Chi paga i controlli sugli scarichi delle acque?

L’amministrazione è tenuta al pagamento dei costi dei controlli sugli scarichi
Consiglio di Stato n.  3354/2016
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


E’ illegittima la determina dirigenziale della Provincia  che addossa alla società che richiede l’autorizzazione anche i costi relativi ai controlli sugli scarichi delle acque reflue. I costi devono essere sostenuti dalla amministrazione (ARPAV) in quanto solo il legislatore con norma espressa può derogare a tale principio (come in materia di AIA art. 29 decies comma 3 Dlgs. 152/2006). Non bisogna confondere invero i costi a carico del richiedente relativi alla domanda di autorizzazione ex art. 124 Dlgs. 152/2006 e i costi successivi a tale domanda che invece spettano alla amministrazione; costi che non possono essere imposti con mera Determina Provinciale.

Scrive il Consiglio di Stato: “Né si ricavano deroghe a tale regola generale, ammesso che sia possibile introdurle nell’ordinamento con una fonte di grado inferiore, ….deve osservarsi che lo stesso Codice dell’Ambiente ha previsto un sistema di controlli preventivi, ex art. 124, finalizzati al rilascio dell’autorizzazione, stabilendo che le spese occorrenti per l’effettuazione dei rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari debbano essere sostenute dal richiedente-gestore, mentre i successivi artt. 128-132, stabilisce un sistema di controlli obbligatori successivi (ispezioni, prelievi, campionamenti) post-autorizzazione, necessari all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti di autorizzazione, che l’autorità competente deve effettuare in base ad una programmazione che ne garantisca la periodicità, la diffusione, l’imparzialità nonché l’effettività. Nessuna norma si occupa di controlli post autorizzazione provvisoria e funzionali alla conversione dell’autorizzazione provvisoria in autorizzazione definitiva, con la conseguenza che le richieste dell’Amministrazione appaiono prive di una base normativa certa, necessaria per poter traslare i costi di una funziona amministrativa di controllo sul soggetto privato, secondo il paradigma ricavabile dall’art. 23 Cost.

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Acque reflue, digestato, effluenti di allevamento: disciplina

Digestato, Acque reflue: utilizzazione agronomica
DECRETO 25 febbraio 2016 – Gazzetta Ufficiale 18.4.2016
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


IL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI ha pubblicato in gazzetta Ufficiale del 18.4.2016 il decreto che introduce norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonche’ per la produzione e l’utilizzazione agronomica del digestato.
(GU n.90 del 18-4-2016 – Suppl. Ordinario n. 9).
Il Decreto contiene molte novità…. Vai alla lettura del Decreto pubblicato

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Regione Veneto: Linee Guida art. 40 PTA 107/2009 – Acque

Acque: DGRV 225/2016 – linee Guida art. 40 PTA 107/2009
Tutela quantitativa acque sotterranee
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


L’art. 40 del PTA 107/2009 relativo alle azioni per la tutela quantitativa della acque sotterranee è stato corposamente modificato dalla DGRV 1534/2015.
La DGRV 225/2006 indica le linee guida a cui attenersi.
DGRV 225 del 3.3.2016: Linee Guida

adminRegione Veneto: Linee Guida art. 40 PTA 107/2009 – Acque
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Emissioni: Registro E-PRTR

Emissioni: Registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register)

Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di inquinanti

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente  -Cinzia Silvestri e Dario Giardi


 Il termine per la registrazione è scaduto al 30 aprile 2014.

Vale la pena ricordare la sanzione a tale inadempimento ed il senso di tale incombente anche alla luce dell’art. 30 Dlgs. 46/2014 che ha introdotto nuove indicazioni in merito .
Si precisa che per quanto riguarda i Gestori degli impianti soggetti al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) la presentazione della dichiarazione PRTR costituisce adempimento all’obbligo di presentazione della dichiarazione INES (i principali riferimenti normativi di quest’ultima sono l’art. 29-undecies del DLgs 152/2006 e s.m.i e il DM 23 novembre 2001).
E’ stato attivato il portale ISPRA per effettuare la dichiarazione dei dati 2013 ai sensi del Registro E-PRTR al link: http://www.dichiarazioneines.it/homepage.asp.

 La sanzione, introdotta quest’anno, prevista dall’articolo 30 (commi 3 e 4) del D.Lgs. 46/2014 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 52.000 per il gestore che omette di effettuare nei tempi previsti la comunicazione in oggetto ed una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 26.000 per il gestore che omette di rettificare eventuali inesattezze della comunicazione.


Si precisa:

L’articolo 5 del Regolamento (CE) n. 166/2006 (il cui link è il seguente http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:32006R0166) prevede che i gestori dei complessi industriali in cui si svolge una o più delle attività elencate all’allegato I allo stesso Regolamento (che si allega), al di sopra delle soglie di capacità ivi indicate, comunichino all’autorità competente, su base annuale, i quantitativi relativi agli eventi di seguito indicati, precisando se le informazioni sono il risultato di misurazioni, di calcoli o di stime:

a)    le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, ivi comprese quelle previste all’articolo 6 del Regolamento stesso, di ciascuna sostanza inquinante di cui all’allegato ll al citato Regolamento nel caso di quantitativo superiore al relativo valore di soglia ivi indicato;

b)    i trasferimenti fuori sito di rifiuti pericolosi per oltre 2 tonnellate l’anno o di rifiuti non pericolosi per oltre 2 000 tonnellate l’anno, per qualsiasi operazione di recupero e di smaltimento, indicando con la lettera «R» o «D» se si tratta di rifiuti destinati rispettivamente al recupero o allo smaltimento e, in relazione ai movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi, il nome e l’indirizzo del soggetto responsabile dello smaltimento o del recupero dei rifiuti e il sito effettivo di smaltimento o di recupero;

c)     i trasferimenti fuori sito, in acque reflue destinate al trattamento, di qualsiasi sostanza inquinante indicata nell’allegato ll al citato Regolamento per quantitativi superiori al valore di soglia di cui allo stesso allegato lI, colonna lb.

I predetti gestori comunicano all’autorità competente le informazioni per identificare il complesso in conformità a quanto stabilito all’allegato III del Regolamento(CE) n. 166/2006, a meno che le informazioni non siano già a disposizione dell’autorità competente.

Il Regolamento è direttamente applicabile all’interno degli Stati membri ai quali viene però lasciata potestà di intervenire sulla materia per la regolamentazione di specifiche fattispecie sempre nel “tracciato” disegnato dal regolamento europeo.

Il nostro Paese ha pubblicato il DPR n. 157/11 link: http://www.eper.sinanet.apat.it/site/_contentfiles/00000000/65_DPR_EPRTR_9.2011.pdf che disciplina le modalità di attuazione del Regolamento specificando:

a) l’individuazione delle autorita’ competenti;

b) gli obblighi dei gestori;

c) i contenuti della comunicazione;

d) la pubblicita’ dei dati e la sensibilizzazione del pubblico.

Nel DPR 157/11 vi sono una serie di allegati.

–       Allegato II (Linee Guida per la dichiarazione PRTR: ti fornisce tutte le informazioni utili per compilare la dichiarazione);

–       Appendici in cui vi sono le seguenti tabelle:

  • Tabella A.1. indica le attività PRTR che rientrano nel campo di applicazione (è uguale all’Allegato I del Regolamento n. 166/06);
  • Tabella A.2 riporta gli inquinanti e le soglie relative alle emissioni in aria, acqua e suolo;
  • Tabelle A.3 e A4 riportano rispettivamente le sottoliste specifiche per settore (quindi voi dovete guardare solo la vostra al punto 5 a) degli inquinanti in aria ed acqua che dovete censire per vedere se dovete o meno effettuare la dichiarazione.

Per comprendere se si rientra tra i soggetti obbligati alla dichiarazione:

1)   Controllate se la vostra attività rientra tra quelle obbligate alla dichiarazione. Risposta: Si’ rientra al punto 5.a. (Tabella A 1 dell’Appendice al DPR n. 157/11)

2)     Verificate nelle tabelle A3 e A4 le sottoliste degli inquinanti che dovete censire e cioè andate rispettivamente per la Tabella A3 relativa alla lista degli “inquinanti in aria” al punto 5 (pag 44 della GU) e per la Tabella A4 relativa alla lista degli “inquinanti in acqua” allo stesso punto 5 (pag. 52 della GU) e verificate in corrispondenza del pallino collocato tra ascisse e ordinate quale è l’inquinante che si deve censire;

3)    Per ciascun inquinante ritornate alla Tabella A.2 e verificate le soglie di emissione di quell’inquinante sia in aria sia in acqua che sul suolo. Se la misurazione, il calcolo o la stima (i 3 metodi di rilevazione consentiti) portano ad individuare un valore superiore ai valori soglia indicati nella tabella A 2 dovete dichiarare, altrimenti no.

 L’invio telematico della dichiarazione rappresenta la sola modalità di trasmissione dei dati: è quindi necessaria la firma elettronica per la trasmissione della dichiarazione.

 Le aziende soggette all’obbligo di dichiarazione potranno avvalersi della procedura accedendo all’area riservata del portale stesso. Le aziende che hanno  dichiarato almeno una volta nel corso degli anni precedenti risulteranno già accreditate per l’accesso all’area riservata (le credenziali sono le stesse che hanno usato nel corso degli anni precedenti, salvo diverse necessità); le aziende che dichiarano per la prima volta quest’anno  dovranno  invece necessariamente registrarsi sul portale per ottenere le credenziali di accesso e quindi poter utilizzare la procedura informatica.

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Acque di dilavamento e industriali: non sono assimilabili

Acque di dilavamento e industriali: non sono assimilabili
Cass. pen. Sez III 2867/2014  

A cura di Cinzia Silvestri– Studio Legale Ambiente


 

Il caso:
Sul piazzale asfaltato di uno stabilimento veniva stoccato del materiale (poltiglia, frammenti di carta, fanghiglia.. ). Le acque piovane (meteoriche di dilavamento) trascinavano i materiali stoccati trasformandosi in acque meteoriche contaminate, mescolandosi alle acque piovane e scaricando sul suolo a mezzo dei tombini.
 Ebbene secondo la sentenza poi impugnata …. (continua lettura articolo Acque dilavamento e industriali…)

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Acque/fanghi: DM Ambiente 15.1.2014

Acque/Fanghi: DM Ambiente del 15.1.2014
Modifiche al Dlgs. 152/2006
a cura di Studio Legale Ambiente


 

Il Ministero dell’Ambiente pubblica in Gazzetta Ufficiale del 10.2.2014 Decreto che modifica l’allegato IV, parte I della parte V del Dlgs. 152/2006. 

La parte V disciplina la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera.

In particolare l’art. 272 comma 1 si occupa degli “… gli impianti e le attivita’ con emissioni scarsamente rilevano  

agli effetti dell’inquinamento atmosferico”.

Ebbene l'allegato IV prevede, alla lettera p) della  parte  I,  tra gli impianti e le attivita' con emissioni scarsamente
rilevanti  agli effetti dell'inquinamento atmosferico, «gli impianti  di  trattamento acque, con esclusione delle linee di
trattamento fanghi»;
 Il DM a mezzo della modifica dell'allegato citato propone  le linee di trattamento dei fanghi derivanti dal trattamento
delle  acque  reflue che si  caratterizzano  per  la  presenza  di  emissioni  scarsamente rilevanti agli effetti
dell'inquinamento atmosferico;
  Si precisa che le linee di  trattamento  dei  fanghi  che  operano nell'ambito  di  impianti  di  trattamento  delle
acque  a  fini  di potabilizzazione  non  producono,  per  la  natura  stessa  di  tali attivita', emissioni in atmosfera,
con  la  conseguenza  che  non  e' necessario prevedere tali linee nell'allegato IV, parte I, alla parte quinta
decreto legislativo n. 152 del 2006;

DM Ambiente 15.1.2014

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Convegno – Riutilizzo delle Acque e dei Fanghi – MILANO

Convegno –  Riutilizzo Acque e Fanghi da impianti di depurazione
Milano – 20.2.2014
segnalazione a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


Studio Legale Ambiente è lieto di segnalare convegno di particolare interesse organizzato da GSISR.
Gruppo Scientifico Italiano Studi e Ricerche, associazione senza fini di lucro impegnata da più di trent’anni nell’attività di formazione e divulgazione tecnico-scientifica, organizza la giornata di studio “RIUTILIZZO DELLE ACQUE E DEI FANGHI PRODOTTI DA IMPIANTI DI DEPURAZIONE” il giorno Giovedì 20 febbraio 2014 a Milano presso il Doria Hotel viale Andrea Doria 22.
Questa giornata di studi vuole fare il punto sul riutilizzo delle acque depurate e dei fanghi a partire dalle normative per poi focalizzarsi sulle scelte tecnologico-gestionali e sugli aspetti energetici. Dopo una panoramica legislativa seguono una serie di interventi sulle esperienze dei gestori, criteri di ottimizzazione, recupero energetico e casi di studio di impianti di depurazione con riutilizzo delle acque e dei fanghi, e un importante aggiornamento sui progetti di ricerca a livello europeo. La giornata si completa con il punto di vista degli enti di controllo, e con la valutazione dell’impatto ambientale ed epidemiologico. Ampio spazio è riservato alla discussione. Si ringraziano tutti i relatori per aver reso possibile questa giornata con i loro importanti contributi.

adminConvegno – Riutilizzo delle Acque e dei Fanghi – MILANO
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Acque: modifica al Dlgs. 152/2006

Regolamento Ministero Ambiente n. 156/2013
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


 
Pubblicato in Gazz. uff. del 14. 1.2014  il regolamento del Ministero che integra l’allegato 3 della parte III del Dlgs. 152/2006.

Recita l'art. 1 del DM:
L'allegato 3 della parte terza del decreto legislativo 3  aprile
2006, n. 152  recante  «Norme  in  materia  ambientale»,  cosi'  come
modificato dal decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare  16  giugno  2008,  n.  131  al  punto  B.4  e'
integrato   con   il   punto   B.4.1,   rubricato   "Metodologia   di
identificazione e designazione dei corpi idrici fortemente modificati
e  artificiali  per  le  acque  fluviali   e   lacustri",   riportato
nell'allegato  1  al  presente  decreto  che  ne  costituisce   parte
integrante.

Decreto n. 156/2014

adminAcque: modifica al Dlgs. 152/2006
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Affidamento nei pareri della PA: quali conseguenze?

Affidamento nei pareri della P.A.: quali conseguenze?
Cass. pen. Sez. III n. 21918/2012
Art. 137 comma 1 Dlgs. 152/2006 – autorizzazione scarichi industriali

A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente

La sentenza evoca le infinite situazioni in cui un avvocato sente il proprio assistito rimandare a quello che l’amministrazione scrive, dice, afferma…. quasi fosse legge; e ciò crea affidamento.
L’amministrazione è punto di riferimento, ma anche fonte di sudditanza e di necessità burocratica .
La Cassazione nel caso in esame non ha dato alcuna importanza all’affidamento creato dalle considerazioni della Pubblica amministrazione, che ne esce indenne.
Paga invece le spese del suo incauto affidamento il gestore del lavaggio di auto, colpevole di non aver posto in dubbio le affermazioni dell’amministrazione.

In particolare.
Il gestore di un impianto di autolavaggio veniva condannato dal Tribunale ex art. 137 comma 1 Dlgs. 152/2006 per aver effettuato “ attività di lavaggio di autovetture in carenza della prescritta autorizzazione agli scarichi”
Accade che l’autolavaggio era munito di
a) una sola autorizzazione riferibile alle sole acque di dilavamento del piazzale dell’impianto derivante da precipitazioni meteoriche,
Non era munito come sarebbe stato necessario, attesa l’attività in concreto esercitata di autorizzazione
b) al conferimento in pubblica fognatura di acque reflue industriali o di altre acque a queste ultime comunque assimilate.
Era necessaria l’ autorizzazione allo scarico di acque reflue industriali.

Il Gestore invoca il comportamento della Pubblica amministrazione (che rispondeva a sua missiva interlocutoria) che aveva creato in lui il legittimo affidamento di non essere tenuto ad avere altra autorizzazione
L’amministrazione invero rispondeva “ non soggetta l’attività ad ulteriore e diversa autorizzazione rispetto a quella già rilasciata in precedenza…”.
La Corte invece imputa solo al gestore la colpa di non aver provveduto ad attivarsi in forza della sua professionalità e maggiore diligenza “ non potendo….. la necessità di un’ulteriore autorizzazione al conferimento in pubblica fognatura di acque reflue industriali o di altre acque a queste ultime ..assimilate sfuggire al ricorrente quale operatore del settore dell’autolavaggio”.

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Servizio Idrico: tariffa/restituzioni

Tariffa e Servizio Idrico
A cura di Cinzia Silvestri-Studio Legale Ambiente
Il referendum abrogativo dell’ art. 154 comma 1 Dlgs. 152/20016 del luglio 2011 ha sancito che il costo della remunerazione del capitale al gestore non può essere imposta all’utente finale.
. Il Consiglio di Stato con parere n. 267 del 26.1.2013 si è’ espresso con riguardo alle dovute restituzioni agli utenti delle somme versate in eccedenza con riferimento al servizio idrico.
Con delibera n. 38 l’Autorita’ per L’ energia ha disposto le modalità di restituzione ovvero i criteri, destinati agli Enti, per le restituzioni.
Delibera Autorità’ Energia n. 38/2013 pubblicata 1.2.2013

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Tariffa Servizio idrico integrato: modifiche L. 221/2012

Tariffa servizio Idrico: modifiche all’art. 154 comma 4 Dlgs. 152/2006
a cura di Studio Legale Ambiente
La Legge n. 221/2012 modifica l’art. 154 comma 4 Dlgs. 152/2006 e tiene nella dovuta considerazione il trasferimento delle funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici all’autorità per l’energia elettrica ed il gas (art. 21 comma 9 L. 241/11).E non solo.
Tariffa idrica STUDIO LEGALE AMBIENTE 2

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Delega ambientale: focus

Delega ambientale: Cassazione penale n. 39729/2009
 A cura di Cinzia Silvestri   – Studio legale Ambiente
Accade spesso di travisare la funzione, il contenuto (ed omettere la forma) della “delega ambientale”.
Spesso la dirigenza di un settore ritiene di essere, in forza della propria funzione, il responsabile, il delegato anche “ambientale”; soggetto idoneo dunque a rispondere o meno dell’evento.
La delega  di responsabilità in materia ambientale  è  “cosa seria” .
Si tende ancora a sovrapporre la delega e le funzioni proprie della materia sulla sicurezza (ormai patrimonio di tutti) con la delega in materia ambientale (non codificata).
Inutile suggerire di affrontare la questione separatamente, di tracciare per iscritto compiti e responsabilità trasferite … spesso si trova opposizione nelle stesse società che non capiscono per quale motivo devono “fare qualcosa in più” di quello che esiste già….
Delegare significa attribuire responsabilità che la legge individua in un certo soggetto (legale rappresentante, ad esempio) ad altro soggetto in forza di un atto volontario (contratto, delega).
Il contenuto, la forma di questo “conferimento” è sottoposto a rigido controllo proprio perché “trasferisce responsabilità” (la giurisprudenza ha cesellato il concetto nel tempo con numerose sentenze; vedi anche commento della sottoscritta all’art. 188 Dlgs. 152/2006, Codice dell’Ambiente, Giuffrè ed., 2008).
In materia ambientale la confusione è diffusa a tutti i livelli; difficile far comprendere la necessità di esplicitare nelle dovute forme la delega; quasi impossibile far comprendere che la delega in materia ambientale non coincide con quella in materia di sicurezza e che dunque necessita di precisa indicazione.

Ebbene, utile a comprendere la delicatezza del “trasferimento” di responsabilità è la sentenza della Cassazione penale n. 39729.

La sentenza della Cassazione non riconosce valore alla delega conferita in quanto la stessa non presenta i requisiti idonei per essere ritenuta riferibile alla …materia ambientale.
La Sentenza della Cassazione puntualizza in merito alla commissione del reato ex art. 59 comma 1 (oggi art. 137 Dlgs. 152/2006) da parte di 2 imputati in quanto avevano “effettuato, senza autorizzazione, scarichi di acque reflue industriali, prodotte dalla pulitura delle carrozze dei treni, nel sistema fognario esistente presso la stazione fognaria di (OMISSIS), e, riconosciute ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, li condannava alla pena di Euro 1.200,00 di ammenda ciascuno[1].
IL TRIBUNALE
Il Tribunale affrontava l’individuazione dei soggetti responsabili e  riteneva “…..irrilevante che l’attività di lavaggio competesse a Trenitalia, competendo a Rete Ferroviaria Italiane (RFI), società titolare delle strutture costituenti l’insediamento produttivo e quindi della rete fognaria, quantomeno un onere di controllo sull’osservanza della normativa antinquinamento….”.
Il Tribunale concludeva che “….In ordine alla ripartizione di competenze all’interno della RFI rilevava il Tribunale che dagli atti prodotti dalla stessa difesa emergeva che il compito di adeguare la rete fognaria della stazione di (OMISSIS) alla normativa in materia di scarichi era stata assunta dalla Direzione Compartimentale Infrastrutture di Palermo, al cui vertice vi era l’ing. B., il quale, inoltre, con atto in data 1.3.2002 aveva delegato l’ing. Ba. ad assicurare il rispetto della normativa in materia ambientale.
LA CASSAZIONE
“…Il Tribunale è pervenuto all’affermazione della penale responsabilità del Ba., ritenendo che la delega in data 1 marzo 2002 attribuiva al predetto di “assicurare il rispetto della normativa in materia di tutela ambientale, impartendo a tal fine le necessarie diposizioni e vigilando affinchè sia evitato che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno”, con “ampia autonomia di spesa nell’ambito del budget concordato”.
La Cassazione invero non concorda con l’affermazione del Tribunale che aveva riconosciuto validità alla delega e prosegue:
“…Dalla mera lettura dell’atto di delega risulta palesemente che il Tribunale ha ritenuto erroneamente che esso riguardasse la gestione degli scarichi fognari della stazione di (OMISSIS). La delega, infatti, riguardava la sola materia antinfortunistica. Già nella intestazione dell’atto si faceva riferimento al D.Lgs. n. 626 del 1994: “Il responsabile dell’unità produttiva Direzione compartimentale Infrastrutture Palermo (Datore di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994)”.
Anche con riferimento all’oggetto della delega veniva richiamato espressamente il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, lett. n), secondo cui il datore di lavoro o il suo delegato “prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno”.
Risulta evidente, quindi, che il riferimento al rispetto della normativa ambientale riguardava, comunque, le misure da adottare in sede di prevenzione antinfortunistica.
Il richiamo della normativa di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, sia nella intestazione che nel “contenuto” della delega, non può generare alcun equivoco o problema interpretativo.
Ritenere che la delega in questione riguardasse la gestione degli scarichi fognari della stazione di (OMISSIS) costituisce, pertanto, palese travisamento della prova.
L’atto di delega delegava al Ba. soltanto la materia antinfortunistica e non certo la gestione degli scarichi fognari.

[1] Rilevava il Tribunale che “dalle risultanze processuali emergeva in modo inequivocabile che i liquidi che confluivano nella “platea di lavaggio” derivavano dall’attività di pulitura delle motrici e delle carrozze dei treni e che gli stessi, attraverso la rete fognaria interna della stazione, confluivano nella fognatura senza che vi fosse alcun sistema di chiarificazione. Non poteva infatti ritenersi sufficiente che tali reflui, annoverabili tra gli scarichi da insediamento industriale, prima di essere immessi nella fognatura, passassero attraverso dei pozzetti (con profondità maggiore rispetto a quelli di entrata e di uscita), in quanto non era prevista alcuna attività di recupero periodica delle particelle più pesanti che andavano a depositarsi sul fondo dei pozzetti più vicini alla platea di lavaggio.
 
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Servizio idrico: pubblicato il regolamento

Regolamento: il Servizio idrico dopo l’abrogazione delle ATO
DPCM 20.12.2012, pubblicato Gazz. Uff. 3.10.2012>
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Pubblicato il DPCM che regolamenta la individuazione delle funzioni della Autorità’ E.E. e Gas e del Ministero ambiente in ordine al Servizio Idrico integrato; e ciò in attuazione della Legge 214/2011.
Si
rinvia alla lettura del testo con riserva di commento.

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Clini propone il PIANO CRESCITA AMBIENTALE

Il Ministro Clini propone il PIANO CRESCITA AMBIENTALE – il punto su Acque/rifiuti
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Il Ministro Clini ha pubblicato il proprio programma per lo sviluppo e la tutela ambientale.
Ovvero un PIANO CRESCITA, in 5 punti che sarà discusso dal GOVERNO.
La lettura e’ interessante e deve essere attenta perché segna i binari sui quali si svilupperanno forse i prossimi provvedimenti.
Si riporta testualmente il punto 5 che riguarda le ACQUE
“5. GESTIONE INTEGRATA DELLE RISORSE IDRICHE
Obiettivi
➢ Riduzione dei consumi di acqua;
➢ Bilanciamento tra i diversi usi ( industria, energia, agricoltura,alimentazione umana);
➢ Collettamento e depurazione delle acque reflue;
➢ Riuso delle acque depurate negli usi agricoli e industriali.
Misure
Adozione entro dicembre 2012 del Piano Nazionale per la Gestione Integrata delle Risorse Idriche in Italia, con l’indicazione delle misure per il raggiungimento degli obiettivi, e la definizione degli indicatori necessari per l’applicazione delle tariffe agli usi delle acque, anche ai fini della piena applicazione del DPCM adottato ai sensi della legge 214/2011.”
Si rinvia al testo pubblicato per la lettura degli altri punti.

adminClini propone il PIANO CRESCITA AMBIENTALE
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Servizio Idrico Integrato: Deliberazione 2/8/2012

Servizio Idrico Integrato: deliberazione 2/8/2012

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente
Deliberazione del 2/8/2012 della autorità per l’energia elettrica ed il Gas che impone ai gestori del servizio Idrico Integrato adempimenti già a partire dal 1/9/2012.
Definizione dei contenuti informativi e procedure di raccolta dati del Servizio Idrico Integrato costituisce ll’oggetto del provvedimento.
Si rinvia al testo

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Appalti, Acque, responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001

 Appalti, Acque e responsabilità amministrativa Società ex Dlgs. 231/2001
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo scarico di acque reflue industriali contenenti sostante pericolose ( tab. 5 e 3/A allegato 5) senza autorizzazione (art. 137 comma 2); la violazione tabellare (tab. 3/A) ex art. 137 comma 5 ); la violazione del divieto di scarico sul suolo (art. 103) e sottosuolo e acque sotteranee (art. 104) …
comportano sanzioni gravi per colui che commette il reato; sanzioni che si riflettono anche sulla Società che viene colpita ex Dlgs. 231/2001 non solo da pesanti saznzioni ma anche da misure interdittive che si riflettono di conseguenza anche sulla possibilità di accedere alle gare.
E’ utile ricordare dunque che il Dlgs. 163/2006 ss.m. all’art. 38 comma 1 lett. m) esclude la possibilità di partecipare alle gare pubbliche le società colpite da sanzione interdittiva di “divieto di contrarre con la P.A.”.
Recita invero la lettera m) dell’art. 38:
“..nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 ….”
L’art. 9 comma 2 del Dlgs. 231/2001 precisa invero che “… Le sanzioni interdittive sono:
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Il Dlgs. 121/2011, con vigenza dall’agosto del 2011, ha introdotto i reati ambientali come reati presupposto.
La lettura del combinato disposto di cui agli artt. 137 Dlgs. 152/2006, art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001, art. 38 comma 1 lett. m) Dlgs. 163/2001 porta a concludere la Società che veda il proprio dipendente/dirigente o altro subire con condanna il processo penale per i reati di cui ai commi 2,5,11 Dlgs. 152/2006 potrebbe trovarsi interdetta la strada di ammissione ai pubblici appalti qualora intervenga inderdizione a contrarre con la P.A..
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
Art. 25 undecies comma 7
art. 137 co. 2
 
dell’arresto da tre mesi a tre anni.
 
200 a 300 quote  
 
 
Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 6 mesi.
137 co. 5 secondo periodo l’arresto da sei mesi a tre anni
e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
200 a 300 quote
137 co. 11 l’arresto sino a tre anni. 200 a 300  quote

 

adminAppalti, Acque, responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001
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Corte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane

Corte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane
A cura di avv. Cinzia Silvestri
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione) 19 luglio 2012
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Articoli 3, 4 e 10 – Rete fognaria – Trattamento secondario o equivalente – Impianti di trattamento – Campioni rappresentativi» / causa C565/10,
LA Corte ricorda gli obblighi comunitari allo Stato italiano che risulta inadempiente e viene condannato alle spese.
La Corte prende in considerazione la situazione di molti agglomerati ( principalmente al sud) ma anche in Liguria, Veneto (Vicenza),Trieste (ed altri) non in regola con gli adempimenti imposti dalla direttiva 91/271/CEE.
Tra le righe della sentenza emergono riferimenti utili anche per quegli agglomerati non nominati dalla sentenza; riferimenti dimenticati anche dalle nostre amministrazioni.
Di particolare interesse e’ l’inciso delle Corte ai doveri di progettazione e costruzione di impianti che tengano conto dei diversi flussi turistici estivi e delle maggiori portate conseguenti; nonché il rilievo al numero dei campionamenti annuo, alle variazioni climatiche ecc…
CONTESTO NORMATIVO
La Corte definisce prima il Contesto normativo utile ad inquadrare la contestazione:
“…..2        A termini dell’articolo 1, primo comma, della direttiva 91/271, quest’ultima concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali. Ai sensi del secondo comma del citato articolo 1, tale direttiva ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue.
3        L’articolo 3 della direttiva 91/271 dispone quanto segue:
«1.      Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane,
–        entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15 000
(…)
Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale.
2.      Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono soddisfare i requisiti pertinenti dell’allegato I, sezione A. (…)».
4        L’articolo 4 di tale direttiva prevede quanto segue:
«1.      Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, secondo le seguenti modalità:
–        al più tardi entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15 000 a.e.
(…)
3.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti ai paragrafi 1 e 2 devono soddisfare i requisiti pertinenti previsti all’allegato I, sezione B. (…)
4.      Il carico espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo in ingresso all’impianto di trattamento nel corso dell’anno escludendo situazioni inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti».
5        Ai sensi dell’articolo 10 della citata direttiva:
«Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. La progettazione degli impianti deve tenere conto delle variazioni stagionali di carico».
6        L’allegato I della direttiva 91/271, intitolato «Requisiti relativi alle acque reflue urbane», prevede, alla sezione A, le prescrizioni che devono essere seguite per le reti fognarie e, alla sezione B, quelle applicabili agli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ed immessi in acque recipienti. Tra queste ultime figura quella in base alla quale la progettazione o la modifica di detti impianti va effettuata in modo da poter prelevare campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati, prima del loro scarico nelle acque recipienti. Per quanto riguarda gli impianti di trattamento la cui dimensione corrisponde a un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10 000 e 49 999, la sezione D del suddetto allegato I fissa a 12 il numero minimo annuo di campioni da raccogliere ad intervalli regolari nel corso dell’anno.
GIUDIZIO DELLA CORTE
1) La Corte condanna l’Italia per non aver adempiuto agli obblighi di collettamento fognario entro il termine imposto dalla comunità europea ovvero il 31 dicembre 2000 ovvero in violazione dell’ art. 3 Direttiva 91/271.
“…. Sull’addebito relativo a una violazione dell’articolo 3 della direttiva 91/271…
21      Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, primo trattino, della direttiva 91/271, gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 avrebbero dovuto essere provvisti di reti fognarie per le loro acque reflue urbane entro il 31 dicembre 2000…..
….24      Orbene, come riconosciuto dalla stessa Repubblica italiana, occorre rilevare che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, gli agglomerati di ………non erano provvisti di reti fognarie idonee a raccogliere e convogliare la totalità delle loro acque reflue urbane.
25      Relativamente agli agglomerati di…….., i lavori diretti a dotare detti agglomerati di reti fognarie per le loro acque reflue urbane non erano ultimati.
26      Dalle medesime indicazioni risulta altresì che, ……la raccolta di tutte le acque reflue urbane degli agglomerati di……non era garantita……
30      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che gli agglomerati di……….), aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271, siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 3 della citata direttiva.
TRATTAMENTO SECONDARIO
La corte condanna l’Italia per la violazione  dell’ 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271 che prevede che, negli agglomerati con oltre 15 000 a.e., la totalità delle acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie devono, prima dello scarico, essere sottoposte ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, al più tardi entro il 31 dicembre 2000.
prosegue la sentenza:
“…32      Inoltre, a termini del citato articolo 4, paragrafo 3, tale trattamento secondario o tale trattamento equivalente deve essere garantito mediante impianti di trattamento i cui scarichi soddisfino i requisiti dell’allegato I, sezione B, della direttiva 91/271.
33      Si deve osservare che la Repubblica italiana non contesta che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, l’obbligo di sottoporre le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271, non era rispettato negli agglomerati di …..
34      Per quanto attiene agli agglomerati di…….), è sufficiente constatare che, dal momento che tali agglomerati non erano provvisti di reti fognarie idonee a raccogliere e convogliare la totalità delle loro acque reflue urbane, l’obbligo di sottoporre tutti gli scarichi ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271, non era dunque a fortiori adempiuto (sentenze del 25 ottobre 2007, Commissione/Grecia, C440/06, punto 25, e del 7 maggio 2009, Commissione/Portogallo, C530/07, punto 55).
35      Inoltre, dalle indicazioni fornite dalla Repubblica italiana risulta che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, gli impianti di trattamento degli agglomerati di ……i quali, conformemente all’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva 91/271, sono diretti ad assicurare il trattamento secondario o il trattamento equivalente della totalità delle acque urbane che confluiscono nelle reti fognarie e a garantire che gli scarichi da essi provenienti soddisfino i requisiti di cui alla sezione B dell’allegato I della medesima direttiva, non erano in funzione.
Numero di campioni annuo
Di particolare interesse la statuizione della corte in merito al numero dei campioni annuo . Campionamento precisato dal legislatore comunitario ed anche italiano e costantemente disatteso anche dalle nostre amministrazioni. L’omissione del campionamento annuo comporta la impossibilita di valutare la conformità del campionamento.
“….36      Con riguardo all’agglomerato di Campobasso 1 (Molise), occorre ricordare che, se è vero che la Commissione, nella memoria di replica, ha ritenuto che non fosse più necessario chiedere la dichiarazione dell’inadempimento dell’articolo 3 della direttiva 91/271, essa ha tuttavia mantenuto il suo addebito relativo a una violazione dell’articolo 4 della medesima direttiva, asserendo che, stando al controricorso della Repubblica italiana e agli allegati allo stesso, il numero annuo di campioni prelevati non corrispondeva al minimo previsto all’allegato I, sezione D, della citata direttiva.
37      Orbene, poiché la Repubblica italiana ha prodotto,….., il numero minimo di campioni che devono essere prelevati ad intervalli regolari nel corso dell’anno, conformemente al suddetto allegato I, sezione D, non occorre dichiarare l’inadempimento dell’articolo 4 della direttiva 91/271 con riguardo al suddetto agglomerato.
38      Per contro, gli scarichi provenienti dall’impianto di trattamento dell’agglomerato di Casarano (Puglia) non possono essere ritenuti conformi al citato articolo 4 a causa dell’insufficiente numero di campioni prelevati. Infatti, la Repubblica italiana non ha fornito alcun campione per il 2009 e il 2010. Inoltre, come precisato da tale Stato membro nel controricorso, l’impianto in parola è entrato in esercizio in una data posteriore a quella della scadenza del termine fissato nel parere motivato.
39      Lo stesso dicasi per gli scarichi provenienti dall’impianto di trattamento dell’agglomerato di Menfi (Sicilia), poiché la Repubblica italiana non ha prodotto campioni relativi a tali scarichi per il 2009.
40      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che, negli agglomerati…….. aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della citata direttiva.
PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE
Sull’addebito relativo a una violazione dell’articolo 10 della direttiva 91/271
…41      Si deve ricordare che l’articolo 10 della direttiva 91/271 prevede che la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 47 debbano essere condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e tenendo conto delle variazioni stagionali di carico.
42      Ne consegue che il rispetto dell’obbligo sancito dal citato articolo 10 presuppone in particolare che siano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 4 della direttiva 91/271.
43      Pertanto, il suddetto obbligo non può considerarsi assolto negli agglomerati in cui il trattamento secondario o il trattamento equivalente della totalità delle acque urbane che confluiscono nelle reti fognarie non è garantito mediante impianti di trattamento i cui scarichi soddisfino i requisiti di cui all’allegato I, sezione B, della direttiva 91/271.
44      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 47 della direttiva 91/271 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e affinché la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico negli agglomerati, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 10 della direttiva 91/271.

adminCorte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane
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ACQUE: Regione Veneto e Piano Tutela/DGRV 842/2012

Acque: DGRV n. 842/2012 – PTA 2009/Regione Veneto
 Revisione e chiarimenti del PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE  del 2009


A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
La Giunta della Regione del Veneto ha emanato la delibera n. 842 del 15.5.2012 con cui sono state in parte modificate le Norme Tecniche di attuazione del Piano di Tutela delle Acque 2009 (DCRV 107/2009).
La delibera, pubblicata in BURV 43 del 5.6.2012, è emanata ai sensi dell’art. 4 NTA del PTA, che conferisce alla Giunta il potere di modificare con propria delibera le NTA per il raggiungimento degli obiettivi di qualità fissati per i corpi idrici, tenuto conto della mutata disciplina statale in materia di tutela idrica e alle osservazioni pervenute nel corso del biennio di vigenza del Piano di Tutela delle Acque.
Si ricorda che nel 2011 si sono susseguite ben 4 DGRV che hanno interessato la lettura del PTA del 2009, in particolare
1)   DGRV 80 del 27.4.2011(cosidette linee guida)
2)   DGRV 145 del 15.2.2011
3)   DGRV 1580 del 4.10.2011
4)   DGRV 141/CR del 13.12.2011
La DGRV 842/2012  specifica il suo intento:
In particolare, in ragione di alcune difficoltà emerse dall’applicazione pratica di talune disposizioni del Piano che comportano la necessità di adeguamenti impiantistici, con conseguente dimostrata insostenibilità economica, è emersa l’esigenza di modificare alcune disposizioni del PTA.
Inoltre, l’entrata in vigore di nuovi decreti a livello nazionale che modificano i criteri di classificazione delle acque, sia per quanto riguarda il loro stato ambientale che la qualità per specifica destinazione, rende necessaria l’aggiornamento dei relativi articoli delle NTA in recepimento delle nuove normative nazionali. Le principali novità hanno riguardato la classificazione dello stato ecologico ed ambientale delle acque, la designazione e il monitoraggio delle acque utilizzate per l’estrazione di acqua da destinare al consumo umano, il monitoraggio e la classificazione delle acque destinate alla balneazione.
Infine, si coglie l’occasione per correggere alcune sviste ed errori materiali occorsi nella stesura del Piano approvato”.
Il PTA (come revisionato dalla DGRV 842/2012) precisa:
1) modifica la definizione di
– acque reflue industriali (art. 6), intervenendo sulla disciplina dello scarico in Pubblica fognatura (art. 38)
– acque reflue assimilabili alle acque reflue domestiche (art. 34);
– acque di dilavamento e di prima pioggia (artt. 6 e 39 );
2) adegua il Piano di Tutela delle Acque alla mutata disciplina statale in tema di:
– acque potabili e a specifica destinazione (art. 9)
– sostanze pericolose: standard e limiti tabellari (art. 10 e tabella 1 allegato A).
Un esempio:
 

PTA 2009 DGRV 842/2012 (allegato A3)
Art. 6 lett. h) : Acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e, in generale, dalle acque meteoriche di dilavamento; sono riconducibili alle acque reflue industriali anche le acque meteoriche di dilavamento che dilavano superfici ove di sia la presenza di depositi di rifiuti, materie prime, prodotti non protetti dall’azione degli agenti atmosferici, oppure in cui avvengano lavorazioni, comprese operazioni di carico e scarico, o ricorrano altre circostanze, che comportino la possibilità di dilavamento di sostanze pericolose o comunque di sostanze in grado di determinare effettivi pregiudizi ambientali. Art. 6 lett. h): Acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e, in generale, dalle acque meteoriche di dilavamento.

 
 

adminACQUE: Regione Veneto e Piano Tutela/DGRV 842/2012
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ATO, Servizio idrico integrato: L.R.V. n. 17/2012

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO – REGIONE DEL VENETO
ATO, Consigli di Bacino, affidamento a terzi e competenze nella L.R.Veneto n. 17/2012


A cura di avv. Cinzia Silvestri
La Regione del Veneto ha promulgato la L. 17 del 27.4.2012, in BURV 35 del 4.5.2012, vigente dal 5.5.2012, disciplinando il servizio idrico integrato, come delegata dall’art. 2 comma 186 bis L. Finanziaria 2011.
In particolare la Regione individua gli ambiti territoriali ottimali, riprendendo e mantenendo inalterata la classificazione già operata con LRV. 27.3.1998, n.5 e ripresa nel PTA 2009 (art. 2).
La L. 17/2012 prevede che le funzioni amministrative di programmazione e controllo del servizio idrico verranno affidate a Consigli di Bacino(art. 1 co.4), i quali subentreranno in tutte le obbligazioni attive e passive delle AATO, assorbendo il personale in servizio presso le medesime (art. 13 comma 6).
I Consigli di Bacino sono persone giuridiche di diritto pubblico costituiti da accordi sottoscritti da Comuni appartenenti al medesimo ambito territoriale (art.3 comma 2).
Tali accordi dovranno essere conformi allo schema di convenzione per la cooperazione che la Giunta Regionale Veneto ha l’onere di elaborare entro il 4 giugno 2012 (30 gg dal 5.5.2012 – art. 12).
I Consigli di Bacino non possono gestire il servizio idrico integrato (art. 8 comma 2), che dunque dovrà essere conferito a soggetti terzi.
I Consigli di Bacino saranno composti da:
– assemblea, i cui membri saranno i Sindaci o gli assessori delegati dei Comuni;
– presidente: rappresentante legale del Consiglio di Bacino, eletto dall’assemblea tra i relativi partecipanti;
– comitato istituzionale: 3 membri scelti ed eletti tra i componenti dell’assemblea e presieduto dal presidente;
– direttore: nominato dall’assemblea da un elenco di dipendenti della Regione o degli enti strumentali ad essa, redatto dalla Giunta Regionale;
– revisore legale, anch’esso nominato dall’assemblea.
La L. 17/2012 non disciplina le modalità di affidamento della gestione, ma precisa che entro il 4 luglio 2012 la Giunta Regionale dovrà redigere lo schema di convenzione regolante i rapporti tra il Consiglio di Bacino e i gestori a cui è affidato il servizio idrico (art. 12).
Muta la determinazione della Tariffa del SII, che verrà calcolata (art. 7 comma 4) in base a:
-fascia territoriale;
– tipologia di utenza;
– scaglione di reddito;
– fasce progressive di consumo.
I Consigli di Bacino dovranno altresì destinare una quota di investimento non inferiore al 3% degli effettivi introiti dell’anno precedente alle comunità montane e, in subordine, ai comuni interessati, per la realizzazione di specifici interventi a tutela dell’assetto idrogeologico, difesa delle acque potabili e la alimentazione dei sistemi di acquedotto (art. 7 comma 5)
Sono inoltre istituiti:
A) il Coordinamento dei Consigli di Bacino (art. 5) composto da
– Presidente Giunta Regionale o assessore delegato
– presidenti dei Consigli di Bacino o loro delegati
con funzioni di vigilanza e monitoraggio dell’attività dei Consigli di Bacino.
B) il Comitato consultivo degli utenti (art. 9), con funzioni di controllo sulle scelte gestionali e pianificatorie del SII.
La terzietà e l’effettiva vigilanza di tale comitato è tuttavia dubbia: il comitato degli utenti è infatti istituito dai Consigli di Bacino, i quali ne garantiscono la partecipazione all’elaborazione della carta di servizio pubblico …i controllati dunque istituiscono i controllori, minandone l’autonomia.
La Giunta Regionale del Veneto è tenuta entro il 4 luglio (60 gg dalla pubblicazione – art. 12) all’adozione di direttive per la costituzione dei comitati consultivi.
Fintanto che i Consigli di Bacino non verranno costituiti il Presidente della Giunta nominerà dei commissari straordinari (pur non essendo esplicito il rinvio si ritiene valevole la DGRV 2413 del 29.12.2011 in BUR 9 del 27.1.2012) e rimarranno vigenti le concessioni, i contratti, i piani d’ambito e gli atti ad essa relativi per la gestione del SII.

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Acque: violazione tabellare

Acque: fermo dell’impianto e campionamento
Sentenza Tar Napoli 13 febbraio 2012, n. 746 – Violazioni tabellari e accertamento.
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
La sentenza ha il pregio di precisare e porre limite agli accertamenti finalizzati alla contestazione di violazioni tabellari degli scarichi.
La Corte collega il “diritto” alla “realtà” operativa degli impianti di depurazione.
L’accertamento,che rileva violazione di limiti tabellari, deve essere considerato alla luce della operatività del sistema di depurazione; sistema mai perfetto, soggetto a variabili spesso imponderabili.
Ecco, dunque, che l’accertamento eseguito subito dopo un periodo di fermo dell’impianto  non concreta, necessariamente, sanzione per la violazione tabellare.
Emerge il concetto che il campionamento deve essere “rappresentativo” della normale gestione dell’impianto e dunque qualsiasi accadimento fisiologico o tecnico, purchè proprio della vita dell’impianto, mina la  attendibilità  del campionamento stesso.
In particolare la sentenza ha anche il pregio, ormai raro, di avere chiarezza espositiva che permette la semplice parafrasi:
 
Ordinanza sindacale: divieto
Con ricorso una societa’ esercente nel proprio stabilimento  attività di produzione di carta per uso igienico e sanitario, impugnava, l’ordinanza con il quale il Comune  in base al rapporto di prova per il quale “le analisi eseguite hanno evidenziato il superamento del limite fissato dall’atto autorizzativo per i parametri, solidi sospesi totali, BOD e COD”, respingeva l’istanza di revoca inoltrata dalla s.r.l.”, reiterando a carico di quest’ultima l’ordine sindacale  recante, divieto di immettere acque reflue provenienti dallo stabilimento nel Rio, fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti.
 
La societa’ rappresentava:
— di essere munita dell’autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, civili e meteoriche provenienti dalla rete fognaria dell’opificio con immissione nel fosso stradale adiacente lo stabilimento e confluente nel Rio Pantano,
— nella giornata del campionamento, al momento della riapertura dell’azienda dopo la pausa delle festività di fine anno, i funzionari dell’ ARPAC in occasione di un sopralluogo nell’impianto al fine di verificare la regolarità degli scarichi, dai risultati delle analisi effettuate sui campioni di acqua prelevati, rilevavano che le acque provenienti dall’impianto contenevano una quantità di solidi sospesi totali, di COD e di BOS 5 superiori ai limiti normativamente previsti;
— in virtù di tale accertamento, nonostante le indicate irregolarità fossero riconducibili alla normale sedimentazione del materiale fibroso creatasi nella conduttura finale dello scarico per effetto del protratto inutilizzo nella giornate di chiusura festiva, l’Asl proponeva al sindaco di vietare alla società l’immissione delle acque reflue nel vicino fosso stradale confluente nel Rio Pantano;
—il Sindaco, con ordinanza, ingiungeva alla ricorrente di interrompere ad horas lo scarico delle acque reflue fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti;
— la società, chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione in quanto le criticità accertate all’atto del sopralluogo erano state determinate unicamente dalla chiusura dell’impianto per effetto del protratto inutilizzo delle giornate di chiusura festiva e dalla conseguente normale sedimentazione di materiale fibroso nelle tubature, essendo, viceversa lo scarico assolutamente regolare nei periodi attività, come dimostrato dalle analisi mensili puntualmente trasmesse alla Provincia;
—   in attesa della determinazione in autotutela del Comune, la  Srl si conformava al divieto di scarico
—   al fine di non interrompere la produzione, entrava in gestione di riutilizzo di acque a ciclo chiuso,
—   l’Arpac, nel corso della rinnovata istruttoria, effettuava un nuovo sopralluogo ed, anche al momento di tale ispezione lo scarico non era attivo, in ottemperanza all’ordinanza sindacale ed a causa di tale circostanza, verbalizzata dagli stessi funzionari, le analisi dei prelievi effettuati evidenziavano il superamento del limite relativo ai solidi sospesi totali (non più anche dei BOD 5 e dei COD), superamento provocato, come nel caso precedente, dalle fibre cellulosiche depositatesi lungo la conduttura di scarico durante il periodo i fermo forzoso.
 
In questo quadro di riferimento la Corte accoglie il ricorso della società rilevando:
 
La Corte “… in relazione ai due sopralluoghi effettuati, ….. ed a seguito dei quali sarebbe stato imposta l’interruzione dello scarico delle acque reflue provenienti dall’impianto, dubita dell’attendibilità delle risultanze istruttorie in quanto le attività ispettive e di prelievi di campioni sarebbero state effettuate dall’Arpac, in entrambe le circostanze, in un momento straordinario, ossia all’atto della riapertura dell’impianto dopo giorni di chiusura…”
La società nel corso del processo produceva perizia “…..da cui emergerebbe che, nel periodo di fermo si formerebbero delle “naturali incrostazioni lungo le tubazioni di scarico (prevalentemente fibre di cellulosa)” che verrebbero trascinate via al momento della riattivazione dello scarico, terminando una iniziale torbidità dell’acqua; viceversa con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, le emissioni rispetterebbero tutti i limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006, come sarebbe dimostrato dagli esiti delle analisi mensili (versate in atti) che la ditta trasmetterebbe alla Provincia di Napoli.
La tesi prospettata dalla difesa tecnica del ricorrente suppone, all’evidenza, che l’inconveniente segnalato consistente nel superamento del COD e del BOD5, sia in occasione delle analisi effettuate in occasione del sopralluogo ……..sarebbero compatibili con il fermo dello stabilimento e con la connessa sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna, mentre non dovrebbero registrarsi in occasione del funzionamento dell’impianto a regime.
 
Seguiva istruttoria e l’articolazione delle difese e si giungeva alla conclusione che “ ….
le criticità accertate nei precedenti sopralluoghi (eccedenza di solidi sospesi, BOD e COD5) dipendevano unicamente dall’inutilizzo dello scarico nei periodi di fermo e dalla conseguente sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna.
Viceversa, con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, è stato verificato che le emissioni rispettano i relativi limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006…”
Ed ancora la Corte precisa ”…..Invero all’esito del riesame dei campioni analizzati è stata data prova che il quadro istruttorio posto a base del provvedimento impugnato è, in realtà, incompleto e non esaustivo in quanto il superamento dei parametri relativi ai solidi sospesi, al BOD e al COD5 (ossia le specifiche ed uniche contestazioni mosse in sede procedimentale) non si verifica con il funzionamento dello scarico a pieno regime….”
 

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Il Ministro Clini scrive….

Il Ministro Clini scrive alle Regioni.
Segnalazione da Studio Legale Ambiente.
Sul sito del ministero dell’ambiente e’ pubblicata lettera del Ministro Clini; lettera d’ intenti sulla necessita’ di dare riordino alla gestione del servizio idrico ed in seguito a quanto espresso dalla Corte Costituzionale n. 26/2011.

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Acque industriali: DPR n. 227/2011

DPR n. 227/2011 – Acque industriali (2)
Semplificazione / RINNOVO AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
Studio Legale Ambiente ha già pubblicato in questo sito breve commento all’art. 4 DPR n. 227/2011 in materia di Rumore (inquinamento acustico).
 
Utile concentrare l’attenzione sulle disposizioni del Regolamento (art. 3) che si occupano di Acque e della forma semplificata di rinnovo della autorizzazione.
Giova ribadire che le semplificazioni contenute nel DPR sono indirizzate solo alle micro/piccole/medie imprese (PMI).
 
ESCLUSIONI
Il Regolamento offre, invero, modalità “semplificata” di rinnovo della autorizzazione ma precisa la esclusione e dunque la non applicazione:
1) “per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’art. 108 Dlgs. 152/2006” (cfr. comma 2 art. 3 DPR)
2) se si sono verificate modificazioni rispetto ai presupposti della autorizzazione già concessa (art. 3 comma 1)
3) se si tratta di acque reflue urbane
TERMINE DI 6 MESI
L’art. 124 comma comma 8 prevede che il rinnovo della autorizzazione debba essere richiesto 1 anno prima della scadenza.
Il DPR art. 3 prevede invece il termine di 6 mesi .
La lettura dell’art. 3 sembra indicare che
–       in caso di acque reflue industriali (e non quelle urbane)
–       se non ci sono modifiche sostanziali rispetto alla precedente autorizzazione
–       il termine per chiedere il rinnovo è di 6 mesi anziché 1 anno.
 
La modifica del termine a mezzo di Regolamento lascia perplessi stante anche la importanza delle conseguenze alla omissione.
In merito alla forza del Regolamento, con riferimento al problema della gerarchia delle fonti, si riporta il testo dell’articolo 17, comma 2,  della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attivita’  di Governo e ordinamento della Presidenza  del  Consiglio  dei Ministri… : « 2. – Con decreto  del  Presidente  della  Repubblica, ….sono  emanati   i  regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione,  per le  quali   le   leggi   della   Repubblica,   autorizzando l’esercizio  della  potesta’  regolamentare  del   Governo, determinano le norme generali regolatrici della  materia  e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti,  con  effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.».
 
ISTANZA/DICHIARAZIONE – responsablità
Ai fini della autorizzazione il titolare dello scarico presenta all’autorità competente istanza corredata da dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 che attesti che sono rimaste immutate:
 
a) le caratteristiche quali e quantitative dello scarico (volume, massa, sostanze caricate ecc..)
b) le caratteristiche del ciclo produttivo
c) tipologia e quantità di sostanze impiegate nel ciclo produttivo
d) impianti aziendali di trattamento
e) localizzazione dello scarico
 
La semplificazione si attua, dunque, come per il rumore, spostando la responsabilità in capo al dichiarante tramite dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà inviato esclusivamente per via telematica (come specificato dall’art. 5 DPR 227/2011).
Le falsità in atti e le dichiarazioni mendaci sono soggette a responsabilità penale come indicato all’art. 76 del DPR 445/2000 (al quale si giunge solo dopo il percorso che parte dall’art. 3 DR 227/2011 – art. 47  e poi 48 e poi 76 DPR 445/2000).
Forse le norme di semplificazione che rimandano alle dichiarazioni in sostituzione all’atto di notorietà dovrebbero richiamare espressamente le conseguenze e le responsbilità che conseguono a dichiarazioni mendaci ,come recita l’art. 76 DPR 445/2000 (richiamato dall’art. 48).
Utile ricordare il testo dell’art. 47 fonte di responsabilità:

Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà
1. L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38.
2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva
L’art. 48 precisa che
” Le dichiarazioni sostitutive hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono.
2. Le singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facoltà di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate. Il modulo contiene anche l’informativa di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 1996, n. 675.
L’ art. 76 precisa che: 
Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
2. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.
3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’ articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.
4. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

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