 96/2010 ovvero alla delega per il recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla “tutela penale dell’ambiente”.
L’articolo 19 prevede che entro 9 mesi dalla entrata in vigore della presente legge il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi al fine di recepire le disposizioni della Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente.
In particolare tali decreti legislativi dovranno:
a) introdurre tra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8.6.2001 n. 231 ss.m. le fattispecie criminose indicate nelle direttive di cui al comma 1.
In particolare l’art. 3 della Direttiva 2008/99/Ce prevede:“InfrazioniCiascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:
a) lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
b) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
c) la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (Ce) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;
d) l’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
e) la produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
f) l’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
h) qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;
i) la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.
b) Il  Governo, dunque, dovrà articolare e prevedere tali ipotesi di reato (già peraltro abbozzate ed enumerate ma mai inserite nel Dlgs. 231/2001 che agli articoli da 24/a 26 ha inserito numerosi articoli bis ad integrazione delle fattispecie) .
Il Governo dovrà (lett. b) prevedere nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati “ambientali” adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie:
1) di confisca;
2) di pubblicazione della sentenza
3) ed eventualmente sanzioni interdittive
nella osservanza dei principi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del Dlgs. 2001/231 e ss.m.
Ebbene ritorna il tentativo di inserimento di nuove fattispecie di reato e soprattutto del coinvolgimento degli Enti nella sanzione; sanzione che non può essere detentiva (solo amministrativa) per il principio noto secondo il quale la responsabilità penale è solo personale (societas delinquere non potest).
 

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Correttivi al Codice Ambientale

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
In data 24/06/2010, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via definitiva, il Decreto Legislativo recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69”.
Tale provvedimento riguarda in particolare le Parti I (disposizioni comuni), seconda (Via/Vas/Ippc) e quinta (Aria) del Dlgs 152/2006, cd. “Codice ambientale”.
Con riferimento alle modifiche apportate alla Parte Prima del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
Definizione di Ambiente e Sviluppo sostenibile
All’articolo 1-bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 viene inserita la definizione di ambiente e vengono introdotti espressamente i quattro principi comunitari dell’azione ambientale al fine di fornire un’indicazione circa le attività che conseguono alla loro adozione.All’articolo 3-ter del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152  viene introdotta una formulazione del principio di sviluppo sostenibile più completa e coerente attraverso anche il riferimento al principio della solidarietà intergenerazionale.
Con riferimento al contenuto delle modifiche apportate dal presente decreto alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
All’articolo 4 (Finalità) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, le modifiche introdotte sono state rese necessarie primariamente per consentire, con il richiamo alla c.d. direttiva IPPC, di introdurre nel d.lgs. n. 152/2006 anche la disciplina in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA), oggi contenuta nel d.lgs. n. 59/2005.  All’articolo 5 (Definizioni) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 si è ritenuto di introdurre modificazioni, dal momento che l’inserimento del d.lgs. n. 59/2005 comporta l’uso in questa parte del decreto di definizioni (es. “emissioni”, “valori limite di emissione” etc.) che potrebbero creare confusione rispetto ad altre analoghe contenute in altre parti del Codice. Viene introdotta una nuova definizione di VIA, che, conformemente alle ormai pacifiche acquisizioni dottrinali e giurisprudenziali, si specifica trattarsi di un “procedimento” dotato di autonomia.  Sono state, inoltre, scisse le ipotesi di VAS da quelle di VIA in relazione alla necessità o meno di svolgere la procedura di valutazione di incidenza (VINCA) disciplinata dal DPR n. 357/1997. Con la nuova formulazione, a differenza di quanto poteva emergere dalla precedente formulazione, la VINCA non risulta essere e obbligatoria sempre, ma unicamente nei casi in cui i piani o i progetti possano produrre effetti, anche indiretti, sui siti dal medesimo DPR tutelati. In aggiunta, considerata l’importanza della fase di monitoraggio per rendere realmente effettive le valutazioni rese in sede di VAS, è stata introdotta una continua verifica dell’attuazione del piano o del programma.  Viene espressamente prevista l’esperibilità del ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione di cui all’art. 21-bis della legge n. 1034/1971. Infine, si propone la correzione della parte della disposizione che si riferisce alle “consultazioni”, in quanto l’uso del termine è suscettibile di ingenerare confusione rispetto alla fase della consultazione propriamente detta, che è quella disciplinata dal successivo art. 24. Con l’introduzione del Titolo III bis – L’autorizzazione integrata ambientale – al decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, è stata introdotta la normativa in materia di AIA nel corpo del decreto legislativo n. 152/2006, prevedendo l’abrogazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, comunque, determinando la piena e continua operatività delle disposizioni trasposte nel nuovo provvedimento normativo.
Con specifico riferimento al contenuto delle modifiche apportate dal presente decreto alla Parte Quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
La proposta più importante, ai fini dell’operatività dell’intero quadro normativo della vigente parte quinta, é rappresentata dalla previsione di una distinzione tra la nozione di impianto e la nozione di stabilimento. Tale distinzione, presente in termini molto ambigui nel previgente d.p.r. n. 203 del 1988 e non riportata nel vigente decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, é infatti indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull’amministrazione. Al riguardo, il decreto definisce con precisione l’impianto come il dispositivo/sistema fisso e destinato ad una specifica attività, e lo stabilimento come il complesso unitario e stabile in cui sono presenti uno o più impianti o attività (articolo 268, comma 1, lettere h) ed l)). Si mantiene, con riferimento agli stabilimenti, la già esistente ripartizione in “nuovi”, “anteriori al 2006” ed “anteriori al 1988”. Altre novità si prevedono per gli articoli inerenti l’autorizzazione alle emissioni. In particolare, lo schema di decreto introduce una serie di modifiche volte a garantire, al contempo, una semplificazione dell’azione amministrativa ed un efficace controllo degli impianti sul territorio.Il proposto schema di decreto introduce altresì importanti precisazioni circa i valori limite di emissione e le prescrizioni per l’esercizio degli impianti (articolo 271 del d.lgs. n. 152 del 2006).Più circoscritto é l’intervento che lo schema di decreto propone in materia di impianti termici civili (titolo II della parte quinta). In particolare, si precisa che la disciplina speciale del titolo II si applica soltanto agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono invece sottoposti alla disciplina ordinaria del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore (articolo 282 del d.lgs. n. 152 del 2006). Ciò in quanto gli impianti termici civili dotati di una maggiore potenza termica non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali e devono pertanto soggiacere alle stesse regole.
 

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RAEE: firmato il protocollo di intesa

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


In data 24 giugno è stato firmato il Protocollo di intesa tra Centro di Coordinamento RAEE, Associazione Nazionale Comuni Italiani e Organizzazioni della distribuzione, che contribuisce alla realizzazione di un sistema efficiente tra tutti i soggetti coinvolti per la gestione dei RAEE conferiti dai consumatori presso i punti vendita al momento dell’acquisto di una nuova apparecchiatura dello stesso tipo.

Si ricorda che il cd ritiro “uno contro uno” è diventato operativo a partire dal 18 giugno 2010[1].
Nel corso della conferenza stampa sono stati illustrati tutti i dettagli dell’accordo e le novità per cittadini, commercianti e Comuni.
I Comuni o i soggetti da essi delegati alla gestione dei CdR comunali –  che dispongono di strutture idonee, nell’ambito delle proprie disponibilità di risorse umane, finanziarie e strumentali – indicano al CdC RAEE, tramite l’apposito portale web (www.cdcraee.it), quali CdR, per idonea potenzialità e organizzazione logistica in relazione ai diversi raggruppamenti previsti dal D.M. 185/07, risultano sufficientemente strutturati e attrezzati per ricevere i RAEE domestici conferiti dai Distributori, suddivisi nei raggruppamenti e secondo le possibili modalità di accesso e conferimento.
Tali modalità prevedono che l’accesso ai CdR da parte dei Punti Vendita o dei Luoghi di Raggruppamento della Distribuzione (identificati in base al proprio Codice Fiscale e indirizzo del Punto Vendita o Luogo di Raggruppamento) venga distinto in base al quantitativo conferito al singolo CdR in un unico conferimento giornaliero:
a)     Piccolo Conferitore, identificato in base a Codice Fiscale e indirizzo del Punto Vendita o Luogo di Raggruppamento: conferimento giornaliero fino a 200 kg, o comunque non oltre quattro pezzi se di peso superiore a 200 kg complessivi;
b)     Grande Conferitore, identificato in base a Codice Fiscale e indirizzo del Punto Vendita o Luogo di Raggruppamento: tutti i casi che non rientrano nel punto a).
Il Grande Conferitore che debba conferire la quantità di cui al punto a) potrà farlo alle condizioni sottoesposte (senza prenotazione) esclusivamente presso i CdR prescelti. La Distribuzione accede al portale web del CdC RAEE per l’individuazione dei CdR che possano erogare il servizio alla Distribuzione stessa. Il CdC RAEE indicherà la mappatura e le caratteristiche dei CdR che hanno manifestato la propria disponibilità ai Piccoli Conferitori oppure ai Grandi Conferitori; tali CdR saranno primariamente quelli presso cui possono conferire i cittadini del Comune in cui ha sede la Distribuzione stessa o i cittadini di altri comuni conferenti al CdR, in virtù di accordi convenzionali in essere fra CdR e Comuni conferenti, stipulati ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a) del d.Lgs. 151/2005.
Salvo diverse intese a livello territoriale, il Grande Conferitore dovrà prenotare il conferimento presso il CdR al quale intenderà conferire. Nel caso in cui il CdR in questione non possa erogare il servizio richiesto, il Distributore potrà conferire, sempre previa prenotazione, ad uno dei CdR alternativi prescelti, nel rispetto delle regole del Protocollo.
Con l’obiettivo di favorire la gestione dei flussi di RAEE conferiti dalla Distribuzione con origine territoriale differente dal luogo di destinazione – anche considerando che i rifiuti conferiti dai consumatori ai sensi del D.M. 65/2010 vengono raggruppati dai Distributori indipendentemente dal luogo di domicilio dei consumatori stessi – i Comuni e i Soggetti da essi delegati alla gestione dei CdR comunali[2], assicurano tramite i propri CdR e con le modalità descritte precedentemente, il ritiro gratuito dei RAEE provenienti dai nuclei domestici conferiti dai Punti Vendita e dai Luoghi di Raggruppamento dei Distributori siti sul proprio territorio comunale o ubicati in altri Comuni rispetto a quello dove avviene il conferimento. In questo ultimo caso, i Comuni e i Soggetti da essi delegati alla gestione dei CdR comunali, in virtù dei premi di efficienza citati fra gli “atteso che” e fatti salvi gli eventuali accordi esistenti a livello territoriale, stipuleranno con i Distributori, ai sensi dell’art.6 comma 1 lett. a) del D.lgs. 151/05, un’apposita Convenzione non onerosa.
I Tempi Massimi di Intervento (TMI) e le frequenze di prelievo dei RAEE previste per i CdR disponibili al conferimento da parte dei Distributori e dei Soggetti previsti dal Regolamento di cui al D.M. 65/2010, sono definiti in uno specifico Allegato (Condizioni Generali di Ritiro) all’Accordo di Programma sottoscritto tra ANCI e CdC RAEE in data 18/07/2008, opportunamente rivisto; tali condizioni verranno rivisitate dopo un adeguato periodo di monitoraggio di 6 mesi dalla data di avvio del sistema di raccolta dei RAEE della Distribuzione.
Il Protocollo d’Intesa si applica anche ai Gestori dei Centri di Assistenza Tecnica e agli Installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche ai sensi del D.M. 65/2010 art. 4 Capo I, “Modalità semplificate per la gestione dei RAEE domestici”.


[1] Si tratta del sistema disegnato dal Dlgs 151/2005, il quale impone ai distributori di assicurare “al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica destinata ad un nucleo domestico, il ritiro gratuito, in ragione di uno contro uno, della apparecchiatura usata”. Tale disposizione è stata attuata dal Dm 8 marzo 2010, n. 65, recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), nonchè dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature, ed entrato in vigore il 19 maggio u.s.
[2] Secondo quanto previsto dall’art. 2 del Protocollo di Intesa e dall’art. 6, comma 1, lett. a), del d.lgs. 151/2005

 

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RAEE e sanzioni: il punto.

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Come evidenziato da precedenti comunicazioni è stato pubblicato in G.U: 4 maggio 2010 n. 102, il Dm Ambiente 8 marzo 2010, n. 65 “Regolamento recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), nonchè dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature”.

Particolare attenzione riviste il quadro sanzionatorio disciplinato dall’articolo 10 del decreto secondo cui i soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei Raee sono assoggettati alle sanzioni relative alle attività di raccolta e trasporto di cui all’articolo 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e alle sanzioni relative alla violazione degli obblighi di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari di cui all’articolo 258 del medesimo decreto.
E’ opportuno richiamare il contenuto delle sanzioni citate senza pretesa di completezza ed al solo fine di porre attenzione alla condotta.
L’art. 256 “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”, comma 1 si riferisce a fattispecie tra loro estremamente differenti (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione), ma che presentano un minimo comune denominatore: tutte, infatti, sono caratterizzate dall’assenza delle autorizzazioni prescritte dalla legge.
L’illecito rappresentato dall’attivita` non autorizzata di gestione di rifiuti costituisce un reato di pericolo presunto, sicche´ la mera assenza dell’autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritta dalla legge (natura formale dell’ illecito) fa presumere la messa in pericolo del bene giuridico da proteggere (l’ambiente), attraverso la tutela, seppur indiretta, della funzione amministrativa.
La norma distingue le sanzioni prescritte a seconda che l’attivita` illecita abbia ad oggetto rifiuti non pericolosi o rifiuti pericolosi: in entrambi casi si tratta di contravvenzioni, ma con alcune differenze.
Rifiuti non pericolosi
Nel caso dei rifiuti non pericolosi possono essere comminate
1) la pena dell’arresto (da 3 mesi a 1 anno) oppure in via alternativa
2) l’ammenda (da € 2.600 a € 26.000);
Rifiuti pericolosi
Nell’ipotesi di rifiuti pericolosi possono essere comminate
1) la pena dell’arresto (da 6 mesi a 2 anni) –  esattamente il doppio rispetto al caso precedente- ed anche in via cumulativa
2) l’ammenda (da € 2.600 a € 26.000).
La maggiore gravità della sanzione prevista per i rifiuti pericolosi è insita anche e proprio nel cumulo della pena detentiva e pecuniaria.
Omessa osservazione delle prescrizioni della autorizzazione
Ebbene il successivo comma 4 richiama le sanzioni base previste nel comma 1, ma le dimezza qualora, pur in possesso della prescritta autorizzazione, non vengano osservate le prescrizioni nella stessa contenute o anche semplicemente richiamate; e si incorre nelle medesime sanzioni (dimezzate) in caso di carenza dei requisiti o delle condizioni richieste per le iscrizioni (ad es. iscrizione all’albo gestori ambientali) o per le comunicazioni (ad es. autosmaltimento di rifiuti).
Discarica abusiva
Il comma 3 sanziona l’illecito della realizzazione o gestione della c.d. «discarica abusiva», ovvero della discarica posta in essere in assenza dell’autorizzazione prescritta dalla legge.
Un accenno è utile alla differenza tra «discarica abusiva» e “abbandono/deposito incontrollato di rifiuti”. La giurisprudenza richiedeva anche la presenza del requisito della trasformazione, sia pur tendenziale, del sito degradato dalla presenza dei rifiuti: ad oggi, pero` , si tratta di una condizione ormai superata, posizione peraltro confermata in numerose pronunce, sicche´ i caratteri che permettono di identificare la discarica rispetto al mero abbandono di rifiuti sono i seguenti:

  • accumulo ripetuto di rifiuti;
  • stesso luogo;
  • tendenziale carattere di definitivita` .

Miscelazione
Posto poi che l’art. 187 del D.Lgs. n. 152/2006 pone il divieto di miscelazione di rifiuti e contemporaneamente ammetta la sua deroga in presenza di determinate condizioni, l’art. 256, comma 5 prevede che:«chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attivita` non consentite di miscelazione di rifiuti, e` punito con la pena di cui al comma 1, lettera b)».Fatta salva l’applicazione di questa specifica sanzione, l’art. 187, comma 3 prevede che chiunque violi il divieto di miscelazione sia altresı` tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, sempre che cio` sia tecnicamente ed economicamente possibile.
L’art. 258 “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari” disciplina le sanzioni relative agli adempimenti documentali.
L’art. 258 comma 1 richiama l’art. 189 comma 3 con  duplice scopo: individuare i soggetti che possono commettere questo illecito e ricordare l’obbligo di effettuare la comunicazione annuale sancito in quella sede. Le condotte sanzionate dall’art. 258 comma 1 sono di due tipi:
1) la mancanza della comunicazione e
2) l’effettuazione di tale comunicazione in modo incompleto o inesatto sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.600  a € 15.500 .
In caso di ritardo nella presentazione della comunicazione, la giurisprudenza ritiene che cio` integri la violazione in oggetto come se si trattasse dell’omissione della comunicazione, sempre che questo ritardo sfori il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ex Legge n. 70/1994.
Diversamente l’art. 258, comma 1 prevede la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria da € 26  a € 160 .
Comunicazione incompleta o inesatta
Il comma 5 introduce il diverso caso della comunicazione che contiene indicazioni formalmente incomplete o inesatte: qualora, pero` , dall’esame del MUD, dei registri e dei formulari si possano ricostruire le informazioni mancanti, si applica al soggetto responsabile di tale illecito la sanzione amministrativa pecuniaria ridotta da 260 Euro a 1.550 Euro.
In tema di registri di carico e scarico, l’art. 258, comma 2 richiama l’art. 190 comma 1 con duplice scopo:
1) individuare i soggetti che possono commettere questo illecito e
2) ricordare l’obbligo di tenere il registro di carico e scarico rifiuti sancito in quella sede.
Le condotte sanzionate dall’art. 258, comma 2 sono di due tipi:
1) la mancata tenuta del registro e
2) la sua tenuta in modo incompleto sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria dal € 2.600  a € 15.500 .
Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa pecuniaria e` aumentata da 15.500 Euro a 93.000 Euro e si aggiunge la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da 1 mese a 1 anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore. Il comma 3 precisa che i suddetti importi sanzionatori sono ridotti (del 60% per i rifiuti non pericolosi – da 1.040 Euro a 6.200 Euro; dell’85% ca. per i rifiuti pericolosi – da 2.070 E a 12.400 E) qualora le violazioni di cui al comma 2 avvengano in imprese che occupano un numero di lavoratori inferiore a 15 dipendenti (il capoverso successivo illustra i criteri per il calcolo di tale numero).Infine, il comma 5 introduce il diverso caso del registro che contiene indicazioni formalmente incomplete o inesatte.Qualora dall’esame del MUD, dei registri e dei formulari si possano ricostruire le informazioni mancanti, si applica al soggetto responsabile di tale illecito la sanzione amministrativa pecuniaria ridotta da 260 € a 1.550 €. Si tenga presente che il comma 5 equipara la sanzione anche alla ipotesi di mancata conservazione dei registri di cui all’art. 190 comma 1 D.Lgs. n. 152/2006.
Formulario
Per quanto riguarda il Formulario l’art. 258, comma 4 richiama direttamente l’art. 193 allo scopo di ricordare l’obbligo sancito in quella sede di accompagnare ogni trasporto di rifiuti con il formulario di identificazione (non c’e`, peraltro, una precisa individuazione dei soggetti obbligati, in quanto si tratta di un obbligo generale, le cui uniche due eccezioni sono individuate dall’art. 193, comma 4 relativamente al soggetto gestore del servizio pubblico e ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore in modo occasionale e saltuario che non eccedano la quantita` di 30 Kg o 30 l).
Le condotte sanzionate dall’art. 258, comma 4 sono di due tipi:
1) il mancato utilizzo del formulario durante il trasporto ed
2) il suo utilizzo con l’indicazione di dati incompleti o inesatti sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 1.600 € a 9.300 €.
Falso
Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi si applica, invece, la sanzione penale di cui all’art. 483 cod. penale (falsita` ideologica commessa dal privato in atto pubblico – fino a 2 anni di reclusione).La dottrina si e` interrogata se il rinvio operato dall’art. 258 D.Lgs. n. 152/ 2006 all’art 483 cod. pen. riguardi solo la pena o l’intera fattispecie, perche´ in questo secondo caso, trattandosi di un delitto, si pone il problema di dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo (il dolo) richiesto dalla fattispecie. Si ritiene che il rinvio operato all’art. 483 c.p. sia solo riferibile alla pena (quoad poenam), in quanto piu` aderente al dettato della norma.
Peraltro, proprio perche´ la ratio del formulario risiede nel permettere la tracciabilita` dei rifiuti trasportati, il Legislatore estende la sopraccitata sanzione penale anche al diverso caso del certificato di analisi dei rifiuti: infatti, la pena di cui all’art. 483 cod. pen. si applica anche a chi, nel predisporre un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sugli stessi (natura, composizione, caratteristiche fisico-chimiche), nonche´ a chi utilizza un certificato falso durante il trasporto.In altre parole, non solo le condotte sanzionate penalmente sono due, ovvero quella di predisposizione di un certificato di analisi con false indicazioni (e questo e` un reato che prescinde dall’attivita` di trasporto) e quella di uso di un certificato falso, ma le stesse sono riferibili (e quindi la pena e` ugualmente applicabile) sia ai rifiuti non pericolosi, sia ai rifiuti pericolosi, in quanto l’art. 258, comma 4, cpv 3, non fa alcun cenno alle caratteristiche del rifiuto.
 

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Conferenza di Servizi

novellati gli articoli 14 ss. della L. n. 241/1990 ss.m..
(DL del 31.5.2010 n. 78 (G. Uff. n. 125 del 31.5.2010)- Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica).
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


L’art. 49 del D.L. n.  78/2010 ha modificato l’istituto della Conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e ss. L. n. 241/1990,  già interessata dalle recenti novità della L. 69/2009.

Con riserva di commentare brevemente le importanti novità introdotte sembra rilevante il profilo relativo alla risarcibilità del danno provocato dalla Amministrazione, ad esempio, per la tardività del provvedimento richiesto.
L’ espressione in un testo normativo di tale assunto, per quanto riconosciuto dalla giurisprudenza, rappresenta certo una novità positiva per il cittadino. Ponendo attenzione, per ora, solo all’art. 14 ter si indicano le novità di rilievo.
Il comma 3bis dell’art. 14 ter L. 241/1990 permette di ottenere già in sede di conferenza di servizi l’autorizzazione paesaggistica senza dover indire una nuova procedura (comma 3bis) ed  è stata riconosciuta la possibilità di utilizzare i risultati e le prescrizioni della VAS nella procedura di VIA (comma 4 bis) ai sensi dell’art. 7 Codice Ambientale.
Particolarmente interessante la novella del comma 6 bis, che è stato completamente riscritto: allo scadere dei termini procedurali concessi, oppure all’esito del procedimento, l’autorità procedente potrà emanare il provvedimento definitivo sostitutivo di ogni atto di assenso comunque denominato anche se di competenza di amministrazioni non comparse, ma invitate, alla conferenza di servizi….purchè non si tratti della procedura di VIA statale. In tal caso, infatti, trova applicazione l’art. 26 comma 2 D. Lgs. 152/2006 e la PA procedente dovrà adire il Consigli dei Ministri.
Tale comma contiene in sé anche quanto già stabilito dal comma 9, ora abrogato, introducendo altresì la facoltà per il privato di promuovere azione di risarcimento del danno cagionato dal ritardo della PA
Altra importante novità è la preclusione del silenzio assenso ai provvedimenti di VIA, VAS ed AIA: se la P.A non si pronuncia nei termini al privato non rimane altro che attendere la conclusione, seppur tardiva, dell’iter burocratico, con l’unica possibilità di chiedere alla P.A. il risarcimento del danno cagionato dal ritardo.( comma 7);

L. n. 241/1990

Articolo 14-ter. (Lavori della conferenza di servizi)
01. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell’istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all’organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti e può svolgersi per via telematica.
2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno  cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l’effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l’amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima.



 
 
 
 
 
2-bis. Alla conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e 14-bis sono convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza, alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto.2-ter. Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche per via telematica e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione della conferenza dei servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione.
3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell’istanza o del progetto definitivo ai sensi dell’articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l’adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l’amministrazione procedente provvede ai sensi ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo”;
 
 
 
 
 
4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimento, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità”.
6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall’organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.
6-bis. All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
7. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell’amministrazione rappresentata.
 
 
 
8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento.
9.Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.
10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all’estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.
L. n. 241/1990
post D.L.78/2010
Articolo 14-ter. (Lavori della conferenza di servizi)
01. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell’istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all’organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti e può svolgersi per via telematica.
2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno  cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l’effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l’amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima. La nuova data della riunione puo’ essere fissata entro i quindici giorni successivi nel caso la richiesta provenga da un’autorita’ preposta alla tutela del patrimonio culturale. I responsabili degli sportelli unici per le attivita’ produttive e per l’edilizia, ove costituiti, o i Comuni concordano con i Soprintendenti territorialmente competenti il calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero per i beni e le attivita’ culturali.
 
2-bis. Alla conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e 14-bis sono convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza, alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto.2-ter. Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche per via telematica e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione della conferenza dei servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione.
3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell’istanza o del progetto definitivo ai sensi dell’articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l’adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l’amministrazione procedente provvede ai sensi ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo”;
 
3-bis. In caso di opera o attivita’ sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, 42;
4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimento, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori.
4-bis. Nei casi in cui l’intervento oggetto della conferenza di servizi e’ stato sottoposto positivamente a valutazione ambientale strategica(VAS), i relativi risultati e prescrizioni, ivi compresi gli adempimenti di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, devono essere utilizzati, senza modificazioni, ai fini della VIA, qualora effettuata nella medesima sede, statale o regionale, ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità”.
6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall’organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.
6-bis. All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui ai commi 3 e 4, l’amministrazione procedente, in caso di VIA statale, puo’ adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza. La mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sono valutate ai fini della responsabilita’ dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonche’ ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato. Resta salvo il diritto del privato di dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento ai sensi degli articoli 2 e 2-bis.
 
 
 
 
 
 
7. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumita’ e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, paesaggistico-territoriale, il cui rappresentante, all’esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volonta’ dell’amministrazione rappresentata.
8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento.
L’articolo 9 è stato abrogato dal D.L. 78/2010
 
 
 
 
10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all’estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.

 

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Rifiuti da attività di riparazione veicoli

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La Legge Comunitaria 2009 modifica il Decreto Legislativo 24.6.2003, n. 209 e ss. mm. ed ii., con il quale è recepita la Direttiva 2000/53/CEdisciplinante i veicoli fuori uso.

L’art. 43 Legge Comunitaria si limita ad eliminare la perentorietà dell’art. 5 comma 15 D. Lgs 209/2003, permettendo alle imprese esercenti attività di autoriparazione di poter – e non più dover – consegnare i pezzi usati allo stato rifiuto, laddove ciò sia possibile e fuori dei casi in cui sia previsto un obbligatorio consorzio di raccolta.
Quanto ai soggetti destinatari di tali rifiuti la Legge Comunitaria ribadisce l’alternatività tra il centro di raccolta se iscritti all’Albo nazionale gestori ambientali e degli operatori autorizzati, precisando soltanto che sarà poi onere di questi ultimi il conferimento dei rifiuti presso un idoneo centro di raccolta.

ART. 5 COMMA 15 Decreto Legislativo 24.6.2003, n. 209 ante legge comunitaria ART. 5 COMMA 15 Decreto Legislativo 24.6.2003, n. 209novellato dalla legge comunitaria
Le imprese esercenti attivita’ di autoriparazione, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122 , e successive modificazioni, devono consegnare, ove cio’ sia tecnicamente fattibile, ad un centro di raccolta di cui al comma 3, direttamente, qualora iscritti all’Albo nazionale dei gestori ambientali, ovvero avvalendosi di un operatore autorizzato alla raccolta ed al trasporto di rifiuti, i pezzi usati allo stato di rifiuto derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelle per cui e’ previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta. Le imprese esercenti attività di autoriparazione, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, possono consegnare, ove ciò sia tecnicamente fattibile, i pezzi usati allo stato di rifiuto derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelli per cui è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta, ai seguenti soggetti: a) direttamente ad un centro di raccolta di cui al comma 3, qualora iscritti all’Albo nazionale dei gestori ambientali; b) ad un operatore autorizzato alla raccolta ed al trasporto dei rifiutiperché provveda al loro trasporto ad un centro di raccolta di cui al comma 3

 

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Rifiuti inerti da estrazione

a cura di avvocato Cinzia Silvestri

Non può passare innosservata l’estensione, ed anzi, la precisazione che i rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando:
1) soddisfano i criteri stabiliti nel nuovo ed aggiunto allegato III-bis ed inoltre quando:
2) rientrano in una o più tipologie elencate in apposita lista che dovrà essere approvata con DMAmbiente.

 

DECRETO LEGISLATIVO 30 maggio 2008, n.117 (in Gazz. Uff., 7 luglio, n. 157). – Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE (1).
 
 
 
art. 3 comma 1 lett. c)
 
COMUNITARIA 2009 (12.5.2009) non ancora pubblicata (DISEGNO DI LEGGE N. 1781-B
 
 
ART. 20 (modifiche al Dlgs. 30.5.2008 n. 117)
 
Al comma 1 dell’articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n.117, la lettera c) è sostituita dalla seguente:
 
c) rifiuto inerte: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano ne’ sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonche’ l’ecotossicita’ dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualita’ delle acque superficiali e sotterranee;
 
«c) rifiuto inerte: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano nè sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l’ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e sotterranee.
I rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando soddisfano, nel breve e nel lungo termine, i criteri stabiliti nell’allegato III-bis. Inoltre, i rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando rientrano in una o più delle tipologie elencate in una apposita lista approvata con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata;».

2. Al decreto legislativo 30 maggio 2008, n.117, è aggiunto l’allegato III-bis, di cui all’allegato 1 alla presente legge.

 

 
Allegato 1
(articolo 20, comma 2)
«ALLEGATO III-bis
(articolo 3, comma 1,
lettera c)
)
CRITERI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI
DI ESTRAZIONE INERTI
1. I rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando soddisfano, nel breve e nel lungo termine, i seguenti criteri:
a) i rifiuti non subiscono alcuna disintegrazione o dissoluzione significativa o altri cambiamenti significativi che potrebbero comportare eventuali effetti negativi per l’ambiente o danni alla salute umana;
b) i rifiuti possiedono un tenore massimo di zolfo sotto forma di solfuro pari allo 0,1 per cento oppure hanno un tenore massimo di zolfo sotto forma di solfuro pari all’1 per cento se il rapporto potenziale di neutralizzazione, definito come il rapporto tra il potenziale di neutralizzazione e il potenziale acido determinato sulla base di una prova statica conforme alla norma prEN 15875, è maggiore di 3;
c) i rifiuti non presentano rischi di autocombustione e non sono infiammabili;
d) il tenore nei rifiuti, e segnatamente nelle polveri sottili isolate dei rifiuti, di sostanze potenzialmente nocive per l’ambiente o per la salute, in particolare As, Cd, Co, Cr, Cu, Hg, Mo, Ni, Pb, V e Zn, è sufficientemente basso da non comportare, nel breve e nel lungo termine, rischi significativi per le persone o per l’ambiente. Per essere considerato sufficientemente basso da non comportare rischi significativi per le persone e per l’ambiente, il tenore di tali sostanze non deve superare i valori limite fissati dall’allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, per la relativa destinazione d’uso, o i livelli di fondo naturali dell’area;
e) i rifiuti sono sostanzialmente privi di prodotti utilizzati nell’estrazione o nel processo di lavorazione che potrebbero nuocere all’ambiente o alla salute umana.
2. I rifiuti di estrazione possono essere considerati inerti senza dover procedere a prove specifiche se può essere dimostrato all’autorità competente che i criteri di cui al punto 1 sono stati adeguatamente tenuti in considerazione e soddisfatti sulla base delle informazioni esistenti o di piani e procedure validi.
3. La valutazione della natura inerte dei rifiuti di estrazione è effettuata nel quadro della caratterizzazione dei rifiuti di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a), e si basa sulle stesse fonti d’informazione».
 

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RAEE: modulistica per la iscrizione

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
Il DM 8 marzo 2010 n.65 recante modalità semplificate per la gestione dei RAEE da parte dei distributori dispone l’obbligo di iscrizione in apposita sezione dell’albo.L’albo stesso con delibera 19 maggio 2010 recante:
“Iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute 8 marzo 2010, n. 65, recante modalità semplificate per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature”, ha disposto la creazione di tale specifica sezione allegando tutta la modulistica necessaria da presentare alle competenti sezioni regionali/provinciali dell’Albo.
Questo tassello era fondamentale per avviare la piena operatività del ritiro “uno contro uno” da parte dei distributori previsto dalla direttiva europea e recepito nell’ordinamento nazionale con il cd. decreto Raee 151/2005.
 

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Sistri/Rifiuti pericolosi e piccoli produttori: Sistri al 2012?

Alcune considerazioni sull’emendamento SISTRI ad Atto Camera n. 3209 bis “Semplificazione Amministrativa”.
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
Il 20 maggio 2010 la Commissione Affari Costituzionali ha approvato  l’emendamento n. 1-ter 0201 in sede di esame dell’Atto Camera n. 3209 bis sulla “Semplificazione amministrativa”, che così recita :
“per le imprese gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi che occupano fino a 10 dipendenti e che producono quantità annue di rifiuti pericolosi fino a 300 chili/litri, il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 189, comma 3-bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 entra in funzione a decorrere da due anni dall’entrata in vigore del Decreto previsto dal citato articolo 189 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 ”(giugno 2012?).
Questo emendamento, introdotto per rinviare l’applicazione del SISTRI di due anni per le imprese da 1 a 10 dipendenti che producono massimo 300 chili/litri di rifiuti pericolosi, obbliga alla riflessione sulle macroscopiche conseguenze che porterebbe e la difficile applicazione in armonia col sistema legislativo vigente:
a) ll’emendamento potrà determinare effetti dirompenti e negativi per tutte le piccole imprese da 1 a 10 dipendenti che producono annualmente massimo 300 kg/l; e ciò in quanto prevede lo “slittamento” del termine di operatività e non dell’iscrizione al SISTRI, con la conseguenza che nel periodo moratorio, giugno 2010 – giugno 2012, le imprese sono, altresì, tenute a redigere il Registro di carico e scarico, il Formulario di identificazione dei rifiuti ed il MUD;
b)    inoltre, incide nei confronti delle intese intercorse con le Associazioni imprenditoriali affinché tutte le imprese, incluse quelle artigiane, con meno di 5 dipendenti e che producono fino 200 kg/anno di rifiuti pericolosi, versino un contributo per l’iscrizione al SISTRI di 50 euro, che salgono a 60 euro in caso di imprese tra 6 e 10 dipendenti ed una produzione fino a 400 kg/anno di rifiuti pericolosi, oltre ad ulteriori facilitazioni per tutte quelle che producono piccole quantità di rifiuti pericolosi (fino a 50 kg/anno); come pure fa venir meno tutte quelle semplificazioni che erano stato individuate affinché le Associazioni imprenditoriali potessero assistere le imprese nella compilazione informatica della modulistica.
 

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Direttive 2008/98/CE e 2006/12/CE: il punto

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ opportuno il chiarimento anche visivo con riferimento alle novità introdotte dalla nuova normativa quadro sui rifiuti; e ciò anche in prospettiva di lettura della nuova comunitaria 2009 approvata in via definitiva in data 12.5.2010 ed in attesa di pubblicazione.

Gestione dei rifiuti, le novità previste dalla direttiva 2008/98/Ce
La nuova direttiva 2008/98/Ce La precedente direttiva 2006/12/Ce
Campo di applicazione Esclusi espressamente dal campo di applicazione della nuova direttiva sui rifiuti: il suolo contaminato non scavato, i sottoprodotti animali e agricoli. Non sono espressamente esclusi dal campo di applicazione della normativa generale sui rifiuti il suolo contaminato non scavato, i sottoprodotti animali e agricoli.
Definizione di rifiuto È definito come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”. L’allegato I della precedente direttiva non c’è più. Si fa, però, espresso riferimento all’elenco europeo dei rifiuti con due precisazioni:  

  1. l’inclusione di una sostanza o di un oggetto non significa che esso sia rifiuto in tutti i casi;
  2. esso è invece vincolante per quanto riguarda la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi.

Con decisione 2000/532/Ce e successive modifiche ed integrazioni, l’Unione europea ha istituito l'”Elenco dei rifiuti”. Tale Elenco ha sostituito, dal 1° gennaio 2002 i vecchi “Cer” (Catalogo europeo dei rifiuti) ed “Elenco dei rifiuti pericolosi” di cui alle pregresse norme europee, introducendo una catalogazione unica dei rifiuti.

È definito come “qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I (N.d.r: categoria non esaustiva) e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”.
Cessazione della qualifica di rifiuto – MPS (cd. end of waste) Per espressa disposizione della direttiva, alcuni rifiuti specifici cessano di essere tali quando siano sottoposti ad operazioni di recupero e le sostanze e gli oggetti ottenuti soddisfino criteri specifici elaborati (dall’Ue) conformemente alle seguenti condizioni:· sono comunemente utilizzati per uno scopo specifico;· sono oggetto di un mercato o di una domanda;· soddisfano specifici requisiti tecnici per lo scopo specifico e relativi standard di prodotto;· il loro utilizzo non comporta impatti complessivi negativi per l’uomo e per l’ambiente.In caso di inerzia dell’Ue, i criteri potranno essere stabiliti dai singoli Stati Ue in conformità ed in osservanza della giurisprudenza comunitaria e con successiva notifica alla Commissione europea. Si tratta in sostanza di dare una disciplina comunitaria alle materie prime secondarie. Non è prevista una analoga norma
Sottoprodotti Non costituiscono rifiuti le sostanze e gli oggetti che derivano da un processo di produzione il cui scopo primario non è la loro produzione e che soddisfano le seguenti condizioni:· la loro produzione è parte integrante del processo di produzione primario;· il loro ulteriore utilizzo è certo;· il loro ulteriore utilizzo è diretto, in quanto non necessita di alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;· il loro ulteriore utilizzo è legale, in quanto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la tutela dell’ambiente e della salute umana.L’Ue potrà adottare criteri tali da permettere che sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti.Viene sancito l’impiego del sottoprodotto in un altro processo esterno, in linea con le sentenze della Corte di giustizia secondo cui “non costituisce rifiuto il bene che sia utilizzato anche in altre industrie…” Non è prevista una nozione giuridica di “sottoprodotti”
Gestione rifiuti Ribadita la nota priorità delle azioni di prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero energetico e smaltimento in discarica. Per rafforzare tale gerarchia la direttiva introduce precisi obiettivi di riciclaggio, imponendo il ricorso alla raccolta differenziata entro il 2015 (istituita per carta, metalli, plastica e vetro). Prevede entro il 2020 che il riciclaggio dei rifiuti urbani dovrà aumentare almeno del 50% in peso ed entro la stessa data dovrà aumentare del 70% il recupero dei rifiuti da demolizione. Già presente l’ordine di priorità nella gestione dei rifiuti (anche se in maniera meno puntuale) ma non esistevano specifici obiettivi di riciclaggio.
Riciclaggio È definito come “qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento”. Non è prevista una nozione giuridica di “riciclaggio”
Recupero È definito come “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”. È definito come “l’insieme delle operazioni previste dall’allegato II B” alla direttiva medesima, recante un elenco di 13 fattispecie
Oli usati Previste apposite regole per la gestione degli oli usati, che prevedono l’obbligo di raccolta separata, il divieto di miscelazione, la limitazione alle spedizioni transfrontaliere. Non previste
Raccolta differenziata Viene introdotta la nozione di “raccolta differenziata” intesa come: “la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo e alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico”. Non presente
Responsabilità “estesa” del produttore Per rafforzare le politiche di prevenzione nella formazione dei rifiuti, gli Stati membri potranno adottare misure per conferire una “responsabilità estesa” a chiunque professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, venda o importi prodotti.
Questi provvedimenti potranno includere l’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo, nonché la successiva gestione e la responsabilità finanziaria per tali attività. In pratica, gli Stati membri preciseranno le condizioni di responsabilità e decideranno quando il produttore originario mantiene la responsabilità per l’intera catena di trattamento o quando la responsabilità del produttore e del detentore può essere condivisa o delegata tra i diversi soggetti della catena del trattamento. In ambito europeo, il processo di responsabilizzazione dei soggetti produttori e della catena distributiva è stato già avviato nel settore delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. La volontà di applicare anche ad altri beni o prodotti il principio della responsabilità estesa indica che nel settore dei rifiuti si è ormai raggiunto il livello di guardia e che, per poter spezzare “l’assedio” della spazzatura, occorre porsi obiettivi più impegnativi e dare applicazione concreta al vecchio principio “chi inquina paga”.
Non presente
Attuazione e regime transitorio Gli Stati membri dovranno attuare la nuova direttiva entro il 12 dicembre 2010. A partire da tale data saranno abrogate le direttive 75/439, 91/689 e la 2006/12.

 

adminDirettive 2008/98/CE e 2006/12/CE: il punto
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RAEE e SISTRI: PROBLEMI DI COORDINAMENTO?

A cura di Avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Chi effettua raccolta e trasporto RAEE deve essere iscritto al SISTRI? Un  dubbio operativo.
La domanda, la cui risposta è dubbia, impone di precisare alcuni distinguo e obbliga a mettere in relazione le discipline del SISTRI (DM 17.12.2010 allegato III scheda gestore RAEE) del Regolamento RAEE (DM 8.3.2010) e del futuro articolo 188 ter comma 4 dello schema del Dlgs. di recepimento della direttiva 2008/98/CE.
Vero è che l’intreccio normativo impone di porre molta attenzione ai soggetti destinatari dei provvedimenti che paiono non essere del tutto coincidenti.
Si precisa subito che il DM 17.12.2009 ss.m. (SISTRI) prevede apposita scheda per i Gestori RAEE ed i Gestori (allegato III).
Il richiamo alla operatività e obbligo del SISTRI per i gestori non è dubbia.
Tuttavia tale obbligo mal si concilia con l’ultimo Regolamento RAEE che tace completamento sulla procedura SISTRI generando dubbi di applicazione.
Ebbene con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 4 maggio scorso del decreto ministeriale 8 marzo 2010, n. 65, è stato emanato il Regolamento RAEE. Il decreto entrerà in vigore il 19 maggio 2010 e diventerà operativo 30 giorni dopo, cioè il 18 giugno. Dal 18 giugno, quindi, gli acquirenti di elettrodomestici e materiale elettrico ed elettronico potranno consegnare gratuitamente le loro apparecchiature usate o non più funzionanti al negozio/distributore in cui effettuano il nuovo acquisto. In pratica sarà possibile uno scambio “uno contro uno” con i negozianti/distributori, che si assumeranno l’onere della “raccolta/trasporto” dei vecchi elettrodomestici senza costi aggiuntivi per i cittadini.
Per lo svolgimento di tali attività è prevista, un’iscrizione semplificata all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali. Inoltre al fine di garantire l’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale delle disposizioni del decreto, è prevista a breve l’emanazione di un’apposita Delibera dell’Albo nazionale che definirà la modulistica per l’iscrizione.
È importante evidenziare che il Regolamento “RAEE” (4.5.2010) essendo successivo al Dm 17 dicembre 2009 (e successive modifiche) istitutivo del “SISTRI” apporta di fatto una deroga in riferimento ai soggetti obbligati all’iscrizione ed agli adempimenti “telematici” in carico alle imprese di trasporto di rifiuti pericolosi.
Il Regolamento “RAEE”, infatti, conferma la vecchia modulistica cartacea riguardo il ritiro ed il trasporto di rifiuti e quindi conferma il registro di carico e scarico ed il formulario di trasporto; e ciò sembra esonerare le imprese dalla disciplina dettata dal DM 17 dicembre 2009 (Sistri).
All’articolo 1 comma 3 del Regolamento: “I distributori che effettuano il raggruppamento di cui al comma 2 adempiono all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico mediante la compilazione, all’atto del ritiro di cui al comma 1, di uno schedario numerato progressivamente, conforme al modello di cui all’allegati I, dal quale risultino il nominativo e l’indirizzo del consumatore che conferisce il rifiuto e la tipologia dello stesso. Tale schedario, integrato con i documenti di trasporto di cui all’articolo 2, comma 2, è conservato per tre anni dalla data dell’ultima registrazione.
All’articolo 2 comma 2 del Regolamento: “Il trasporto di cui al comma 1, lettere a) e c), è accompagnato da un documento di trasporto conforme al modello di cui all’allegato II, numerato e redatto in tre esemplari. Il documento di trasporto è compilato, datato e firmato dal distributore o dal trasportatore che agisce in suo nome. Il trasportatore, se diverso dal distributore, provvede a restituire al distributore una copia del documento di trasporto sottoscritta dall’addetto del centro di raccolta destinatario dei Raee, trattenendo per sè un’altra copia, anch’essa sottoscritta dal medesimo addetto del centro di raccolta e adempie all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico conservando per tre anni le copie dei documenti di trasporto relativi ai trasporti effettuati. Il distributore conserva la copia del documento di trasporto insieme allo schedario di cui all’articolo 1, comma 3. La terza copia del documento di trasporto rimane al centro di raccolta destinatario dei Raee”.
Ad oggi quindi sembra che i soggetti destinatari del Regolamento RAEE  (pur esentati dal MUD) non sono tenuti ad iscriversi al SISTRI come trasportatori di rifiuti speciali pericolosi.
Dlgs. recepimento direttiva 2008/98/CE
Infine si segnale il collegamento RAEE/SISTRI  previsto all’articolo 15 dello  Schema di Dlgs. recante norme per il recepimento della direttiva 2008/98/Ce (relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive) approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 aprile 2010 . L’iter di recepimento peraltro è ancora pendente e pertanto il futuro articolo 188 ter può costituire un punto di arrivo ad oggi non ancora operativo:
“Articolo 15 (Modifica degli articoli 188, 189, 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) … Articolo 188-ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)) 4. Con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l’obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2, nonché ai soggetti di cui al decreto previsto dall’articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151 recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.
 

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Appalti pubblici: esclusione dalla gara e autocertificazioni

Fotocopia carta di identità e sua rilevanza
(Consiglio di Stato n. 2384/10 (27.4.2010)
A cura di avv. Cinzia Silvestri


La decisione del CdS si distingue per aver riconosciuto la liquidazione del danno alla società ricorrente illegittimamente esclusa dalla gara per colpa e negligenza della P.A..

L’appalto pubblico in questione veniva aggiudicato ad una società.
La seconda classificata provvedeva però alla verifica dell’aggiudicazione e ravvisava la omessa produzione ed allegazione della fotocopia della carta di identità del dichiarante alle autocertificazioni sulla: 1) regolarità contributiva; 2) insussistenza di cause di esclusione.
La seconda classificata, dunque, ricorreva avanti al TAR Umbria chiedendo l’annullamento della aggiudicazione in quanto la produzione documentale della fotocopia del documento di identità è elemento costitutivo dell’autocertificazione in quanto espressamente previsto dalla legge (art. 38 co. 3 DPR 28.12.2000 n. 445).
La ricorrente (seconda classificata) invero sarebbe stata aggiudicataria in caso di corretta applicazione delle regole e dei criteri che disciplinano la gara stessa.
La ricorrente inoltre chiedeva il risarcimento del danno nei confronti della P.A. a fronte della illegittima aggiudicazione della procedura di gara, per l’affidamento di servizi (relativa a micro filmatura opere, inserimento immagini in data base…); affidamento erroneo a causa della colpevole negligenza e/o non conoscenza delle norme preposte alla procedura.
Il Tar Umbria annullava, dunque, l’ aggiudicazione e riconosceva altresì il risarcimento del danno a favore della ditta ricorrente “nella misura del 10% dell’importo base da ritenere presumibilmente corrispondente al mancato utile contrattuale”.
Ebbene il CdS  ha confermato la sentenza di primo grado (Tar Umbria) riformandola sul punto della quantificazione del risarcimento dovuto a favore della ricorrente, in particolare:
1)      la omessa allegazione della fotocopia della carta di identità alle autocertificazioni richieste, essendo elemento costitutivo delle autocertificazioni stesse per volontà di legge, determina la esclusione dalla gara stessa.
2)      L’Amministrazione deve conoscere le norme da applicare tanto più se chiare e prive di contrasti interpretativi come nel caso in esame;
3)      l’errore della amministrazione sulla allegazione della fotocopia della carta di identità come elemento costitutivo non è dunque scusabile;
4)      ne discende la responsabilità della P.A. al risarcimento dell’interesse legittimo leso.
5)      Il risarcimento del danno, dunque, deve essere liquidato tenendo conto di alcuni parametri:
a)      accertamento degli utili effettivi realizzati dall’impresa in base a documentato raffronto di costi e ricavi….
b)     Perdita di avviamento dell’azienda
c)      Interessi e rivalutazione monetaria sulla somma dovuta…
 

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MUD 2010 – ripristino del vecchio modello in assenza di proroga

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi



E’ stato pubblicato sul Supplemento Ordinario n.80 alla G.U. n.98  del 28 aprile 2010 DPCM ( G.U. DPCM 27 aprile 2010) che ripristina lo schema contenuto nel DPCM 24 dicembre 2002 che fino all’anno scorso regolava la compilazione Mud.
Il modello allegato al nuovo DPCM ricalca nei contenuti e nella forma il “vecchio modello” integrato con le regole per la comunicazione annuale da parte dei Gestori di RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) e dei Produttori di AEE (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).
Tale modello dovrà essere  utilizzato  per  le dichiarazioni da presentare, entro il termine stabilito dalla  legge, con riferimento all’anno 2009, da parte dei soggetti interessati.
Il nuovo DPCM all’articolo 1 evidenzia come restino  valide  le  dichiarazioni  presentate alla data di entrata in vigore del decreto,  con riferimento all’anno  2009,  avvalendosi  del  “modello telematico” allegato  al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 dicembre 2008.
A fronte di un ritorno alla vecchia modulistica resta, però, sospesa l’esigenza di giungere ad una proroga più volte richiesta e sollecitata alla compagine governativa. Ad oggi, quindi, resta valida la data del 30 aprile p.v come termine per la presentazione della Dichiarazione MUD 2010.
Quali sanzioni in caso di adempimento oltre il 30.4.2010?
Si ricorda che che l’art. 258 comma 1 Dlgs. 152/2006 ss.m. prevede la sanzione da € 2.600 a € 15.500 per chi omette/effettua in modo incompleto/inesatto la comunicazione; se invece la comunicazione è effettuata entro 60 giorni (ovvero entro il 30.6.2010) si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da € 26,00 a € 160.
 

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Difensore Civico Comunale: quando verrà soppresso?

A cura di Avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La Legge Finanziaria 2010 (L. 23.12.2009, n. 191 in G.U. 302 del 23.12.2009) aveva previsto la soppressione della figura del Difensore CivicoComunale e Provinciale (art. 2 comma 186, lettera a)[1].

Un taglio netto alla figura istituzionale prevista dall’art. 11 Dlgs. 267/2000 pensata per facilitare il dialogo tra cittadino e pubblica amministrazione.
Vero è che il Legislatore della L. 42/2010 (conversione in legge del DL 2/2010) ha avuto un ripensamento ed è intervenuto a limitare tale “soppressione/abrogazione”.
Il Parlamento, infatti, con legge 26.03.2010, n. 42 (in G.U. 72 del 27.3.2010) ha soppresso solo la figura del Difensore Civico Comunale, precisando che le relative funzioni possono essere attribuite, a mezzo di un’apposita convenzione, al difensore civico della provincia in cui l’ente locale è compreso.
Laddove tale accordo venga raggiunto, il difensore civico sarà pertanto denominato territoriale e svolgerà le tipiche funzioni di controllo e vigilanza sull’operato della P.A. nei confronti dei privati cittadini.
Di seguito si riporta il testo dell’art. 2 comma 186, lettera a) della Legge Finanziaria 2010, come novellato dall’art. 1-quater della L. 42/2010 (in rosso le modifiche):
Art. 2 comma 186: In relazione alle riduzioni del contributo ordinario di cui al comma 183, i comuni devono altresì adottare le seguenti misure:a) soppressione della figura del difensore civico comunale di cui all’articolo 11 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le funzioni del difensore civico comunale possono essere attribuite, mediante apposita convenzione, al difensore civico della provincia nel cui territorio rientra il relativo comune. In tale caso il difensore civico provinciale  assume la denominazione di “difensore civico territoriale” ed è competente a garantire l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell’amministrazione nei confronti dei cittadini;
Con Legge 26.03.2010, n. 42 di conversione del D.L. 2/2010 il Parlamento ha voluto precisare che la figura soppressa è unicamente quella comunale, anche se l’art. 2 comma 186 era chiaramente destinato solo agli enti locali: comuni devono altresì adottare…
Nessun dubbio che l’art. 11 T.U. 267/2000 rimanga applicabile limitatamente alla figura del difensore civico provinciale/territoriale, le cui funzioni, quindi vengono statuite dagli organi politici della Provincia e descritte nel relativo statuto.
Laddove invece venisse istituita la figura del difensore civico territoriale, questi avrebbe le medesime funzioni ma con contenuto molto più ampio e a propria discrezione, poiché non vi sarebbero i limiti imposti dallo statuto.
Quando verrà soppresso?
Con tecnica legislativa ormai nota il legislatore sopprime la figura del difensore comunale disciplinandone i tempi … per il futuro.La figura del difensore non trova fine con l’entrata in vigore della legge di conversione n. 42/2010 (26.3.2010) ma sopravvive  fino allo scadere naturale del suo mandato.
Il legislatore provvede a precisare il momento in cui il difensore comunale verrà soppresso, in sede di legge di conversione n. 42/2010 (26.3.2010) al comma 187 : “.. le disposizioni di cui all’art. 2 comma 186 lett. a)….si applicano in ogni comune interessato, dalla data di scadenza dei singoli incarichi dei difensori civici …in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.


[1] art. 2 comma 186:
In relazione alle riduzioni del contributo ordinario di cui al comma 183, i comuni devono altresì adottare le seguenti misure: a) soppressione della figura del difensore civico di cui all’art. 11[1] del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2007, n. 267.

 

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AATO: quando saranno soppresse?

(comma 186 bis L. n. 191/2010 e L. n. 42/2010 di conversione del DL. n. 2/2010)
A cura di avv. Cinzia Silvestri


 
La legge n. 42/2010 pone alcune problematiche applicative.
E’ bene chiarire che la L. n. 42/2010 (26.3.2010) è legge di conversione del DL n. 2/2010 (25.1.2010) chiamato a modificare la Legge finanziaria del 2010 (L. 23.12.2009 n. 191) entrata in vigore il 1.1.2010.
Può essere utile, al fine del presente discorso, evidenziare che il legislatore (non solo nel testo della finanziaria) usa il termine “soppressione” con riferimento a varie figure (ATO, difensore civico, direttore generale ecc…) che trovano invero disciplina  in disposizioni legislative.
Alla soppressione segue, in genere, l’”abrogazione” della norma/ articolo di riferimento.Il legislatore non si esprime, dunque, “abrogando” la disciplina sottesa alla figura soppressa ma usa un linguaggio vago, giuridicamente, ma efficace, linguisticamente.
Il legislatore sopprime la figura delle AATO (comma 186 bis) ma anche del difensore civico, del direttore generale, delle circoscrizioni di decentramento comunale (commi 185 e 186) …in un momento futuro, lasciando il tempo, per la organizzazione necessaria per maturare il cambiamento e/o il trasferimento di funzioni.
In genere, laddove il legislatore si esprime “abrogando”,  la soppressione delle figure indicate coincide con la data di entrata in vigore della legge, appunto, che dispone l’abrogazione (soppressione). A ben pensare l’abrogazione delimita nel tempo la sfera di efficacia di una norma (o legge, commi, articoli ecc…), indica che quella norma svolge i suoi effetti fino ad un certo tempo.
In ambito civile, l’abrogazione opera con effetto dal momento della entrata in vigore della legge che prevede l’ abrogazione (ex nunc, irretroattività della abrogazione – cfr. artt. 11 e 15 preleggi c.c.).
Giova subito evidenziare il particolare (e diffuso) utilizzo da parte del legislatore dello strumento della “abrogazione futura” (soppressione) che opera, dunque, in momento successivo alla vigenza della legge che la prevede.
Vero è che la legge finanziaria (2010) pone problemi in ordine alla individuazione del momento in cui avverrà la abrogazione (futura).
LEGGE DI CONVERSIONE N. 42 DEL 23.3.2010[1].
Si precisa, dunque, che la disposizione di cui al comma 186 bis è stata inserita solo con la L. n. 42/2010.
Nessuna previsione di abrogazione e/o riferimento alla soppressione  delle AATO era prevista nella L. n. 191/2009 (finanziaria 2010) e nel D.L. n. 2/2010.
Solo nel marzo del 2010, inserita con la Legge di conversione, compare la futura abrogazione (soppressione) delle AATO. L’art. 186 bis viene, dunque, aggiunto al testo della legge finanziaria (n. 191/2009) precisando “…decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge…”.
Il dubbio è immediato al comune lettore: da quale legge decorre l’anno? Dalla legge finanziaria e, dunque, dal 1.1.2010 o dalla legge di conversione e, dunque, dal 26.3.2010?
Sono pochi mesi di differenza ma la domanda crea confusione applicativa. L’inserimento dell’art. 186 bis nel testo della Legge finanziaria sembra far richiamo, appunto, “…la presente legge…” e, dunque, la lettura semplice della disposizione sembra far decorrere il termine di 1 anno dal 1.1.2010.
Tuttavia bisogna rilevare quanto segue:
1)      Il comma 186 bis è creazione della sola legge di conversione n. 42/2010 (23.3.2010);
2)      l’abrogazione (soppressione) è futura  e la problematica attiene solo al momento di decorrenza della stessa;
3)      il legislatore ha pensato ad un tempo annuale (in sede di conversione) per l’adattamento alla soppressione e per l’emanazione della legge regionale richiamata.
Secondo logica, dunque, il termine di un anno – ovvero anche il tempo concesso alla Regione per legiferare il trasferimento di funzioni – decorre dal 26.3.2010 e la indicazione “…presente legge…” deve essere riferita alla legge di conversione n. 42/2010; si consideri invero che le norme inserite nella legge di conversione hanno efficacia ex nunc.
Diversamente facendo decorrere il termine dal 1.1.2010 il legislatore avrebbe già privato le Regioni di almeno 3 mesi per legiferare concretamente ed inoltre appare inusuale quantomeno (ma tutto è possibile ormai) la decorrenza di un termine … a posteriori.
Inoltre si consideri che è nella comune esperienza di ogni giurista che l’inserimento di nuova norma, articolo e/o comma esplichi i suoi effetti dalla data della sua previsione e laddove il legislatore attribuisca valore retroattivo è chiamato ad esplicitare  tale previsione eccezionale.
Vero è che la confusione è legittima.
Si pensi, invero, che proprio in sede di conversione il legislatore si è prodigato nel precisare il tempo di decorrenza della soppressione delle figure di cui all’art. 186 (difensore civico ecc…), si badi, stabilendo la decorrenza dalla entrata in vigore della legge di conversione (appunto marzo 2010) o comunque in momento successivo alla stessa e giammai con decorrenza dal passato[2].
Vero è che in relazione alla soppressione delle figure di cui agli artt. 185 e 186 (difensore civico ecc..…) il legislatore ha specificato (cfr. comma 187 in nota) mentre inserendo l’art. 186 bis il legislatore ha lasciato il riferimento, foriero di interpretazioni, alla “…presente legge”.
Si ritiene conforme a logica il decorso del termine di un anno indicato nel comma 186 bis dalla entrata in vigore della legge di conversione e dunque dal 26.3.2010.
Tuttavia il dubbio è legittimo e si auspica la precisazione del legislatore proprio per la formulazione del comma che lascia adito e spazio alla diversa lettura che farebbe decorrere il termine di un anno dalla legge finanziaria 2010.


[1] l’ art. 15 comma 5 L. 400/88 sancisce la irretroattività delle modifiche apportate dalla legge di conversione al decreto legge: “…5. Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge”.
[2] comma 187: “2. Le disposizioni di cui ai commi 184 e 186, lettere b), c) ed e), dell’articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dal presente articolo, si applicano a decorrere dal 2011, e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo. Le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 185, della citata legge n. 191 del 2009, come modificato dal presente articolo, si applicano a decorrere dal 2010, e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo ilprimo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo. Le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 186, lettere a) e d), della medesima legge n.191 del 2009, come modificato dal presente articolo, si applicano, in ogni comune interessato, dalla data di scadenza dei singoli incarichi dei difensori civici e dei direttori generali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

 

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Quesiti/Sistri: alcune risposte

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Il sito www.sistri.it offre l’opportunità di trovare alcune soluzioni.


Utile la lettura di alcuni quesiti e soluzioni, tratti dal sito www.sistri.it, che si riportano in questo contesto al solo fine di richiamare l’attenzione su alcune problematiche.
Cessazione della produzione di rifiuti pericolosi
Domanda:
Un’azienda che produce rifiuti pericolosi (olio, batterie, filtri) dalla manutenzione ordinaria dei propri automezzi (autocarri, macchine operatrici), e che, decide di rivolgersi a terzi (autofficine) può ritenersi esonerata dall’obbligo di iscriversi al SISTRI previo smaltimento di quanto finora prodotto in termini di “rifiuti pericolosi”?
Se sì, deve smaltire i “rifiuti prodotti” prima della scadenza del termine di iscrizione al SISTRI o è sufficiente che smaltisca prima dell’avvio dell’operatività del SISTRI (sempre rispettando i limiti del “deposito temporaneo”)?
Risposta:
L’azienda può ritenersi esonerata dall’iscrizione, sempre che non rientri in una delle altre categorie di soggetti obbligati, se provvede allo smaltimento dei rifiuti pericolosi ancora in suo possesso prima dell’avvio dell’operatività del SISTRI per il gruppo di riferimento.
 

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Soppressione Autorità d’Ambito Territoriale : L. 42/2010

A cura di avv. Cinzia Silvestri


Il Parlamento ha convertito con legge 26.3.2010, n. 42 (in G.U. n. 72 del 27-3-2010) il D. L. 25.01.2010 n. 2, disponendo la soppressione delle Autorità d’Ambito Territoriali entro un anno dall’entrata in vigore della medesima legge (27.03.2010).
Dal 27 marzo 2011, pertanto, le Autorità ex art. 148 e 201 del D. Lgs 152/2006 non saranno più operative ed esistenti ed i relativi provvedimenti dichiarati nulli. Si riporta testualmente l’art. 1-quinquies L. 42/2010, sopra commentato:
1-quinquies:All’articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 186, e’ inserito il seguente:
«186-bis. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale e’ da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla  data di entrata in vigore della presente legge»

Giova la lettura degli articoli 148 e 201 del Dlgs. 152/2006 ss.. al fine di comprendere l’importanza della previsione normativa oggi in commento.Si riportano di seguito gli articoli 148 e 201 D. Lgs 152/06 che verranno abrogati dal 27.03.2011:

art. 148
Autorità d’ambito territoriale ottimale
1. L’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma 1.
2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d’ambito di cui al comma 1, cui è demandata l’organizzazione, l’affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.
3. I bilanci preventivi e consuntivi dell’Autorità d’ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell’ente, e sono trasmessi all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti(*) e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio entro quindici giorni dall’adozione delle relative delibere.
4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell’Autorità d’ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all’Autorità d’ambito.
5. Ferma restando la partecipazione obbligatoria all’Autorita’ d’ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato e’ facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunita’ montane, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorita’ d’ambito competente.
art. 201
Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani
1. Al fine dell’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d’ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.
2. L’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.
3. L’Autorità d’ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d’ambito in conformità a quanto previsto dall’articolo 203, comma 3.
4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall’Autorità d’ambito, sono affidate, ai sensi dell’articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull’evidenza pubblica, le seguenti attività:
a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell’intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;
b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all’interno dell’ATO.
5. In ogni ambito:
a) è raggiunta, nell’arco di cinque anni dalla sua costituzione, l’autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;
b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.
6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.

La L. 42/2010 statuisce altresì che entro il medesimo termine -27.03.2011- le regioni dovranno ridistribuire le competenze oggi in capo alle ATO, precisando, però, che fino all’emanazione del provvedimento di attribuzione rimangono in ogni caso efficaci le disposizioni degli articoli 148 e 201.
Il testo di legge non specifica a chi tali funzioni debbano essere attribuite, ma la ratio dell’intera normativa e il richiamo ai principi di sussidiarietà, differenziazione e di adeguatezza fanno presumere che i destinatari delle funzioni saranno Province, Comuni, ovvero Autorità già esistenti.
 

adminSoppressione Autorità d’Ambito Territoriale : L. 42/2010
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SISTRI: Come calcolare il numero dei dipendenti?

A cura di Avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Si offre alla lettura una breve scheda indicativa e senza pretesa di ufficialità al fine di aiutare alla comprensione dei criteri di calcolo.

La scheda non può essere esaustiva della complessa casistica ma valido sostegno al calcolo dei dipendenti.
Laddove esista dubbio sul numero dei dipendenti o difficoltà nel calcolo (potrebbe accadere) si suggerisce di provvedere comunque a contattare il sito www.sistri.it e/o provvedere alla iscrizione nel primo termine del 30.3.2010. Si indica dunque:
Ai fini dell’iscrizione:
Ai fini dell’iscrizione è necessario fare riferimento al numero totale di dipendenti dell’impresa o dell’ente e non della singola unità locale.

Ad esempio:Ditta con tre unità locali con 9, 5 e 2 dipendenti (produzione di rifiuti NON pericolosi) è soggetta al SISTRI? 9+5+2=1616>10 dipendenti quindi è soggetta all’iscrizione perché ogni unità locale non fa storia a se.

In merito al numero di dipendenti, devono essere presi in considerazione quelli relativi all’anno precedente la comunicazione dei dati. Il numero complessivo si calcola con riferimento al numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante l’anno precedente a quello a cui si riferisce l’iscrizione, aumentato delle frazioni di unità lavorative dovute ai lavoratori a tempo parziale ed a quelli stagionali che rappresentano frazioni, in dodicesimi, di unità lavorative annue. I lavoratori in cassa integrazione e i Co.Co.Pro. vanno computati.
In caso di frazioni, ai fini dell’iscrizione si deve arrotondare all’intero superiore.

Se ad esempio facendo i calcoli viene fuori un numero di dipendenti, nell’anno 2009, di 10,4 ai fini dell’iscrizione si deve arrotondare all’intero superiore. Il numero di dipendenti da considerare sarà, quindi, 11. Dunque per tale impresa ci sarà obbligo di iscrizione.

Diverso il discorso relativamente ai contributi

Per il pagamento ci si deve riferire all’Unità Locale mentre per l’obbligo di iscrizione al totale del numero dei dipendenti dell’Azienda nel suo complesso (sommatoria dei dipendenti delle singole unità locali).
Qualora il soggetto obbligato abbia più unità locali il contributo è dato dalla somma dei contributi dovuti da ciascuna unità locale e determinato in relazione al numero di dipendenti di ciascuna unità locale.
Ogni UL pagherà in base ai propri dipendenti.
 

adminSISTRI: Come calcolare il numero dei dipendenti?
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SISTRI: facciamo il punto

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

 


 

Il Dlgs 152/2006 (cd. “Codice ambientale”) prevede, al suo articolo 189, comma 3-bis la “istituzione di un sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai fini della trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti e la realizzazione in formato elettronico del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del Mud, da stabilirsi con apposito decreto del Ministro dell’ambiente”.
A tale prescrizione è stata data attuazione mediante il Dm MinAmbiente 17 dicembre 2009 che ha dettato le norme relative al funzionamento del “sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” meglio noto con l’acronimo “Sistri”.
Il Sistri obbliga i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti speciali a trasmettere in via telematica ad un sistema informatico centrale tutte le informazioni relative alle operazioni svolte ed a tracciare il trasporto dei beni a fine vita mediante l’adozione di un sistema di rilevamento satellitare.
Il Dm Ambiente 17 dicembre 2009 è stato a stretto giro modificato ed integrato dalle norme recate dal successivo Dm MinAmbiente 15 febbraio 2010, e ciò sia per prorogare i termini troppo stretti entro cui gli operatore del settore dovevano aderire al sistema, sia per introdurre degli “aggiustamenti” al nuovo meccanismo in partenza.
Alla luce delle novità intervenute, il calendario degli adempimenti che interessa gli operatori del settore individuati dalla normativa in parola è il seguente:
a) adesione al Sistri:
1. entro il 30 marzo 2010 per i soggetti ex articolo 1, c. 1, lett. a) del Dm 17 dicembre 2009;
2. dal 15 marzo 2010 al 29 aprile 2010 per i soggetti ex articolo 1, c. 1, lett. b) del Dm 17 dicembre 2009;
3. dal 12 agosto 2010, per i soggetti, con iscrizione su base volontaria ex articolo 1, c.4 del Dm 17 dicembre 2009;
b) Adempimento obblighi “operativi”:
dal 13 luglio 2010, per i soggetti sub 1;
dal 12 agosto 2010, per i soggetti sub 2;
dal 12 agosto 2010, per i soggetti sub 3.
 

adminSISTRI: facciamo il punto
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Scarico acque reflue industriali: L. n. 36/2010 in vigore dal 27.3.2010

A cura dell’avv. Cinzia Silvestri



È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2010 la Legge 25.02.2010, n. 36, con la quale il Legislatore ha modificato il comma quinto dell’art. 137 D. Lgs 152/2006.Il 27.03.2010 entrerà in vigore la nuova disciplina. Il Legislatore dunque riporta alla corretta interpretazione l’art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 che prevede la sanzione penale SOLO in relazione allo stabellamento delle sostanze di cui alla tabella 5 allegato 5 della parte terza.

Tabella di confronto modifiche art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006
art. 59 D.Lgs. n. 152/1999come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 ss.m. Art. 137 comma 5L. 36/2010 de. 25.2.2010
5. Chiunque, 
 
 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 ovvero i limiti più restrittivifissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5,
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni .
Chiunque, 
 
 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1,   in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.
 
Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila
Chiunque
in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto,oppure i limti più restrittivi fissati dalle regioni  o dalle province autonome o all’Autorità competente a norma dell’articolo 107 comma 1
 
 
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila Euro a trentamila Euro
Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila

Si precisa dunque:
1) sanzione penale solo per le sostanze di cui alla tabella 5 dell’Allegato 5 della parte terza del d. lgs 152/2006:
2) la sanzione viene comminata :

  • scarico di acque reflue industriali: sanzione per il superamento delle soglie stabilite nella tabella 3 dell’Allegato 5 d. lgs 152/2006, ovvero i limiti più restrittivi eventualmente stabiliti dalla Regione, Provincia, o Autorità competente;
  • scarico sul suolo: sanzione per il superamento delle soglie stabilite nella tabella 4 dell’Allegato 5 d. lgs 152/2006, ovvero i limiti più restrittivi eventualmente stabiliti dalla Regione, Provincia, o Autorità competente.

 

adminScarico acque reflue industriali: L. n. 36/2010 in vigore dal 27.3.2010
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SISTRI:Pubblicato il Decreto Ministeriale del 15.2.2010 recante modifiche ed integrazioni del decreto 17.12.2009

(GU n. 9 del 13 gennaio 2010) “Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell‘articolo 189 del Dlgs. N. 152 del 2006 e dell‘art. 14 bis del DL n. 78 del 2009 convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009“ (Gazz. Uff. n. del 27.2.2010).
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Il decreto correttivo (cfr. sul sito www.sistri.it) cerca di porre chiarezza ad alcune disposizioni che hanno generato incertezza applicativa tra gli operatori; a ciò si deve anche il rallentamento dei tempi dell’accordo Unioncamere-Associazioni imprenditoriali nonché lo scarso numero di richieste di iscrizione da parte delle imprese nonchè alcune interrogazioni parlamentari.
Tra le principali novità introdotte dalle disposizioni correttive rientrano:
PROROGA TERMINI (art. 1): L’articolo concede proroga di 30 giorni sui termini relativi all’iscrizione al Sistri previsti per le varie categorie di soggetti di cui all’art,olo 3, comma 1 del DM 17 febbraio 2009.
NUOVI SOGGETTI TENUTI AL SISTRI (art. 3): Sono tenute alla iscrizione anche a) le imprese od enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti; b) e che risultino produttori di rifiuti (ex art. 184 comma 3 lett. G) a prescindere dal numero dei dipendenti
Delegato (art. 12): Viene chiarito il ruolo del “delegato” modificando la pregressa definizione (cfr. Allegato IA del DM 17.12.2009) e riportando così tale figura nell’ ambito di “referente” e non di “responsabile”. L’attuale definizione precisa: “il soggetto che, nell’ambito dell’organizzazione aziendale, è delegato dall’impresa all’utilizzo e alla custodia del dispositivo USB, al quale sono associate le credenziali di accesso al Sistema ed è attribuito il certificato per la firma elettronica….”;
VIDEOSORVEGIANZA (art. 2): l’estensione della videosorveglianza agli impianti di incenerimento dei rifiuti oltre che alle discariche; anche gli impianti di incenerimento rifiuti devono dotarsi degli appositi dispositivi così come previsto dall’articolo 1 comma 5 del DM 17 dicembre 2009;
USB/SEDE LEGALE – unità locale (art. 4): E’ prevista la possibilità, per quanto riguarda l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali, per le imprese di cui all’articolo 212, comma 5 del Dlgs n. 152/2006 di dotarsi del dispositivo USB relativo allasola sede legale in alternativa di un ulteriore USB per ciascuna unità locale; fermo restando l’obbligo di dotarsi di un dispositivo per ciascun veicolo a motore adibito al trasporto di rifiuti. Qualora venga scelto di dotarsi di un dispositivo USB per ciascuna unità locale , il contributo dovrà essere versato per ciascuna di essere;
MODALITA’ PAGAMENTO CONTRIBUTI (art. 5): E’ stata inserita importante e corposa integrazione all’allegato II del Dm 17 dicembre 2009 relativamente alle modalità di pagamento dei contributi. Vengono chiariti per ciascuna categoria di soggetti i dubbi interpretativi che gli operatori avevano evidenziato in questa fase di avvio del sistema;
POSTA ELETTRONICA: tra le modalità previste per l’iscrizione (Allegato IA al DM 17 dicembre 2009) è prevista la posta elettronica con la creazione di uno specifico account a cui inviare i moduli di iscrizione;
MODULI DI ISCRIZIONE: sono stati riformulati i moduli di iscrizione per correggere refusi ed errori segnalati dagli operatori; restano salve le iscrizioni effettuate fino all’entrata in vigore del decreto correttivo sulla base dei vecchi moduli allegati al DM 17 dicembre 2009
COMUNICAZIONE MOVIMENTI: E’ stato modificato il termine per la comunicazione al Sistri dei dati di movimentazione dei rifiuti. In particolare per la movimentazione di rifiuti pericolosi le 8 ore inizialmente previste per i produttori passano alle 4 attuali; mentre per il trasportatore le 4 ore previste passano a 2 ore.
 

adminSISTRI:Pubblicato il Decreto Ministeriale del 15.2.2010 recante modifiche ed integrazioni del decreto 17.12.2009
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Videoregistrazioni e deposito rifiuti – Cassazione penale n. 2089/2010

Il titolare di una società (A) veniva condannato per abbandono di rifiuti ex art. 256 Dlgs. n. 152/2006 ss.m. in quanto provvedeva al deposito di rifiuti proveniente dalla propria attività (pallet, cellophane ecc..) nell’area antistante alla officina gestita da altra società (B).
La società (B), stante il continuo deposito di materiali avanti alla propria area di proprietà, provvedeva a videoregistrare e monitorare l’area individuando così il responsabile dell’abbandono.
In sede di giudizio penale la società (A) contestava proprio le videoregistrazioni in quanto lesive della privacy e da ritenersi quali “intercettazioni” che dovevano essere autorizzate dlla Autorità Giudiziaria ex art. 266 c.p.p..
La Suprema Corte provvedeva a valutare la differente utilizzabilità processuale delle “prove documentali”, che non necessitano di autorizzazione alcuna da parte della autorità, e delle “intercettazioni” che per loro natura, essendo potenzialmente lesive anche della privacy, devono trovare idonea giustificazione ed autorizzazione dell’autorità
Ebbene la Corte ha affermato che le videoregistrazioni di un’area, anche se di proprietà privata, non recintata , aperta al pubblico passaggio non sono lesive della libertà morale delle persone coinvolte nelle stesse. Le videoregistrazioni, eseguite in tale ambito, non sono da considerarsi “intercettazioni” bensì prove documentali ex art. 234 c.p.p. per le quali non è necessaria alcuna autorizzazione ex art. 266 c.p.p.
La Corte dunque conferma la natura di prova documentale (producibile in giudizio) delle videoriprese effettuate per registrare un reato in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Ed invero colui che commette reato in luogo pubblico o aperto al pubblico rinuncia implicitamente alla propria riservatezza.
 

adminVideoregistrazioni e deposito rifiuti – Cassazione penale n. 2089/2010
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Tabella di confronto modifiche art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006

art. 59 D.Lgs. n. 152/1999come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 ss.m. Art. 137 comma 5come approvato  dalla Camera 2.2.2010
5. Chiunque, 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni .
Chiunque, 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.  Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila
Chiunque in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o. nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto,oppure i limti più restrittivi fissati dalle regioni  o dalle province autonome o all’Autorità competente a norma dell’articolo 107 comma 1 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila Euro a trentamila Euro Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila

 

adminTabella di confronto modifiche art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006
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