Bonifica e fallimento: recupero spese

Bonifica: Oneri di bonifica e fallimento.
Il Comune recupera le spese di bonifica e di sequestro.
 Cass. civ. Sez. I, Ord., 5-12-2017, n. 29113
 Segnalazione a cura Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il Comune che sostiene le spese di bonifica di un sito di società poi fallita e sostiene anche le spese giudiziarie per atti conservativi quali, ad esempio, il sequestro ha diritto di vedersi riconosciuto il diritto ad insinuarsi nel passivo fallimentare anche con privilegio rispetto agli altri creditori. Il fatto che le spese di bonifica e la bonifica stessa non sia conclusa all’atto del fallimento non pregiudica le ragioni del Comune.
Il Tribunale non ammetteva al passivo del fallimento di una società, il Comune che aveva sostenuto e doveva sostenere le spese per la bonifica di un terreno inquinato; il Tribunale non riconosceva il credito per ulteriori spese vantato dal Comune, (ritenendo mancante l’attualità del credito poiché i lavori non erano ancora stati eseguiti dall’ente) ed aveva altresì disconosciuto i privilegi invocati (artt. 2755 e 2770 c.c., riferiti alle spese sostenute per atti conservativi quali ad esempio il sequestro).
Il Comune si opponeva allo stato passivo del fallimento.
La Corte di Cassazione Civile si trova dunque a precisare sul caso relativo all’ammissione allo stato passivo del maggior credito, in capo ad un Comune, per le spese di messa in sicurezza e bonifica di un terreno inquinato a seguito dell’incendio sviluppatosi nell’impianto per il recupero dei rifiuti gestito dalla società fallita.
L ’esame della Corte si concentra sulla vigenza e legittimità della previsione del DM n. 471/1999 (provvedimento attuativo del decreto Ronchi) che disciplina l’ammissione al passivo fallimentare del credito del comune per le spese di bonifica, consentendo al creditore di presentare la domanda di insinuazione sulla base di una stima amministrativa (art. 18, c. 5).
La Corte ha affermato che:

  • il DM n. 471/1999 è tutt’ora vigente, in quanto non espressamente abrogato e in quanto il Codice Ambiente (art. 264) fa salvi i provvedimenti attuativi del decreto Ronchi non sostituti dai corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dal Codice;
  • la previsione in esame (art. 18, c. 5) – incidente sulla disciplina della legge fallimentare -, non è illegittima, poiché frutto di un corretto esercizio della delega contenuta nel decreto Ronchi. Tale delega, nel contemplare l’adozione dei “criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati” non ha specificato che debba trattarsi solo di criteri tecnici. Una diversa interpretazione metterebbe a rischio la possibilità di recupero delle somme nel caso del fallimento del debitore, considerati i tempi non brevi dell’esecuzione delle opere da parte dell’Ente pubblico, che ben potrebbero superare la data di chiusura della procedura fallimentare, con conseguente compromissione del diritto alla tutela giurisdizionale dell’ente e del principio del buon andamento dell’amministrazione.

La Corte ha altresì ritenuto sussistente il privilegio di cui agli articoli 2755 e 2770 cod. civ. per le spese del sequestro conservativo eseguito dal Comune: la ratio delle spese per atti conservativi, come il sequestro, risiede nell’avvenuta conservazione dei beni, impedendone l’alienazione a terzi, in vista del soddisfacimento delle ragioni di tutti i creditori, che si realizza nel fallimento come nell’esecuzione individuale mediante la liquidazione dei beni stessi.

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Inceneritori: modifiche dalla Legge Comunitaria 167/2017

Inceneritori: Scarichi Gassosi – Carbonio totale, Monossido, controllo autorità, condizioni anomale ecc…
Restyling della normativa ad opera della Legge Comunitaria 167/2017
Modifiche agli arti. 237 ter, sexies, nonies, terdecies e octiesdecies Dlgs. 152/2006 – vigenti dal 12.12.2017
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Restyling della normativa sugli “inceneritori” (artt. 237 bis ss. Dlgs. 152/2006) ad opera della legge Comunitaria n. 167/2017 con vigenza dal 12.12.2017. Numerosi gli articoli modificati, integrati.

  • Scarichi Gassosi.

All’articolo 237-ter; comma 1, lettera b) e c) (definizioni) vengono inseriti i riferimenti agli “scarichi gassosi, così
“…b) ‘impianto di incenerimento’: qualsiasi unita’ e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento….
continua lettura articoli modificati dalla Legge Comunitaria 167/2017 (art. 237 bis ss. Dlgs. 152/2006) 
 

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Equo compenso agli avvocati

Avvocati ed Equo compenso
Inserito art. 13 bis alla L. 247/2012
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


L’Equo compenso per gli avvocati che contrattano con la Pubblica amministrazione, ad esempio, viene definito e disciplinato nell’art. 13 bis della Legge professionale n. 247/2012 inserito dal DL 148/2017 oggi convertito in Legge n.172/2017 vigente dal 5.5.2017.
Gli avvocati da tempo si trovano a dover offrire le proprie prestazioni professionali – ad esempio un Giudizio avanti al TAR la cui complessità è spesso intrinseca e chiede esperienza e assunzione di responsabilità – a costi/compensi imposti dalla amministrazione ben al di sotto dei minimi pensabili, spesso parametrati al di sotto del valore della causa, a volte senza neppure il calcolo del 15% forfettario e con la clausola che se in sede di giudizio viene corrisposto dal Giudice maggiore compenso questo non è dovuto all’avvocato. Le amministrazioni indicono vere e proprie “gare” al ribasso che favoriscono ovviamente avvocati che sono  in grado di offrire le proprie prestazioni al ribasso o a costo/compenso a zero. Una causa al TAR magari di valore indeterminabile può essere “retribuita” anche  solo € 1700 con l’effetto che detratti costi, spese, oneri e tassazioni all’avvocato (magari munito di struttura organizzativa, segretaria, collaboratori ecc…) residua come finale compenso all’avvocato  forse € 700/800 (che equivale al costo della dipintura di 2 stanze di un appartamento?). Fenomeno in vigore da tempo di cui si è accorto il Ministero di Giustizia pur tardivamente.
L’intervento del Legislatore in realtà è minimo e non risolverà il problema ma certo è un segnale che obbligherà ad esempio le amministrazioni ad espungere le clausole nulle/”vessatorie” salvo che siano state oggetto di specifica trattativa e approvazione…
Di seguito l’articolo riformato.
Art. 19-quaterdecies
Introduzione dell’articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati 1.
Dopo l’articolo 13 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, e’ inserito il seguente:
«Art. 13-bis. (Equo compenso e clausole vessatorie).
– 1. Il compenso degli avvocati iscritti all’albo, nei rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attivita’ di cui all’articolo 2, commi 5 e 6, primo periodo, in favore di imprese bancarie e assicurative, nonche’ di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, e’ disciplinato dalle disposizioni del presente articolo, con riferimento ai casi in cui le convenzioni sono unilateralmente predisposte dalle predette imprese.
2. Ai fini del presente articolo, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantita’ e alla qualita’ del lavoro svolto, nonche’ al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, tenuto conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 13, comma 6.
3. Le convenzioni di cui al comma 1 si presumono unilateralmente predisposte dalle imprese di cui al medesimo comma salva prova contraria.
4. Ai fini del presente articolo si considerano vessatorie le clausole contenute nelle convenzioni di cui al comma 1 che determinano, anche in ragione della non equita’ del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato.
5. In particolare si considerano vessatorie, salvo che siano state oggetto di specifica trattativa e approvazione, le clausole che consistono:
a) nella riserva al cliente della facolta’ di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
b) nell’attribuzione al cliente della facolta’ di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
c) nell’attribuzione al cliente della facolta’ di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve eseguire a titolo gratuito;
d) nell’anticipazione delle spese della controversia a carico dell’avvocato;
e) nella previsione di clausole che impongono all’avvocato la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell’attivita’ professionale oggetto della convenzione;
f) nella previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
g) nella previsione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all’avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte;
h) nella previsione che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con il medesimo cliente, la nuova disciplina sui compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nella precedente convenzione, anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati;
i) nella previsione che il compenso pattuito per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.
6. Le clausole di cui al comma 5, lettere a) e c), si considerano vessatorie anche qualora siano state oggetto di trattativa e approvazione.
7. Non costituiscono prova della specifica trattativa ed approvazione di cui al comma 5 le dichiarazioni contenute nelle convenzioni che attestano genericamente l’avvenuto svolgimento delle trattative senza specifica indicazione delle modalita’ con le quali le medesime sono state svolte.
8. Le clausole considerate vessatorie ai sensi dei commi 4, 5 e 6 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto. La nullita’ opera soltanto a vantaggio dell’avvocato.
9. L’azione diretta alla dichiarazione della nullita’ di una o piu’ clausole delle convenzioni di cui al comma 1 e’ proposta, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla data di sottoscrizione delle convenzioni medesime.
10. Il giudice, accertate la non equita’ del compenso e la vessatorieta’ di una clausola a norma dei commi 4, 5 e 6 del presente articolo, dichiara la nullita’ della clausola e determina il compenso dell’avvocato tenendo conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 13, comma 6.
11. Per quanto non previsto dal presente articolo, alle convenzioni di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del codice civile ».
2. Le disposizioni di cui all’articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, anche alle prestazioni rese dai professionisti di cui all’articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche iscritti agli ordini e collegi, i cui parametri ai fini di cui al comma 10 del predetto articolo 13-bis sono definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
3. La pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attivita’, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
4. Dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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A.I.A.: modifica sostanziale e salute umana

A.I.A.: modifica sostanziale
Modifica all’art. 5 Dlgs. 152/2006 . Legge Comunitaria 167/2017
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Legge Comunitaria n. 167/2017 vigente dal 12.12.20117 modifica l’art. 5 Dlgs. 152/2006 dedicato alle definizioni ed incide sulla “modifica sostanziale” che deve tenere conto anche della “salute umana”.
La modifica è volta ad introdurre, nella definizione di modifica sostanziale di un progetto, opera o impianto, il riferimento agli effetti negativi e significativi sulla salute umana – e non solo sull’ambiente – prodotti dalla variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto.
Ciò al fine di adeguare la norma a quanto previsto nell’art. 3, comma 9, della direttiva 2010/75/UE.
Recita l’art. 5 alla lettera l-bis)
modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto che, secondo l’autorita’ competente, producano effetti negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana[1]. In particolare, con riferimento alla disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attivita’ per la quale l’allegato VIII indica valori di soglia, e’ sostanziale una modifica all’installazione che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;
 
[1] Modifica ex L. Comunitaria 167/2017 vigente dal 12.12.2017

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Sospensione A.I.A.: cosa cambia nell'art. 29 decies Dlgs. 152/2006

Sospensione A.I.A.: come cambia l’art. 29 decies Dlgs. 152/2006
Legge Comunitaria 167/2017
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Legge comunitaria 2017 ha modificato il Codice ambientale in molte sue parti tra le quali proprio la normativa A.I.A. di cui agli articoli 29-bis ss.
La riforma succede a quella del Dlgs. 46/2014 ed incide anche sull’art. 29 decies modificando il comma 9 relativo ai provvedimenti che l’amministrazione può prendere in caso di violazioni. Cambiano modalità e tempi della “sospensione” che deve essere sempre a tempo determinato laddove esista pericolo per l’ambiente o in via alternativa per la salute e 2
Continua lettura e vai allo schema comparato art. 29decies post comunitaria
 

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Giustizia? Riflettiamo…

Si riporta l’intervento di Mascherin, Presidente del Consiglio Nazionale Forense, pubblicato nella rivista News CNF il 27.11.2017
L’intervento è forse incomprensibile da coloro che non conoscono le dinamiche processuali ma ritengo che tali considerazioni possano precisare il “sistema giustizia” anche a coloro che lo subiscono. Mascherini, con la sua eleganza, evidenzia con fermezza l’utilizzo di strumenti processuali e interpretazioni  non proprio rispondenti alle finalità della legge.

Nota in tema di pronunce di inammissibilità
Con una nota ufficiale trasmessa lo scorso 24 novembre, il Presidente del Consiglio Nazionale ForenseAndrea Mascherin, ha sottoposto al Primo Presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio, alcune questioni in materia di pronunce di inammissibilità.
“Con le decisioni n. 17450 e n. 26520 la Corte di cassazione ha dichiarato l’improcedibilità dei ricorsi per violazione dell’art. 369, c. 2, n. 2), c.p.c.. Nel primo caso – nel quale l’impugnazione riguardava una sentenza notificata a mezzo di posta elettronica certificata e le parti avevano convenuto sulla data di tale notificazione – in quanto vi era agli atti (oltre che copia conforme all’originale della sentenza impugnata, rilasciata dalla cancelleria del giudice d’appello) copia priva di attestazione di conformità del messaggio di posta elettronica certificata relativo alla notificazione, mentre il ricorrente avrebbe dovuto, secondo la Corte, “estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente L. n. 53 del 1994, ex art. 3-bis, comma 5, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche formate e depositare queste ultime presso la cancelleria della Corte entro il termine stabilito dalla disposizione codicistica””, ha detto il Presidente Mascherin.
“Ciò sul presupposto dell’attuale applicabilità della disciplina del processo civile telematico dinanzi alla Corte di cassazione solo limitatamente alle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili e della ritenuta ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 9, c. 1-ter, della l. n. 53 del 1994. Nel secondo caso l’improcedibilità è stata dichiarata perché agli atti vi era solo una stampa cartacea della sentenza digitale, senza attestazione di conformità, mentre avrebbe dovuto essere depositata la copia cartacea della sentenza asseverata dal difensore del ricorrente come conforme all’originale digitale presente nel fascicolo informatico ai sensi dell’art. 16-bis, c. 9-bis, del d.l. n. 179 del 2012.
In tale caso la Corte ha aggiunto (appare trattarsi di obiter dictum) che se viene impugnata una sentenza notificata con modalità telematiche, il ricorrente è soggetto ad un duplice onere: quello di asseverare come conforme all’originale la copia del provvedimento impugnato tratta dal fascicolo informatico e (richiamando la decisione sopra ricordata) quello di certificare la conformità agli originali digitali del messaggio di posta elettronica pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente. Quanto precede sul presupposto che “poiché l’originale del provvedimento è quello digitale presente nel fascicolo informatico, è da quello soltanto che può estrarsi una copia autentica. Se il difensore apponesse l’attestazione di conformità sulla copia del provvedimento che gli è stata notificata, anziché sull’originale scaricato dal PCT, egli attesterebbe la conformità di una “copia della copia”, anziché della copia estratta direttamente dall’originale””, ha aggiunto il presidente del Cnf.
“Tali decisioni destano perplessità e preoccupazione, in quanto ispirate ad un rigore formale che appare non giustificato dal quadro normativo di riferimento e non in sintonia con regole e scansioni del processo civile telematico, risolvendosi in irragionevoli restrizioni del diritto ad una decisione nel merito, non allineate con la giurisprudenza della Corte EDU in tema di accesso alla giurisdizione.
Indipendentemente dalla questione dell’estensione dei poteri di attestazione degli avvocati, sicuramente da condividersi nella prospettiva del migliore funzionamento del processo civile, va osservato che la produzione della relazione di notificazione redatta ai sensi del c. 5 dell’art. 3-bis della l. n. 53 del 1994 nulla aggiunge a quanto già risulta, tra l’altro quanto al tempo della notificazione, dal messaggio di posta elettronica certificata di cui allo stesso art. 3-bis.
Se poi si considera che in entrambi i casi in parola non erano state sollevate contestazioni circa la data della notificazione della sentenza (e la tempestività dell’impugnazione) e la conformità all’originale di quanto agli atti (messaggio di posta elettronica certificata relativo alla notificazione in un caso, copia cartacea della sentenza digitale nell’altro), il rigore delle decisioni assunte, che si ripete, si sono risolte nella negazione del diritto ad una decisione, appare vieppiù non connotato da quella prudente ragionevolezza che deve ispirare l’interpretazione e l’applicazione delle norme processuali nella prospettiva di un giusto processo. Analoghe preoccupazioni desta l’ordinanza n. 20672 di rimessione al primo Presidente, che appare indurre pericolose incertezze sulla validità degli atti del processo in forma di documento informatico.”, ha concluso Mascherin. 
adminGiustizia? Riflettiamo…
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Legge comunitaria 2017

Pubblicata Legge Comunitaria n. 167/2017
Come cambia il codice Ambientale e non solo…..
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


LEGGE 20 novembre 2017, n. 167 ovvero Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia  all'Unione  europea  -  Legge  europea
2017 pubblica in Gazzetta ufficiale del 27.11.2017.
Parte del testo è dedicato al codice ambientale che cambia in alcune sue parti innovando anche le
norme relative alla Autorizzazione integrata Ambientale.
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adminLegge comunitaria 2017
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Circolare Min. Ambiente: terre e rocce da scavo

Matrici da riporto – chiarimenti del Ministero
Circolare pubblicata sul sito del Ministero Ambiente – 10.11.2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Laddove non arriva la Legge arriva il Ministero che chiarisce ed interpreta…. con valore di Legge.
Vai alla lettura del testterre e rocce circolare
 

adminCircolare Min. Ambiente: terre e rocce da scavo
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Linee Guida UE – V.I.A.: screening, scoping e Studio impatto ambientale

Linee Guida Europee in materia di V.I.A.
Pubblicate sul sito del Ministero Ambiente (21.11.2017)
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Scrive il Ministero Ambiente al 21.11.2017:
“La Commissione europea ha pubblicato le nuove linee guida per la procedura di screening (verifica di assoggettabilità a VIA, art. 19 D.Lgs.152/2006), di scoping (definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale, art. 21 D.Lgs. 152/2006) e per la predisposizione dello Studio di Impatto Ambientale (studio di impatto ambientale, art. 22 D.Lgs. 152/2006).
Le nuove linee guida aggiornano e integrano le linee guida già pubblicate nel 2001 per garantire la necessaria coerenza con le nuove disposizioni della direttiva 2014/52/UE che ha introdotto significative modifiche alla disciplina della VIA, sia procedurali che tecniche.
..Si evidenzia la significativa importanza delle linee guida europee per la corretta attuazione delle nuove disposizioni introdotte dal D.Lgs. 104/2017 con particolare riferimento:

  • alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, al fine di predisporre correttamente lo Studio Preliminare Ambientale con i contenuti del nuovo Allegato IV bis alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006, che ha recepito l’Allegato II A della direttiva 2014/52/UE,
  • alla procedura di VIA, al fine di predisporre correttamente lo Studio di Impatto Ambientale secondo le indicazioni e i contenuti dell’art. 22 e dell’Allegato VII alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006, che ha recepito l’Allegato IV della direttiva 2014/52/UE, nelle more dell’adozione di linee guida nazionali e norme tecniche per l’elaborazione della documentazione finalizzata allo svolgimento della VIA, anche ad integrazione dei contenuti degli studi di impatto ambientale di cui all’Allegato VII alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006, in attuazione dell’art. 25 comma 4 del D.Lgs. 104/2017.

linee guida screening in inglese
linee guida scoping in inglese
linee guida Studio Impatto Ambientale in inglese

adminLinee Guida UE – V.I.A.: screening, scoping e Studio impatto ambientale
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Lavaggio Cassonetti – risponde il Ministero Ambiente

Lavaggio Cassonetti stradali – società pubblica
Risponde il Ministero Ambiente
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Il Ministero risponde al quesito di società addetta al lavaggio di cassonetti dislocati sul territorio lungo le strade pubbliche.
Chiede la società come inquadrare le acque di lavaggio residue e se possibile “stoccarle” in azienda.
Il ministero qualifica le acque come “rifiuti da manutenzione” ex art. 230 Dlgs. 152/2006 , soggette al deposito temporaneo nel rispetto dei requisiti.
Risposta quesito MIn. Ambiente – lavaggio cassonetti 

adminLavaggio Cassonetti – risponde il Ministero Ambiente
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Cani: lesioni personali, risponde solo il proprietario?

Prendersi cura di un cane randagio, può costare “caro”…
Responsabilità del mero detentore – Cass. penale 51448/2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Una famiglia si prende cura di una cane randagio, un pastore tedesco, che provvede ad aggredire il vicino di caso provocandogli lesioni.
Il vicino di casa aziona richiesta di risarcimento del danno e denuncia penale per lesioni (art. 590 c.p.) nei confronti del detentore dell’animale..
Dalle risultanze processuali infatti emerge che i figli dell’imputato erano soliti portare al guinzaglio e dare da mangiare al cane che aggredì per strada il vicino. Interessante anche la valenza che assume in giudizio l’offerta bonaria alla vittima di un risarcimento ritenuto dalla corte “un elemento indiziario dal quale presumere indirettamente un riconoscimento …di una qualche forma di responsabilità…”. Non solo , compaiono anche foto con il cane tenuto al guinzaglio e legato ad una catena nel cortile dell’ imputato.
Risulta dunque accertata una relazione di fatto (espressione della teoria del contatto sociale) con l’animale tale da far sorgere un obbligo di custodia in capo all’imputato.
Il mero possessore dell’animale assume dovere di custodia e di adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le reazioni dell’animale. Non basta neppure tenere il cane in un cortile recintato o con la catena e neppure la scritta “attenti al cane” è bastevole a sollevare di responsabilità anche il semplice detentore. Nessuna valenza alla mancanza di registrazione dell’anagrafe canina e all’apposizione di un microchip.
Affidare un cane peraltro randagio nelle mani dei propri figli, magari minorenni ed inadeguati a condurre il cane può provocare conseguenze importanti.
Così afferma la Cassazione pen. 51448/2017

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Tutela del dipendente che segnala illeciti – modifica al modello organizzativo "231"

Tutela del dipendente privato che segnala illeciti – “il segnalatore”
Come cambia l’art. 6 Dlgs. 231/2001- Whistleblowers
Modifiche al Dlgs. 231/2001 – comma 2 bis e 2ter e 2 quater art. 6 Dlgs. 231/2001
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Wistleblowers che presto diverrà semplicemente WB che tradotto significa “segnalatore” e qualcuno tradurrà in “spione”.
Un altro termine inglese entra nel nostro vocabolario perché la sua traduzione rende tale figura più comprensibile, più accettabile del termine “spione, delatore”.
Il tentativo del legislatore invero è di proteggere il dipendente che segnala illeciti nell’ambito del proprio ambiente lavorativo; il segnalatore deve però fare attenzione a non segnalare illeciti infondati.
Approvato ed in attesa di pubblicazione in Gazzetta ufficiale la legge di protezione per dipendenti pubblici e privati che segnalano illeciti. Il testo approvato si compone di 3 articoli.
Con riferimento al settore “privato” viene inserito il comma 2 bis e 2 ter, 2 quater all’art. 6 Dlgs. 231/2001 (norma perno di tutto il ….continua lettura articolo e schema art. 6 

adminTutela del dipendente che segnala illeciti – modifica al modello organizzativo "231"
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Legge Europea 2017: cosa cambia nel Dlgs. 152/2006

Legge Europea 2017: modifiche al Codice Ambientale
Acque: modifica all’allegato 5 parte 3 Dlgs. 152/2006
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Approvata la Legge Europea 2017 l’8 novembre 2017 ma non ancora pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
In anteprima si riporta l’art. 17 della Legge che inciderà sull’allegato 5 alla parte 3.
Art. 17.
(Corretta attuazione della direttiva 91/271/CEE in materia di acque reflue urbane, con riferimento all’applicazione dei limiti di emissione degli scarichi idrici)
1. Nella tabella 2 dell’allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili», le parole: «Potenzialità impianto in A.E.» sono sostituite dalle seguenti: «Carico generato dall’agglomerato in A.E.».
2. Le eventuali ulteriori attività di monitoraggio e controllo derivanti da quanto previsto dalla disposizione di cui al comma 1 sono svolte con le risorse disponibili a legislazione vigente, nei limiti delle disponibilità di bilancio degli organi di controllo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica o a carico della tariffa del servizio idrico integrato di cui all’articolo 154, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per le attività svolte dal gestore unico del servizio idrico integrato.
3. Dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare effetti sulle materie disciplinate ai sensi dell’articolo 92 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, né conseguenze sull’applicazione del medesimo articolo 92 in relazione ai limiti di utilizzo di materie agricole contenenti azoto, in particolare degli effluenti zootecnici e dei fertilizzanti, nelle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.

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Immissioni intollerabili: canna fumaria

Immissioni intollerabili e canna fumaria

La Corte di Cassazione 50620/2017 conferma il risarcimento

segnalazione a cura avvocati. Cinzia Silvestri


La sentenza della Cassazione descrive l’odissea giudiziale che due coniugi hanno deciso di affrontare al fine di liberarsi degli odori molesti e continui di fumi, odori  rumori provenienti dall’appartamento sottostante a causa di una fessura nella canna fumaria, come accertato nel corso del Giudizio. Immaginiamo dunque di vivere le giornate nella nostra casa avvolti dall’odore di “arrosto”, “fritto” o altro, magari tutti i giorni e nella notte. Legittima appare la reazione di chi subisce tale evento che però, in sede di giudizio, assume connotati non univoci e si scontra con la giustizia formale.

Così in sede penale il Tribunale di Gorizia assolve gli imputati del reato di cui agli articolo 674 cp; ma la Corte di Appello di Trieste riforma tale sentenza e condanna gli imputati al risarcimento del danno e a rifondere le spese di giustizia.

Gli imputati “molestatori” impugnano la sentenza della Corte di Appello in Cassazione la quale respinge il ricorso e conferma la sentenza evidenziando alcuni punti utili:

  1. Sulla prova: non occorre una perizia tecnica per accertare la violazione contestata. L’esistenza degli odori sgradevoli è stata accertata in sede di giudizio a mezzo di video ispezione di una fessurazione nella canna fumaria a servizio della loro abitazione, a circa un metro di distanza dall’appartamento soprastante abitato dalle parti civili; nonché dalla prova testimoniale  “.. sulla regolare e costante provenienza dalla stessa di odori di cucina sgradevoli, emergente dalla deposizione dello stesso H. , nonché del teste C.”; nonché dall’esito di altri giudizi penali e civili “. di quanto accertato negli altri giudizi penali e civili relativi alla medesima vicenda, conclusisi, a seguito di accertamenti tecnici..”.
  2. Giudizi con condanna degli imputati alla esecuzione dei lavori necessari ad eliminare la fessurazione presente nella condotta di aspirazione dei fumi e degli odori a servizio della loro abitazione.
adminImmissioni intollerabili: canna fumaria
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Ambiente/Sicurezza: apparecchi che bruciano carburanti gassosi

Ambiente/Sicurezza: apparecchi che bruciano carburanti gassosi 

Regolamento UE 2016/426 e Legge delega 25 ottobre 2017, n. 163

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


L’art. 7 della Legge 163/2017 delega il Governo per l’adeguamento della normativa
nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 9 marzo 2016, sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e
che abroga la direttiva 2009/142/CE.
Recita l’art. 7 :

“1. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, … uno o piu’ decreti legislativi
per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e che abroga la direttiva 2009/142/CE.
2. ..
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo e’ tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) aggiornamento delle disposizioni della legge 6 dicembre 1971, n. 1083, per l’adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, con abrogazione espressa delle disposizioni superate dal regolamento (UE) 2016/426 e coordinamento delle residue disposizioni;
b) salvaguardia della possibilita’ di adeguare la normativa nazionale regolamentare vigente nelle materie non riservate alla legge alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, alle sue eventuali successive modifiche, nonche’ agli atti delegati e di esecuzione del medesimo regolamento europeo, con i regolamenti di cui al comma 4;
c) individuazione del Ministero dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, del Ministero dell’interno e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, quali autorita’ di vigilanza del mercato ai sensi dell’articolo 36 del regolamento (UE) 2016/426;
d) previsione di sanzioni penali o amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravita’ delle violazioni degli obblighi derivanti dal regolamento (UE) 2016/426, conformemente alle previsioni dell’articolo 32, comma 1, lettera d), e dell’articolo 33, commi 2 e 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, .. il Governo adotta uno o piu’

regolamenti, ai sensi dei commi 1 o 2, a seconda della procedura seguita per l’adozione delle norme regolamentari da modificare, dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai fini dell’adeguamento della normativa nazionale regolamentare vigente nelle materie non riservate alla legge alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, alle sue eventuali successive modifiche, nonche’ agli atti delegati e di esecuzione del medesimo regolamento europeo.
5. Nell’esercizio della competenza regolamentare di cui al comma 4 il Governo e’ tenuto a seguire i seguenti criteri specifici:
a) aggiornamento delle disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661, per l’adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/426, con abrogazione espressa delle disposizioni superate dal regolamento (UE) 2016/426 e coordinamento delle residue disposizioni;
b) individuazione del Ministero dello sviluppo economico quale autorita’ notificante ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (UE) 2016/426;
c) fissazione dei criteri e delle procedure necessari per la valutazione, la notifica e il controllo degli organismi da autorizzare per svolgere compiti di parte terza nel processo di valutazione e verifica della conformita’ degli apparecchi che bruciano carburanti gassosi ai requisiti essenziali di salute e sicurezza di cui agli articoli 5 e 14 del regolamento (UE) 2016/426, anche al fine di prevedere che tali compiti di valutazione e di controllo degli organismi siano affidati mediante apposite convenzioni non onerose all’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi dell’articolo 4 della legge 23 luglio 2009, n. 99;
d) individuazione delle procedure per la vigilanza sul mercato degli apparecchi che bruciano carburanti gassosi ai sensi del capo V del regolamento (UE) 2016/426;
e) previsione di disposizioni in tema di proventi e tariffe per le attivita’ connesse all’attuazione del regolamento (UE) 2016/426, conformemente al comma 4 dell’articolo 30 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
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Sicurezza sul Lavoro: DPI e Reg. UE 2016/425

Sicurezza sul Lavoro e Dispositivi di Protezione Individuale
LEGGE 25 ottobre 2017, n. 163 – delega al recepimento direttive europee
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la
Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2016-2017.

La Legge impone all’Italia il recepimento di alcune Direttive Europee e all’art. 6 si occupa dei DPI

imponendo l’adeguamento al Regolamento UE del 2016 n. 425. L’Italia ha 1 anno di tempo per l’adeguamento che comporta anche la previsione di sanzioni. Vero è che la conoscenza di tale norma impatta sulle aziende che già sanno che il testo a cui fare riferimento, per il prossimo futuro, salva la precisazione legislativa italiana è il Regolamento UE.

Scrive la Legge:

“Art. 6

Delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle
disposizioni del regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 9 marzo 2016, sui dispositivi di protezione
individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio
1. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui
all’articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, acquisito il
parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o piu’ decreti
legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al
regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento europeo e del Consiglio, del
9 marzo 2016, sui dispositivi di protezione individuale e che abroga
la direttiva 89/686/CEE del Consiglio.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su
proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri
dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con i Ministri della giustizia, degli affari esteri e della
cooperazione internazionale, dell’economia e delle finanze e
dell’interno.
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo e’
tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di
cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i
seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) aggiornamento delle disposizioni del decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475, per l’adeguamento alle disposizioni del
regolamento (UE) 2016/425 e alle altre innovazioni intervenute nella
normativa nazionale, con abrogazione espressa delle disposizioni
incompatibili con il medesimo regolamento (UE) 2016/425 e
coordinamento delle residue disposizioni;
b) salvaguardia della possibilita’ di adeguare la normativa
nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/425 e agli atti
delegati e di esecuzione del medesimo regolamento europeo con
successivo regolamento, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, nelle materie non riservate alla legge
e gia’ eventualmente disciplinate mediante analoghi regolamenti;
c) individuazione del Ministero dello sviluppo economico quale
autorita’ notificante ai sensi dell’articolo 21 del regolamento (UE)
2016/425;
d) fissazione dei criteri e delle procedure necessari per la
valutazione, la notifica e il controllo degli organismi da
autorizzare per svolgere compiti di parte terza nel processo di
valutazione e verifica della conformita’ dei dispositivi di
protezione individuale ai requisiti essenziali di salute e sicurezza
di cui agli articoli 5 e 19 del regolamento (UE) 2016/425, anche al
fine di prevedere che tali compiti di valutazione e di controllo
degli organismi siano affidati mediante apposite convenzioni non
onerose all’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi
dell’articolo 4 della legge 23 luglio 2009, n. 99;
e) previsione di disposizioni in tema di proventi e tariffe per
le attivita’ connesse all’attuazione del regolamento (UE) 2016/425,
conformemente al comma 4 dell’articolo 30 della legge 24 dicembre
2012, n. 234;
f) previsione di sanzioni penali o amministrative pecuniarie
efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravita’ delle violazioni
degli obblighi derivanti dal regolamento (UE) 2016/425, conformemente
alle previsioni dell’articolo 32, comma 1, lettera d), e
dell’articolo 33, commi 2 e 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234,
e individuazione delle procedure per la vigilanza sul mercato dei
dispositivi di protezione individuale ai sensi del capo VI del
regolamento (UE) n. 2016/425;
g) abrogazione espressa delle disposizioni di legge o di
regolamento incompatibili con i decreti legislativi di cui al comma
1.
4. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni
interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo
con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.

adminSicurezza sul Lavoro: DPI e Reg. UE 2016/425
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ANAC/APPALTI: cause di esclusione

ANAC/APPALTI: mezzi di prova e cause di esclusione 
Reati ex Dlgs. 231/2001 – causa di esclusione – Linee Guida n. 6
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Con Provvedimento dell' 11.10.2017 l'ANAC pubblica aggiornamento
al decreto legislativo 19  aprile  2017,n.  56  delle linee guida n. 6,
di attuazione del  decreto  legislativo  18  aprile
2016, n. 50 recanti: «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle
carenze nell'esecuzione di un precedente  contratto  di  appalto  che
possano  considerarsi  significative  per  la   dimostrazione   delle
circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett.  c)  del
Codice».
Leggi provvedimento ANAC - cause esclusione appalto 
L'ANAC indica le ipotesi, non tassative, in cui l'esclusione dall'appalto
viene applicata e tra queste viene indicata anche la violazione del
Dlgs. 231/2001 ovvero la responsabilità della Società per determinati
reati presupposto. E ciò pone sempre più rilevanza al modello organizzativo
che sembra assumere valore obbligatorio (pur essendo facoltativo).
Scrive il provvedimento:
"...2.1. Rilevano quali cause di  esclusione  ai  sensi  dell'art.  80,
comma 5, lettera c)  del  codice  gli  illeciti  professionali  gravi
accertati  con  provvedimento  esecutivo,  tali  da  rendere   dubbia
l'integrita' del concorrente, intesa come moralita' professionale,  o
la  sua  affidabilita',   intesa   come   reale   capacita'   tecnico
professionale,   nello   svolgimento   dell'attivita'   oggetto    di
affidamento.  Al  ricorrere  dei  presupposti  di  cui   al   periodo
precedente,  gli  illeciti  professionali  gravi  rilevano  ai   fini
dell'esclusione dalle gare a prescindere dalla natura civile,  penale
o amministrativa dell'illecito.
  2.2. In particolare, rilevano le  condanne  non  definitive  per  i
reati di seguito indicati a  titolo  esemplificativo,  salvo  che  le
stesse configurino altra causa  ostativa  che  comporti  l'automatica
esclusione dalla procedura di affidamento ai sensi dell'art.  80  del
codice:
    a. abusivo esercizio di una professione;
    b.  reati  fallimentari   (bancarotta   semplice   e   bancarotta
fraudolenta,   omessa   dichiarazione   di   beni   da    comprendere
nell'inventario fallimentare, ricorso abusivo al credito);
    c. reati tributari ex decreto legislativo  n.  74/2000,  i  reati
societari, i delitti contro l'industria e il commercio;
    d. reati urbanistici di cui all'art. 44, comma 1 lettere b) e  c)
del testo unico delle disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380,  con  riferimento  agli  affidamenti  aventi  ad
oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria;
    e. reati previsti dal decreto legislativo n. 231/2001...
adminANAC/APPALTI: cause di esclusione
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Infortunio sul lavoro e responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001

Natura colposa dell’infortunio sul lavoro e responsabilità ex Dlgs. 231/2001
 Cassazione penale n. 24697/2016 – Responsabilità dell’Ente in caso di infortunio sul lavoro – risparmio dei costi non sostenuti
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Corte di Cassazione si occupa di un infortunio sul lavoro avvenuto presso impianto di frantumazione ad un lavoratore dipendente che riportava lesioni personali con conseguente incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 giorni.
Si apre il procedimento ex Dlgs. 231/2001 anche per la Società.
La sentenza della Cassazione ripercorre i presupposti per la imputabilità della Società Continua lettura articolo Cass. 24697.2016 231

adminInfortunio sul lavoro e responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001
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ARPA e poteri – Corte Cost. n. 132/2017

ARPA e poteri – consultivi e di controllo
 Corte Cost. 132/2017  
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


La Corte Costituzionale con sentenza 132/2017 ricorda l’ambito dei poteri delle Agenzie Regionali per l’ambiente che rimangono confinati nella natura tecnica delle attività svolte; natura tecnica che si esprime nelle attività  di prevenzione, di vigilanza e di controllo ambientale.
Le ARPA non possono svolgere attività di amministrazione attiva che sono espressione della discrezionalità amministrativa e che comportano la ponderazione di interessi che attendono dunque all’ambito della politica ambientale.
Nel caso di specie invero una legge regionale aveva delegato alle ARPA funzioni amministrative in materia di ambiente ed energia, conferendo dunque poteri di amministrazione attiva.

adminARPA e poteri – Corte Cost. n. 132/2017
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V.I.A. – Regione Veneto e Corte Costituzionale

Verifica di assoggettabilità – LRV 10/99 art. 7 comma 2 – incostituzionale
Corte Cost. sentenza 218/2017
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Recita la Corte Cost. 218/2017: “…Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 2, in relazione all’allegato C4, punto 7, lettera f), della legge della Regione Veneto 26 marzo 1999, n. 10 (Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione d’impatto ambientale), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

La disposizione censurata prevede l’assoggettamento alla procedura di verifica della valutazione di impatto ambientale dei soli progetti relativi alla realizzazione di strade extraurbane secondarie di lunghezza superiore a 5 km, ponendosi, ad avviso del rimettente, in contrasto con la disciplina statale dell’art. 23, comma 1, lettera c), e relativo allegato III, elenco B, punto 7, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che impone di sottoporre alla detta procedura tutti i progetti di strade extraurbane secondarie, senza consentire alcuna esclusione a priori fondata su criteri meramente dimensionali….”

Corte Costituzionale affronta questione utile a precisare anche i limiti del potere Regionale in materia ambientale e

“dichiara l’illegittimità costituzionale, a far tempo dal 31 luglio 2007, dell’art. 7 comma 2, della legge della Regione Veneto 26 marzo 1999, n. 10 (Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione d’impatto ambientale), nella parte in cui esclude dalla procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale le strade extraurbane secondarie di dimensioni pari o inferiori a 5 km.V….”
Si rinvia alla lettura della Sentenza della Corte Cost. 218/2017 
adminV.I.A. – Regione Veneto e Corte Costituzionale
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Split Payement…a tutte le società controllate dalla P.A.

Split Payement dal 1.1.2018…per tutte le società controllate pubbliche
Art. 3 Dlgs. 148/2017

segnalazione a cura avv. Cinzia Silvestri


Ritorna lo Split Payement…ma dal 1 gennaio 2018.

Recita l’art. 33 Dlgs. 148 del 16.10.2017:

Art. 3 Estensione Split payment a tutte le societa’ controllate dalla P.A.

1. All’articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il comma 1-bis e’ sostituito dal seguente: «1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle operazioni effettuate nei confronti dei seguenti soggetti:

0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;

0b) fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento;

a) societa’ controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;

b) societa’ controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e societa’ di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);

c) societa’ partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e societa’ di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);

d) societa’ quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto; con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 1 puo’ essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario.».

2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalita’ di attuazione delle norme di cui al comma 1.

3. Le disposizioni di cui al comma 1 hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2018 e si applicano alle operazioni per le quali e’ emessa fattura a partire dalla medesima data.

adminSplit Payement…a tutte le società controllate dalla P.A.
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V.I.A.: Criteri assoggettabilità – allegato V

V.I.A.: Criteri di verifica assoggettabilità
art. 20 Dlgs. 152/2006 e allegato V
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


L’allegato V parte II del Dlgs. 152/2006 è stato riformato dal Dlgs. 104/2017 .
Le caratteristiche dei progetti tevono tenere conto, con assoluta novità, anche “ dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o all’inquinamento atmosferico.

Per accedere allo schema comparato dell’allegato V della parte II del Dlgs. 152/2006 con tabella di confronto prima e dopo l’intervento del Dlgs. 104/2017 puoi chiedere la password di accesso iscrivendoti alla news del sito www.studiolegaleambiente.it o chiedi la password a cinzia.silvestri@studiolegaleambiente.it

schema confronto allegato V – key

adminV.I.A.: Criteri assoggettabilità – allegato V
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V.I.A.: Allegato IVbis – contenuti Studio Preliminare

Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale
art. 19 Dlgs. 152/2006 e allegato IVbis
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il previgente art. 20 Dlgs. 152/2006 è stato trasfuso e modificato nell’art. 19 riformato dal Dlgs. 104/2017.
L’Allegato IVBis è stato inserito dal Dlgs. 104/2017 ed indica il contenuto dello Studio Preliminare che è disciplinato dal nuovo art. 19 del Dlgs. 152/2006 che ha innovato termini e procedimento.
L’art. 19 prevede infatti che ..continua lettura schema allegato IV bis

adminV.I.A.: Allegato IVbis – contenuti Studio Preliminare
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