RIFORMA RIFIUTI: IL NUOVO CODICE AMBIENTALE – 16.9.2020

RIFORMA RIFIUTI: IL NUOVO CODICE AMBIENTALE – 16.9.2020

RIFORMA RIFIUTI: IL NUOVO CODICE AMBIENTALE

avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


RIVOLUZIONE RIFIUTI – NUOVO CODICE AMBIENTALE –

LA RIFORMA DEL DLGS. 3.9.2020 N. 116

a cura Studio Legale Ambiente


A dire il vero la rivoluzione del Dlgs. 116/2020 in gazzetta ufficiale del 3.9.2020 e vigente dal 26.9.2020 (mancano pochi giorni) era annunciata già dall’avvento della Direttiva 851/2018. Era solo questione di tempo. Tutto doveva cambiare. Di certo la riformulazione degli articoli porterà utili conseguenze al sistema gestione di rifiuti.

Per il momento si allega il testo del Dlgs. n. 116/2020

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avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


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Cinzia SilvestriRIFORMA RIFIUTI: IL NUOVO CODICE AMBIENTALE – 16.9.2020
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AMIANTO – LINEE GUIDA SNPA

AMIANTO – LINEE GUIDA SNPA

AMIANTO – LINEE GUIDA – SNPA – 7.9.2020

avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


SNPA pubblica le linee guida per l’Amianto. Ormai siamo abituati e attendiamo lo scrupoloso decalogo redatto dalle agenzie per l’Ambiente. Linee guida che pur non avendo valore di legge, tracciano utili strade che consentono un lettura complessiva del problema. L’amianto è disciplinato in modo poco omogeneo e presenta molte particolarità rispetto alla normativa ambientale di cui al d.lgs. 152/2006. Leggi Documento-di-indirizzo-per-la-valutazione-del-rischio-amianto-nel-SNPA_03_09-2020

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Cinzia SilvestriAMIANTO – LINEE GUIDA SNPA
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Materiali da riporto e test di cessione – 26.8.2020

Materiali da riporto e test di cessione – 26.8.2020

Materiali da riporto – test di cessione

TAR Toscana  n. 996/2020

 A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 26.8.2020


Siti contaminati e test di cessione sui materiali da riporto: il TAR Toscana afferma che il test debba essere comunque eseguito anche in caso di bonifiche.

*

Una società presenta piano di caratterizzazione di un’area ai fini di bonifica.

L’ente, nel piano di caratterizzazione, si concentra sui “materiali da riporto” e inserisce la seguente prescrizione: “in caso di rinvenimento di strati di materiale di riporto devono essere prelevati campioni di tale materiale da sottoporre al test di cessione secondo le metodiche di cui al DM 5.2.1998”.

La società impugna il provvedimento dell’ente che impartisce la prescrizione.

Sostiene la società che il test di cessione non deve essere eseguito nel caso di siti da bonificare. Il test di cessione deve essere riferito solo a quei materiali che non essendo soggetti ad altro tipo di controlli sul piano ambientale devono essere indagati nella loro potenzialità contaminante per poterli accomunare al suolo ed escluderli dalla disciplina dei rifiuti ai sensi dell’art. 185 D.lgs. 152/2006.

Secondo la società il test di cessione è previsto per quelle sole ipotesi in cui bisogna decidere se i materiali siano o meno contaminati anche ai fini della esclusione dalla disciplina dei rifiuti ex art. 185 Dlgs. 152/2006. Nel caso di “bonifica”, sostiene la Società, i materiali sono già assoggettati a tutte le indagini e controlli tipici della bonifica.

Ed invero effettuare o meno i test di cessione impatta gravemente sui costi aziendali e dunque pare una prescrizione ultronea ed evitabile.

*

Il TAR Toscana ha invece deciso che il test di cessione sul materiale di riporto deve comunque essere eseguito anche in caso di bonifica. Il TAR richiama l’art. 185 comma 1 Dlgs. 152/2006 che indica i casi di esclusione dalla normativa sui rifiuti:

“7.1 – L’art. 185, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 disciplina le ipotesi di esclusione dal “campo di applicazione della parte quarta del presente decreto” (cioè dalle “norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”) e tra i casi di esclusione contempla “il terreno (in situ), inclusi il suolocontaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati”.

Suolo e MMR

E’ nota la questione riferibile al termine “suolo” che ha richiesto interpretazione autentica espressa nel DL 2/2012 che il TAR ricorda:

“…L’art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 2 del 2012 stabilisce quindi che i riferimenti al “suolo”, contenuti in varie norme del d.lgs. n. 152 cit., tra cui l’art. 185, comma 1, cit., “si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo”.

Tuttavia la richiamata equiparazione non è stabilità in termini generali e indiscriminati. Infatti il successivo comma 2 dell’art. 3 del decreto-legge n. 2 cit. aggiunge

“ai fini dell’applicazione dell’articolo 185, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo n. 152 del 2006, le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte a test di cessione effettuato sui materiali granulari ai sensi dell’articolo 9 del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, .. ai fini delle metodiche da utilizzare per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee”.

Dunque l’equiparazione tra “suolo” e “materiali di riporto” passa attraverso la effettuazione del “test di cessione” di cui al richiamato decreto del Ministero dell’Ambiente.

Test di cessione e conseguenze

L’art 3 del decreto- legge n. 2 cit. ha infine cura di disciplinare le conseguenze giuridiche correlate agli esiti dell’effettuato “test di cessione”:

  1. a) “ove [i materiali di riporto risultino] conformi ai limiti del test di cessione, devono rispettare quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di bonifica dei siti contaminati” (comma 2 ultimo periodo);
  2. b) ben diversamente, invece, “le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione sono fonti di contaminazione e come tali devono essere rimosse o devono essere rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti o devono essere sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute”.

7.2 – La richiamata disciplina evidenzia la necessità dei “test di cessione” effettuati sui materiali di riporto, giacché correla all’esito di tali test differenti conseguenze giuridiche nonché operative: anche in caso di rispetto dei limiti propri del test di cessione è comunque necessario rispettare quanto previsto dalla normativa sulle bonifiche dei siti contaminati, mentre in caso di accertato mancato rispetto dei suddetti limiti i materiali di riporto sono assimilati a sorgenti di contaminazione ed il legislatore indica quali sono i precisi trattamenti tecnici da eseguire.

7.3 – Alla luce di tale quadro disciplinare risulta legittima la clausola contestata, la quale impone “in caso di rinvenimento di strati di materiale di riporto devono essere prelevati campioni di tale materiale da sottoporre al test di cessione secondo le metodiche di cui al DM del 5 febbraio 1998”, giacché solo all’esito di tali test potrà dirsi quali sono le operazioni tecniche cui devono essere sottoposti i materiali di riporto…

Cinzia SilvestriMateriali da riporto e test di cessione – 26.8.2020
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AUTORITA’ PER LA LAGUNA DI VENEZIA… A ROMA – 20.8.2020

AUTORITA’ PER LA LAGUNA DI VENEZIA… A ROMA – 20.8.2020

Autorità per la Laguna di Venezia …a Roma.

MO.S.E. – la rivoluzione dell’art. 95 D.L . 104/2020 

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 20.8.2020


Il DL del 14.8.2020 art. 95 ha istituito l’Autorità per la Laguna di Venezia (ALV?) operando una significativa rivoluzione di sistema. L’Autorità sarà controllata direttamente dal  Ministero infrastrutture e trasporti (Roma) pur avendo sede fisica a Venezia.

Diciamo subito che il comma 15 dell’art. 95  prevede che nelle more della piena operatività della nuova Autorità tutto rimane immutato ovvero le  funzioni, attività poteri sono svolte dalle amministrazioni e dagli enti competenti nei diversi settori. Così forse esiste il tempo per ponderare meglio lo spostamento a Roma del Controllo del MOSE, ad esempio, ed il Parlamento, che entro ottobre 2020 dovrà pronunciarsi, riuscirà a sistemare qualche stortura.

Bisogna ricordare che l’art. 18 comma 3 DL 90/2014 ha soppresso il Magistrato delle acque (1963) per le province venete e di Mantova e trasferito le relative funzioni al provveditorato alle opere pubbliche competente per territorio, ad oggi operante. Il controllo e le funzioni “lagunari” sono sempre rimaste legate al territorio. Tant’è che  l’art. 18 comma 3 del DL 90/2014 convertito con Legge 114/2014 prevedeva inoltre di trasferire (con apposito DPCM) alla città Metropolitana di Venezia (ex Provincia) tutte le competenze lagunari anche di polizia. Trasferimento che manteneva su Venezia il controllo. Ebbene l’art. 95 del DL 14.8.2020 ha spazzato via ogni passaggio, istituito l’ALV e rimesso il controllo a Roma a mezzo del Ministero.

La relazione al Decreto Legge agostano ricorda anche le leggi speciali di Venezia.

La L. 366/1963 definiva l’ambito Lagunare, il perimetro, che si estende dalla foce de Sile (conca del Cavallino) alla foce del Brenta (conca di Brontolo). Legge che affidava al magistrato delle Acque il controllo di tale perimetro acqueo.

Seguiva la prima legge speciale di Venezia n. 171 del 1973 recante “interventi per la salvaguardia di Venezia” che fissava tre obiettivi (salvaguardia fisica, ambientale e socioeconomica) da attuare attraverso provvedimenti attuativi dello Stato, del Magistrato acque, regione ed enti locali.

Nel 1984 interviene la legge speciale n. 798 che prevede finanziamenti ma soprattutto istituisce un Comitato di indirizzo per coordinare i vari interventi. La Legge speciale 798/1984 pone anche la questione nota del MO.S.E. ovvero definisce i criteri generali del progetto per gli interventi alle bocche di porto con sbarramenti manovrabili.

Ebbene l’insieme di tutte le funzioni, poteri indicati nelle 3 leggi speciali veneziane confluiscono ora, grazie all’art. 95 del DL agostano, nella nuova Autorità per la Laguna di Venezia.

Il comma 2 dell’art. 95 citato riepiloga parte dei poteri e funzioni dell’ALV.

Il MO.S.E. è centrale; il controllo è capillare. La lettera d) del comma 2 indica che l’ALV “svolge attività di gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria del MOSE; a tal fine, per lo svolgimento dei servizi professionali e di assistenza tecnica ad elevata specializzazione non reperibili presso le pubbliche amministrazioni, può costituire…una società da essa interamente partecipata, i cui rapporti con l’Autorità sono disciplinate mediante convenzioni finanziate con le risorse disponibili a legislazione vigente per le attività di manutenzione del MOSE. La società opera sulla base di un pianto che comprovi la sussistenza di concrete prospettive di mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione..”.

 Inutile dire che questa disposizione rimanda alle vicende corruttive che hanno interessato il MOSE e che rinvia a quelle società costituite proprio per il MOSE che hanno creato un sistema facile e abusato che conosciamo per cronaca. In ogni caso l’art. 95 si occuperà anche delle società ancora operative (meglio in altro articolo).

Una prima riflessione collega la visita di Conte (Governo) al Mose, in occasione del Collaudo avvenuto qualche settimana fa. Questa rivoluzione operativa è frutto della visita di Conte al MOSE? Perché inserirla nel decreto Agostano? Quale è la ragione di urgenza che la sostiene?

Leggi DL 104.2020 art. 95

Cinzia SilvestriAUTORITA’ PER LA LAGUNA DI VENEZIA… A ROMA – 20.8.2020
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Incenerimento e qualifica in R1- 11.8.2020

Incenerimento e qualifica in R1- 11.8.2020

Incenerimento e Recupero in R1

Importanza e finalità – T.R.G.A. Bolzano n. 294/2016 

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Leggi articolo pubblicato su rivista Recoverweb giugno 2020.

Incenerimento e Recupero in R1

Importanza e finalità – T.R.G.A. Bolzano n. 294/2016

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 10.8.2020


La sentenza del TRGA sez. Bolzano n. 294/2016 richiama l’attenzione su tema delicato e poco compreso, anche perché legato agli impianti d’incenerimento, da sempre avversati dalla comunità. La questione affrontata dal TRGA riguarda la richiesta di modifica della Autorizzazione Integrata Ambientale dell’inceneritore di Bolzano in R1 (recupero – utilizzazione come combustibile o come altro mezzo per produrre energia). Passaggio voluto dal legislatore del 2014 (D.L. n. 133/2014 e L. n. 164/2014 art. 35, comma 5) per tutti gli inceneritori che dunque sono tenuti a dismettere la destinazione allo smaltimento (D10). Il recupero di energia, dal 2014, è dunque finalità degli inceneritori.

Recupero energetico che aiuta gli inceneritori al passaggio, anch’esso voluto dal legislatore del 2014, dalla capacità nominale dell’impianto (tonnellate di rifiuti al giorno) che viene fissata dalla amministrazione, al “carico termico”, che permette all’impianto di viaggiare a saturazione, a pieno carico, senza limiti giornalieri.

La qualifica in R1 porta con se’ alcuni benefici: consente, ad esempio, di raccogliere maggiori rifiuti (che aiutano il carico termico) ed anche di abbattere l’ecotassa; benefici che trovano ragione proprio nell’evitare lo smaltimento.

FORMULA DI EFFICIENZA ENERGETICA

Il legislatore italiano (Dlgs. n. 205/2010), uniformandosi alla Direttiva CE 2008/98, riportava, nell’allegato C della Parte IV del Dlgs. 152/2006 la nota (4) che indicava la “formula” per il calcolo dei livelli di efficienza e di recupero del contenuto energetico dei rifiuti urbani; nel 2011 venivano emanate le Linee Guida UE sull’R1; Linee Guida che seppur non vincolanti sono state poste alla base delle valutazioni di efficienza.

La “formula” di efficienza energetica peraltro è mutata nel tempo. La prima formulazione della nota 4 sopra citata (Dlgs 205/2010) è stata sostituita dall’art. 1 comma1, DM 7 agosto 2013 e poi dall’ art. 1, comma1, D.M. 19.5.2016 n. 134. Modifiche che hanno introdotto il fattore climatico, non previsto nelle Linee Guida UE del 2011.

Ciò che più conta è che l’impianto d’ incenerimento, per sua vocazione recuperatore di energia, ottiene la qualifica in R1 tutte le volte che i calcoli di efficienza rispettano la formula e l’amministrazione è chiamata solo a “verificare” tale sistema.

LEGAME TRA CARICO TERMICO E R1

Permettere all’impianto il carico termico significa consentire di “bruciare” (anche se termine improprio) a pieno carico. La qualifica in R1, in termini di energia, è conseguenziale e facilitata anche dal carico termico. Sono due punti che dialogano ma non sono inscindibili. Significa che l’impianto che viaggia col carico termico potrebbe non raggiungere l’efficienza energetica di cui alla formula sopradetta (caso raro), senza però incidere sul “carico termico”. Il Carico termico aiuta la qualifica in R1 che a sua volta agevola il carico termico. Tuttavia non si può concludere che se non si ottiene R1 allora non si può viaggiare a carico termico. La conseguenza sarebbe il ritorno ad uno stato non permesso dal legislatore del 2014 ovvero la capacità nominale dell’impianto, che consente di “bruciare” solo alcune tonnellate di rifiuti al giorno (imposte dalla amministrazione) con la finalità dello smaltimento (D10).

Il CASO

In questo quadro di riferimento, la sentenza del TRGA Bolzano n. 294/2016 precisa alcuni contenuti a fronte delle contestazioni della associazione ambientalista che impugnava proprio la qualifica in R1 ottenuta dall’impianto di Bolzano.

Il Tribunale ripercorre la storia normativa e ricorda il compito di “verifica” delle amministrazioni sul punto: “ Poco tempo dopo entrava in vigore il D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito in legge con L. 11 novembre 2014, n. 164. Per quanto di interesse nella presente causa, tale decreto legge prevedeva all’art. 35, comma 5, che “entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per gli impianti esistenti, le autorità competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1 e, quando ne ricorrono le condizioni e nel medesimo termine, adeguano in tal senso le autorizzazioni integrate ambientali”.

Modifica non sostanziale (R1)

La Società dunque presentava modifica non sostanziale per ottenere la qualifica in R1 che subito veniva concessa dalla amministrazione.

Si consideri che il favore del legislatore permette di considerare la richiesta di qualifica in R1 (che consegue ad almeno 1 anno di funzionamento dell’impianto) quale modifica NON sostanziale e dunque considerata priva di impatti ambientali.

Il Tribunale conferma la correttezza della  istanza di modifica non sostanziale in quanto “non si è in presenza di alcun incremento del valore di una delle grandezze oggetto della soglia…La nuova classificazione dell’impianto da D10 a R1 non comporta quindi nessuna modifica all’impianto stesso, che del resto, come già detto sopra, sin dall’inizio era stato concepito per massimizzare l’efficienza energetica. …”.

Continua il TAR: “..Anche nel piano di gestione rifiuti della Provincia Autonoma di Bolzano (all. 2 della Provincia) si prevedeva espressamente l’utilizzo del calore dall’incenerimento dei rifiuti. … Con l’incenerimento il volume dei rifiuti si riduce a un decimo e a un terzo il peso. L’energia del processo d’incenerimento può essere utilizzata in forma di energia elettrica o calore. L’utilizzo di calore dall’incenerimento dei rifiuti sostituisce 1.500 m3/anno di metano” e al punto 5.3.2 che “per l’Alto Adige, dove è prevista la realizzazione di un unico impianto da 100.000 – 130.000 ton/anno e con una disponibilità di suolo per la realizzazione di nuove discariche estremamente limitata, si può affermare che il trattamento termico dei rifiuti con recupero energetico è ambientalmente e economicamente migliore rispetto alle altre forme di pretrattamento”.

SMALTIMENTO

Il Tribunale inoltre sottolinea questione non ancora compresa: “ Del tutto infondata è al riguardo l’affermazione delle ricorrenti che “l’attività di trattamento termico dei rifiuti debba essere qualificata come smaltimento”. Ed invero, la sentenza C-458/00 del 13.2.2003 della Corte di Giustizia Europea richiamata al riguardo dalle ricorrenti non è più applicabile al caso de quo, in quanto la Direttiva (CE) 19 novembre 2008, n. 98, relativa ai rifiuti ora riporta una formula per il calcolo dei livelli di efficienza e di recupero del contenuto energetico dei rifiuti urbani, qualora essi siano destinati alla produzione di energia elettrica e/o termica…A partire dall’anno 2008, quindi, è univoca la definizione di impianto di recupero energetico, definizione subordinata al raggiungimento di standard minimi energetici prestazionali. Alla luce di quanto precede, appare corretta la decisione dell’Amministrazione provinciale di considerare il passaggio da D10 a R1 dell’impianto de quo come modifica non sostanziale….”

Cinzia SilvestriIncenerimento e qualifica in R1- 11.8.2020
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Dichiarazioni mendaci e Decreto Rilancio (2): novità – 10.8.2020

Dichiarazioni mendaci e Decreto Rilancio (2): novità – 10.8.2020

DICHIARAZIONI MENDACE – ANNULLAMENTO D’UFFICIO?

Decreto Rilancio e semplificazioni amministrative (2)

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 10.8.2020


Il DL del 19 maggio 2020 n. 34 è stato convertito con Legge del 17 luglio 2020 n. 77 – Decreto Rilancio. Legge che disciplina le misure urgenti connesse all’emergenza Covid fino al 31.12.2020.

Il Decreto convertito dedica l’art. 264 alla “semplificazione” dei procedimenti amministrativi ed il primo comma è diviso in 6 punti dalla lettera a) alla lettera f). Punti che trovano premessa del primo comma che indica la finalità che aspira alla “massima semplificazione”, alla “accelerazione dei procedimenti amministrativi” ma soprattutto alla “rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese”.Tale obiettivo “massimo” è “in relazione all’emergenza Covid, dalla data di entrata in vigore del presente decreto (maggio 2020) e fino al 31.12.2020.

Giova precisare che il DL Rilancio (DL 34 del 19 maggio 2020) ha già subito modifiche dal Decreto (DL 76 del 16.7.2020), in corso di conversione, che continua l’opera iniziata di “semplificazione”. 

Primo punto – procedimenti avviati ad istanza di parte

L’art. 264 comma 1 lettera a)si è occupato dei procedimenti avviati su istanza di parte che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici da parte delle pubbliche amministrazioni, in relazione si badi all’emergenza covid. La semplificazione governativa,come già indicato nell’articolo pubblicato su questo sito,passa attraverso l’ampliamento dei casi di utilizzo in deroga delle dichiarazioni sostitutive e certificazioni di cui al DPR 445/2000 artt. 46,47 e all’inasprimento delle sanzioni di cui all’art. 76, 75,71 DPR 445/2000.

Secondo punto – annullamento d’ufficio – lettera b), comma 1, art. 264 DL 34/2020

In questa ipotesi il Legislatore accorcia i tempi concessi alla P.A. per annullare d’ufficioil provvedimento illegittimo emesso in ragione dell’emergenza Covid. L’intervento pare finalizzato all’accelerazione dei procedimenti amministrativi ma non è facile identificare la finalità che forse è collegata al tipo di provvedimento che deve essere annullato. Il legislatore si riferisce a provvedimenti illegittimi emanati nel periodo Covid e dunque “illegittimi” con riferimento ai presupposti dettati dall’emergenza, si ritiene. Tali provvedimenti ”illegittimi” possono essere annullati in un tempo di soli 3 mesi (in deroga alla disposizione generale che ne concede 18).

Riflessione

L’oggetto di questo punto è l’annullamento d’ufficio ovvero attività spontanea della P.A. che riconosce l’ illegittimità del proprio provvedimento. Ipotesi che in genere è sollecitata dalla parte interessata. Tuttavia il Governo/Legislatore si occupa dell’annullamento d’ufficio disciplinato espressamente dall’art. 21-nonies della L. n. 241/90.

Pensiamo, ad esempio, ad una ordinanza in materia ambientale ai sensi dell’art. 191 Dlgs. 152/2006 da parte delle Regioni (ne sono state emesse molte in costanza Covid). Ordinanze emesse a marzo 2020 che presentino vizi rispetto alle indicazioni legislative/governative in deroga.  Il termine per l’annullamento d’ufficio da parte della Regione pare spirare a giugno 2020 (3 mesi) laddove la presente disposizione è vigente dal maggio 2020. Se la Regione non annulla d’ufficio cosa succede?

Forse lo stimolo all’annullamento d’ufficio risiede proprio nella disposizione dell’art. 21-nonies, che richiama alla: “Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.

Quali sono gli atti annullabili?

La deroga dell’art. 264 richiama per intero l’art. 21-octies della legge 241/90 relativo alla annullabilità del provvedimento amministrativo“adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.

L’art. 21-nonies permette di evitare l’annullamento in due casi:

  • Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
  • Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimentoqualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Il decreto semplificazioni DL 76/2020 ha inserito in calce alla seconda ipotesi (omessa comunicazione di avvio procedimento ex art. 7 L. 241/90) una deroga: “La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis”. L’art. 10-bis disciplina la comunicazione dei motivi che ostano, da parte della pubblica amministrazione, all’accoglimento dell’istanza di parte. Viene aggiunta dunque  ipotesi di annullabilità (art. 10-bis L. 241/90) prima assorbita dal secondo periodo dell’art. 21-nonies.

ANNULLAMENTO – 3 MESI

In questo quadro di riferimento, l’art. 264, comma 1, lett. b) precisa che “i provvedimenti amministrativi illegittimi ai sensi dell’art. 21-octies L. n. 241/90, adottati in relazione all’emergenza Covid, possono essere annullati d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro il termine di 3 mesi, in deroga all’art. 21-nonies, comma 1, L. n. 241/90 che prevede invece il termine di 18 mesi (1 anno e mezzo).

Il termine decorre dall’adozione del provvedimento espresso ovvero dalla formazione del silenzio assenso, recita l’art. 264 citato. Termine che richiama, parzialmente, il testo dell’art. 21-nonies derogato: “ dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20…”.

VERIDICITA’ DELLE DICHIARAZIONI

I provvedimenti amministrativi, si pensi all’ autorizzazione ambientale, possono essere adottati sulla base di false rappresentazioni dei fatti, sulla base di dichiarazioni non veritiere. In questo caso l’amministrazione non ha responsabilità.  L’atto viziato, per responsabilità del dichiarante, è dunque annullabile in ogni tempo – pur in seguito alla sentenza passata in giudicato che accerti la condotta non veritiera.

L’ importanza della veridicità delle dichiarazioni rese dalla parte istante è leit motiv dell’art. 264 in commento (decreto Rilancio). In questo caso l’art. 21-nonies permette di annullare l’atto amministrativo viziato, si badi, in seguito all’accertamento con sentenza passata in giudicato di condotte costituenti reato, ben oltre al termine di 18 mesi sopra riferito e salve le sanzioni penali e quelle di cui al DPR 445/2000. Così recita l’art. 21-nonies:

2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaciper effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445

Così l’art. 264 citato, replica proprio il comma 2bis dell’art. 21-nonies, indicando solo differente termine che “resta salva l’annullabilità d’ufficio anche dopo il termine di 3 mesi…”.Il riferimento alle sanzioni di cui al DPR 445/2000 cambia nella sostanza laddove il Governo ha inasprito le sanzioni (cfr. art. 264 comma 2 lett. a) – modifica agli artt. 71,75,76 DPR 455/2000).

Cinzia SilvestriDichiarazioni mendaci e Decreto Rilancio (2): novità – 10.8.2020
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DICHIARAZIONI MENDACI e Decreto Rilancio (1) – 6.8.2020

DICHIARAZIONI MENDACI  e Decreto Rilancio (1) – 6.8.2020

Dichiarazioni mendaci e conseguenze

Decreto Rilancio e semplificazioni amministrative

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 5.8.2020


Il DL del 19 maggio 2020 n. 34 è stato convertito con Legge del 17 luglio 2020 n. 77 – Decreto Rilancio. Legge che disciplina le misure urgenti connesse all’emergenza Covid fino al 31.12.2020.

Il Decreto convertito dedica l’art. 264 alla “semplificazione” dei procedimenti amministrativi. Semplificare è parola che piace al Governo che pare però confuso sul suo significato.

Il primo comma indica la finalità che aspira alla “massima semplificazione”, alla “accelerazione dei procedimenti amministrativi” ma soprattutto alla “rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese”. Ma attenzione, perché il comma si chiude indicando che tale obiettivo “massimo” è “in relazione all’emergenza Covid, dalla data di entrata in vigore del presente decreto (maggio 2020) e fino al 31.12.2020.

La lettura dell’art. 264 chiarisce che la semplificazione non è attuata attraverso percorsi di controllo amministrativo più snelli ma sollevando l’amministrazione dal controllo iniziale e trasferendo la responsabilità sulla veridicità delle dichiarazioni ai soggetti istanti.

Utile palestra per comprendere la comunicazione Governativa è la lettera a) comma 1 dell’art. 264 relativa alle istanze per l’erogazione di benefici economici (indennità, prestazioni previdenziali, erogazione contributi, finanziamenti, prestiti, sospensioni ecc..).

E’ bene ricordare che le dichiarazioni possono avere ad oggetto “certificazioni” (art. 46 DPR 445/2000) e dunque il soggetto dichiara il proprio stato anagrafico, di famiglia, di essere rappresentante legale, di non aver condanne penali ecc.. L’art. 46 citato elenca gli atti, i certificati che possono essere sostituiti dalla dichiarazione sostitutiva. Norma applicabile in ogni contesto e dunque appare richiamo inutile salva la volontà di applicare tale meccanismo laddove alcune norme di settore (appunto) ne escludano il beneficio. Anche questa è comunicazione governativa. Forse doveva essere precisata la comune applicazione dell’art. 46 DPR 445/2000 ed indicate invece le norme che vengono derogate, si badi fino al 31.12.2020.

Lo stesso dicasi per le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà ex art. 47 DPR 445/2000 che hanno ad oggetto dichiarazioni su stati personali, fatti che non rientrano nelle certificazioni sopra riferite. Sono dichiarazioni che in genere vengono rese avanti a pubblico ufficiale o notaio.

La semplificazione, così intesa, ha un costo che non ricade sull’amministrazione ma sul soggetto istante.  Così il Governo dopo aver confermato l’applicazione della norma generale di cui agli artt. 46 e 47 DPR 445/2000 provvede a riformare proprio il DPR 445/2000 nella parte relativa ai controlli e alle sanzioni.

Art. 71 DPR 445/2000

Il comma 1 dell’art. 71 del DPR 445/2000 in materia di controlli viene sostituito. Utile la lettura comparativa delle modifiche. Il “fondato dubbio” previgente viene sostituito dal “ragionevole dubbio” in ragione del proporzione tra il rischio e l’entità del beneficio. Ad ogni lettore la propria interpretazione applicativa.

art. 71 DPR 445/2000 previgente Art. 71 DPR 445/2000 vigente dal 17.7.2020
1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47. 1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del benefìcio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni dì cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni.

Art. 75 DPR 445/2000

Il Governo riforma anche l’art. 75 DPR 445/2000 relativo alla decadenza dei benefici concessi inserendo il comma 1bis. Il primo comma già prevedeva la decadenza dei benefici conseguenti al provvedimento emanato laddove sia accertata una dichiarazione “non veritiera”. La dichiarazione mendace ora aggrava la situazione del dichiarante perché consegue anche

  • revoca di benefici già erogati, non solo di quello concesso;
  • il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni

Così il nuovo articolo 75 DPR 445/2000:

Articolo 75 Decadenza dai benefici 

  1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 76, qualora dal controllo di cui all’articolo 71emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.

1-bis. La dichiarazione mendace comporta, altresì, la revoca degli eventuali benefìci già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza. Restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio. 

ART. 76 DPR 445/2000

Il Governo provvede a riformare anche l’art. 76 DPR 445/2000 dedicato proprio alle sanzioni penali che conseguono alla dichiarazione mendace. Sanzioni penali non precisate dal legislatore che si riferisce genericamente al codice penale e alle leggi speciali in materia. Le conseguenze invero sono variabili a seconda del comportamento. In ogni caso il Governo ha pensato di inasprire le pene con un aumento da un terzo alla metà. La lettura comparata delle modifiche all’art. 76 DPR 445/2000 chiarisce la novità:

 art. 76 previgente Art. 76 vigente
1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. 1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà.

La modifica che, si teme, non avrà vigenza solo fino al 31.12.2020, è significativa. Si consideri che uno dei reati tipici conseguenti alle dichiarazioni mendaci è l’art. 483 c.p. che così recita:

c.p. art. 483. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale , in un atto, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità  è punito con la reclusione fino a due anni .

Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile [c.c. 449; c.p. 495], la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

Ciò significa che la dichiarazione mendace, in forza dell’aumento, verrà punita con una pena della reclusione di 2 anni e 8 mesi (aumento di 1/3) o 3 anni (aumento ½); nel caso del secondo comma la reclusione non potrà essere inferiore a 4 mesi o 6 mesi.

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Cinzia SilvestriDICHIARAZIONI MENDACI e Decreto Rilancio (1) – 6.8.2020
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Bonifiche: novità nel Decreto semplificazioni – 27.7.2020

Bonifiche: novità nel Decreto semplificazioni – 27.7.2020

Decreto semplificazioni – interventi ed opere in siti bonificati Art. 242-ter, Dlgs. 152/2006 – D.L. n. 76/2020

avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


Il Decreto semplificazioni (D.L. n. 76/2020) ha operato interventi radicali non sempre coerenti con la volontà di “semplificare”.

Con vigenza immediata dal 17.7.2020 il Governo ha inserito nuovo articolo 242-ter Dlgs. n. 152/2006, con l‘intento di semplificarele procedure per interventi e opere dei siti oggetto di bonifica. La lettura dell’articolo tuttavia desta alcune riflessioni sulla concreta “semplificazione”, che forse potranno essere risolte in sede di conversione in legge. Ad oggi pare che la vera “semplificazione” sia nelle mani delle Regioni che potranno esentare da procedure o articolare procedure snelle, semplici.

Art. 242 – ter Comma 1: quali opere possono essere realizzate nei siti oggetto di bonifica?

Il Governo consente la realizzazione di alcuni interventi, li elenca (si ritiene con  intento tassativo) e poi chiude il corposo elenco indicando una condizione lata, ampia: detti interventi non devono interferire con la bonifica né recare rischio alla salute dei lavoratori. Il problema è individuare quandol’intervento o l’opera non impatta sulla bonifica (in corso) e quandonon incide sulla salute dei lavoratori.

Così si esprime il Governo: Nei siti oggetto di bonifica, inclusi i siti d’interesse nazionale, possono essere realizzati interventie opererichiesti

dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro,
di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché
opere lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale,
altre opere lineari di pubblico interesse,
di sistemazione idraulica,
di mitigazione del rischio idraulico,
opere per la realizzazione di impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili e di sistemi di accumulo, esclusi gli impianti termoelettrici, fatti salvi i casi di riconversione da un combustibile fossile ad altra fonte meno inquinante o qualora l’installazione comporti una riduzione degli impatti ambientali rispetto all’assetto esistente, opere con le medesime connesse, infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, nonché
le tipologie di opere e interventi individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 7-bis,
a condizione chedetti interventi e opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudichino né interferiscano con l’esecuzione e il completamento della bonifica, né determinino rischi per la salute dei lavoratorie degli altri fruitori dell’area nel rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Art. 242 ter comma 2 – chi controlla?

Si comprende che nell’ambito del procedimento di bonifica, l’interessato/proponente può chiedere, ad esempio, lasistemazione idraulica dell’area(che insiste sul territorio da bonificare). Si apre procedimento di approvazione e autorizzazione degli interventi e, se del caso, nell’ambito della procedura di V.I.A.. L’autorità competente (individuata secondo il titolo V della parte IV – bonifiche) deve controllare e verificare che l’intervento di sistemazione idraulicanon impatti sulla bonifica in corso e non rechi pregiudizio ai lavoratori, che di fatto intervengono in un sito potenzialmente inquinato. A dire il vero, se deve essere attivata autonoma procedura relativa all’intervento/opera, la semplificazione sperata, non si coglie. La lettura mera dell’articolo sembra rinviare ad autonoma procedura, distinta da quella di bonifica, e finalizzata proprio a valutare l’impatto dell’intervento sulla bonifica e sui lavoratori. Così il comma 2:

La valutazione del rispetto delle condizioni di cui al comma 1 è effettuata da parte dell’autorità competente ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del presente decreto, nell’ambito dei procedimenti di approvazione e autorizzazione degli interventi e, ove prevista, nell’ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale.
Art. 242-ter comma 3 Dlgs. 152/2006 – Regioni e procedura “esente”.

Il Governo, dopo aver indicato la necessità di una procedura autorizzativa di controllo sugli interventi ed opere di cui al comma 1, provvede a semplificarerinviando alle Regioni e al MIN.AMB. (per le aree ricomprese nei siti di interesse nazionale) l’individuazione degli interventi che non necessitanodella preventiva valutazione dell’autorità competente. Si comprende che le Regioni, possono indicare gli interventi da realizzare senza procedura di autorizzazione (esenti). Sempre le Regioni (o Min. Amb.) – se è invece necessaria la procedura di controllo (l’intervento non è esente) – definiscono i criteri e le procedure per la predetta valutazione e le modalità di controllo. La Regione pare essere dunque il perno della “semplificazione”perché ha il potere di esentaredalla procedura o di definirela procedura autorizzativa e i criteri utili per la valutazione ed il controllo di quell’intervento od opera che impatta su sito in corso di bonifica o da bonificare.

Quali sono gli interventi sui quali la Regione può ritenere esente da procedura o imporre la procedura e crearela procedura? Il comma 3 richiama il corposo elenco del comma 1 ma anche l’art. 25 del DPR 120/2017  (Reg. Terre e rocce da scavo) inserito nel titolo V relativo alle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica. Art. 25 citato è chiave di lettura del presente articolo e si pone in osmosi giuridica perché è norma di riferimento del presente articolo.

Così il comma 3:

Per gli interventi e le opere individuate al comma 1, nonché per quelle di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto per le aree ricomprese nei siti di interesse nazionale, e le regioni per le restanti aree, provvedono all’individuazione delle categorie di interventi che non necessitano della preventiva valutazione da parte dell’Autorità competente ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del presente decreto, e, qualora necessaria, definiscono i criteri e le procedure per la predetta valutazione nonché le modalità di controllo.
Art. 242-ter comma 4 Dlgs. 152/2006 – procedure

Fino a quando le Regioni non provvederanno in merito si apre un vulnus, un tempo senza disciplina. Così il Governo interviene disciplinando alcune ipotesi, in attesa delle Regioni; disciplina provvisoria che però esprime un disagio operativo e crea dubbio sul significato di “semplificazione”. Nella ipotesi a), sotto riferita, il Governo scandisce i tempi (30 giorni + 15 giorni) ma obbliga il proponente non solo alla redazione di un Piano di indagini preliminari ma a concordare con Arpa tale piano. Arpa decide ma se non provvede il Governo invitaad adire l’ISPRA, altro interlocutore. Non si comprende per quale motivo l’Arpa, primo interlocutore con il quale si concorda il piano, non dovrebbe rispondere. Stupisce che a fronte di un ipotetico silenzio dell’arpa il Governo non ponga rimedi agevolatori al proponente ma inviti (non impone) il proponente ad adire altro soggetto ISPRA; con ciò cumulando non solo attività (piano, istanze, incontri) ma anche tempi. Cosa succede se ISPRA non si pronuncia? Il proponente può proseguire l’intervento?

Così il comma 4:

Ai fini del rispetto delle condizioni previste dal comma 1, anche nelle more dell’attuazione del comma 3, sono rispettate le seguenti procedure e modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni movimentati:
a) nel caso in cui non sia stata ancora realizzata la caratterizzazione dell’area oggetto dell’intervento ai sensi dell’articolo 242, il soggetto proponente accerta lo stato di potenziale contaminazione del sito mediante un Piano di indagini preliminari. Il Piano, comprensivo della lista degli analiti da ricercare, è concordato con l’Agenzia di protezione ambientaleterritorialmente competente che si pronuncia entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito. In caso di mancata pronuncia nei termini da parte dell’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente, il Piano di indagini preliminari è concordato con l’ISPRAche si pronuncia entro i quindici giorni successivi su segnalazione del proponente. Il proponente, trenta giorni prima dell’avvio delle attività d’indagine, trasmette agli enti interessati il piano con la data d’inizio delle operazioni. Qualora l’indagine preliminare accerti l’avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il soggetto proponente ne dà immediata comunicazione con le forme e le modalità di cui all’articolo 245, comma 2, con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate;
b) in presenza di attività di messa in sicurezza operativa già in essere, il proponente può avviare la realizzazione degli interventi e delle opere di cui al comma 1 previa comunicazione all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente da effettuarsi con almeno quindici giorni di anticipo rispetto all’avvio delle opere. Al termine dei lavori, l’interessato assicura il ripristino delle opere di messa in sicurezza operativa;
c) le attività di scavo sono effettuate con le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee. Le eventuali fonti attive di contaminazione, quali rifiuti o prodotto libero, rilevate nel corso delle attività di scavo, sono rimosse e gestite nel rispetto delle norme in materia di gestione rifiuti. Iterreni e i materiali provenienti dallo scavo sono gestiti nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120.
All’attuazione del presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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Cinzia SilvestriBonifiche: novità nel Decreto semplificazioni – 27.7.2020
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Linee Guida SNPA 23/2020- End Of Waste

Linee Guida SNPA 23/2020- End Of Waste

LINEE GUIDA SNPA 23/2020 – END OF WASTE

avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


Dopo le Linee Guida su Terre e rocce da Scavo, il Sistema di Protezione Nazionale dell’Ambiente pubblica linee Guida sulla End Of Waste, sulla cessazione della qualifica di rifiuto. Tormentata questione.

Si ricorda il comma 1 dell’art. 184 ter Dlgs. 152/2006Articolo 184-ter (Cessazione della qualifica di rifiuto) 1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e’ stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: ((a) la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici)); b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non portera’ a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Si rinvia per il momento alla sola lettura del testo…

adminLinee Guida SNPA 23/2020- End Of Waste
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DIGESTATO “EQUIPARATO” E LEGGE BILANCIO N. 160/2019

DIGESTATO “EQUIPARATO” E LEGGE BILANCIO N. 160/2019

DIGESTATO “EQUIPARATO” E LEGGE BILANCIO N. 160/2019

avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


La Legge Bilancio n. 160/2019 al comma 527 modifica il DM politiche agricole e forestali del 25.2.2016 recante criteri “e  norme tecniche generali  per  la  disciplina  regionale  dell’utilizzazione agronomica degli effluenti  di  allevamento  e  delle  acque  reflue, nonche’ per la produzione e l’utilizzazione agronomica del digestato”. Si consideri l’importanza di considerare il digestato un sottoprodotto.

Ebbene la Legge Bilancio 2019 inserisce nel DM la definizione di Digestato equiparato nonché articolo 31 bis sulle condizioni di equiparabilità del digestato; articolo 31 ter sulle modalità di utilizzo tenendo presente anche le particolari condizioni delle regioni Bolzano e Trento e articolo 31 quater sui controlli imponendo 2 analisi chimiche.

Il DM 2016 viene così modificato: Digestato Legge Bilancio

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adminDIGESTATO “EQUIPARATO” E LEGGE BILANCIO N. 160/2019
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Amianto, beneficio pensionistico – Decreto “crescita”

Amianto, beneficio pensionistico – Decreto “crescita”

Amianto – pensione inabilità
Decreto Legge n. 34/2019 convertito L. n.58/2019 – DL. n. 34/19 crescita
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente

L’art. 41 bis DL n. 34/2019 riconosce la pensione di inabilità a coloro che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto. Modifica il legislatore la L. 232/2016 ed inserisce dopo il comma 250 dell’art. 1, l’art. 250 bis e 250 ter. L’art. 250 bis però deve attendere disposizioni di attuazione che saranno emanate antro 60 giorni. Interessante la lettura delle categorie a cui è esteso il beneficio e l’indicazione precisa del legislatore dello stanziamento annuo delle somme utili al beneficio e delle modalità di reperimento dei fondi utili.

Art. 41 bis
Riconoscimento della pensione di inabilita’ ai soggetti che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto
1. All’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo il comma 250 sono inseriti i seguenti:
«250-bis. Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, le disposizioni del comma 250 del presente articolo si applicano ai lavoratori in servizio o cessati dall’attivita’ alla medesima data che risultano affetti da patologia asbesto-correlata accertata e riconosciuta ai sensi dell’articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257. Sono compresi nell’ambito di applicazione della presente disposizione anche i soggetti di cui al primo periodo che:
a) in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro siano transitati in una gestione di previdenza diversa da quella dell’INPS, compresi coloro che, per effetto della ricongiunzione contributiva effettuata ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, non possano far valere contribuzione nell’assicurazione generale obbligatoria;
b) siano titolari del sussidio per l’accompagnamento alla pensione entro l’anno 2020, riconosciuto ai sensi dell’articolo 1, comma 276, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, secondo i criteri e le modalita’ indicate nel decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 29 aprile 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 10 giugno 2016, che optino per la pensione di inabilita’ di cui al comma 250 del presente articolo.
250-ter. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono emanate le disposizioni per l’applicazione del comma 250-bis. Il beneficio pensionistico di cui al comma 250-bis e’ riconosciuto a domanda nel limite di spesa di 7,7 milioni di euro per l’anno 2019, di 13,1 milioni di euro per l’anno 2020, di 12,6 milioni di euro per l’anno 2021, di 12,3 milioni di euro per l’anno 2022, di 11,7 milioni di euro per l’anno 2023, di 11,1 milioni di euro per l’anno 2024, di 10 milioni di euro per l’anno 2025, di 9,2 milioni di euro per l’anno 2026, di 8,5 milioni di euro per l’anno 2027 e di 7,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2028. Agli oneri derivanti dal comma 250-bis e dal presente comma si provvede:
a) quanto a 7,7 milioni di euro per l’anno 2019 e a 1,1 milioni di euro per l’anno 2020, mediante corrispondente riduzione
dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 6, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26;
b) quanto a 12 milioni di euro per l’anno 2020, a 12,6 milioni di euro per l’anno 2021, a 12,3 milioni di euro per l’anno 2022, a 11,7 milioni di euro per l’anno 2023, a 11,1 milioni di euro per l’anno 2024, a 10 milioni di euro per l’anno 2025, a 9,2 milioni di euro per l’anno 2026, a 8,5 milioni di euro per l’anno 2027 e a 7,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2028, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 255, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;
c) quanto a 3.734.500 euro per l’anno 2019 e a 533.500 euro per l’anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, ai fini della compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto». ))

adminAmianto, beneficio pensionistico – Decreto “crescita”
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Riciclo e riuso – Decreto “crescita”

Riciclo e riuso – Decreto “crescita”

Riciclo e riuso
Agevolazioni fiscali Decreto Legge 34/2019 convertito L. 58/2019
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente

L’art. 26 ter del DL 34/2019 introduce agevolazioni fiscali  sui prodotti da riciclo e riuso.
Incentiva l’acquisto di prodotti riciclati di rifiuti o rottami; incentiva l’uso di tali prodotti creando sconti, contributi, compensazioni, credito imposta per coloro che utilizzato e comprano tali beni. L’articolo rimanda pero ad un regolamento futuro la individuazione dei “..requisiti tecnici e le certificazioni idonee ad attestare la natura e le tipologie di materie e prodotti oggetto di agevolazione…”.

Art. 26 ter
Agevolazioni fiscali sui prodotti da riciclo e riuso
1. Per l’anno 2020, e’ riconosciuto un contributo pari al 25 per cento del costo di acquisto di:
a) semilavorati e prodotti finiti derivanti, per almeno il 75 per cento della loro composizione, dal riciclaggio di rifiuti o di
rottami;
b) compost di qualita’ derivante dal trattamento della frazione organica differenziata dei rifiuti.
2. Alle imprese e ai soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo acquirenti dei beni di cui al comma 1, il contributo di cui al medesimo comma 1 e’ riconosciuto sotto forma di credito d’imposta, fino ad un importo massimo annuale di euro 10.000 per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro per l’anno 2020. Il credito d’imposta spetta a condizione che i beni acquistati siano effettivamente impiegati nell’esercizio dell’attivita’ economica o professionale e non e’ cumulabile con il credito d’imposta di cui all’articolo 1, comma 73, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
3. Ai soggetti acquirenti dei beni di cui al comma 1 non destinati all’esercizio dell’attivita’ economica o professionale, il contributo di cui al medesimo comma 1 spetta fino a un importo massimo annuale di euro 5.000 per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro per l’anno 2020. Il contributo e’ anticipato dal venditore dei beni come sconto sul prezzo di vendita ed e’ a questo rimborsato sotto forma di credito d’imposta di pari importo.
4. I crediti d’imposta di cui ai commi 2 e 3:
a) sono indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui sono riconosciuti;
b) non concorrono alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
c) sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal 1° gennaio del periodo d’imposta successivo a quello di riconoscimento del credito, senza l’applicazione del limite di cui al comma 53 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Ai fini della fruizione dei crediti d’imposta, il modello F24 e’ presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
5. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definiti i requisiti tecnici e le certificazioni idonee ad attestare la natura e le tipologie di materie e prodotti oggetto di agevolazione nonche’ i criteri e le modalita’ di applicazione e fruizione dei crediti d’imposta di cui al presente articolo, anche al fine di assicurare il rispetto dei limiti di spesa di cui ai commi 2 e 3.
6. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto. ))

adminRiciclo e riuso – Decreto “crescita”
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Rifiuti ed imballaggi – Decreto “crescita”

Rifiuti ed imballaggi – Decreto “crescita”

Rifiuti ed imballaggi
Incentivi dal DL. 34/2019 convertito in Legge n. 58/2019.
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente

L’art. 26 bis del DL 34/2019 convertito in legge n. 58/2019 attribuisce abbuoni, credito imposta ecc.. a coloro che restituiscono, riutilizzano gli imballaggi delle merci o effettuano la raccolta differenziata ai fini del riciclo. Beneficio riconosciuto fino ad un massimo di € 10.000 annue.

Così recita l’art. 26 bis:
Disposizioni in materia di rifiuti e di imballaggi
1. L’impresa venditrice della merce puo’ riconoscere all’impresa acquirente un abbuono, a valere sul prezzo dei successivi acquisti, in misura pari al 25 per cento del prezzo dell’imballaggio contenente la merce stessa ed esposto nella fattura. L’abbuono e’ riconosciuto all’atto della resa dell’imballaggio stesso, da effettuare non oltre un mese dall’acquisto. All’impresa venditrice che riutilizza gli imballaggi usati di cui al periodo precedente ovvero che effettua la raccolta differenziata degli stessi ai fini del successivo avvio al riciclo e’ riconosciuto un credito d’imposta di importo pari al doppio dell’importo degli abbuoni riconosciuti all’impresa acquirente, ancorche’ da questa non utilizzati.
2. Il credito d’imposta di cui al comma 1 e’ riconosciuto fino all’importo massimo annuale di euro 10.000 per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro per l’anno 2020. Il credito d’imposta e’ indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riconoscimento del credito, non concorre alla formazione del reddito ne’ della base imponibile dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il credito d’imposta e’ utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e non e’ soggetto al limite di cui al comma 53 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Il credito d’imposta e’ utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del periodo d’imposta successivo a quello in cui sono stati riutilizzati gli imballaggi ovvero e’ stata effettuata la raccolta differenziata ai fini del successivo avvio al riciclo degli imballaggi medesimi, per i quali e’ stato riconosciuto l’abbuono all’impresa acquirente, ancorche’ da questa non utilizzato. Ai fini della fruizione del credito d’imposta, il modello F24 e’ presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
3. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le disposizioni per l’attuazione dei commi 1 e 2 e le modalita’ per assicurare il rispetto dei limiti di spesa ivi previsti.
4. Agli oneri di cui al presente articolo, pari a 10 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto. )

adminRifiuti ed imballaggi – Decreto “crescita”
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Terre e rocce da scavo: Linee Guida ISPRA/SNPA

Terre e rocce da scavo: Linee Guida ISPRA/SNPA

Terre e rocce da scavo: Linee Guida Ispra/SNPA
pubblicate sul sito www.snpambiente.it
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – 28.5.2019


Il Consiglio  del Sistema Nazionale Protezione Ambiente (SNPA) con delibera 54/2019 ha approvato le linee guida su terre e rocce da scavo sulla base delle sole osservazioni di alcune ARPA (Veneto incluso); linee guida definite “immediatamente esecutive” quasi fosse un provvedimento, una delibera con forza di “legge”. Linee Guida che dal punto di vista normativo non sono fonti e non sono vincolanti e che sono state trasmesse al Ministero ambiente, al Presidente Conferenza delle Regioni e province Autonome.
Linee Guida che hanno struttura di vero e proprio manuale operativo in esecuzione del DPR 120/2017 (leggi).

adminTerre e rocce da scavo: Linee Guida ISPRA/SNPA
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PRIVACY E RIFIUTI..RACCOLTA DIFFERENZIATA

PRIVACY E RIFIUTI..RACCOLTA DIFFERENZIATA

PRIVACY E RACCOLTA DIFFERENZIATA
Relazione del Garante – 2018
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicata sul sito del Garante Privacy la Relazione del 2018.
La Privacy (GDPR 2016/679 vigente dal 25.5.2018) si estende anche ai modi di raccolta differenziata dei rifiuti.
Scrive il Garante:
“Interpellato da numerosi comuni e singoli interessati, il Garante è intervenuto nuovamente in relazione agli aspetti di protezione dei dati personali connessi alla attività di raccolta differenziata svolta dagli enti locali. Pur riconoscendo la legittimità di salvaguardare il rispetto della disciplina sulla raccolta differenziata anche alla luce delle attuali e diffuse problematiche ambientali, il Garante ha ribadito la necessità di tutelare il diritto degli interessati a non subire violazioni ingiustificate della propria sfera di riservatezza, considerato che tra i rifiuti possono confluire, in parti- colare, effetti personali che sono talvolta relativi ad informazioni concernenti la sfera della salute o politico-religioso-sindacale. Per tali ragioni, anche nell’ottica del principio di responsabilità di cui all’art. 24 del RGPD, il Garante ha invitato numerosi comuni a valutare la conformità delle prescelte modalità di raccolta differenziata al quadro normativo vigente in materia di protezione dei dati personali (tra le tante, cfr. note 10 settembre 2018 e 26 marzo 2018).
adminPRIVACY E RIFIUTI..RACCOLTA DIFFERENZIATA
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RAEE, rifiuti radioattivi, sfalci e potature – Legge Comunitaria 2018 – pubblicata L. n. 37/2019

RAEE, rifiuti radioattivi, sfalci e potature – Legge Comunitaria 2018 – pubblicata L. n. 37/2019

Legge Comunitaria 2018 – L. n. 37/2019 – vigente dal 26.5.2019
sfalci e potature, rifiuti radioattivi, RAEE…
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicata in Gazzetta ufficiale la Legge Comunitaria 2018 – L. n. 37/2019 vigente dal 26.5.2019 .
Il testo di occupa dell’ambiente:
art. 18 – Disposizioni relative alla responsabilita’ primaria e alla responsabilita’ ultima in materia di combustibile esaurito o rifiuti radioattivi – Procedura di infrazione n. 2018/2021
art. 19 – Disposizioni relative ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) – Corretta attuazione della direttiva 2012/19/UE – Caso EU-Pilot 8718/16/ENVI
art. 20 – Disposizioni relative allo smaltimento degli sfalci e delle potature – Caso EU-Pilot 9180/17/ENVI
Leggi testo L. 37/2019 Legge comunitaria 2018

adminRAEE, rifiuti radioattivi, sfalci e potature – Legge Comunitaria 2018 – pubblicata L. n. 37/2019
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DIFESA LEGITTIMATA – LEGGE N. 36/2019

Legittima difesa …in pillole 
art. 52 c.p. – novità
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 4.5.2019


La difesa legittimata è Legge (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 3.5.2019).
Legge 26.4.2019 n. 36 vigente dal 18.5.52019. Il testo si compone di 9 articoli e si apre proprio con la modifica dell’art. 52 c.p sulla legittima difesa.
Il Presidente Mattarella ha pubblicato sul sito del Quirinale una lettera di precisazione su alcuni punti della Legge : https://www.quirinale.it/elementi/28586
1) LEGITTIMA DIFESA: L’articolo 52 al primo comma  ribadisce la non punibilità per colui che si difende da “offesa ingiusta” e sempre che la difesa sia proporzionataall’offesa .
La Legge 36/19 interviene sul secondo comma dell’art. 52 che si riferisce espressamente alla “violazione di domicilio” ex art. 614 c.p.. Il legislatore aggiunge la parola “sempre” idonea ad imporre una “presunzione” di proporzionalità della difesa laddove qualcuno entri armato nelle nostre case (ma non solo nelle case).
Segue la modifica del comma 3 dell’art. 52 c.p. che permette di considerare  “domicilio” anche il luogo dove venga esercitata attività di lavoro, commerciale o altro.
Viene inserito il quarto comma, vera anima dell’artt. 52, che afferma esistere semprela legittima difesa nel caso di introduzione di terzi nel proprio domicilio, estensivamente considerato.
 
Di seguito l’articolo modificato:
 
c.p. art. 52. Difesa legittima.
1 Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa .
2 Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

  1. a) la propria o la altrui incolumità;
  2. b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

3 La disposizione di cui al secondo commaLe disposizioni di cui al secondo e quarto commasi applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale
 
4 Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone ».
Leggi lettera presidente Repubblica Mattarella https://www.quirinale.it/elementi/28586
LEGGI testo Legge 26.4.2019 n. 36 Legittima difesa 

adminDIFESA LEGITTIMATA – LEGGE N. 36/2019
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Sfalci e potature: modifiche art. 185 Dlgs. 152/2006

Sfalci e potature – rifiuti urbani?
Legge comunitaria 2018 art. 20 – L. n. 37/2019
Modifica dell’art. 185 comma 1 lett. f)
 A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri 12.5.2019


 L’articolo 20[1]della Legge Comunitaria 2018 ( pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 11.5.2019 L. 37/2019 – vigente dal 26.5.2019) modifica l’art. 185 comma 1 lett. f) del Dlgs. 152/2006 con riferimento alla parte relativa agli “sfalci e potature”.
L’art. 185 Dlgs. 152/2006 esclude dall’applicazione della normativa sui rifiuti alcuni beni, alcune materie; e ciò comporta importanti conseguenze.
Le modifiche all’art. 185 Dlgs. 152/2006 pongono fine al precontenzioso, del maggio 2017,con la Commissione europea 9180/17/ENVI Eu Pilot e cercano di evitare che l’Italia subisca altra procedura d’infrazione.
Si riporta schema delle modifiche apportate all’185 comma 1 lett. f)  Dlgs. 152/2006….continua lettura schema e articolo su legge comunitaria 2018
[1]Articolo 20 Legge comunitaria 2018 (Disposizioni relative allo smaltimento degli sfalci e delle potature – Caso EU-Pilot 9180/17/ENVI) 
 

adminSfalci e potature: modifiche art. 185 Dlgs. 152/2006
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SUBAPPALTO AL 50% – Sblocca cantieri (3)

SUBAPPALTO AL 50%
Appalti : “Sblocca cantieri” – DL 32/2019 vigente al 19.4.2019
art. 105 Dlgs. 50/2016
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Anche l’art. 105 Dlgs. 50/2016 (vedi commento all’art. 216 in questo sito) subisce modifiche interessanti in materia di subappalto; articolo già modificato dal Dlgs. 56/2017 con vigenza dal 20.5.2017.
Il Governo, Decreto Legge 32/2019, prevede che il  subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti

  • nel bando di gara e
  • non può superare la quota del cinquanta per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture” (art. 105, comma 2).

La soglia per il subappalto aumenta dal 30% al 50% . Le stazioni appaltanti possono indicare le quote nella relativa gara.
L’art. 105 Dlgs. 50/2016 subisce dunque ....continua lettura e schema art. 105 Dlgs. 50/2016 – sub appalti DL 32.19 

adminSUBAPPALTO AL 50% – Sblocca cantieri (3)
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Appalti – Nuovo Regolamento? art. 216 Dlgs. 50/2016 (2)

Appalti – REGOLAMENTO UNICO  – Soft Law e riforma Codice appalti
“Sblocca cantieri” – DL 32/2019 vigente al 19.4.2019
art. 216 comma 27 octies Dlgs. 50/2016
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Ritorno al passato?
La “soft law” ovvero “quell’agire che proprio legislativo non è”; soft law voluta e introdotta dalla L. 11/2016 e che attribuisce all’ANAC il potere di indicare Linee Guida, subisce un arresto.
Il DL. 32/2019 inserisce l’art. art. 216, comma 27-octies, del d.lgs. n. 50/2016che dispone, che entro 180 giorni (entro 19.10.2019) debba essere adottato un REGOLAMENTO UNICO di esecuzione ed attuazione del codice appalti. La memoria corre al vecchio DPR 207/2010 attuativo del Dlgs. 163/2006 peraltro richiamato espressamente nella sua attuale vigenza proprio dai commi 4,05,8 e seguenti dell’art. 216 oggi modificato. DPR 207/2010 ancora ad oggi applicabile nelle parti richiamate.
Il Legislatore evoca nuovo regolamento,...continua lettura art. 216 Dlgs. 50/2016 e schema nuovo art. 216 Codice appalti DL 32.19

adminAppalti – Nuovo Regolamento? art. 216 Dlgs. 50/2016 (2)
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Appalti: Testo DL 32/2019 – Sblocca Cantieri – vigente al 19.4.2019 (1)

Testo DL 32/2019 – Sbocca cantieri
vigente dal 19.4.2019
segnalazione a cura – Studio Legale Ambiente


Compare in gazzetta Ufficiale del 18.4.2019 con immediata vigenza al 19.4.2019 i Decreto Legge “Sblocca Cantieri” o meglio – Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici.
Numerose le modifiche al Codice Appalti Dlgs. 50/2016
Sblocca cantieri DL 32/2019
 

adminAppalti: Testo DL 32/2019 – Sblocca Cantieri – vigente al 19.4.2019 (1)
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Parlamento Europeo e Gestione Rifiuti- 4.4.2019

Risoluzione del Parlamento europeo del 4 aprile 2019 sulla gestione dei rifiuti
Discarica? no grazie
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Il P.E. ha pubblicato risoluzione sulla Gestione dei Rifiuti.
Leggi Risoluzione P.E. 4.4.2019 gestione rifiuti.
Il testo, snello, richiama l’economia circolare, pone l’incenerimento quale penultima scelta e solo prima della discarica, e scrive:

  1. invita gli Stati membri a compiere maggiori progressi nella definizione di piani e progetti efficaci in materia di prevenzione, riutilizzo, raccolta differenziata e riciclaggio, in quanto essi sono fattori essenziali per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti, traendo benefici economici dall’economia circolare e migliorando l’efficienza delle risorse; esorta la Commissione a sostenere gli Stati membri nei loro sforzi di attuazione, anche attraverso l’assistenza tecnica e i fondi dell’Unione; suggerisce di adottare strumenti economici adeguati, come stabilito nella direttiva quadro sui rifiuti, e di attuare regimi di responsabilità estesa del produttore efficienti ed efficaci sotto il profilo dei costi per favorire la transizione verso l’economia circolare;
  2. invita gli Stati membri ad adottare misure per depurare i rifiuti e migliorare la gestione dei rifiuti (raccolta, cernita e riciclaggio) e ad adottare strumenti economici e campagne per prevenire la dispersione dei rifiuti;
adminParlamento Europeo e Gestione Rifiuti- 4.4.2019
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Plastica monouso: Parlamento Europeo propone….

PLASTICA MONOUSO: PARLAMENTO EUROPEO PROPONE…
Risoluzione PE del 27.3.2019
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – 29.3.2019


Si allega testo in Italiano della Risoluzione Legislativa del PE sulla riduzione dell’uso della plastica Monouso – (Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 27 marzo 2019 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente)
Leggi Direttiva UE plastica 27.3.2019
Emerge, dalla lettura del testo, la difficoltà di definire la “plastica monouso” o meglio di identificare gli oggetti con tale caratteristica.
La Direttiva futura (UE 2019) ancora priva di numero, sarà applicabile invero solo a tali oggetti.
Per comprendere meglio si riporta il punto 23 della Risoluzione che esclude dalla disciplina: le bottiglie di vetro,i contenitori a lunga durata,vernici inchiostri, adesivi
Include invece: Le salviette di plastica anche ad uso domestico; contenitori per fast food, scatole per pasti, per panini, per involtini e per insalate
con alimenti freddi o caldi, o contenitori per alimenti freschi o trasformati che non richiedono ulteriore preparazione, quali frutta, verdura o dolci.
Recita testualmente la Risoluzione al punto 12:
Per definire chiaramente l’ambito di applicazione della presente direttiva è necessario
definire il concetto di prodotti di plastica monouso. La definizione dovrebbe
escludere i prodotti di plastica che sono concepiti, progettati e immessi sul mercato
per poter compiere, durante il loro ciclo di vita, molteplici spostamenti o rotazioni, in
quanto sono riempiti nuovamente o riutilizzati con la stessa finalità per la quale sono
stati concepiti. I prodotti di plastica monouso sono generalmente destinati a essere
utilizzati una volta sola oppure per un breve periodo di tempo prima di essere
gettati. Le salviette umidificate per l’igiene personale e per uso domestico
dovrebbero del pari rientrare nell’ambito di applicazione della presente direttiva,
mentre le salviette umidificate per uso industriale dovrebbero essere escluse. Per
chiarire ulteriormente se un prodotto sia da considerare un prodotto di plastica
monouso ai fini della presente direttiva, è opportuno che la Commissione sviluppi
linee guida sui prodotti di plastica monouso. In considerazione dei criteri definiti
nella presente direttiva, sono esempi di contenitori per alimenti da considerare
prodotti di plastica monouso ai fini della presente direttiva i seguenti contenitori:
contenitori per fast food, scatole per pasti, per panini, per involtini e per insalate
con alimenti freddi o caldi, o contenitori per alimenti freschi o trasformati che non
richiedono ulteriore preparazione, quali frutta, verdura o dolci. Sono esempi di
contenitori per alimenti che non devono essere considerati prodotti di plastica
monouso ai fini della presente direttiva i contenitori per alimenti secchi o alimenti
venduti freddi che richiedono ulteriore preparazione, i contenitori contenenti
alimenti in quantità superiori a una singola porzione oppure contenitori per
alimenti monoporzione venduti in più di una unità. Sono esempi di contenitori per
bevande da considerare prodotti di plastica monouso: bottiglie per bevande o
imballaggi compositi per bevande utilizzati per birra, vino, acqua, bibite
rinfrescanti, succhi e nettari, bevande istantanee o latte, ma non tazze per bevande,
in quanto queste rientrano in una categoria distinta di prodotti di plastica
monouso ai fini della presente direttiva. Dato che non rientrano tra i prodotti di
plastica monouso più frequentemente rinvenuti sulle spiagge dell’Unione, i
contenitori in vetro e metallo per bevande non dovrebbero essere disciplinati dalla
presente direttiva
 

adminPlastica monouso: Parlamento Europeo propone….
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