Dichiarazione e mendacio

Dichiarazione e mendacio

DICHIARAZIONE E MENDACIO

WEBINAR 16.10.2024 – DM 127/2024 – INERTI – RELAZIONE INTERVENTO

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Studio Legale Ambiente ha pubblicato l’intervento tenuto durante il webinar del 16.10.2024 – sul rifiuti inerti ed il nuovo regolamento 127/2024 – sulla rivista lexambiente.it che si è offerta di ospitare la relazione. L’intervento riguarda le conseguenze della dichiarazione non veritiera, indica il significato della dichiarazione sostitutiva, le differenze tra il vecchio DM 152/2022 ed il nuovo DM 127/2024. Una breve riflessione sulla importanza delle dichiarazioni ex art. 46,47 DPR 445/2000.

Cinzia SilvestriDichiarazione e mendacio
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RIFIUTI TESSILI – SOTTOPRODOTTI?

RIFIUTI TESSILI – SOTTOPRODOTTI?

 3.17. La deduzione difensiva che il rifiuto tessile sia invece da considerare sempre e comunque “materia prima tessile secondaria” (ed in quanto tale non rifiuto) non ha alcun fondamento. 3.18. Ed infatti, delle due l’una: o si tratta di sottoprodotti, ai sensi dell’art. 184 bis d.lgs. n. 152 del 2006 o di cosa (indumenti usati) di cui il detentore si è disfatto e che ha successivamente cessato di essere rifiuto ai sensi del successivo art. 184 ter; in entrambi i casi necessitano requisiti e condizioni di fatto che devono essere volta per volta dimostrati da chi predica la natura di “non rifiuto” del bene. Va al riguardo ribadito il principio costantemente affermato dalla Corte di cassazione secondo il quale l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità dell’utilizzo del rifiuto o che escludono la natura di rifiuto ricade su colui che ne invoca l’applicazione. Varie ne sono state le declinazioni in tema, per esempio, di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall'art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini, Rv. 265839), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, Favazzo, Rv. 264121), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, Aloisio, Rv. 262159), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari, Rv. 262129; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, previsto dall'art. 258 comma 15 del D.Lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini, Rv. 258860), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali (Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone, Rv. 244784). 3.19. Che l’indumento usato possa essere definito “sottoprodotto” è in ogni caso circostanza che mal si concilia con la necessità che il sottoprodotto derivi da un processo di produzione, trattandosi piuttosto di cosa abbandonata dal suo detentore (e dunque rifiuto ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 152 del 2006) e in quanto tale non normata nemmeno dal Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti adottato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con D.M. n. 264 del 13 ottobre 2016 che esclude dalla sua applicazione i residui derivanti dall’attività di consumo (art. 3, lett. b). 3.20. Allo stesso modo, la cessazione della qualifica di rifiuto dell’indumento usato (o comunque del rifiuto tessile non proveniente da un processo di produzione) è subordinata alle operazioni di recupero, che necessitano di essere a loro volta autorizzate o comunque soggette a procedura semplificata ai sensi degli artt. 214 e segg. d.lgs. n. 152 del 2006, previste dal D.M. - Ministero dell’Ambiente - 5 febbraio 1998, Allegato 1, suballegato 1, n. 8, operazioni i cui esiti vengono dati come scontati dai ricorrenti ma la cui sussistenza costituisce, come detto, lo scopo del mezzo istruttorio adottato dal Pubblico ministero.RIFIUTI TESSILI – Sottoprodotti?

Cass. pen. 35000/2024 – Esclusione

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Interessante sentenza che chiarisce la destinatzione dei rifiuti tessili ed esclude che possano essere trattati come sottoprodotti (art. 184 bis Dlgs. 152/2006) o EOW – cessazione qualifica rifiuto /art. 184 ter Dlgs. 152/2006.

Percorsi diversi.

La sentenza, negli ultimi punti, chiarisce la differenza ed il significato delle 2 categorie giuridiche (sottoprodotto e EOW) e soprattutto sottilinea la necessità della prova: se l’imputato ritiene di indicare il tessuto come sottoprodotto deve darne prova in giudizio.

Si riporta estratto della sentenza che chiarisce il percorso logico/giuridico:

“3.17. La deduzione difensiva che il rifiuto tessile sia invece da considerare sempre e comunque “materia prima tessile secondaria” (ed in quanto tale non rifiuto) non ha alcun fondamento.
3.18. Ed infatti, delle due l’una: o si tratta di sottoprodotti, ai sensi dell’art. 184 bis d.lgs. n. 152 del 2006 o di cosa (indumenti usati) di cui il detentore si è disfatto e che ha successivamente cessato di essere rifiuto ai sensi del successivo art. 184 ter; in entrambi i casi necessitano requisiti e condizioni di fatto che devono essere volta per volta dimostrati da chi predica la natura di “non rifiuto” del bene. Va al riguardo ribadito il principio costantemente affermato dalla Corte di cassazione secondo il quale l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità dell’utilizzo del rifiuto o che escludono la natura di rifiuto ricade su colui che ne invoca l’applicazione. Varie ne sono state le declinazioni in tema, per esempio, di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 .. di deposito temporaneo di rifiuti …, di terre e rocce da scavo (… di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali … di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali …., di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, previsto dall’art. 258 comma 15 del D.Lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee …., di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali ….
3.19. Che l’indumento usato possa essere definito “sottoprodotto” è in ogni caso circostanza che mal si concilia con la necessità che il sottoprodotto derivi da un processo di produzione, trattandosi piuttosto di cosa abbandonata dal suo detentore (e dunque rifiuto ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 152 del 2006) e in quanto tale non normata nemmeno dal Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti adottato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con D.M. n. 264 del 13 ottobre 2016 che esclude dalla sua applicazione i residui derivanti dall’attività di consumo (art. 3, lett. b).
3.20. Allo stesso modo, la cessazione della qualifica di rifiuto dell’indumento usato (o comunque del rifiuto tessile non proveniente da un processo di produzione) è subordinata alle operazioni di recupero, che necessitano di essere a loro volta autorizzate o comunque soggette a procedura semplificata ai sensi degli artt. 214 e segg. d.lgs. n. 152 del 2006, previste dal D.M. – Ministero dell’Ambiente – 5 febbraio 1998, Allegato 1, suballegato 1, n. 8, operazioni i cui esiti vengono dati come scontati dai ricorrenti ma la cui sussistenza costituisce, come detto, lo scopo del mezzo istruttorio adottato dal Pubblico ministero…”

Cinzia SilvestriRIFIUTI TESSILI – SOTTOPRODOTTI?
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Rifiuti: abbandono pubblica via

Rifiuti: abbandono pubblica via

Rifiuti: abbandono pubblica via

Trib. Palermo n. 770/2024

Assoluzione, il fatto non sussiste

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Rifiuti e abbandono sulla pubblica via. Cassette di plastica, cartone, legno, grossi sacchi neri derivanti dall’attività commerciale (attività ortofrutta) venivano abbandonati sul suolo, nella pubblica via, da alcuni soggetti, vicino ai cassonetti.

Il fatto veniva ripreso da telecamere.

L’impresa riconosceva dalle immagini il proprio autocarro ma ignorava tale “smaltimento” in quanto era solita servirsi di una ditta che conferiva al centro comunale di raccolta.

La sentenza del Tribunale ragiona sull’applicabilità dell’art. 256 Dlgs. 152/2006 che attribuisce illiceità alla condotta sopra descritta.

È vero che per configurare il reato di cui all’art. 256 Dlgs. 152/2006 è sufficiente anche una sola condotta “ma a patto che questa costituisca una “attività” e dunque non sia meramente occasionale..”.

Quando una condotta può essere ritenuta occasionale?

Il Tribunale collega la occasionalità alla comprensione del significato di “reato comune o proprio” e di conseguenza alla dimensione delle attività di gestione.

L’art. 256 comma 1 Dlgs. 152/2006 riferisce le condotte a “chiunque” effettua le attività elencate (smaltimento, trasporto ec…) ed evoca il reato “comune” ovvero che può essere commesso appunto da chiunque. Si contrappone il comma 2 dell’art. 256 che indica invece un reato proprio ovvero che può essere commesso solo da soggetti con specifica qualifica come “i titolari di imprese” e i responsabili di enti”.

Questa classica ripartizione è amata dalla giurisprudenza che spesso e volentieri non ha indagato sulla reale portata ...continua lettura articolo commento sentenza Trib Palermo 770.2024

Cinzia SilvestriRifiuti: abbandono pubblica via
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Sindaco…sempre responsabile?

Sindaco…sempre responsabile?

SINDACO: SEMPRE RESPONSABILE?

Sindaco e Dirigenti: responsabilità

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La sentenza della cassazione penale  n. 1451/2024 affronta il tema della responsabilità del Sindaco in merito  allo scarico  di reflui dal depuratore gestito dal Comune. La sentenza affronta diversi temi interessanti articolando anche la distinzione tra responsabilità del Sindaco e quella dei dirigenti. 

Nel caso tratto dalla sentenza, il Sindaco è stato ritenuto responsabile anche per fatti precedenti alla sua nomina. Responsabile non solo per i dati fattuali risultanti dalla istruttoria ma anche per il ruolo di vertice dell’azione amministrativa e politica del Comune; attività di controllo e vigilanza che non  si attenua a fronte delle competenze e attribuzioni della dirigenza. 

Sono ambiti diversi in cui l’uno finisce dove comincia l’altro. Non è semplice cogliere esattamente il limite ma questa sentenza cesella e ricorda  proprio questi ambiti di responsabilità

Vi lascio alla lettura dell’articolo breve in commento Nota a sent. 1451-2024

Cinzia SilvestriSindaco…sempre responsabile?
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Reati ambientali e confisca

Reati ambientali e confisca

Reati ambientali e confisca

Legge 137/2023 – art. 240-bis c.p. -confisca di beni, denaro

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 

Reati ambientali e confisca. Il Legislatore all’art. 6-ter punto 3 a) della L. 137/2023 vigente al 10.10.2023  punta l’attenzione ai reati ambientali e alla confisca. Richiama dunque l’art. 240-bis c.p. relativo alla confisca in casi particolari ovvero applicata a particolari fattispecie di reato; articolo che ha subito molteplici modifiche e aveva introdotto già nell’elenco gli arti. 452-quater e 452-octies c.p.. La nuova legge amplia l’elenco dei reati ambientali sottoponibili a confisca ricordando che la confisca si applica dopo l’intervenuta condanna in sede processuale o dopo l’avvenuto “patteggiamento”. E’ una misura giudiziale di acquisizione di beni e/o denaro che deriva da proventi dell’illecito.

Si tratta dei reati ambientali di reale impatto che aggiungono ora la misura della confisca nel caso di condanna o patteggiamento:

  1. art. 452-bis c.p.: inquinamento ambientale
  2. art. 452-ter: morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale
  3. art. 452-quater: disastro ambientale
  4. 452-sexies:traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività
  5. art. 452-octies: circostanze aggravanti
  6. art. 452-quaterdecies:attività organizzate per traffico illecito di rifiuti

Recita l’art. 240-bis come modificato dalla L. 137/2023:

“Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti …. dagli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quater, 452-sexies, 452-octies, primo comma, 452-quaterdecies, ……. è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, salvo che l’obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. …..

Eventuale riproduzione dell’articolo in altri siti o riviste deve contenere il riferimento all’autore della pubblicazione/segnalazione “Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri”

Cinzia SilvestriReati ambientali e confisca
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Delega ambientale e RSPP

Delega ambientale e RSPP

Delega ambientale e RSPP

Datore di lavoro, dirigente e preposto: la Cassazione puntualizza

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 1) Delega ambientale e RSPP.

La Cassazione penale n. 34943/2022 si occupa di un infortunio sul lavoro e analizza, tra le tante questioni, anche la figura di RSPP che viene delegato “per la sicurezza”. Le considerazioni svolte valgono anche in tema ambientale.

La delega affidata al RSPP è piuttosto diffusa nelle aziende, soprattutto con riferimento alla Sicurezza sul lavoro. 

La sentenza ha il merito di cesellare la figura di RSPP e ricordare che è una figura “consultiva” priva di poteri decisori e di spesa.

Figura consultiva che a seguito di delega di funzioni, proprie del datore di lavoro, diviene invece perno decisionale con poteri di spesa, inerenti alla delega.

Si discute dunque se tale figura acquisti la rilevanza di una figura apicale anche ai fini della responsabilità dell’ente (Modello 231) ai sensi dell’art. 5 comma 1 lett. a).

2) Rappresentanza/direzione/amministrazione

La sentenza consente di focalizzare il significato di soggetto “apicale” che non coincide con la posizione apicale del settore lavoristico (datore di lavoro, dirigente, preposto) bensì indica la massima espressione di rappresentanza e gestione dell’ente persona.

Ebbene, la nozione di rappresentanza evoca poteri di forza “dei quali l’organo esprime all’esterno la volontà dell’ente …”: la rappresentanza prescinde dal conferimento di “specifiche procure”, ed è una conseguenza del ruolo rivestito all’interno dell’ente.

La nozione di amministrazione invece richiama i poteri di “indirizzo, “di elaborazione strategiche, della organizzazione aziendale, della assunzione delle decisioni e dei deliberati attraverso i quali l’ente persegue le proprie finalità…”.

La sentenza dunque precisa le caratteristiche di rappresentanza, direzione, amministrazione che caratterizzano la figura apicale

Continua la sentenza:

“7.2 La direzione implica, di regola, un atto di prepositura con la quale il dirigente viene indirizzato all’intera organizzazione aziendale ovvero ad una branca o settore autonomo di essa e viene investito di attribuzioni che, per ampiezza e per i poteri di iniziativa e di discrezionalità che comportano, pure nel rispetto delle direttive programmatiche dell’ente, di imprimere un indirizzo o un orientamento al governo complessivo dell’azienda assumendo la corrispondente responsabilità ad alto livello.

7.3 Le stesse decisioni di merito escludono che una delle funzioni apicali sopra indicate possa essere riconosciuta al R. in ragione dalle mansioni di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione che gli erano state espressamente attribuite nell’organigramma aziendale. Come è noto, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione assume una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione di formazione dei dipendenti ..Per tale motivo, la sua nomina non vale a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro .. Orbene, se al RSPP viene riconosciuta una funzione di ausilio al datore di lavoro, appare evidente che una prestazione di collaborazione resa in ragione del rapporto di ausiliarietà e di subordinazione al datore di lavoro, non può essere ricondotta ad alcuna delle figure comprese nella categoria delle persone dotate di veste apicale, come delineata dal D.Lgs. n.vo 231 del 2001 art. 5 comma 1 lett. a)

3) Conclusioni

Considerare figura apicale RSPP, delegato alla sicurezza, comporta conseguenze anche sul piano probatorio in tema di responsabilità di Enti e dunque la Cassazione conclude escludendo lla figura di RSPP quale soggetto apicale.

RSPP delegato è figura subordinata con conseguente applicazione dell’onere probatorio indicato nella lettera b) dell’art. 5 comma 1 Dlgs. 231/2001.

 

Cinzia SilvestriDelega ambientale e RSPP
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Reati contro beni culturali, sanzioni

Reati contro beni culturali, sanzioni

Reati contro i beni culturali

Codice penale art. 518bis ss.. e Responsabilità Enti – schema

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Approvato il Disegno di Legge, in attesa di pubblicazione, che riforma il codice penale e il Dlgs. 231/2001 in materia di reati contro il patrimonio culturale.

Gli articoli sul danneggiamento (art. 635 c.p.) e deturpamento (art. 639 c.p.) vengono espunti del minimo inciso riferito ai beni culturali; soppressi gli artt. 170,173,174,176,177,178,178 del Codice beni culturali e del paesaggio.

Viene inserito nuovo Titolo VIII-bis nel codice penale agli artt. 518 – bis e seguentiinteramente titolato aireati contro il patrimonio culturale, che comprende le nuove fattispecie di reato.

Il Disegno di legge, in attesa di pubblicazione ha modificato anche il Dlgs. 231/2001 inserendo i reati in ambito di responsabilità degli enti:

« Art. 25-septiesdecies. – (Delitti contro il patrimonio culturale) – 1. In relazione alla commissione del delitto previsto dall’arti- colo 518-novies del codice penale, si applica all’ente .. continua lettura articolo e schema –  beni culturali

Cinzia SilvestriReati contro beni culturali, sanzioni
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Estinzione dei reati ambientali ex art. 318 bis d.lgs. 152/2006

Estinzione dei reati ambientali ex art. 318 bis d.lgs. 152/2006

Estinzione dei reati ambientali art. 318 bis d.lgs. 152/2006

Cassazione penale n. 25528/2021: riflessioni

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La procedura che estingue il reato, evitando di approdare al processo penale, è declinata nel Codice Ambientale dal 2015 (L. 68/2015) agli art. 318 bis ss.

Nel tempo è divenuto strumento molto utilizzato dagli organi che procedono all’accertamento del reato. La procedura prevede l’imposizione di una prescrizione da parte della polizia procedente e la imposizione di una sanzione pari ad 1/4 del massimo previsto per il reato.

Un caso tipico di applicazione è il deposito incontrollato di rifiuti punito ex art. 256 comma 2 d.lgs. 152/2006; deposito che non abbia cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche.

La sentenza della Cassazione penale riassume l’approdo della giurisprudenza sul punto ed indica:

a) il danno richiamato dagli articoli 318 bis d.lgs. 152/2006, quale presupposto per l’applicazione dell’estinzione, non è il danno ex art. 300 d.lgs. 152/2006

b) La procedura di cui agli art. 318 bis ss. citato, trae ispirazione dalle disposizioni di cui al d.lgs. 758/1994 oggi confluito nell’art. 300 ss. d.lgs. 81/2006 (testo unico Sicurezza). Certamente. Vero è che la procedura estintiva in sede di sicurezza sul lavoro aveva ad oggetto verifiche fattuali e puntuali: non è stato installata la cartellonista, ad esempio; ovvero mancanze palesi e difficilmente contestabili che dunque trovavano sfogo proprio nella procedura estintiva. Nel caso di reati ambientali tutto è più sfumato e meno certo. Non si tratta di applicare la procedura estintiva a una mera violazione formale (tipica nella materia sulla sicurezza) ma si tratta di affermare che quel deposito incontrollato ad esempio “non reca danno”. E’ una valutazione che discrimina l’applicazione o meno della procedura estintiva e si rimette alla valutazione della pubblica amministrazione. La sentenza in commento afferma l’agire non discrezionale della pubblica amministrazione e tuttavia il dubbio si impone quando si tratta di reati ambientali.

c) La procedura di estinzione non è un procedimento amministrativo e la tutela è rimessa solo al Giudice penale. Laddove  non si condivida la contestazione, in quanto infondata, bisogna adire il processo penale. Si comprende già che a fronte della infondatezza della contestazione porre il trasgressore nell’alternativa di pagare o adire il processo penale, con tutti i rischi e i costi inerenti, non è proprio un corretto bilanciamento del  diritto di difesa. Certamente ottiene l’effetto deflativo (anche l’innocente paga). Utile inoltre considerare la destinazione delle somme che vengono pagate dal presunto trasgressore e che evitano il processo. Il meccanismo si basa certamente su una presunzione di legittimità dell’agire pubblico che può sempre essere contestata ma a mezzo di un percorso che rischia di comprimere il diritto di difesa, in alcuni casi.

Scrive la sentenza: ..non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria, non connotato da alcuna discrezionalità, neppure tecnica, ed emesso sotto la direzione funzionale dell’autorità giudiziaria ex art. 55 c.p.p., che si sottrae all’impugnazione davanti al giudice amministrativo, restando ogni questione devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario penale……

Cinzia SilvestriEstinzione dei reati ambientali ex art. 318 bis d.lgs. 152/2006
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Presunzione di innocenza…d.lgs. 118/2021

Presunzione di innocenza…d.lgs. 118/2021
Cinzia SilvestriPresunzione di innocenza…d.lgs. 118/2021
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Sanzioni Covid, non è reato

Sanzioni Covid, non è reato

Sanzioni Covid …non è reato

Cassazione penale n. 7988/2021 

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


La Cassazione riconosce le ragioni dell’ illegittimità della qualifica come reato delle sanzioni Covid. Precisa con completezza che tali sanzioni sono state depenalizzate e dunque semmai possono essere contestate quali illeciti amministrativi.

Così recita la sentenza:

La disposizione del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, art. 3, comma 4, – che qualificava “reato”

punibile ai sensi dell’art. 650 c.p., il mancato rispetto delle misure di contenimento emanate

per fronteggiare lo stato di emergenza dovuto alla diffusione del Covid-19 – è stata sostituita

dal D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 4, comma 1, in vigore dal giorno successivo e convertito

con modificazioni dalla L. 22 maggio 2020, n. 35, che ha depenalizzato, trasformandola in

illecito amministrativo, la condotta di mancato rispetto delle citate misure di contenimento.

Poichè nella sentenza impugnata non è dato comprendere la porzione di pena applicata dal

Tribunale per tale condotta e comunque non vi è possibilità di modificare il patto intervenuto

tra le parti, la sentenza medesima deve essere annullata senza rinvio e gli atti restituiti al

Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso.

Cinzia SilvestriSanzioni Covid, non è reato
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Trasporto rifiuti pericolosi e Responsabilità Enti – lettura ragionata art. 258 d.lgs. 152/2006

Trasporto rifiuti pericolosi e Responsabilità Enti – lettura ragionata art. 258 d.lgs. 152/2006

Trasporto rifiuti pericolosi o certificato di analisi rifiuti?

Quale condotta è prevista dal Dlgs n. 231/2001? –Dlgs. 116/2020 e Responsabilità Enti

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 26.1.2021


L’art. 258 Dlgs. 152/2006 è dedicato ai registri di carico e scarico, agli obblighi di comunicazione, al trasporto dei rifiuti e ai certificati dei rifiuti. L’articolo è stato più volte modificato negli anni subendo radicale trasformazione con la riforma del Dlgs. 205/2010 in tema di Sistri ,ad oggi abrogato ma rinato sotto mentite spoglie.

Il comma 4, secondo periodo, dell’art. 258 veniva però considerato meritevole di attenzione dal Dlgs. 231/2001 relativo alla responsabilità delle Società e inserito nell’elenco dei reati presupposto di cui all’art. 25 undecies dal Dlgs. 121/2011.

Nel 2011, l’art. 258 comma 4 indicava al secondo periodo, la condotta di falsificazione del “certificato analisi rifiuti”, oggetto di attenzione del legislatore. Testo in vigore fino al 29.5.2020 ovvero fino alla modifica inserita proprio dal Dlgs. 116/2020.

Il passaggio pone in evidenza la mancata correlazione ...continua lettura articolo e schema art. 258 d.lgs. 152/2006 

Cinzia SilvestriTrasporto rifiuti pericolosi e Responsabilità Enti – lettura ragionata art. 258 d.lgs. 152/2006
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Imputato assolto: spese legali rifuse?

Imputato assolto: spese legali rifuse?

Spese legali rifuse all’imputato assolto….

Legge Bilancio n. 178/2020 – vigente dal 1.1.2021

Riflessioni

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 3.1.2021


– Recita il comma 1015 della Legge Bilancio 178/2020:

“.. Nel processo penale, all’imputato assolto, con sentenza divenuta irrevocabile, perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, è riconosciuto il rimborso delle spese legali nel limite massimo di euro 10.500…”.

– Da quando si può beneficiare di tale beneficio?

Pare dire il comma 1022 che tale beneficio è usufruibile per tutti coloro che subiscano sentenza dopo il 1.1.2021 e dunque anche i processi pendenti:

“1022. Le disposizioni dei commi da 1015 a 1021 si applicano nei casi di sentenze di assoluzione divenuteirrevocabili successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

– Esistono dei casi esclusi? Certo e sono elencati nel comma 1018:

“..Il rimborso di cui al comma 1015 non è riconosciuto nei seguenti casi:

  1. assoluzione da uno o più capi di imputazione condanna per altri reati; …. continua lettura articolo  spese processo penale
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Società, modello 231 …messa alla prova? (2)

Società, modello 231 …messa alla prova? (2)

Modello 231 e messa alla prova della “Società”

Sentenza del GIP di Bologna, Modena e Milano – riflessioni

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 21.12.2020


E’ oggetto di attenzione la particolare figura della messa alla prova (istituto sulla estinzione del reato) e la sua applicazione anche alle Società (articolo su questo sito 10.11.2020 – La Società può compiere lavori socialmente utili?). L’articolo metteva in luce la problematica confusa e le decisioni confliggenti sul tema dei Tribunali di Milano e di Modena. Con ciò ponendo in primo piano il dramma dell’interpretazione che porta disparità di trattamento laddove il legislatore non è chiaro e lascia varchi, “buchi” che permettono decisioni ugualmente sostenibili.  Al dibattito si è aggiunto anche il GIP di Bologna con ordinanza del 10.12.2020 che ha dichiarato inammissibile la richiesta di messa alla prova della società per il reato di induzione indebita.

Si riporta dunque l’articolo già pubblicato ed in calce la posizione del GIP di Bologna che offre motivazioni diverse anche da quelle del GIP di Milano.

messa alla prova e 231*

Cinzia SilvestriSocietà, modello 231 …messa alla prova? (2)
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Caduta dall’alto del lavoratore – responsabilità e Modello 231

Caduta dall’alto del lavoratore – responsabilità e Modello 231

Caduta dall’alto del lavoratore – Modello 231

Organizzazione societaria “inadeguata”- evento occasionale

Cassazione penale n. 29584/2020

 A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 4.12.2020


La sentenza della Cassazione ribadisce i concetti di interesse e vantaggio della Società (art. 5 Dlgs. 231/2001), l’importanza del rispetto delle norme antinfortunistiche e soprattutto sottolinea che la politica aziendale può incrinarsi anche alla presenza di un solo evento anche occasionale.

Il committente di attività edilizia decideva di far realizzare un’opera ad una impresa terza, anziché a quella già designata. La decisione di far eseguire l’opera a terzi veniva presa senza informare i preposti alla sicurezza e pertanto anche derogando all’originario progetto e soprattutto derogando alle procedure di sicurezza già approvate.

Così due operai dell’impresa terza precipitavano dall’impalcatura.

Seguiva processo penale a carico della ditta committente e dell’impresa terza e la Corte di appello confermava le responsabilità della società ex art. 25septies Dlgs. 231/2001.

La verifica della responsabilità si concentra sul vantaggio e interesse che simile operazione ha portato alla società. La decisione della. …

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Cinzia SilvestriCaduta dall’alto del lavoratore – responsabilità e Modello 231
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Deposito temporaneo e discarica

Deposito temporaneo e discarica

Deposito temporaneo e discarica – quale relazione?

Cass. pen. n. 24989/2020

segnalazione a cura Studio legale Ambiente


Accade spesso di vedere contestato il reato di discarica abusiva (art. 256 comma 3 Dlgs. 152/2006) sulla base del solo fatto del trascorso termine per il deposito temporaneo di cui all’art. 183 Dlgs. 152/2006 (ad esempio 1 anno).

L’automatismo non è corretto. Il deposito temporaneo non richiede autorizzazione in quanto non attiene alla gestione del rifiuto (ma richiede il Registro di carico e scarico). il deposito deve essere classificato correttamente per essere presupposto della “discarica abusiva”, non basta, insomma, il solo deposito oltre il tempo.

La discarica è un reato che va descritto compiutamente con caratteristiche visibili (degrado, eterogeneità dei rifiuti) soprattutto di “abbandono”.

La Corte di cassazione ricorda invero, con sintesi utile, la declinazione del deposito e i diversi significati che incidono poi sul reato contestabile:

“….Del resto, la dedotta violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. bb), è soltanto genericamente invocata ed all’evidenza cozza, a tacer d’altro, con il requisito, previsto dalla norma, secondo cui il deposito temporaneo è il “raggruppamento dei rifiuti…prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti”. Va ribadito, al proposito, che, in assenza delle condizioni prescritte dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. bb), non ricorre l’ipotesi del deposito temporaneo di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, posto che, in difetto anche di uno dei requisiti indicati da tale norma, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere qualificato, a seconda dei casi, come

“deposito preliminare” (se il collocamento di rifiuti è prodromico ad un’operazione di smaltimento), come

“messa in riserva” (se il materiale è in attesa di un’operazione di recupero), come “abbandono” (quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero) o come

“discarica abusiva”, nell’ipotesi di abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi…”

Cinzia SilvestriDeposito temporaneo e discarica
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DICHIARAZIONI MENDACI e Decreto Rilancio (1) – 6.8.2020

DICHIARAZIONI MENDACI  e Decreto Rilancio (1) – 6.8.2020

Dichiarazioni mendaci e conseguenze

Decreto Rilancio e semplificazioni amministrative

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 5.8.2020


Il DL del 19 maggio 2020 n. 34 è stato convertito con Legge del 17 luglio 2020 n. 77 – Decreto Rilancio. Legge che disciplina le misure urgenti connesse all’emergenza Covid fino al 31.12.2020.

Il Decreto convertito dedica l’art. 264 alla “semplificazione” dei procedimenti amministrativi. Semplificare è parola che piace al Governo che pare però confuso sul suo significato.

Il primo comma indica la finalità che aspira alla “massima semplificazione”, alla “accelerazione dei procedimenti amministrativi” ma soprattutto alla “rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese”. Ma attenzione, perché il comma si chiude indicando che tale obiettivo “massimo” è “in relazione all’emergenza Covid, dalla data di entrata in vigore del presente decreto (maggio 2020) e fino al 31.12.2020.

La lettura dell’art. 264 chiarisce che la semplificazione non è attuata attraverso percorsi di controllo amministrativo più snelli ma sollevando l’amministrazione dal controllo iniziale e trasferendo la responsabilità sulla veridicità delle dichiarazioni ai soggetti istanti.

Utile palestra per comprendere la comunicazione Governativa è la lettera a) comma 1 dell’art. 264 relativa alle istanze per l’erogazione di benefici economici (indennità, prestazioni previdenziali, erogazione contributi, finanziamenti, prestiti, sospensioni ecc..).

E’ bene ricordare che le dichiarazioni possono avere ad oggetto “certificazioni” (art. 46 DPR 445/2000) e dunque il soggetto dichiara il proprio stato anagrafico, di famiglia, di essere rappresentante legale, di non aver condanne penali ecc.. L’art. 46 citato elenca gli atti, i certificati che possono essere sostituiti dalla dichiarazione sostitutiva. Norma applicabile in ogni contesto e dunque appare richiamo inutile salva la volontà di applicare tale meccanismo laddove alcune norme di settore (appunto) ne escludano il beneficio. Anche questa è comunicazione governativa. Forse doveva essere precisata la comune applicazione dell’art. 46 DPR 445/2000 ed indicate invece le norme che vengono derogate, si badi fino al 31.12.2020.

Lo stesso dicasi per le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà ex art. 47 DPR 445/2000 che hanno ad oggetto dichiarazioni su stati personali, fatti che non rientrano nelle certificazioni sopra riferite. Sono dichiarazioni che in genere vengono rese avanti a pubblico ufficiale o notaio.

La semplificazione, così intesa, ha un costo che non ricade sull’amministrazione ma sul soggetto istante.  Così il Governo dopo aver confermato l’applicazione della norma generale di cui agli artt. 46 e 47 DPR 445/2000 provvede a riformare proprio il DPR 445/2000 nella parte relativa ai controlli e alle sanzioni.

Art. 71 DPR 445/2000

Il comma 1 dell’art. 71 del DPR 445/2000 in materia di controlli viene sostituito. Utile la lettura comparativa delle modifiche. Il “fondato dubbio” previgente viene sostituito dal “ragionevole dubbio” in ragione del proporzione tra il rischio e l’entità del beneficio. Ad ogni lettore la propria interpretazione applicativa.

art. 71 DPR 445/2000 previgente Art. 71 DPR 445/2000 vigente dal 17.7.2020
1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47. 1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del benefìcio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni dì cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni.

Art. 75 DPR 445/2000

Il Governo riforma anche l’art. 75 DPR 445/2000 relativo alla decadenza dei benefici concessi inserendo il comma 1bis. Il primo comma già prevedeva la decadenza dei benefici conseguenti al provvedimento emanato laddove sia accertata una dichiarazione “non veritiera”. La dichiarazione mendace ora aggrava la situazione del dichiarante perché consegue anche

  • revoca di benefici già erogati, non solo di quello concesso;
  • il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni

Così il nuovo articolo 75 DPR 445/2000:

Articolo 75 Decadenza dai benefici 

  1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 76, qualora dal controllo di cui all’articolo 71emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.

1-bis. La dichiarazione mendace comporta, altresì, la revoca degli eventuali benefìci già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza. Restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio. 

ART. 76 DPR 445/2000

Il Governo provvede a riformare anche l’art. 76 DPR 445/2000 dedicato proprio alle sanzioni penali che conseguono alla dichiarazione mendace. Sanzioni penali non precisate dal legislatore che si riferisce genericamente al codice penale e alle leggi speciali in materia. Le conseguenze invero sono variabili a seconda del comportamento. In ogni caso il Governo ha pensato di inasprire le pene con un aumento da un terzo alla metà. La lettura comparata delle modifiche all’art. 76 DPR 445/2000 chiarisce la novità:

 art. 76 previgente Art. 76 vigente
1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. 1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà.

La modifica che, si teme, non avrà vigenza solo fino al 31.12.2020, è significativa. Si consideri che uno dei reati tipici conseguenti alle dichiarazioni mendaci è l’art. 483 c.p. che così recita:

c.p. art. 483. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale , in un atto, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità  è punito con la reclusione fino a due anni .

Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile [c.c. 449; c.p. 495], la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

Ciò significa che la dichiarazione mendace, in forza dell’aumento, verrà punita con una pena della reclusione di 2 anni e 8 mesi (aumento di 1/3) o 3 anni (aumento ½); nel caso del secondo comma la reclusione non potrà essere inferiore a 4 mesi o 6 mesi.

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Cinzia SilvestriDICHIARAZIONI MENDACI e Decreto Rilancio (1) – 6.8.2020
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DIFESA LEGITTIMATA – LEGGE N. 36/2019

Legittima difesa …in pillole 
art. 52 c.p. – novità
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 4.5.2019


La difesa legittimata è Legge (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 3.5.2019).
Legge 26.4.2019 n. 36 vigente dal 18.5.52019. Il testo si compone di 9 articoli e si apre proprio con la modifica dell’art. 52 c.p sulla legittima difesa.
Il Presidente Mattarella ha pubblicato sul sito del Quirinale una lettera di precisazione su alcuni punti della Legge : https://www.quirinale.it/elementi/28586
1) LEGITTIMA DIFESA: L’articolo 52 al primo comma  ribadisce la non punibilità per colui che si difende da “offesa ingiusta” e sempre che la difesa sia proporzionataall’offesa .
La Legge 36/19 interviene sul secondo comma dell’art. 52 che si riferisce espressamente alla “violazione di domicilio” ex art. 614 c.p.. Il legislatore aggiunge la parola “sempre” idonea ad imporre una “presunzione” di proporzionalità della difesa laddove qualcuno entri armato nelle nostre case (ma non solo nelle case).
Segue la modifica del comma 3 dell’art. 52 c.p. che permette di considerare  “domicilio” anche il luogo dove venga esercitata attività di lavoro, commerciale o altro.
Viene inserito il quarto comma, vera anima dell’artt. 52, che afferma esistere semprela legittima difesa nel caso di introduzione di terzi nel proprio domicilio, estensivamente considerato.
 
Di seguito l’articolo modificato:
 
c.p. art. 52. Difesa legittima.
1 Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa .
2 Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

  1. a) la propria o la altrui incolumità;
  2. b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

3 La disposizione di cui al secondo commaLe disposizioni di cui al secondo e quarto commasi applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale
 
4 Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone ».
Leggi lettera presidente Repubblica Mattarella https://www.quirinale.it/elementi/28586
LEGGI testo Legge 26.4.2019 n. 36 Legittima difesa 

adminDIFESA LEGITTIMATA – LEGGE N. 36/2019
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Corruzione/prescrizione – Legge n. 3/2019

Legge sulla “corruzione” e non solo ..
Pubblicata in Gazzetta ufficiale la Legge n. 3/2019
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicata la Legge che giaceva sul tavolo del Presidente della Repubblica da qualche tempo e che disciplina anche la nuova “prescrizione dei reati” con vigenza però dal 1.1.2020.  Si rinvia agli articoli pubblicati su questo sito che hanno puntualizzato le novità anche in materia ambientale.
Vai alla lettura della Legge 3/2019 – corruzione

adminCorruzione/prescrizione – Legge n. 3/2019
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Prescrizione dei reati…anche ambientali

Prescrizione dei reati … anche ambientali

In vigore dal 1.1.2020 – Legge “spazzacorrotti”.

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 27.12.2018


Si parla molto di prescrizione dei reati; la questione riguarda anche i reati ambientali.

L’avvocatura –  e persino la Magistratura – non condivide tale disegno di legge in punto di prescrizione. Riforma lesiva di principi costituzionali. 

Si legge nel Dossier 39/3 – schede di lettura – del 14.12.2018, nel sito del Parlamento con riferimento alle modifiche apportate agli artt. 158,159,160 c.p (sulla prescrizione):

“..Il comma 1, lettere d), e) ed f)  (della legge “spazzacorrotti”)– prevede anche una parziale riforma dell’istituto della prescrizione del reato, attraverso continua lettura articolo e schema art. 159 c.p. – prescrizione

adminPrescrizione dei reati…anche ambientali
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Reati ambientali e Anticorruzione

Reati ambientali (codice penale)

Condanna e divieto a contrarre con la Pubblica amministrazione

Anticorruzione: Legge “spazzacorrotti” 18.12.2018

Modifiche all’art. 32 quater Codice penale

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri 


Approvato in data 18.12.2018 il Disegno Legge (C-1189-B) cosidetto “spazzacorrotti” o “sulla corruzione” ed in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 

L’art. 1 della Legge “spazzacorrotti” modifica l’art. 32 quater c.p. che prevede , nel caso di condanna, per alcuni reati anche ambientali  la pena accessoria del divieto a contrarre con la pubblica amministrazione. 

I reati ambientali rimangono gli stessi, salvo l’aggiornamento che vede il richiamo dell’art. 452 quaterdecies in vece dell’abrogato art. 260 Dlgs. 152/2006 

Si ricordano dunque i reati ambientali che prevedono la misura (nel caso di condanna) del divieto a contrarre con la P.A.:

452-bis: inquinamento ambientale

452-quater: disastro ambientale

452-sexies: traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività

452-septies: impedimento ….. continua lettura articolo e schema art. 32 quater c.p. 

adminReati ambientali e Anticorruzione
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Anticorruzione: Legge “spazzacorrotti” 18.12.2018

Anticorruzione: Legge “spazzacorrotti” 18.12.2018

Modifiche agli artt. 25,13,51 Dlgs. 231/2001 – Responsabilità Enti

schema comparato art. 25 Dlgs. 231/2001

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri 


Approvato in data 18.12.2018 il Disegno Legge (C-1189-B) cosidetto “spazzacorrotti” o “sulla corruzione”,  in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Salvo imprevisti  (il testo è alla firma) il testo contiene modifiche anche al Dlgs. 231/2001 sulla Responsabilità degli Enti.

L’art. 7 modifica alcuni articoli del Dlgs. 231/2001 con riferimento in particolare all’art. 25 che viene implementato e modificato. 

Traffico di influenze illecite

Il primo comma dell’art. 25 Dlgs. 231/2001 viene sostituito e implementato con la previsione di nuova figura di reato di cui all’art. 346 bis c.p.- traffico di influenze illecite; figura di reato introdotta con L. 190/2012 che si aggiunge alle figure tipiche della Corruzione per l’esercizio di funzione (di cui all’art. 318 c.p.. continua lettura articolo e schema art. 25 ——-> Legge spazzacorrotti 2018

adminAnticorruzione: Legge “spazzacorrotti” 18.12.2018
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Rumore – vociare dei clienti

Rumore – vociare dei clienti – responsabilità del gestore del locale
Cass. pen. sent. n. 19090/2018
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il gestore di un locale è tenuto ad impedire che il vociaredei clienti disturbi la quiete pubblica. Non basta che il gestore ponga avvisi ai clienti o altri accorgimenti; ciò che conta è solo l’idoneità dei presidi ad impedire il disturbo della quiete pubblica. Nel caso in esame il gestore di un bar arriva in Cassazione ritenendo non solo di aver posto in essere tutti i presidi anche tecnici per evitare il disturbo ma anche di non essere responsabile di attività, vociare, compiuta da altri.
La Cassazione è di altro avviso.
La Cassazione ricorda che per ...continua lettura articolo rumore – vociare – gestore

adminRumore – vociare dei clienti
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Rifiuti – responsabilità dell'appaltatore

Rifiuti – responsabilità dell’appaltatore
Cass. pen. sent. n. 19152/2018
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Cassazione precisa il rapporto tra impresa appaltante e appaltatore nella gestione dei rifiuti connessi ad un appalto.
Nel caso di specie il legale rappresentante della ditta appaltante si vede condannato in primo grado per la gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 Dlgs. 152/2006) per aver depositato la impresa appaltatrice rifiuti in un’area di proprietà dell’appaltante.
L’impresa appaltante si difende ritenendo di non aver alcun obbligo di impedire attività che esula dalla propria ..…continua lettura articolo rifiuti e appaltatore

adminRifiuti – responsabilità dell'appaltatore
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Rumore – Bar e musica

 
Rumore: Basta la testimonianza – art. 659 c.p.
Cass. pen. sent. n. 1014 /2018
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Cassazione ribadisce la necessità per la imputazione ex art. 659 c.p. del disturbo alla “collettività”. Nel caso di specie si trattava di un Bar e di musica fino a tarda notte. Le doglianze sono giunte non solo dal condominio dello stesso Bar …continua lettura articolo rumore – bar musica 659 c.p.

adminRumore – Bar e musica
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