ANAC e contenzioso Appalti Pubblici

ANAC: deflazione del contenzioso amministrativo in materia di appalti pubblici
 Determina dell’8 gennaio 2015: Criteri interpretativi
 A cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 28.1.2015 la Determina dell’ANAC – Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma 1-ter del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di codice degli appalti – che pone i criteri interpretativi sorti dalla modifica degli artt. 46 e 38 del Codice Appalti.
La Determina riporta con chiarezza, nelle premesse, l’intento di chiarire la portata degli articoli 38 e 46 del Codice appalti e la finalità di precisare il significato dei termini, mancanza, incompletezza ed irregolarità delle dichiarazioni rese in sede di gara al fine di ridurre il contenzioso amministrativo.
Si parla infatti di “soccorso istruttorio”….continua lettura articolo  “DETERMINA ANAC
   Leggi determina ANAC 8.1.2015 documento 
 

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Corruzione/Anac: arrivano i controlli OIV

Corruzione e trasparenza/ANAC: arrivano i controlli dell’OIV

DELIBERA 3 dicembre 2014 n. 148 – ANAC
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


E' stata pubblicata in Gazzetta ufficiale del 8.1.2015 la delibera ANAC n. 148/2014 relativa alle
"Attestazioni   OIV,    o    strutture    con    funzioni    analoghe, sull'assolvimento degli
obblighi di pubblicazione per l'anno 2014  da parte delle pubbliche amministrazioni
e  attivita'  di vigilanza  e controllo dell'Autorita'.
L'organismo di Vigilanza coadiuvato dal Responsabile per la trasparenza
provvede a controllare il rispetto degli obblighi di pubblicazione e
trasparenza finalizzati alla lotta contro la corruzione; e ciò con
riferimento all'anno 2014.
Delibera ANAC 148

 

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ANAC: Manuale appalti di importo superiore a 150.000 euro

Manuale sulla qualificazione esecuzione lavori pubblici di importo superiore a 150mila euro.
Pubblicata in Gazzetta Uff. del 28.10.2014
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Dopo aver pubblicato il “bando di gara tipo”  nella gazzetta ufficiale del 22.10.2014, sul sito dell’Autorità Nazionale Anticorruzione è pubblicato il Manuale relativo ai lavori superiori a 150mila euro vigente dal 29.10.2014
” Al fine di fornire agli operatori del mercato indicazioni aggiornate e puntuali in materia di attivita’ di qualificazione, e’
stato pubblicato sul sito istituzionale dell’Autorita’ Nazionale Anticorruzione il Manuale sulla attivita’ di qualificazione per
l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro, che aggiorna, integra e razionalizza circa 300 atti tra
Determinazioni, Comunicati e Deliberazioni – emanati negli ultimi 15 anni, dal 1999 ad oggi, dall’Autorita’.
Il Manuale individua, per la prima volta, criteri rigorosi per l’utilizzo delle cessioni di rami di azienda ai fini del rilascio
dell’attestato di qualificazione; fornisce elementi dettagliati e stringenti per la valutazione dei lavori privati; introduce verifiche
piu’ puntuali ai fini dell’accertamento dell’indipendenza di giudizio delle SOA e della vigilanza sulla loro attivita’.
Il Manuale diventa efficace a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione del presente Comunicato nella Gazzetta Ufficiale, sostituendo gli atti dell’Autorita’ citati in calce ai capitoli.
 Vai  alla lettura del Manuale lavori superiori 150mila 

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Corruzione: Regolamento ANAC sul potere sanzionatorio

Corruzione: Regolamento ANAC del 9.9.2014
Vietati i provvedimenti ricognitivi o meramente riproduttivi delle P.A.
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7.10.2014 il Regolamento dell’

AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE (ANAC) ovvero la DELIBERA 9 settembre 2014 in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorita’ nazionale anticorruzione per l’omessa adozione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, dei Programmi triennali di trasparenza, dei Codici di comportamento.

 L’Autorita’ nazionale anticorruzione applica una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1000 e non superiore nel massimo a euro 10.000, nel caso in cui il soggetto ometta l’adozione del Piano triennale di prevenzione della corruzione, del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità’ o dei Codici di comportamento;
E’ sorta dunque la necessità  di disciplinare l’attuazione delle disposizioni di legge sullo svolgimento dei compiti demandati all’Autorita’ nazionale anticorruzione in materia di applicazione delle sanzioni amministrative ; e ciò anche in considerazione
del fatto che ciascuna amministrazione entro il 31 gennaio di ogni anno adotta il Piano triennale di prevenzione della corruzione;
“..Visto il paragrafo 3.1.1. del Piano nazionale anticorruzione, con il quale sono specificati i contenuti minimi dei Piani triennali di prevenzione della corruzione e sono fornite indicazioni in ordine all’integrazione tra i predetti Piani e i modelli di organizzazione e gestione previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
Visto l’art. 10 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, secondo il quale ogni amministrazione adotta il Programma triennale per la trasparenza e l’integrita’, da aggiornare annualmente;
Vista la delibera n. 50/2013, con la quale sono specificati i contenuti del Programma triennale per la trasparenza e l’integrita’ e sono fornite indicazioni per l’aggiornamento del Programma 2014-2016;
Visto l’art. 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dall’art. 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, secondo il quale ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio Codice di comportamento che integra e specifica il Codice di
comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni definito dal Governo ed approvato con decreto del Presidente della Repubblica;

Delibera
il seguente regolamento…. :
in particolare recita l’art. 1 :
g) «Omessa adozione», la mancata adozione della deliberazione dell’organo competente che approva i Provvedimenti.

Equivale a omessa adozione:

a) l’approvazione di un provvedimento puramente ricognitivo di misure, in materia di anticorruzione, in materia di adempimento degli obblighi di pubblicita’ ovvero in materia di Codice di comportamento di amministrazione;

b) l’approvazione di un provvedimento il cui contenuto riproduca in modo integrale analoghi provvedimenti adottati da altre amministrazioni, privo di misure specifiche introdotte in relazione alle esigenze dell’amministrazione interessata;

c) l’approvazione di un provvedimento privo di misure per la prevenzione del rischio nei settori piu’ esposti, privo di misure concrete di attuazione degli obblighi di pubblicazione di cui alla disciplina vigente, meramente riproduttivo del Codice di comportamento emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62. ….

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P.A. e trasparenza: DL 66/2014

Obbligo pubblicazione dati  per la P.A. nel DL 66/2014

segnalazione a cura Studio Legale  Ambiente


 Il Decreto Irpef (DL 66/2014 vigente al 24.4.2014) ribadisce l’obbligo della amministrazioni di conformarsi al dettato del Dlgs. 33/2013.

Risulta invero che molte amministrazioni non hanno ancora ottemperato all’obbligo.

L'inadempienza è sanzionata ai sensi dell'art. 46 Dlgs. 33/2013 che precisa:

L'inadempimento degli obblighi di pubblicazione  previsti  dalla
normativa  vigente  o  la  mancata  predisposizione   del   Programma
triennale per la trasparenza e l'integrita' costituiscono elemento di
valutazione della responsabilita' dirigenziale,  eventuale  causa  di
responsabilita' per danno all'immagine  dell'amministrazione  e  sono
comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione  di
risultato e del trattamento  accessorio  collegato  alla  performance
individuale dei responsabili.
  2. Il responsabile non risponde dell'inadempimento  degli  obblighi
di cui al comma 1 se prova che tale inadempimento e' dipeso da  causa
a lui non imputabile. 

Ebbene l’art. 8 del DL 66/2014 si occupa della Trasparenza e razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi) 

  1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 11 del  decreto
legislativo 14 marzo 2013, n.  33,  fermo  restando  quanto  previsto
dagli  articoli  29,  33  e  37  del  medesimo  decreto  legislativo,
pubblicano sui propri siti istituzionali, e rendono accessibili anche
attraverso il ricorso ad un portale unico, i dati relativi alla spesa
di cui ai propri bilanci preventivi e consuntivi  e  l'indicatore  di
tempestivita' dei pagamenti  secondo  uno  schema  tipo  e  modalita'
definite con decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  da
emanarsi, sentita la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,  entro  30  giorni  dalla
data di entrata in vigore del presente decreto.
  2. La disposizione di cui al comma 1 costituisce, per le  pubbliche
amministrazioni  interessate,   obbligo   di   trasparenza   la   cui
inosservanza e' sanzionata ai sensi  dell'articolo  46  del  medesimo
decreto legislativo n. 33 del 2013……"
adminP.A. e trasparenza: DL 66/2014
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Avvalimento: Comunicato AVLP

Comunicato AVLP: avvalimento
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


L‘Autorità per la Vigilanza Lavori Pubblici pubblica alcuni chiarimenti a seguito della sentenza della Corte di Giustizia del 10 ottobre 2013.
“Richiamato il principio espresso dalla Corte di giustizia europea

per il  quale  non  si  puo'  escludere  l'esistenza  di  lavori  che
presentino peculiarita' tali da richiedere una determinata  capacita'
che non si ottiene associando capacita' inferiori di piu'  operatori,
risultando precisato che "In un'ipotesi del genere  l'amministrazione
aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello  minimo
della capacita' in questione sia raggiunto da un operatore  economico
unico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato  di
operatori economici, ai sensi  dell'art.  44,  paragrafo  2,  secondo
comma,  della  direttiva  2004/18,  laddove  siffatta  esigenza   sia
connessa e proporzionata all'oggetto dell' appalto interessato";

avvalimento comunicato

adminAvvalimento: Comunicato AVLP
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Nessuna "Multa" … senza diffida

Nessuna “Multa” …senza diffida
LRVeneta 10/2014 e diffida amministrativa per illeciti commessi dopo il 15.3.2014.

Segnalazione a cura di  Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri  


L’amministrazione, dal 15.3.2014, prima di sanzionare il trasgressore per l’eventuale illecito dovrà diffidarlo all’adempimento entro 10 giorni; se il trasgressore adempie non è sanzionabile.

L’intervento legislativo pare un gesto di civiltà a cui non siamo più abituati … (continua lettura articolo  diffida amministrativa..)

adminNessuna "Multa" … senza diffida
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Circolare 1/2014 Ministero P.A.: Modello 231 e corruzione

Circolare 1/2014 Ministero P.A. : Enti soggetti a trasparenza amministrativa

Conferma legame Dlgs. 231/2001 e anticorruzione
A cura di Cinzia Silvestri– Studio Legale Ambiente


Il Ministero della Pubblica Amministrazione  ha pubblicato circolare 1/2014 (Gazz. Uff. 31.3.2014) avente ad oggetto l’applicazione delle regole sulla trasparenza di cui alla

1)    L. 190/2012 (Anticorruzione) e del
2)    Dlgs. 33/2013 (Trasparenza) e
3)    Dlgs. 39/2013 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico);
4)    Piano Nazionale anticorruzione approvato dalla CIVIT 11.9.2013 (oggi A.N.AC. – Autorità Nazionale Anticorruzione)
con riferimento agli enti e … continua lettura articolo Corruzione e 231
 

adminCircolare 1/2014 Ministero P.A.: Modello 231 e corruzione
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Linee Guida per l'indennizzo "da ritardo" della P.A.

LINEE GUIDA PER INDENNIZZO DA RITARDO della P.A.
Direttiva del Ministero: Indennizzo  da  ritardo   nella   conclusione   dei procedimenti ad istanza di parte.

Segnalazione a cura di Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Pubblicata in Gazzetta ufficiale la Direttiva 9.1.2014 del Ministero della P.A. e semplificazione

La Direttiva pone Linee Guida per la erogazione dell’indennizzo nei casi in cui la PA tardi nel concludere un procedimento ad istanza di parte o d’ufficio.
La Direttiva si distingue per il contenuto ampio che riassume il dettato normativo con corretti riferimenti di giurisprudenza; recepisce l’intento del legislatore, lo chiarisce e tuttavia (non si comprende con quale potere) ..restringe il campo di applicazione della Legge e pone limiti alcuni rispettosi  del dettato legislativo ed altri di dubbio rispetto.

In ogni caso rimane un provvedimento chiarificatore.


La Direttiva fornisce dunque alla P.A. Linee Guida sull’applicazione  del DL 69/2013,   convertito,   con modificazioni, dalla L n. 98/2013.

La Legge introduce  il  diritto dell’interessato ad ottenere un indennizzo  da  ritardo e intende garantire  l’effettivita’   dei principi sanciti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e, in particolare:
1) tutelare i privati in conseguenza della  violazione  dei  termini  di conclusione  dei  procedimenti  attivati   ad   istanza   di   parte
2) prevedere  il  pagamento  di  un somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo.
3) sanzionare la violazione  di  un  obbligo,  in  quanto  correlato  al rispetto di un preciso termine  di  conclusione  di  un  procedimento amministrativo cosi’ come disciplinato dall’art.  2  della  legge  n. 241/1990.
4) ribadire che le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concludere  un procedimento avviato d’ufficio o a istanza di parte con l’adozione di un  provvedimento  espresso,  entro  un  termine   definito   da   un regolamento adottato dalla specifica Amministrazione  di  riferimento o, in mancanza, entro il termine di trenta giorni.
5) L’indennizzo da ritardo prescinde  dalla natura giuridica del  termine  apposto  e,  quindi, dalla circostanza che il termine abbia  un  carattere  perentorio  (e determini  il  venir  meno   del   potere   dell’Amministrazione   di pronunciarsi) o ordinatorio (persistendo il relativo potere).
6) L’indennizzo è dovuto anche nell’eventualita’ in cui la mancata emanazione del provvedimento  sia riconducibile  ad  un  comportamento  “scusabile”,  e   astrattamente “lecito”, dell’Amministrazione (compreso caso fortuito o forza maggiore).
Il provvedimento contiene audace trasparente formulazione dei principi di difficile applicazione nella pratica. La Guida riassume il contenuto legislativo ed il percorso giurisprudenziale.
 La Direttiva invero dopo aver riconosciuto il dettato legislativo con ampio respiro comincia ad indicare , tra le righe, i limiti di tale indennizzo:
1) circoscrive  gli  effetti ai soli  procedimenti  amministrativi  relativi all’avvio e all’esercizio dell’attivita’ d’impresa.
2) richiesta di indennizzo solo per i procedimenti successivi al 21 agosto 2013
3) l’importo da  corrispondere  all’interessato e’ pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo, fino ad un  massimo  di 2.000 euro;
4) l’importo e’ calcolato a partire  dal  giorno  successivo alla data in cui il procedimento avrebbe dovuto essere concluso.
5) l’indennizzo  da  ritardo  non   e’ applicabile nelle ipotesi di Denunzia di Inizio di  Attivita’  (o  di Segnalazione Certificata di Inizio di Attivita’)
6)  L’interessato successivamente al decorso dei  termini  di conclusione del procedimento deve  ricorrere   all’Autorita’ titolare del potere sostitutivo di cui all’art. 2, comma 9-bis, legge n. 241 del  1990,  richiedendo  l’emanazione  del  provvedimento  non adottato  e,  contestualmente,   la   corresponsione   dell’eventuale indennizzo da ritardo per il caso  in  cui  il  titolare  del  potere sostitutivo non provveda nel termine a lui assegnato.
7) Tale istanza deve essere presentata nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine entro il quale il  procedimento  si sarebbe dovuto concludere.
Il  rispetto  del  termine  di  presentazione  della   domanda   di indennizzo costituisce un onere a carico del privato. Ne consegue che la violazione dello  stesso  determinera’  un  effetto  decadenziale, impedendo  la  riproposizione  dell’istanza   diretta   ad   ottenere l’indennizzo con riferimento a quello specifico procedimento  di  cui si tratta.
 
 

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Accesso agli "atti" della P.A. e accesso "civico": differenze

Accesso agli “atti” della P.A. e accesso “Civico”: differenze (schema)
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il Decreto sulla trasparenza amministrativa (Dlgs. n. 33/2013 vigente dal 20.4.2013) obbliga le amministrazioni a rendere trasparenti e conoscibili a tutti (Chiunque) le informazioni e dati anche sulla propria organizzazione.
Il Decreto impone … continua lettura articolo Dlgs. 33.2013

adminAccesso agli "atti" della P.A. e accesso "civico": differenze
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Accesso civico e informazioni ambientali

Accesso alle informazioni ambientali  – Decreto sulla trasparenza amministrativa
Breve disamina dell’art. 40 Dlgs. n. 33/2013
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il decreto sulla Trasparenza amministrativa Dlgs. 33/2013 prevede  all’art. 40 la disciplina sulle “informazioni ambientali”.
Il legislatore permette l’applicazione delle nuove norme sulla trasparenza, tra le quali anche l’art. 5 sull’accesso civico, alle informazioni ambientali.
Vero è che tale normativa, gli obblighi imposti e tanto più le sanzioni sono ancora oggi poco conosciuti.
Vale la pena di segnalare , a conferma dell’interesse pubblico sotteso all’accesso delle informazioni ambientali, che eventuale ricorso TAR al diniego di accesso è esentato dal pagamento del contributo unificato (art. 13 comma 6bis lett. a) DPR 115/2002); non altrettanto invece il semplice diritto di accesso civico (che rimane soggetto al pagamento del contributo unificato).
Studio Legale Ambiente offre una breve prosa dell’art. 40 Dlgs n. 33/2013; vai alla lettura della breve disamina sull “art. 40 Dlgs. 33.2013

adminAccesso civico e informazioni ambientali
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Comune e ANAS: chi è tenuto a rimuovere i rifiuti lungo le strade?

Comune e ANAS: chi è tenuto a rimuovere i rifiuti dalle strade?
Proprietario incolpevole e rimozione rifiuti – TAR Basilicata n. 264/2013
a cura di Cinzia Silvestri – Studio legale Ambiente


 Interessante, anche se non pienamente condivisibile, è la sentenza n. 364/2013 del TAR Basilicata /Potenza che affronta il caso del rapporto tra Comune ed il gestore /proprietario delle strade Statali (nella fattispecie ANAS).
Il TAR afferma che per essere destinatari dell’ordine di rimozione bisogna
1)   avere il godimento del bene anche a mezzo di gestione e
2)   la violazione di norme di legge concreta di per se’ la colpa richiesta dalla norma.
La vicenda prende origine dall’ordinanza Comunale (ex art. 14 Dlgs. 22/97) di raccolta trasporto e smaltimento di 80 pneumatici abbandonati (sul margine della carreggiata) ,lungo la strada statale, nei confronti di ANAS quale gestore delle strade (ai sensi dell’art. 14 comma 1 lett. a) Dlgs. 285/1992).
Il Comune ritiene che debba essere l’ANAS a provvedere allo smaltimento e rimozione e l’ANAS ..viceversa.
La sentenza ribadisce che: “… il provvedimento di rimozione dei rifiuti abbandonati e di ripristino dello stato dei luoghi può essere emanato (oltre che contro gli autori degli abbandoni di rifiuti) anche nei confronti dei proprietari o dei titolari di diritti reali o personali di godimento delle aree dove sono stati abbandonati in modo incontrollato i rifiuti, soltanto se vi è stato un comportamento da parte questi ultimi soggetti, che sia imputabile a titolo almeno di colpa e che coinvolga la loro corresponsabilità nell’abbandono dei rifiuti….”.
Il TAR Basilicata riconosce che l’ANAS è titolare di un diritto personale di godimento che deriva dalla legge stessa in “..quanto concessionaria della gestione e della manutenzione ordinaria e straordinaria delle Strade e delle Autostrade di proprietà dello Stato: cfr. art. 2, comma 1, lett. a, D.Lg.vo n. 143/1994”.
Il comportamento colposo è individuato nell’inadempimento dei compiti istituzionali dell’ente volti alla manutenzione ordinaria e alla pulizia delle strade, in particolare così si esprime il TAR: “…emerge il comportamento colposo dell’ANAS, prescritto dall’art. 14, comma 3, D.Lg.vo n. 22/1997, in quanto, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a, D.Lg.vo n. 143/1994 e dell’art. 14, comma 1, lett. a), D.Lg.vo n. 285/1992, rientra nell’ambito dei compiti istituzionali dell’Ente ricorrente la manutenzione ordinaria e la pulizia delle strade, cioè della carreggiata asfaltata, e delle relative pertinenze stradali, tra le quali vanno annoverati anche i canali di scolo per il deflusso delle acque meteoriche, che sono pertinenze di esercizio ai sensi dell’art. 24, comma 3, D.Lg.vo n. 285/1992, essendo parte integrante della strada ed ineriscono permanentemente alla sede stradale. Perciò va qualificata come pertinenza stradale tutta l’area compresa tra la carreggiata ed i predetti canali di scolo per il deflusso delle acque meteoriche. Ai sensi dell’art. 43 C.P., l’elemento psicologico della colpa si concretizza non soltanto con la negligenza, l’imprudenza o l’imperizia, ma anche con l’inosservanza di “leggi, regolamenti, ordini o discipline”.
Il TAR dunque ritiene che debba essere l’ANAS, in quanto ente gestore, a rimuovere i pneumatici abbandonati da terzi lungo la carreggiata e presso le sue pertinenze.
 

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DURC/ compensazione crediti PA

Durc/ compensazione crediti PA

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


 

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

DECRETO 13 marzo 2013

Rilascio del documento unico di regolarita’ contributiva anche in presenza di una certificazione che attesti la sussistenza e l’importo di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte di un medesimo soggetto. (13A06078) (GU Serie Generale n.165 del 16-7-2013)

adminDURC/ compensazione crediti PA
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Bonifica: proprietario incolpevole

Proprietario incolpevole dell’Inquinamento e oneri di bonifica
Cons. Stato  n. 2740/2013
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


La sentenza del Consiglio di Stato riporta il contrasto giurisprudenziale sorto sulla questione relativa all’onere e costo di bonifica che grava sul proprietario non responsabile dell’inquinamento. La questione è già all’esame della adunanza plenaria dal marzo 2013 ed in attesa di decisione. Il Consiglio di Stato ritiene invero che la soluzione del caso debba passare  attraverso la soluzione della questione e rimette anche il caso discusso alla decisione plenaria.


Il CASO
Il Ministero dell’Ambiente (e altri ministeri) impugnano la sentenza TAR Toscana 1491/2012 che ha accolto il ricorso proposto dalla società XXX contro  le determinazioni conclusive della Conferenza decisoria, nonché contro il decreto direttoriale recanti prescrizioni di messa in sicurezza della falda e del sottosuolo attualmente di proprietà della ricorrente XXX.
Il TAR Toscana invero precisava che “al proprietario non responsabile di un’area inquinata non possono essere addossati gravosi oneri di messa in sicurezza del sito, in quanto il Codice dell’ambiente ha previsto un coinvolgimento del proprietario – che resta responsabile sul piano patrimoniale, seppure intra vires – soltanto sulla base di una sua eventuale iniziativa volontaria”.
Le Amministrazioni appellanti contestano la sentenza sulla base del principio che la società proprietaria dell’area sarebbe coinvolta nelle attività di ripristino ambientale e messa in sicurezza del sito, “in quanto il titolo giuridico dell’obbligo in capo al proprietario di riduzione in pristino del sito da bonificare sarebbe diretta applicazione del principio comunitario di precauzione, nonché del principio civilistico della responsabilità del proprietario per i danni cagionati da cose in custodia ( art. 2051 cod.civ.).
Il Consiglio di Stato ricorda che con ordinanza n. 2740 del 2013, è stata rimessa alla Adunanza plenaria la questione giuridica relativa alla esatta delimitazione degli obblighi giuridici nascenti, in capo al proprietario non responsabile di un’area inquinata, in ordine alle attività di bonifica e messa in sicurezza del sito.
Il Consiglio di  Stato ricorda i contenuti della ordinanza di rimessione in ordine al problema “se possa farsi gravare sul proprietario dell’area ‘incolpevole’ della contaminazione l’obbligo di realizzare gli interventi di bonifica dei siti contaminati (titolo V della parte IV del ‘codice ambientale) sia pure solo in solido con il responsabile effettivo e salvo il diritto di rivalsa nei confronti di quest’ultimo per gli oneri sostenuti.
 1) Il proprietario non è responsabile ma è onerato dei costi di bonifica.
“Il principio “chi inquina paga”, pur individuando nel responsabile dell’inquinamento il soggetto responsabile per le obbligazioni ripristinatorie e risarcitone, per altro verso, non prevede che – in assenza di individuazione del responsabile ovvero di impossibilità di questi a far fronte alle proprie obbligazioni – il costo degli interventi gravi sulla collettività (per il tramite di uno degli enti esponenziali di questa), ma pone tali costi a carico della proprietà.
D’altra parte, escludere che i costi derivanti dal ripristino di siti colpiti da inquinamento venga sopportato dalla collettività, costituisce proprio la ratio sottesa al principio comunitario del “chi inquina paga”.
La giurisprudenza della Suprema Corte, con la sentenza a Sezioni Unite n. 4472 del 25 febbraio 2009 “sostiene che proprio l’omissione degli accorgimenti e delle cautele atte a realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area possano integrare il requisito della colpa previsto dalla norma.
“…Quella posta in capo al proprietario è pertanto una responsabilità “da posizione”, non solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure l’apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione. …Il principio comunitario “chi inquina paga”, …imputa il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi … per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente”.
 2) Il Proprietario non è responsabile e non è tenuto a sopportare i costi di bonifica
Continua il Consiglio di Stato riportando l’opposto orientamento per il quale “ … non vi sono ragioni testuali o sistematiche per far gravare in capo al proprietario dell’area gli obblighi di adozione delle misure di cui alle disposizioni più volte citate.
Ed invero il Codice  dell’Ambiente stabilisce che
1)          l’obbligo di bonifica è in capo al responsabile dell’inquinamento che le autorità amministrative hanno l’onere di individuare e ricercare (artt. 242 e 244);
2)           il proprietario dell’area non responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno solo la facoltà di effettuare interventi di bonifica (art.245);
3)           nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica sono realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250)
4)           a fronte delle spese sostenute, si vedono riconosciuto un privilegio speciale immobiliare sul fondo (253).
L’amministrazione deve provare che l’inquinamento nel sito sia imputabile alle società e a queste ultime non può essere imposto alcun obbligo di adottare misure di bonifica in un’ottica di recupero del sito.
L’ accertamento del nesso di causalità fra il comportamento del “responsabile” ed il fenomeno dell’inquinamento deve essere rigoroso e fondato su adeguata motivazione e su idonei elementi istruttori nonché “su prove e non su mere presunzioni” .

Si aggiunge la giurisprudenza comunitaria che ritiene che l’addebito dei costi dello smaltimento dei rifiuti a soggetti che non li hanno prodotti sarebbe incompatibile con il principio “chi inquina paga” (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 24 giugno 2008, n. 188)”.


Il Consiglio di Stato dopo aver rilevato il contrasto di giurisprudenza devolve la questione all’esame della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. La questione non pacifica è in attesa di risoluzione.

 Leggi anche Proprietario incolpevole e art. 192 Dlgs. 152/2006

adminBonifica: proprietario incolpevole
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Circolari e DURC – CdS n. 2413/2013

Circolari e DURC – Consiglio di Stato Ordinanza 2413/2013
 A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


La ordinanza sottolinea le valutazioni di illegittimità che spesso accompagnano le “Circolari” delle P.A..

Circolari che dilagano imperative e troppo spesso con contenuti illegittimi difficili da estirpare.
Il Consiglio di Stato si esprime sul DURC affermando che non esiste legge primaria che imponga un DURC per ogni gara. Le molteplici circolari che hanno imposto, invece, il DURC per ogni gara sono palesemente illegittime.


 Il Consiglio di Stato, nel decidere la questione di appello cautelare con ordinanza, si esprime con riferimento alla efficacia probatoria del DURC:
“..considerato , quanto alla contestata efficacia probatoria di tale documentazione, che non vi sono norme primarie che prescrivano che il DURC per la partecipazione alle gare di appalto debba riferirsi alla specifica gara di appalto, mentre disposizioni contenute in circolari (come, ad esempio, nella circolare INAIL 5 febbraio 2008, n. 7; ma si veda anche la circolare del Ministero del lavoro 8 ottobre 2010, n. 35, e la circolare INPS 17 novembre 2010, n. 145), invocate dall’appellante, non appaiono rilevanti, non potendo essere considerate rilevanti le circolari che risultino contra legem (cfr., sul punto, Cons. St., sez. VI, 18.12.2012, n. 6487);


 
Leggi anche articolo su questo sito “Affidamento ai pareri della PA”.

 

adminCircolari e DURC – CdS n. 2413/2013
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Pubblici dipendenti e "buona educazione"

Codice di comportamento dei pubblici dipendenti – DPR del 16 aprile 2013 n. 62
segnalazione a cura di Cinzia Silvestri Studio Legale Ambiente


Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 4.5.2013 il Regolamento che disciplina  anche “le buone maniere” dei pubblici dipendenti.
Sanzioni disciplinari per il dipendente che non rispetta il Codice.
Vale la pena di leggere questo vademecum di regole note, quanto disattese, che scatenerà la nostra immaginazione, produrrà un sorriso e forse una risata …. ma non disperiamo e speriamo che questo codice sia di buon auspicio…
DPR n. 62/2013 – Codice di comportamento
 

adminPubblici dipendenti e "buona educazione"
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Conclusione dei procedimenti: DPCM 21.3.2013 n. 58

DPCM 21.3.2013 n. 58: termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi del ministero interno.
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicato in Gazz. Uff. 27.5.2013 DPCM del 21.3.2013 n. 58 ( Monti)
Il Decreto indica i procedimenti ( del ministero interno) che si concludono con provvedimento espresso OLTRE i 90 giorni.
Si rinvia alla lettura del documento e alla tabella di riferimento.
Si richiama altresì articolo e schema sul l’art. 2 L. 241/90 pubblicati su questo sito.
 
 
 
 

adminConclusione dei procedimenti: DPCM 21.3.2013 n. 58
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Conferenza servizi: termine

Conferenza servizi: termine
TAR Torino n. 1291/2012
Autorizzazione unica ex art. 12 Dlgs. 387/2003
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il TAR di Torino affronta questione non pacifica.
La sentenza presenta numerosi spunti di riflessione e precisa anche in merito ai tempi concessi dal legislatore per la adozione del provvedimento finale.
Il Caso deciso dal TAR prende origine dalla richiesta di una società alla Provincia di Alessandria di autorizzazione ex art. 12 D.lgs 387/03 all’installazione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da 195 Kwe, alimentato con biocombustibili forestali e agricoli.
Il procedimento, nel corso del quale si è riunita per tre volte la conferenza dei servizi si è concluso con la determina del 25.11.11.
La determina della Provincia di Alessandria autorizzava l’impianto in questione, subordinando l’assenso:
A) all’espressione del parere definitivo della Soprintendenza per i Beni Archeologici e all’osservanza delle prescrizioni con esso impartite;
B) al rispetto delle indicazioni contenute nel parere favorevole del Comune di Carrosio,
C) all’osservanza di ulteriori prescrizioni tecniche dettagliate in appositi allegati.
La determina veniva impugnata in via principale con varie censure.
Una delle censure, oggetto di questo breve focus, riguarda la:
violazione dei termini massimi di svolgimento della conferenza dei servizi – previsti dall’art. 14 ter L. 241/90 e 14.11 dell’allegato 1 del D.M. 10.09.10 – essendo stati sospesi per tre volte i termini per la presentazione delle integrazioni richieste alle amministrazioni, nonostante le disposizioni citate consentano la richiesta di documentazione o di chiarimenti in un’unica soluzione.
La questione relativa alle lungaggini della conferenza di servizi e’ controversa e non pacifica.
La sentenza sembra un po’ forzare la lettera della norma al fine di giustificare l’azione amministrativa
ponendosi però nel solco di un orientamento già presente nella giurisprudenza e ad oggi non più unitariamente condiviso.
TERMINI
Il TAR disserta sulla doglianza relativa alla tardività e violazione dei termini.
Il TAR osserva invero che “…solo in sede di prima conferenza dei servizi sono state richieste integrazioni alle amministrazioni partecipanti, mentre nelle altre due conferenze i termini del procedimento sono stati sospesi per 60 giorni per consentire ulteriori integrazioni spontanee da parte delle amministrazioni, sulla base delle osservazioni emerse in sede collegiale…”
-Già questo rilievo desta perplessità perché sembra porre differenza tra le integrazioni spontanee e quelle imposte; quasi che le integrazioni spontanee non abbiano valore di sospensione.
Vero e’ che il TAR richiama proprio gli articoli di riferimento ( che sembrano deporre in senso contrario) ovvero “…Sul punto vengono in rilievo
-l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 ( “in sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento”), e
-l’art. 14.11 del D.M. 10.09.2010 (“nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, l’ulteriore documentazione o i chiarimenti ritenuti necessari per la valutazione dell’intervento sono richiesti, anche su impulso delle altre amministrazioni interessate, dall’Amministrazione procedente in un’unica soluzione ed entro 90 giorni dall’avvio del procedimento. Se il proponente non fornisce la documentazione integrativa entro i successivi 30 giorni, salvo proroga per un massimo di ulteriori 30 giorni concessa a fronte di comprovate esigenze tecniche, si procede all’esame del progetto sulla base degli elementi disponibili”).
TERMINE ACCELERATORIO
Il richiamo normativo però’ non risolve la questione nel senso voluto dal TAR che subito conclude: “….In mancanza delle indispensabili specificazioni da parte della norma in ordine agli effetti ed alle conseguenze dell’inerzia, il Collegio ritiene che si tratti di termini acceleratori, il cui superamento non priva l’ente procedente del potere di adottare il provvedimento finale, bensì abilita il soggetto richiedente a sollecitare, anche giudizialmente, la conclusione del procedimento.
Il TAR dunque torna a quell’orientamento che ritiene non essenziale e non perentorio il termine del procedimento per l’adozione del provvedimento finale in seno alla conferenza dei servizi.
Continua il TAR:
“Nello stesso senso è un precedente di questo Tribunale secondo il quale la norma che impone che le integrazioni documentali siano richieste in un’unica soluzione “non correla alcun effetto preclusivo all’eventuale reiterazione delle richieste medesime”.
PRINCIPIO DI NON AGGRAVAMENTO DEL PROCEDIMENTO
Di interesse il prosieguo del ragionamento del TAR che apre ad una interpretazione su cui riflettere.
Il TAR dopo avere asserito che la violazione del termine in se’ non comporta la illegittimità del provvedimento in quanto l’amministrazione può utilmente provvedere anche in un secondo momento precisa che semmai:
“… potendo l’illegittimità scaturire unicamente dalla violazione del principio di non aggravamento del procedimento che sottende la disposizione in parola, per cui la violazione va accertata non tanto in base alla formale presenza di due richieste di chiarimenti da parte dell’amministrazione, quanto accertando se ciò si sia tradotto in una protrazione ingiustificata della procedura” …
La illegittimità discende dalla protrazione ingiustificata della procedura.
Nulla di più discrezionale, dunque.
Il TAR procede a verificare se le ulteriori richieste di documentazione – che sono frutto delle molteplici conferenze di servizi – concretino la ingiustificata protrazione del procedimento e dunque l’ aggravio dello stesso.
Continua il TAR:
“…D’altra parte, l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 tanto prevede al chiaro fine di non aggravare il procedimento, nel rispetto del principio di cui all’art. 1, co. 2, della stessa legge ed in favore del soggetto proponente; nel caso di specie le due integrazioni (successive alla prima conferenza) sono state originate da specifiche richieste delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento, a cui la Provincia ha corrisposto, in tal modo consentendo di approfondire l’esame del progetto e di migliorarne le caratteristiche tecniche….”
E’ palese che questa motivazione – che giustifica l’indiscriminato dilatarsi dei tempi per la conclusione del procedimento a discrezione della amministrazione – e’ facile pretesto, stante la genericità, per ogni amministrazione .
RIPENSAMENTO
Ed invero il TAR sembra accorgersi della debolezza dell’assunto e chiude il proprio ragionamento attribuendo invero ad altra motivazione la cesura della doglianza.
Conclude il TAR:
“…Resta da rilevare che, se la norma in esame è stata predisposta dal Legislatore nell’interesse del soggetto che ha presentato l’istanza oggetto di delibazione in seno alla conferenza di servizi – in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima – legittimato a dolersi della sua violazione è unicamente il soggetto promotore del progetto, discendendone che la censura in tal modo spiegata dai ricorrenti, che rivestono il ruolo di parte controinteressata sostanziale, si configura inammissibile per carenza di legittimazione (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 25 settembre 2009 n. 2292).
La doglianza sulla violazione del termine di conclusione del procedimento dunque non viene accolta solo perché è stata sollevata da soggetto non legittimato ….e non perché adottata nei termini.
Giova anche evidenziare che il TAR richiama la ratio della stessa conferenza dei servizi che stride con quanto precisato dalla stessa sentenza “…in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima…”.
La dissertazione sul termine pare dunque inutile ed anzi foriera di interpretazioni che avvallano la lesione della rapida conclusione del procedimento, come ricordato dallo stesso TAR e come ribadito da altre sentenze.

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Conferenza Servizi: il Comune può impugnare la decisione finale?

Conferenza Servizi Istruttoria
Il Comune dissenziente può impugnare il provvedimento decisorio?
T.A.R. Liguria Genova 23-05-2012, n. 723
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La Conferenza di Servizi Istruttoria permette la partecipazione delle amministrazioni interessate ai soli fini “istruttori” e la decisione finale è rimessa sempre alla amministrazione procedente (art. 14 comma 1 L. 241/90).
Recita l’art. 14 comma 1: “qualora sia opporuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione può indire una conferenza di serivizi”.
Conferenza istruttoria dunque come potere discrezionale della amministrazione.
Ebbene la sentenza TAR Liguria precisa la posizione degli enti partecipanti alla Conferenza rispetto alla decisione finale della Amministrazione (Provincia nel caso in esame ) ed in riferimento alla realizzazione da parte di una società di un centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore
Ed invero il Comune impugnava le determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi, indetta dalla Provincia di Genova che aveva espresso parere favorevole sull’approvazione del progetto per la realizzazione del centro di raccolta e demolizione di veicoli a motore.
Il parere positivo era intervenuto nonostante il ricorrente Comune di Genova si fosse espresso in senso contrario.
In particolare, il Comune di Genova aveva espresso parere negativo per quanto riguardava gli aspetti urbanistici e per aspetti progettuali inerenti all’inquinamento idrico e acustico.
In seguito aveva ribadito la negatività del parere in sede di Conferenza di servizi. La posizione negativa del Comune veniva motivata con il contrasto del previsto impianto con le prescrizioni urbanistiche comunali previste nella zona in questione ed, in particolare, con la futura destinazione residenziale dell’area interessata (così classificata nel PRG all’epoca adottato ed in seguito approvato come PUC).
Il Comune dissenziente, può impugnare il provvedimento finale della Provincia?
Il Comune dissenziente, pur avendo preso parte alla Conferenza di servizi, ben può impugnarne l’esito finale.
Recita la sentenza TAR:
“In via generale, sia pure in presenza di giurisprudenza non sempre univoca, il Collegio ritiene che il fatto di partecipare alla Conferenza di servizi non comporti per un’Amministrazione l’estinzione del potere di cura degli interessi dei quale l’Amministrazione stessa è affidataria e, pertanto, nessuna preclusione subisce quest’ultima rispetto alla possibilità di far valere le illegittimità, sia formali che sostanziali, inerenti al provvedimento assunto all’esito della Conferenza di servizi.
Nel caso di specie, peraltro, la conferenza di servizi aveva natura istruttoria e, quindi, si presentava quale semplice atto istruttorio dell’iter di formazione della determinazione finale della Provincia.
La determinazione finale, pertanto, è unicamente imputabile alla Provincia e non si può quindi, neanche in ipotesi, sostenere che il Comune abbia concorso in senso tecnico a formare la volontà provvedimentale e dovesse subire le preclusioni rispetto all’impugnativa in sede giurisdizionale del provvedimento finale.
Il Comune risulta, quindi, legittimato attivo in base ai radicati principi secondo cui allo stesso quale ente esponenziale della comunità municipale spetta la legittimazione ad agire in giudizio a tutela degli interessi della stessa comunità e che un soggetto che partecipa ad un procedimento amministrativo può impugnare il provvedimento conclusivo di cui assuma la lesività (cfr. Cons. St., Sez. V, 2.3.1999, n. 217).
Al riguardo, è stato puntualizzato a livello giurisprudenziale che la Conferenza di servizi in materia di autorizzazione alla realizzazione di impianti di smaltimento e recupero rifiuti non è il luogo giuridico in cui sono assunte le decisioni finali, ma solo la sede ove tutti gli interessi pubblici, rilevanti in un certo ambito, sono palesati e confrontati giacché quello prefigurato dall’art. 27 del D.Lgs. n. 22 del 1997, costituisce uno strumento procedimentale di emersione e comparazione d’interessi pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale, e non un vero e proprio organo collegiale ove le singole manifestazioni di volontà si fondono in una; pertanto, la partecipazione alla conferenza indetta dalla Provincia per esaminare l’istanza del privato non comporta per il Comune la consumazione del suo potere in detta sede, conservando questo la facoltà di opporsi giudizialmente a decisioni ritenute lesive degli interessi, di cui è portatore, potendo far valere, sia la sua qualità di ente esponenziale dei residenti, sia quella di titolare del potere di pianificazione urbanistica, su cui incide il provvedimento di localizzazione adottato
Conformemente a quanto anzidetto la giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che al Comune va riconosciuta la legittimazione ad impugnare il provvedimento di approvazione di una discarica
1) sia per la qualità di ente esponenziale degli interessi dei residenti che potrebbero subire danni dalla scelta compiuta dall’autorità competente nell’individuazione delle aree per l’attivazione dell’impianto di discarica,
2) sia per la qualità di titolare del potere di pianificazione urbanistica, su cui certamente incide la collocazione dell’impianto medesimo
Il Collegio segnala, infine, che, parlando in generale, le decisioni che escludono la legittimazione ad impugnare l’esito della Conferenza di servizi per gli enti che hanno partecipato alla conferenza stessa, da un lato limitano l’impugnativa ai vizi procedurali e, dall’altro, fanno leva sulla necessità di non alterare indebitamente il funzionamento degli organi collegiali, operativi secondo i principi disciplinanti il formarsi di maggioranze e minoranze.
Nel caso di Conferenza di servizi istruttoria, però, come quella del caso di specie, non viene in rilievo alcun meccanismo tipico del funzionamento degli organi collegiali.

adminConferenza Servizi: il Comune può impugnare la decisione finale?
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Schema art. 2 L. 241/1990

(2) Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012
Schema – Art.1 DL n. 5/2012 e art. 2 L. 241/1990
a cura di avv. Cinzia Silvestri
Di seguito schema dell’art. 2 L. 241/1990 come modificato dal DL. 5/2012.
Si rimanda alla lettura del breve commento su questo sito.
 

L. n. 241/1990

 

DL n. 5/2012 vigente al 10.2.2012

Art. 2 Conclusione del procedimento

 

1. Ove il procedimento consegua  obbligatoriamente  ad  un’istanza,

ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche  amministrazioni

hanno  il  dovere  di   concluderlo   mediante   l’adozione   di   un

provvedimento espresso.

2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti  di

cui  ai  commi  3,  4  e  5  non  prevedono  un  termine  diverso,  i

procedimenti  amministrativi  di  competenza  delle   amministrazioni

statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi  entro  il

termine di trenta giorni.

3. Con  uno  o  piu’  decreti  del  Presidente  del  Consiglio  dei

ministri, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23

agosto 1988, n.  400,  su  proposta  dei  Ministri  competenti  e  di

concerto  con  i  Ministri  per   la   pubblica   amministrazione   e

l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati  i

termini  non  superiori  a  novanta  giorni  entro  i  quali   devono

concludersi  i  procedimenti  di  competenza  delle   amministrazioni

statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo  i  propri

ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro  i  quali

devono concludersi i procedimenti di propria competenza

4. Nei casi in cui, tenendo conto della  sostenibilita’  dei  tempi

sotto il profilo  dell’organizzazione  amministrativa,  della  natura

degli interessi pubblici tutelati e  della  particolare  complessita’

del procedimento, sono indispensabili  termini  superiori  a  novanta

giorni per  la  conclusione  dei  procedimenti  di  competenza  delle

amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di

cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei  Ministri  per  la

pubblica amministrazione e l’innovazione  e  per  la  semplificazione

normativa e  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri.  I

termini ivi previsti non  possono  comunque  superare  i  centottanta

giorni, con la sola esclusione dei  procedimenti  di  acquisto  della

cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione.

5.  Fatto  salvo  quanto  previsto   da   specifiche   disposizioni

normative, le autorita’ di garanzia e di vigilanza  disciplinano,  in

conformita’ ai propri  ordinamenti,  i  termini  di  conclusione  dei

procedimenti di rispettiva competenza.

6.  I  termini  per  la  conclusione  del  procedimento   decorrono

dall’inizio  del  procedimento  d’ufficio  o  dal  ricevimento  della

domanda, se il procedimento e’ ad iniziativa di parte.

7. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, i termini  di  cui

ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo  possono  essere  sospesi,

per una sola volta e per un periodo non superiore  a  trenta  giorni,

per l’acquisizione di informazioni o  di  certificazioni  relative  a

fatti, stati o qualita’ non attestati in documenti gia’  in  possesso

dell’amministrazione stessa o  non  direttamente  acquisibili  presso

altre  pubbliche  amministrazioni.  Si  applicano   le   disposizioni

dell’articolo 14, comma 2.

8. La tutela  in  materia  di  silenzio  dell’amministrazione  e’

disciplinata dal codice del processo amministrativo.

8. La tutela in  materia  di  silenzio  dell’amministrazione  e’

disciplinata dal codice  del  processo  amministrativo.

Le  sentenze passate in giudicato che accolgono il  ricorso  proposto  avverso il silenzio inadempimento  dell’amministrazione sono  trasmesse,  in  via telematica, alla Corte dei conti.

9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini  costituisce

elemento di valutazione della responsabilita’ dirigenziale.

9. La mancata o tardiva emanazione del  provvedimento  nei  termini

costituisce elemento di valutazione  della  performance  individuale,

nonche’ di responsabilita’  disciplinare  e  amministrativo-contabile

del dirigente e del funzionario inadempiente.

9-bis.

 L’organo di  governo  individua,  nell’ambito  delle  figure

apicali dell’amministrazione, il soggetto cui  attribuire  il  potere

sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione

il potere sostitutivo si considera attribuito al  dirigente  generale

o, in mancanza, al dirigente preposto all’ufficio o  in  mancanza  al

funzionario di piu’ elevato livello presente nell’amministrazione.

9-ter.

 Decorso  inutilmente  il  termine  per  la  conclusione  del

procedimento o quello superiore di cui al comma 7,  il  privato  puo’

rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis  perche’,  entro  un

termine pari alla meta’ di quello originariamente previsto,  concluda

il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di

un commissario.

9-quater.

Il responsabile individuato ai  sensi  del  comma  9-bis,

entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all’organo di  governo,  i

procedimenti, suddivisi  per  tipologia  e  strutture  amministrative

competenti,  nei  quali  non  e’  stato  rispettato  il  termine   di

conclusione   previsti   dalla   legge   o   dai   regolamenti.    Le

Amministrazioni provvedono all’attuazione del presente comma, con  le

risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili  a  legislazione

vigente,  senza  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza

pubblica.

9-quinquies.

 Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza  di

parte e’ espressamente indicato il termine previsto dalla legge o dai

regolamenti  di  cui   all’articolo   2   e   quello   effettivamente

impiegato.

adminSchema art. 2 L. 241/1990
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