MUD 2014

MUD 2014: approvato nuovo modello
a cura di Studio Legale Ambiente


 
E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo MUD per l’anno 2014.
Si rinvia al testo del DPCM 12.12.2013 (allegato I sotto riportato) e a breve articolo riassuntivo delle principali novità.
1 articolo MUD 2014
2 allegato I MUD

adminMUD 2014
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Rifiuti: trasporto illecito

Rifiuti: trasporto illecito, sequestro e responsabilità
a cura di Studio Legale Ambiente


La Cassazione penale precisa il concetto di pertinenza che permette il sequestro del veicolo nonché la responsabilità dell’azienda rispetto alla condotta del dipendente ex art. 256 Dlgs. 152/2006.
Si allega breve commento Cass. penale 45932/2913 : Cassazione penale 

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Rifiuti: trattamento e triturazione

Rifiuti: trattamento e triturazione (Cass. penale 3077/2013)
a cura di Studio Legale Ambiente


 
La Cassazione penale ribadisce il concetto che il trattamento esclude l’applicazione della normativa sulle terre e rocce da scavo nonchè dell’art. 230 Dlgs. 152/2006.
Si allega breve commento alla sentenza Cass. pen. 3077/2013 :Cassp. 3077. 256
 

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DL. n. 136/2013:emergenze ambientali

DL. 136/2013: emergenze ambientali
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


E’ stato Pubblicato in Gazzetta il DL 136/2013 il Decreto che contiene disposizioni urgenti per le emergenze ambientali.
Il Decreto contiene
1) l’introduzione dell’art. 256bis Dlgs. 152/2006 relativo al nuovo illecito di combustione dei rifiuti.
2) è titolato quale  : Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate.
3) si occupa prevalentemente della Regione Campania e della questione “ILVA” con idonei riflessi su tutta la normativa di settore

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DL 136/2013: reato di combustione illecita rifiuti

Decreto Legge 136/2013: Terra dei fuochi: reato di combustione illecita di rifiuti
art. 256bis Dlgs. 152/2006
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il Governo (consiglio dei Ministri) ha pubblicato in data 10.12.2013 decreto Legge  n. 136/2013 che interviene e sanziona il comportamento illecito volto a bruciare rifiuti.

                               Art. 3
                   Combustione illecita di rifiuti
  1. Dopo l'articolo 256 del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.
152, e' inserito il seguente:
  «Art. 256-bis. (Combustione illecita di rifiuti). - 1. Salvo che il
fatto costituisca piu' grave  reato,  chiunque  appicca  il  fuoco  a
rifiuti abbandonati ovvero depositati  in  maniera  incontrollata  in
aree non autorizzate e' punito con la  reclusione  da  due  a  cinque
anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si
applica la pena della reclusione da tre a sei anni.
  2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui
all'articolo 255, comma 1, in funzione della  successiva  combustione
illecita di rifiuti.
  3. La pena e' aumentata di un terzo se i delitti di cui al comma  1
siano commessi nell'ambito dell'attivita' di un'impresa o comunque di
un'attivita' organizzata.
  4. La pena e' aumentata se i fatti di cui al comma 1 sono  commessi
in territori che, al momento della condotta  e  comunque  nei  cinque
anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni  di
stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi  della  legge  24
febbraio 1992, n. 225.
  5. I mezzi di trasporto utilizzati per la commissione  dei  delitti
di cui al comma 1 sono confiscati ai sensi dell'articolo  259,  comma
2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, salvo che il  mezzo
appartenga a persona estranea al reato, la quale provi che l'uso  del
bene  e'  avvenuto  a  sua  insaputa  e  in  assenza  di  un  proprio
comportamento negligente. Alla sentenza di condanna o  alla  sentenza
emessa ai sensi dell'articolo 444  del  codice  di  procedura  penale
consegue la confisca dell'area sulla quale e' commesso il  reato,  se
di proprieta' dell'autore o del compartecipe al  reato,  fatti  salvi
gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
  6. Si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le  condotte
di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo  184,
comma 2, lettera e).».
  2. Fermo restando quanto previsto  dalle  disposizioni  vigenti,  i
Prefetti delle province della  regione  Campania,  nell'ambito  delle
operazioni   di   sicurezza   e   di   controllo    del    territorio
prioritariamente  finalizzate  alla  prevenzione   dei   delitti   di
criminalita' organizzata e ambientale, sono autorizzati ad avvalersi,
nell'ambito  delle  risorse  finanziarie  disponibili,  di  personale
militare  delle  Forze  armate,  posto  a  loro  disposizione   dalle
competenti autorita' militari ai sensi dell'articolo 13  della  legge
1° aprile 1981, n. 121.

Il Governo aveva pubblicato , sul proprio sito, una breve “anteprima” del contenuto del nuovo reato
Introduzione del reato di combustione illecita di rifiuti
La norma ha l’obiettivo di introdurre sanzioni penali per contrastare chi appicca i roghi tossici, oggi sanzionabili solo con contravvenzioni.

  • Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni.
  • Se i delitti sono commessi nell’ambito dell’attività di un’impresa, o comunque di un’attività organizzata, la pena é aumentata di un terzo.
  • La pena è aumentata se i fatti sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti (è il caso della Campania).
  • Se per la commissione dei delitti sono utilizzati mezzi di trasporto, si applica la confisca. Alla sentenza di condanna consegue la confisca dell’area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

La necessità dell’incriminazione scaturisce dall’inadeguatezza dell’attuale sistema sanzionatorio che inquadra l’illecita combustione dei rifiuti quali violazioni prive – nella sostanza e nella prassi applicativa – di rilevanza penale.
Le incriminazioni si aggiungono a quelle di cui agli articoli 255 e 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (abbandono di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata) e mirano a colpire (anche attraverso la confisca obbligatoria del mezzo utilizzato per la commissione del reato) il preoccupante fenomeno dei roghi di rifiuti, al quale conseguono immediati danni all’ambiente ed alla salute umana, con la dispersione in atmosfera dei residui della combustione, incluso il rischio di ricadute al suolo di diossine.
 

adminDL 136/2013: reato di combustione illecita rifiuti
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Delegato ambientale : Cass. Pen. n. 46237/2013

Delegato ambientale: Cass. pen. 46237/2013
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Quale responsabilità per il delegato ambientale munito di idonea delega?
La Cassazione penale si esprime con rigore senza dimenticare l’accertamento della idoneità della delega conferita.
Si rinvia a breve disamina della sentenza citata Cass. pen. 46237/2013: delegato ambientale 46237
 

adminDelegato ambientale : Cass. Pen. n. 46237/2013
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Sistri: modifiche all'art. 188 ter Dlgs. 152/2006

Sistri: art. 188 ter Dlgs. 152/2006 – modifiche
a cura di Studio Legale Ambiente


Studio Legale Ambiente continua la disamina delle novità introdotte al DL 103/2013 (dell’art. 11 L. 125/20013) al Dlgs. 152/2006.
Si rinvia agli articoli pubblicati su questo sito in merito
1)    modifiche all’art. 190 Dlgs. 152/2006 e relativo schema di confronto
2)    modifiche relative all’art. 260 e 260 bis e problematica sulla applicazione delle sanzioni relative alle violazioni Sistri.
Si rinvia dunque a commento  e schema sull’art. 188 ter

adminSistri: modifiche all'art. 188 ter Dlgs. 152/2006
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Registro di carico e scarico: novità dalla L. n. 125/2013

Registro di carico e scarico: revisione dell’art. 190 Dlgs. 152/2006
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 
L’art. 190 (Registri di carico e scarico) è stato ampiamente revisionato dall’art. 11 comma 12 bis della L. 125/2013.
Si offre alla lettura schema dell’art. 190 con le modifiche apportate: art. 190 Dlgs. 152:2006

adminRegistro di carico e scarico: novità dalla L. n. 125/2013
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TARES e IMU: è Legge

IMU e TARES: è Legge
A cura di Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 
Il DL 102/2013 del 31 agosto è stato convertito in Legge n. 124/2013 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 29.10.2013.
IMU e TARES subiscono una revisione.
L’art. 1 si apre promettendo “ Abolizione della prima rata dell’IMU 2013 per gli  immobili  oggetto della sospensione disposta con decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54 ovvero:
1. Per l’anno 2013  non  e’  dovuta  la  prima  rata  dell’imposta municipale  propria  di  cui  all’articolo  13  del  decreto-legge  6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge  22 dicembre 2011, n. 214, relativa agli immobili di cui all’articolo  1,comma 1, del decreto-legge 21 maggio 2013,  n.  54,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85.
Interviene l’art. 2bis ad applicare, forse a compensare l’esenzione di cui sopra, l’ IMU alle unità immobiliari concesse in comodato.
Quanto alla TARES, l’art. 5 è poco leggibile.
Tutto sembra lasciato alla discrezionalità dei Comuni che possono decidere degli sgravi in presenza di certi criteri; e ciò scomodando l’abusato principio “chi inquina paga”.
Ed invero il Comune, per l’anno 2013,  con un regolamento da adottarsi in un certo termine può (si badi può) stabilire di disapplicare la  componente  del  tributo comunale sui rifiuti  e  sui  servizi ,diretta  alla  copertura  dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti, tenendo conto  dei seguenti criteri e nel rispetto del  principio  «chi inquina  paga»,sancito dall’articolo  14  della  Direttiva 2008/98/CE  relativa  ai rifiuti.
Si rinvia alla lettura del copioso articolo ma si segnala la lettera d) meritevole di riflessione e di un sorriso caritatevole ovvero è prevista tra le esezioni la:
“d) introduzione di ulteriori riduzioni ed esenzioni,  diverse  da quelle  previste  dai  commi  da  15  a  18  dell’articolo   14   del decreto-legge n. 201 del 2011( (, che  tengano  conto  altresi’  della capacita’   contributiva    della    famiglia,    anche    attraverso l’applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente(ISEE), nonche’ introduzione  di  esenzioni  per  i  quantitativi  di rifiuti avviati all’ auto compostaggio,  come  definito  dall’articolo183, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.152, e successive modificazioni).

adminTARES e IMU: è Legge
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Sistri: fino al 1 agosto 2014 le sanzioni non si applicano?

Sistri: fino al 1 agosto 2014 le sanzioni non si applicano?
A cura di Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri e Dario Giardi


 
 
Il DL 101/2013 del 31 agosto subisce le ultime battute (ora è all’esame del Senato) prima della conversione in Legge entro il 31 ottobre 2013.
Con precedente articolo su questo sito si evidenziava  la problematica delle sanzioni da applicare (art. 260 bis Dlgs. 152/2006) in materia di Sistri.
Nonostante il Decreto debba ancora seguire il suo corso e dunque non si conosce il destino degli emendamenti della Camera, vale la pena di riportare la discussione sul tema ; discussione che testimonia l’estrema confusione del Legislatore.
Ed invero l’art. 11 del Dl 101/2013 è senza pace ed è stato emendato proprio ed anche nella parte che disciplinava il momento di applicazione delle sanzioni Sistri.
Il testo emendato prevede che fino al 1 agosto 2014 le sanzioni Sistri ex art. 260 bis Dlgs. 152/2006 non si applicano.
Si seguito lo schema:

«3-bis. Le sanzioni relative al SISTRI si applicano a decorrere dalla scadenza dei novanta giorni successivi alla data di avvio dell’operatività del sistema, fermi restando nelle more di detta scadenza gli obblighi di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e l’applicazione delle relative sanzioni. Con il decreto di cui al comma 4 il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla modifica ed integrazione della disciplina delle sanzioni relative al SISTRI, anche al fine di assicurare il coordinamento con l’articolo 188-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo»; «3-bis. Nei dieci mesi successivi alla data del 1° ottobre 2013 continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui agli articoli 188, 189, 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, nonché le relative sanzioni. Durante detto periodo, le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis e 260-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non si applicano. Con il decreto di cui al comma 4, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla modifica e all’integrazione della disciplina degli adempimenti citati e delle sanzioni relativi al SISTRI, anche al fine di assicurare il coordinamento con l’articolo 188-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo»;

 
Gli emendamenti all’art. 11 del DL 101/2013 prevedono molte novità che, per il momento, è prematuro approfondire in quanto potrebbero non essere  convertite in Legge , tra le quali:
1)     Sospensione per 10 mesi delle sanzioni relative al Sistri (Sistema di tracciabilità dei rifiuti)
2)     esclusione degli imprenditori agricoli dall’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali.
3)     Altre novità riguardano il ritorno del trasporto intermodale nel campo di applicazione del Sistri e la riscrittura delle norme su registri e formulari “post Sistri” (come modificate dal Dlgs 205/2010), con novità per tempi di compilazione e imprenditori agricoli; nonché la previsione di una fase di sperimentazione per l’applicazione del Sistri al trasporto dei rifiuti urbani pericolosi a partire dal 30 giugno 2014;
 
 

adminSistri: fino al 1 agosto 2014 le sanzioni non si applicano?
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Sistri: quando in vigore le sanzioni?

Sistri: quando entrano in vigore le sanzioni?
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


Il DL 101/2013 art. 11 indica il termine di operatività del sistema Sistri che possiamo fissare ad oggi nel 1 ottobre 2013 e 3 marzo 2014.
Stabilire il momento in cui entrano in vigore le saznioni per il Sistri , in particolare l’art. 260 bis Dlgs. 152/2006 non è di semplice lettura.
Si può convenire, in prima battuta, che le sanzioni, si applicano decorsi 30 giorni dalla operatività del Sistri; e ciò per la lettura in combinato disposto degli art.39 Dlgs. 205/2010 e art. 12 comma 2 DM 17.12.2009 ss.m.
Secondo questo schema:

operatività Doppio binario30 giorni

Sanzioni Sistri

1 ottobre 2013 Adempimenti RCS e FIR

2 novembre 2013

3 marzo 2014

4 aprile 2013

In particolare :
Le  sanzioni relative  al  sistema (SISTRI) (art. 188 bis comma 2 lett. a)) si  applicano  a  partire  dal  giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2, DM 17.12.2009 (cfr. art. 39 comma 1 Dlgs. 205/2010)
L’art. 12 comma 2[1] sopra citato prevede il cosidetto doppio binario; ovvero 30 giorni dalla operatività del Sistri in cui le imprese sono comunque tenute agli obblighi di cui agli art. 190 e 193 Dlgs. 152/2006 (RCS e FIR)
 



[1] “2. Al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del sistema SISTRI, per un mese successivo (46) all’operatività del SISTRI come individuata agli articoli 1 e 2 i soggetti di cui ai medesimi articoli rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
 
 
adminSistri: quando in vigore le sanzioni?
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RAEE: L. Europea n. 97/2013

RAEE: COSA CAMBIA PER I DISTRIBUTORI DI AEE ALLA LUCE DELLA LEGGE EUROPEA n. 97 del 6 agosto 2013
a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


 

 Il provvedimento, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea — Legge europea 2013”, è uno dei due strumenti legislativi (l’altro è la “Legge di delegazione europea”) che, ai sensi della legge 234/2012, hanno sostituito la tradizionale “legge comunitaria” come strumento di recepimento del diritto europeo.

 Le novità in materia di ambiente della legge 6 agosto 2013, n. 97 (“Legge europea 2013”), in vigore dal 4settembre 2013.

 Legge 6 agosto 2013, n. 97 – “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013”
RAEE
ARTICOLO 22

Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, relativo alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti.”

Procedura di infrazione 2009/2264

1. All’allegato 1B del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al numero 1, le parole: “(con esclusione di quelli fissi di grandi dimensioni)” sono soppresse;

b) al numero 1.18 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e per il condizionamento”;

c) dopo il numero 8.9 è inserito il seguente: “8.9-bis. Test di fecondazione”.

2. Rientra nella fase della raccolta, come definita dall’articolo 183, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il raggruppamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) finalizzato al loro trasporto presso i centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita o presso altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) il raggruppamento riguarda esclusivamente i Raee disciplinati dal decreto legislativo n. 151 del 2005 provenienti dai nuclei domestici;

b) i Raee di cui alla lettera a) sono trasportati presso i centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2005 con cadenza mensile e, comunque, quando il quantitativo raggruppato raggiunga complessivamente i 3.500 chilogrammi. Il quantitativo di 3.500 chilogrammi si riferisce a ciascuno dei raggruppamenti 1, 2 e 3 dell’allegato 1 al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 settembre 2007, n. 185, e a 3.500 chilogrammi complessivi per i raggruppamenti 4 e 5 di cui al medesimo allegato;

c) il raggruppamento dei Raee è effettuato presso il punto di vendita del distributore o presso altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, in luogo idoneo, non accessibile a terzi e pavimentato. I Raee sono protetti dalle acque meteoriche e dall’azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili, e raggruppati avendo cura di tenere separati i rifiuti pericolosi, nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 187, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. È necessario garantire l’integrità delle apparecchiature, adottando tutte le precauzioni atte ad evitare il deterioramento delle stesse e la fuoriuscita di sostanze pericolose.

3. All’articolo 2, comma 1, lettera d), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, le parole da: “, effettuato” fino a: “6.000 kg” sono soppresse.

4. La realizzazione e la gestione di centri di raccolta di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo n. 151 del 2005 si svolge con le modalità previste dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 99 del 28 aprile 2008, e successive modificazioni, ovvero, in alternativa, con le modalità previste dagli articoli 208, 213 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

5. Sono abrogati il comma 2 dell’articolo 1 e l’articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65.


COMMENTO

Il comma 2 della norma stabilisce le nuove condizioni che il distributore deve rispettare al fine di poter considerare il raggruppamento dei Raee domestici che lo stesso effettua, prima del trasporto, come rientrante nella fase della “raccolta”, attualmente contenute nell’articolo 1, comma 2 del Dm 65/2010. La novità in realtà è solo una, e riguarda il già previsto limite di 3,5 tonnellate di Raee raggruppabili prima del trasporto che, si precisa con la nuova disposizione, deve intendersi riferito “a ciascuno” dei raggruppamenti 1, 2 e 3 ( “freddo e clima”, “altri grandi bianchi” e “tv e monitor”) mentre per i raggruppamenti 4 e 5 (“It e Consumer electronics” e “sorgenti luminose”) va inteso in senso “complessivo”. Aver aumentato il solo limite quantitativo di raggruppamento non risolve tutte le criticità che i distributori hanno più volte evidenziato. È rimasto, infatti, inalterato il limite temporale di un mese che invece i distributori avrebbero voluto allungare fino ai tre mesi. Il limite quantitativo e temporale avrebbero portato una reale semplificazione nella modalità di gestione dei raggruppamenti solo se letti congiuntamente.

Per superare le criticità riscontrate in molti Comuni che rifiutavano il conferimento dei Raee evidenziando come, essendo le piazzole comunali -impianti autorizzati in via ordinaria- non potevano ricevere rifiuti autorizzati in semplificata. Il comma 4 estende le modalità di conferimento ricomprendendo questa fattispecie. Viene previsto, infatti, che la realizzazione e la gestione di centri di raccolta Raee (articolo 6, Dlgs 151/2005) si svolge con le modalità previste dal Dm 8 aprile 2008 (disciplina nazionale per i centri di raccolta dei rifiuti urbani), “ovvero, in alternativa, con le modalità previste dagli articoli 208, 213 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” (che riguardano rispettivamente l’autorizzazione unica per gli impianti di recupero/smaltimento dei rifiuti, l’autorizzazione unica ambientale/Aia e le procedure semplificate per gli impianti di recupero). Quest’ultimo periodo rappresenta la novità, visto che l’ articolo 8 del Dm 65/2010, ora abrogato, contemplava unicamente il Dm 8 aprile 2008.

Completano il quadro:

a) scompaiono i limiti di portata e massa degli automezzi per il trasporto dei Raee (articolo 2, Dm 65/2010);

b) viene allargato il campo di applicazione estendendolo a “altre apparecchiature per il condizionamento” che entrano a far parte dei “Grandi elettrodomestici” elencati nel Dlgs 151/2005 (da cui non sono più esclusi gli elettrodomestici fissi di grandi dimensioni); ai test di fecondazione che entrano nella categoria 8 “Altri apparecchi per diagnosticare, prevenire. monitorare, curare e alleviare malattie, ferite o disabilità.”

 
 

adminRAEE: L. Europea n. 97/2013
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Sistri: pubblicata Circolare

Sistri: Circolare esplicativa

Pubblicata sul sito del Ministero dell’Ambiente una Circolare esplicativa.
segnalazione a cura Cinzia Silvestri – Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


 
Il 30 settembre u.s., è stata pubblicata sul sito del Ministero dell’Ambiente de della Tutela del Territorio e del Mare, circolare esplicativa che chiarisce alcuni punti controversi e di dubbia interpretazione, relativamente al riavvio operativo del sistema di tracciabilità, a partire dal 1 ottobre 2013, come previsto dal Dl 101/2013.
Tra i punti più significativi della Circolare, segnaliamo i seguenti:
Soggetti coinvolti
Produttore
L’avvio del sistema riguarderà inizialmente solo i gestori e i trasportatori professionali di rifiuti pericolosi e non anche i produttori iniziali degli stessi. A tal proposito la circolare evidenzia come per “produttore iniziale”, si intenda il soggetto la cui attività produce rifiuti, e che tale definizione non debba essere confusa con quella di nuovo produttore introdotta dal decreto (chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione dei rifiuti). Una differenza sostanziale perché per i “produttori iniziali” il sistema partirà solo dal 3 marzo mentre per i “nuovi produttori” l’operatività scatterà già a partire dalla prima data fissata.
Trasportatore
Con riferimento alle attività di trasporto dei rifiuti, viene chiarito che la locuzione “enti o imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale”, contenuta al comma 2 dell’articolo 11 del d.l. n. 101/2013, si riferisce agli enti e imprese che trasportano rifiuti pericolosi prodotti da terzi. Con riferimento alle attività di trasporto transfrontaliero di rifiuti viene evidenziato che l’articolo 194, comma 3 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 prevede che “fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212”. L’articolo 188 ter del medesimo decreto, quindi, prevede un obbligo di adesione al SISTRI di tutti gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale. Pertanto, i vettori nazionali e stranieri che, a titolo professionale, effettuano trasporti esclusivamente all’interno del territorio nazionale, ovvero in partenza dal territorio nazionale e verso Stati esteri, sono soggetti all’obbligo di iscrizione al SISTRI.
Modalità di coordinamento tra obblighi dei soggetti iscritti al SISTRI e obblighi dei soggetti non iscritti al SISTRI
 Viene chiarito che le procedure previste dall’articolo 14 del decreto ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52, debbano essere adottate, nella prima fase operativa del sistema, da parte dei produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi che non aderiscano volontariamente al SISTRI in data antecedente a quella prevista per l’avvio dell’operatività del sistema per la propria categoria.
Sanzioni e regime transitorio
Per il primo mese successivo alla data di avvio dell’operatività del SISTRI, in riferimento ai due scaglioni temporali, i soggetti coinvolti sono tenuti, oltre che agli adempimenti del SISTRI, anche a compilare i registri di carico e scarico ed i formulari di trasporto così come previsto dall’articolo 12, comma 2, del d.m. 17 dicembre 2009, in relazione agli articoli 190 e 193 del d.lgs. 152/2006. Pertanto, le sanzioni relative al SISTRI si applicheranno a partire dal trentunesimo giorno successivo alla data di avvio dell’operatività del sistema, con riferimento alla rispettiva categoria di appartenenza.
Per i trenta giorni successivi alla data di avvio dell’operatività definita per la categoria di appartenenza, gli operatori sono obbligati alla tenuta del registro carico e scarico e del formulario di trasporto e vengono applicate le relative sanzioni, secondo quanto disposto dagli articoli 190 e193 del d.lgs. n. 152/2006, nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 205/2010.
In considerazione di quanto disposto dall’articolo 16, comma 2 del d.lgs. n. 205/2010, le imprese sono tenute alla presentazione del MUD con riferimento ai rifiuti prodotti e gestiti nell’anno 2013 ai sensi dell’articolo 189 del d.lgs. n.152/2006.
E’ opportuno segnalare che, tra gli emendamenti presentati in sede di conversione del DL n. 101/2013, e attualmente all’esame del Senato, ve ne sono alcuni che prevedono un ampliamento del periodo di inizio dell’operatività, durante il quale avranno vigore sia gli adempimenti previsti dagli articoli 190 e 193 del d.lgs. 152/2006, sia gli adempimenti previsti dal SISTRI, e che durante detto periodo non si applichino le sanzioni relative al SISTRI. In ogni caso, l’articolo 11, comma 11, del d.l. n. 101/2013, già prevede che l’irrogazione delle sanzioni SISTRI per le violazioni di cui all’articolo 260-bis, del d.lgs. n. 152/2006, avvenga soltanto dopo la constatazione della terza violazione.
Per ogni approfondimento si rimanda al testo completo della Circolare 
 
 
 
 
 
 
 

adminSistri: pubblicata Circolare
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Quesito: deposito rifiuti pericolosi

 
Quesito: deposito temporaneo
 
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – Dario Giardi


 
Domanda
In caso di deposito temporaneo di rifiuti pericolosi si deve apporre sul contenitore la R nera su fondo giallo come nel caso del trasporto? Si tratta semplicemente di una buona prassi da seguire o di un obbligo normativo preciso? L’art. 183 del D.Lgs 152/2006 riporta quanto segue “devono essere rispettate le norme che disciplinano l’etichettatura e l’imballaggio dei rifiuti pericolosi” ma non riporta alcun riferimento normativo preciso.
 
Risposta
L’utilizzo indiscriminato dell’etichetta citata nel quesito può essere ricondotto alla confusione tra le disposizioni del testo unico ambientale e la normativa ADR. Il trasporto di merci pericolose, ricadente nell’ADR, prevede tra le varie etichette e pannelli anche la”R” nera su sfondo giallo ,da utilizzarsi qualora si trasportino rifiuti che ricadono tra le merci pericolose previste dall’ADR.
 
Non è semplice identificare quali sono i rifiuti  la cui pericolosità li fa ricadere nell’ADR. Non esiste precisa corrispondenza tra rifiuto pericoloso per la normativa ambientale (D.Lgs. 152/2006) e per il trasporto – normativa ADR.
 
Nel caso del deposito (anche temporaneo) , è importante che ogni rifiuto sia individuato chiaramente.  E’ importante  che ogni settore di stoccaggio sia individuato da un cartello recante il codice CER e la descrizione del rifiuto, e laddove il rifiuto sia pericoloso, venga aggiunta anche l’etichetta recante la R nera su sfondo giallo.
 
Non esiste un riferimento normativo preciso. Si tratta più di una buona prassi ormai riconosciuta da tutti gli operatori e anche dagli addetti ai controlli.
 
 
 
 
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Sistri: sanzioni e non punibilità

 Sistri: sanzioni ridotte e non punibilità
Art. 260bis (Sistri) e DL 101/2013 art. 11 co. 11
 A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


 
 Con l’art.  39 Dlgs. 3.12.2010 n. 205[1] come modificato dall’ art. 4 comma 2-ter Dlgs. 121/2011 (7 luglio 2011) il legislatore inseriva disposizione di favore per il trasgressore che commetteva l’illecito amministrativo ex art. 260bis Dlgs. 152/2006 (sanzione amministrativa) entro 1 anno dalla entrata in vigore degli obblighi di operatività per ciascuna categoria.
E’ una vera novità.
Il legislatore è consapevole della difficoltà applicativa della normativa a cui fa riferimento l’art. 260 bis.
Con disposizione contenuta solo nel testo di cui al Dlgs. 121/2011, il legislatore stabilisce la riduzione delle sanzioni amministrative commesse entro 1 anno dalla operatività delle varie categorie ovvero:
1)    le sanzioni amministrative di cui all’art. 260 bis commi 3,4,5,7,9 del Dlgs. 152/2006 (escluso la condotta di comportamento fraudolento di cui al comma 3) sono ridotte:
a)    1/10 se la violazione è commessa entro 8 mesi dalla decorrenza degli obblighi di operatività per ciascuna categoria di operatori (art. 1 DM 26.5.2011)
b)    1/5 se violazione commessa dopo l’ottavo mese  e per i successivi 4 mesi .
Ebbene.
2)    Con DL  del 31.8.2013 n.  101 art. 11 comma 11 (in attesa di conversione in legge) il legislatore ribadisce la volontà premiale solo per alcuni comportamenti puniti con sanzione amministrativa (art. 260bis comma 3,5, e 7 primo periodo).
In questo caso il legislatore non incide sulla diminuzione della sanzione ma stabilisce una vera e propria “immunità”.
Considerando un arco temporale di 6/7 mesi dall’inizio della operatività del Sistri il trasgressore non è punibile se commette 3 violazioni.
 
In particolare:
Le sanzioni per le violazioni di cui all’ articolo 260-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006 ,
1)     “limitatamente alle violazioni di cui al comma 3 quanto alle condotte di informazioni incomplete o inesatte”: il beneficio sembra limitato solo alla condotta di colui che fornisce nel sistema SISTRI informazioni incomplete ed inesatte. Il comma 3 invero prevede altre condotte quali la omissione di compilazione del registro cronologico o la scheda sistri – area movimentazione; alterazione di dispositivi tecnologici.
2)     comma 5 : i soggetti che si rendono inadempienti ad ulteriori obblighi SISTRI (diversi da quelli previsti dal comma 1 e 4 dell’art. 260bis)
3) comma 7 primo periodo: il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda Sistri – area di movimentazione e ove necessario con la copia del certificato analitico.
Queste violazioni se commesse
1) fino al 31 marzo 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI è obbligatorio dal 1° ottobre 2013[2] (6 mesi)
2) fino al 30 settembre 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI è obbligatorio dal 3 marzo 2014[3](7 mesi)
 
sono irrogate nel caso di più di tre violazioni nel medesimo rispettivo arco temporale.
Dunque, la sanzione e contestazione relativa, ad esempio, alle informazioni inesatte rese con riferimento al sistema Sistri occorsa nel periodo di tempo di 6/7mesi dall’inizio della operativià Sistri per 3 volte…non è punibile.
E’ punibile, invece, la violazione commessa per la quarta volta magari nel periodo temporale indicato.
A questo punto bisogna chiedersi se la condotta reiterata la quarta volta magari nell’ottavo mese, dall’inizio della operatività, trovi sanzione piena (ad esempio € 2600 ex art. 260bis comma 3) o ridotta di 1/10 (ovvero € 260 ex art. 39 Dlgs. 205/2010).
Ed invero le due normative coesistono e creano una sorta di cuscinetto favorevole al trasgressore – durevole fino ad un anno dall’inizio della operatività del Sistri – che si concreta attraverso la “impunità” circoscritta nel tempo e la riduzione della sanzione.
E’ utile dunque delineare breve schema che individui le condotte che integrano la mera riduzione della sanzione e/o la impunità se la violazione viene reiterata solo 3 volte nell’arco teporale indicato.

Violazione art. 260 bis Sanzione amministrativa Riduzione premiale sanzione Dlgs. 121/2011 art. 4 co. 2-ter DL 101/2013 art.11 co. 11
Comma 3: omessa compilazione RC o SS/informazione incomplete/alterazione fraudolenta da 2.600 a 15.500 Euro Riduzione 1/10 oppure 1/5 Solo per informazioni incomplete: Punibili se commesse più di 3 violazioni nell’arco temporale 6/7 mesi da inizio operatività Sistri
Comma 4: condotte di cui al comma 3/rifiuti pericolosi da 15.500 a 93mila Euro +
sanzione accessoria sospensione da 1 mese a 1 anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l’infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore
Riduzione premiale sanzione 1/10 oppure 1/5
Comma 5: altre inadempienze Sistri da 2.600 a 15.500 Euro Riduzione premiale sanzione 1/10 oppure 1/5 Punibili se commesse più di 3 violazioni nell’arco temporale 6/7 mesi da inizio operatività
Comma 5: altre inadempienze / rifiuti pericolosi da 15.500 a 93 mila Euro Riduzione premiale sanzione 1/10 oppure 1/5
Comma 7 primo periodo: trasporto senza copia cartacea SS e, ove necessario,certificato analitico Da 1.600 a 9.300 Euro Riduzione premiale sanzione 1/10 oppure 1/5 Punibili se commesse più di 3 violazioni nell’arco temporale 6/7 mesi da inizio operatività
Comma 9: se condotte di cui comma 7 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti da 260 a 1.550 Euro Riduzione premiale sanzione 1/10 oppure 1/5

 
 



[1] 2-quater. Le sanzioni amministrative di cui all’articolo 260-bis, commi 3, 4, 5, 7 e 9, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono ridotte, ad eccezione dei casi di comportamenti fraudolenti di cui al predetto comma 3, a un decimo per le violazioni compiute negli otto mesi successivi alla decorrenza degli obblighi di operativita’ per ciascuna categoria di operatori, enti o imprese, come individuata dall’articolo 1 del decreto ministeriale 26 maggio 2011, e successive modificazioni, e a un quinto per le violazioni compiute dalla scadenza dell’ottavo mese e per i successivi quattro mesi (4).
[2] Comma 2 art. 11 DL 101/2013: Per gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi, inclusi i nuovi produttori, il termine iniziale di operatività del SISTRI è fissato al 1° ottobre 2013.
[3] Comma 3 art. 11 DL 101/2013: Per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonché per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania di cui al comma 4 dell’ articolo 188-ter, del D.Lgs. n. 152 del 2006 , il termine iniziale di operatività è fissato al 3 marzo 2014, fatto salvo quanto disposto dal comma 8.
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TARES: modalità di riscossione

 TARES – Risoluzione MEF n. 9/DF sulle modalità di riscossione.
a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio legale Ambiente


Lo scorso 9 settembre il Dipartimento Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha adottato la Risoluzione n. 9/DF avente ad oggetto: “Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES). Art. 5, co. 4, del D. L. 31 agosto 2013, n. 102”. Il MEF, nello specifico, ha fornito una serie di chiarimenti sulle modalità di riscossione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), ed in particolare della c.d. “maggiorazione standard”.
Alla luce delle novità introdotte con il comma 4 dell’articolo 5 del D. L. 31 agosto 2013, n. 102 – in virtù del quale che “il Comune predispone e invia ai contribuenti il modello di pagamento dell’ultima rata del tributo sulla base delle disposizioni regolamentari e tariffarie di cui ai commi precedenti” –  il Ministero ha precisato che sulla base del quadro normativo vigente deve essere assicurato all’erario, entro l’anno in corso, il gettito della maggiorazione standard di cui all’articolo 14, comma 13, del D. L. n. 201 del 2011 (come noto, pari a 0,30 euro per metro quadrato).
Inoltre, con la Risoluzione in oggetto è stato precisato che il comma 4 dell’articolo 5 del D. L. 31 agosto 2013, n. 102, oltre ad attribuire al Comune l’onere di procedere alla predisposizione ed all’invio ai contribuenti del modello di pagamento del tributo, ha altresì stabilito che per l’ultima rata dell’anno 2013 si potranno utilizzare unicamente il modello F24 ed il bollettino di conto corrente postale di cui al D.M. 14 maggio 2013, i quali dovranno indicare separatamene la somma dovuta a titolo di tariffa e quella a titolo di “maggiorazione standard”.
Tale configurazione dei modelli di pagamento consentirà alla Struttura di gestione dell’Agenzia delle Entrate di attribuire direttamente ai soggetti destinatari le somme loro spettanti. Inoltre, poiché il versamento dovrà avvenire entro il 16° giorno di ciascun mese di scadenza delle rate, qualora l’ente locale abbia fissato la scadenza dell’ultima rata del 2013 nel mese di dicembre, il versamento dovrà essere necessariamente effettuato entro il giorno 16 di tale mese.
 
Al riguardo, il documento ministeriale ha precisato che gli adempimenti previsti sono finalizzati ad assicurare che il relativo gettito venga contabilizzato nel bilancio dello Stato nel corso dell’esercizio 2013 e per determinare, sulla base del gettito introitato, la dotazione del fondo di solidarietà comunale e l’entità delle misure compensative per il Comuni delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano.
Il Ministero ha poi offerto precise indicazioni in relazione alla facoltà concessa all’ente locale di fissare nel corso dell’anno 2014 la scadenza per il pagamento di una o più rate del tributo dovuto accertato contabilmente per l’anno 2013. Ai sensi dei commi da 1 a 3 dell’articolo 5 del D. L. 31 agosto 2013, n. 102, è stata riconosciuta al Comune la possibilità di approvare il Regolamento di disciplina del tributo anche secondo principi diversi da quelli previsti dall’articolo 14 del medesimo D. L., entro il termine previsto per la deliberazione del bilancio annuale di previsione del 2013, ovvero entro il 30 novembre 2013. Tale circostanza “eccezionale” giustifica un’eventuale posticipazione al 2014 della scadenza per il pagamento delle rate della TARES, fermo restando l’obbligo di versamento della maggiorazione per l’anno 2013 e fermo restando l’accertamento contabile nell’esercizio 2013.
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Sistri: chiarimenti in attesa del 1 ottobre 2013

SISTRI : alcuni chiarimenti in attesa delle disposizioni governative.
 A cura di Dario Giardi e Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


In attesa della circolare Ministeriale seguono alcune riflessioni:
Il Ministro Orlando, considera la fase di avvio un periodo di sperimentazione per individuare le semplificazioni necessarie. Il Ministro ha infatti precisato che solo 17.000 imprese su un totale di circa 70.000 dovranno partire il 1 ottobre, mentre le restanti dovranno partire il 3 marzo 2014. La limitazione del campo di applicazione per i soggetti obbligati dal primo ottobre, da parte del Ministro, è espressamente intesa a contenere il più possibile l’impatto del primo avvio.
In considerazione degli intendimenti del Ministro, le attività codificate in ATECO
38 – attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti; recupero dei materiali,
39 – attività di risanamento e altri servizi di gestione rifiuti e
49 – trasporto terrestre e trasporto mediante condotte
hanno il requisito minimo per l’avvio dell’attività dal 1 ottobre.
Per le altre imprese, le cui attività sono individuate con codici ATECO diversi, la partenza è fissata al 3 marzo 2014.
Si noti che qualora invece la norma fosse interpretata in senso estensivo, le imprese obbligate a partire dal primo ottobre sarebbero circa 50.000, e non 17.000 come voluto dal Ministro.
Si ricorda che i codici ATECO costituiscono la modalità per codificare le attività economiche da parte dell’ISTAT. Essi sono la traduzione italiana della Nomenclatura delle Attività Economiche (NACE) che forma oggetto di regolamentazione comunitaria (v. Reg. n. 1893/2006), al fine di migliorare la governance economica a livello europeo e nazionale. I codici ATECO attribuiti alle singole imprese sono riportati nel Registro delle imprese. La classificazione ATECO è stata approvata da un apposito Comitato di gestione con la partecipazione dei Ministeri interessati. E’ la classificazione usata dall’Agenzia delle entrate.
1) Soggetti obbligati alla iscrizione – Campo di applicazione
L’articolo 11 del dl 101/2013, comma 3, stabilisce che l’obbligo di utilizzo di SISTRI decorre dal 1 ottobre 2013 per:
– i trasportatori di rifiuti pericolosi a titolo professionale;
– i gestori di rifiuti pericolosi;
– i “nuovi produttori”: produttori di rifiuti derivanti da operazioni di trattamento di rifiuti;
– gli intermediari e commercianti di rifiuti pericolosi;
Si ritiene che, relativamente ai soggetti che devono operare con SISTRI dal 1 ottobre, si intendano:
a) per trasportatori di rifiuti pericolosi: le imprese, individuate presso il Registro delle imprese con codice ATECO 49, iscritte all’albo gestori ambientali alla categoria 5. Restano esclusi, in particolare, i trasportatori di rifiuti pericolosi iscritti all’albo gestori ambientali ai sensi dell’art. 212, comma 8, del d.lgs. n. 152/2006, se non obbligati per altro motivo;
b) per gestori di rifiuti pericolosi: le imprese che trattano rifiuti pericolosi prodotti da terzi individuate presso il Registro delle imprese con codici ATECO 38 e 39, regolarmente autorizzate;
c) per nuovi produttori: i produttori di rifiuti pericolosi derivanti da operazioni di trattamento di rifiuti sia pericolosi che non pericolosi, svolte in impianti individuati con codici ATECO 38 e 39;
d) gli intermediari e commercianti di rifiuti pericolosi;
 
I produttori iniziali di rifiuti pericolosi, cioè i soggetti che producono rifiuti pericolosi derivanti dalle attività produttive, commerciali o di servizi, sono esclusi dall’obbligo di utilizzo di SISTRI fino al 3 marzo 2014; essi rimangono obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico e all’emissione del formulario di trasporto fino al 3 aprile 2014.
2) Prime indicazioni operative per le imprese obbligate dal 1 ottobre 2013
I trasportatori di rifiuti pericolosi che dal 1 ottobre dovranno utilizzare SISTRI applicano la procedura prevista per l’attività di microraccolta, come descritta al paragrafo 6.5.6 del Manuale operativo versione 3.1 del 7 agosto 2013 .
Tale procedura consente l’utilizzo delle schede in bianco da riconciliare a fine viaggio e non comporta per il trasportatore:
– la predisposizione della scheda movimentazione almeno 1 ora prima della movimentazione stessa;
– la programmazione del viaggio con il sistema di geolocalizzazione di sistri.
Il produttore iniziale, prima del conferimento, dovrà sottoscrivere sia il formulario che le schede cartacee SISTRI Area Movimentazione fornite dal trasportatore, trattenendo una copia di ciascun documento.
Gli impianti di gestione rifiuti accettano il rifiuto sottoscrivendo la scheda di movimentazione e il FIR e ne inviano copia al produttore iniziale. Una volta accettato il rifiuto secondo le modalità previste ai paragrafi 7.2.1 e 7.2.2 del Manuale operativo, gli impianti prendono in carico il rifiuto al registro cronologico della messa in riserva (R13) o del deposito preliminare (D15), se tale registro cronologico è previsto sulla base dell’autorizzazione dell’impianto e se il rifiuto in ingresso viene stoccato preliminarmente; diversamente il rifiuto viene preso in carico nel registro cronologico che individua la prima attività di trattamento cui è sottoposto il rifiuto in ingresso.
Non risulta applicabile al Sistri, così come è concepito, il tracciamento dei rifiuti nei passaggi interni degli impianti, come invece prevede il Manuale operativo al paragrafo 7.3, così come non risulta applicabile la presa in carico delle giacenze alla mezzanotte del 30 settembre, prima che gli impianti inizino ad utilizzare Sistri, così come previsto nel Manuale operativo al paragrafo 7.1.2.
I rifiuti pericolosi derivanti dalle attività di trattamento svolte negli impianti di gestione di rifiuti sono presi in carico nel registro cronologico “produttori/detentori¨oppure nel registro cronologico della messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) se previsti dalle autorizzazioni dei singoli impianti ed avviati a smaltimento o recupero con la scheda movimentazione secondo la procedura ordinaria.
Come previsto all’art 12, comma 2, del decreto ministeriale 17 dicembre 2009, per il mese successivo alla data di avvio dell’obbligatorietà di SISTRI, in riferimento ai due scaglioni, tutti i soggetti coinvolti sono tenuti a compilare, oltre a SISTRI, anche i registri di carico e scarico ed i formulari di trasporto.

adminSistri: chiarimenti in attesa del 1 ottobre 2013
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Sistri: DL. 101/2013 art. 11

SISTRI: DL n. 101/2013 
DL n. 101/2013 Gazz. UFF. n. 204 del 31.8.2013 art. 11
Il Consiglio dei Ministri approva la riattivazione del Sistema di tracciabilità dei rifiuti a partire dal 1 ottobre 2013.
Segnalazione a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


 
Il Consiglio dei Ministri del 26 agosto u.s. ha approvato il decreto legge n. 101/2013 recante “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”.
All’interno del provvedimento, l’Articolo 11 (Semplificazione e razionalizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti e in materia di energia), dispone la riattivazione operativa del Sistri.
Soggetti coinvolti
L’avvio del sistema riguarderà solo i gestori e i trasportatori di rifiuti pericolosi  (non i produttori).
Per gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi, il termine iniziale di operatività del SISTRI è fissato al 1° ottobre 2013.
Per i produttori di rifiuti pericolosi e per comuni e gestori di rifiuti urbani nella regione Campania il Sistri partirà invece il 3 marzo 2014 per consentire ulteriori semplificazioni, da adottarsi con decreto ministeriale entro il 3 marzo 2014, con possibilità di ulteriore proroga di sei mesi se a tale data le semplificazioni non saranno rese operative.
Semplificazioni
Le semplificazioni dovranno essere adottate anche alla luce delle proposte delle associazioni rappresentative degli utenti, ovvero delle risultanze delle rilevazioni di soddisfazione dell’utenza previa verifica tecnica e della congruità dei relativi costi da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
Le semplificazioni dovranno essere finalizzate ad assicurare:

  • la riduzione dei costi di esercizio del sistema per gli utenti, anche mediante integrazioni con altri sistemi che trattano dati di logistica e mobilità delle merci e delle persone ed innovazioni di processo che consentano la delega della gestione operativa alle associazioni di utenti;
  • la sostituzione o l’evoluzione degli apparati tecnologici;
  • la rideterminazione dei contributi da porre a carico degli utenti in relazione alla riduzione dei costi conseguita, con decorrenza dall’esercizio fiscale successivo a quello di emanazione del decreto.

Estensione del Sistema
Con decreto ministeriale da adottarsi entro il 3 marzo 2014 saranno individuate, nell’ambito degli enti o imprese che effettuino il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie di soggetti a cui si riterrà opportuno estendere il sistema di tracciabilità dei rifiuti.
Sanzioni
In sede di prima applicazione della disciplina si prevede una moratoria dell’applicazione delle sanzioni per le violazioni meramente formali. Viene previsto, infatti, che le sanzioni per le violazioni di cui all’articolo 260-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, limitatamente alle violazioni relative alle condotte di informazioni incomplete o inesatte, commesse fino al 31 marzo 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI è obbligatorio dal 1° ottobre 2013, e fino al 30 settembre 2014 dai soggetti per i quali il SISTRI è obbligatorio dal 3 marzo 2014, sono irrogate nel caso di reiterate (almeno tre) violazioni.
 
Nuovo Comitato per la vigilanza ed il controllo
Viene, infine, soppresso il Comitato di vigilanza e controllo e ne viene prevista la sostituzione con un nuovo Tavolo tecnico di monitoraggio e concertazione, costituito presso il Gabinetto del Ministro dell’Ambiente, da istituire tramite successivo decreto ministeriale.
 

adminSistri: DL. 101/2013 art. 11
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Terre e rocce da scavo e piccoli cantieri

 Terre e rocce da scavo prodotte da piccoli cantieri
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Il DL 69/2013 è stato convertito in legge n. 98/2013.
L’art. 41bis (ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo) è rimasto immutato rispetto alla versione del DL “del fare”, salvo aggiungere il comma 7.
Per una breve disamina si pubblica (clicca su) l’articolo Piccoli cantieri
 
 

adminTerre e rocce da scavo e piccoli cantieri
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DM 7.8.2013: calcolo efficienza energetica impianti incenerimento

Calcolo efficienza energetica impianti incenerimento: DM 7.8.2013
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


 
Le condizioni climatiche locali possono essere prese in considerazione ai fini del calcolo dell’efficienza energetica degli impianti di incenerimento.
Il DM sostituisce la nota (4) dell’allegato C alla parte IV del Dlgs. 152/2006.
DM 7.8.2013

adminDM 7.8.2013: calcolo efficienza energetica impianti incenerimento
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Circolare Ministero Ambiente: trattamento rifiuti

Ministero Ambiente: Circolare di chiarimento
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente


 
Le circolari creano sempre un certo timore. Lo sforzo di chiarire e’ meritevole ma l’interpretazione distorta e’ in agguato.
La Circolare tenta di chiarire alcuni punti che sono al vaglio della Unione Europea.
La circolare e’ indirizzata alle amministrazioni e indica la linea che dovranno seguire nel valutare i singoli casi.
Non ci resta che leggere:  Circolare ministero ambiente

adminCircolare Ministero Ambiente: trattamento rifiuti
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Bonifica: proprietario incolpevole

Proprietario incolpevole dell’Inquinamento e oneri di bonifica
Cons. Stato  n. 2740/2013
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


La sentenza del Consiglio di Stato riporta il contrasto giurisprudenziale sorto sulla questione relativa all’onere e costo di bonifica che grava sul proprietario non responsabile dell’inquinamento. La questione è già all’esame della adunanza plenaria dal marzo 2013 ed in attesa di decisione. Il Consiglio di Stato ritiene invero che la soluzione del caso debba passare  attraverso la soluzione della questione e rimette anche il caso discusso alla decisione plenaria.


Il CASO
Il Ministero dell’Ambiente (e altri ministeri) impugnano la sentenza TAR Toscana 1491/2012 che ha accolto il ricorso proposto dalla società XXX contro  le determinazioni conclusive della Conferenza decisoria, nonché contro il decreto direttoriale recanti prescrizioni di messa in sicurezza della falda e del sottosuolo attualmente di proprietà della ricorrente XXX.
Il TAR Toscana invero precisava che “al proprietario non responsabile di un’area inquinata non possono essere addossati gravosi oneri di messa in sicurezza del sito, in quanto il Codice dell’ambiente ha previsto un coinvolgimento del proprietario – che resta responsabile sul piano patrimoniale, seppure intra vires – soltanto sulla base di una sua eventuale iniziativa volontaria”.
Le Amministrazioni appellanti contestano la sentenza sulla base del principio che la società proprietaria dell’area sarebbe coinvolta nelle attività di ripristino ambientale e messa in sicurezza del sito, “in quanto il titolo giuridico dell’obbligo in capo al proprietario di riduzione in pristino del sito da bonificare sarebbe diretta applicazione del principio comunitario di precauzione, nonché del principio civilistico della responsabilità del proprietario per i danni cagionati da cose in custodia ( art. 2051 cod.civ.).
Il Consiglio di Stato ricorda che con ordinanza n. 2740 del 2013, è stata rimessa alla Adunanza plenaria la questione giuridica relativa alla esatta delimitazione degli obblighi giuridici nascenti, in capo al proprietario non responsabile di un’area inquinata, in ordine alle attività di bonifica e messa in sicurezza del sito.
Il Consiglio di  Stato ricorda i contenuti della ordinanza di rimessione in ordine al problema “se possa farsi gravare sul proprietario dell’area ‘incolpevole’ della contaminazione l’obbligo di realizzare gli interventi di bonifica dei siti contaminati (titolo V della parte IV del ‘codice ambientale) sia pure solo in solido con il responsabile effettivo e salvo il diritto di rivalsa nei confronti di quest’ultimo per gli oneri sostenuti.
 1) Il proprietario non è responsabile ma è onerato dei costi di bonifica.
“Il principio “chi inquina paga”, pur individuando nel responsabile dell’inquinamento il soggetto responsabile per le obbligazioni ripristinatorie e risarcitone, per altro verso, non prevede che – in assenza di individuazione del responsabile ovvero di impossibilità di questi a far fronte alle proprie obbligazioni – il costo degli interventi gravi sulla collettività (per il tramite di uno degli enti esponenziali di questa), ma pone tali costi a carico della proprietà.
D’altra parte, escludere che i costi derivanti dal ripristino di siti colpiti da inquinamento venga sopportato dalla collettività, costituisce proprio la ratio sottesa al principio comunitario del “chi inquina paga”.
La giurisprudenza della Suprema Corte, con la sentenza a Sezioni Unite n. 4472 del 25 febbraio 2009 “sostiene che proprio l’omissione degli accorgimenti e delle cautele atte a realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area possano integrare il requisito della colpa previsto dalla norma.
“…Quella posta in capo al proprietario è pertanto una responsabilità “da posizione”, non solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure l’apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione. …Il principio comunitario “chi inquina paga”, …imputa il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi … per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente”.
 2) Il Proprietario non è responsabile e non è tenuto a sopportare i costi di bonifica
Continua il Consiglio di Stato riportando l’opposto orientamento per il quale “ … non vi sono ragioni testuali o sistematiche per far gravare in capo al proprietario dell’area gli obblighi di adozione delle misure di cui alle disposizioni più volte citate.
Ed invero il Codice  dell’Ambiente stabilisce che
1)          l’obbligo di bonifica è in capo al responsabile dell’inquinamento che le autorità amministrative hanno l’onere di individuare e ricercare (artt. 242 e 244);
2)           il proprietario dell’area non responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno solo la facoltà di effettuare interventi di bonifica (art.245);
3)           nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica sono realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250)
4)           a fronte delle spese sostenute, si vedono riconosciuto un privilegio speciale immobiliare sul fondo (253).
L’amministrazione deve provare che l’inquinamento nel sito sia imputabile alle società e a queste ultime non può essere imposto alcun obbligo di adottare misure di bonifica in un’ottica di recupero del sito.
L’ accertamento del nesso di causalità fra il comportamento del “responsabile” ed il fenomeno dell’inquinamento deve essere rigoroso e fondato su adeguata motivazione e su idonei elementi istruttori nonché “su prove e non su mere presunzioni” .

Si aggiunge la giurisprudenza comunitaria che ritiene che l’addebito dei costi dello smaltimento dei rifiuti a soggetti che non li hanno prodotti sarebbe incompatibile con il principio “chi inquina paga” (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 24 giugno 2008, n. 188)”.


Il Consiglio di Stato dopo aver rilevato il contrasto di giurisprudenza devolve la questione all’esame della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. La questione non pacifica è in attesa di risoluzione.

 Leggi anche Proprietario incolpevole e art. 192 Dlgs. 152/2006

adminBonifica: proprietario incolpevole
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Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) : Focus

Autorizzazione Unica Ambientale: focus
a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


 
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (GU n. 124 del 29.05.2013 – Suppl. Ordinario n. 42), il DPR n. 59/2013, recante il Regolamento sull’autorizzazione unica ambientale (AUA).
Il Regolamento  attua l’art. 23 del Decreto Semplifica Italia (DL n. 5/2012, convertito nella legge n. 35/2012), che autorizza il Governo a disciplinare l’AUA per semplificare gli adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle micro, piccole e medio imprese, nonché sugli impianti produttivi non soggetti alle norme sull’autorizzazione integrata ambientale (AIA).
Le nuove norme sono in vigore dal 13 giugno 2013 e la loro attuazione sarà oggetto di un monitoraggio, le cui modalità di svolgimento saranno definite dai Ministri per la PA, dell’ambiente e dello sviluppo economico, in raccordo con la Conferenza Unificata e sentite le associazioni imprenditoriali (art. 10).
Di seguito, l’analisi dei principali contenuti nel Regolamento.
1. Le caratteristiche dell’autorizzazione unica ambientale
L’AUA è un provvedimento abilitativo unico, nel quale confluiscono la maggior parte delle esistenti comunicazioni, notifiche e autorizzazioni in materia ambientale (art. 2, co. 1, lett. a).
In particolare, l’AUA sostituisce, includendole in un solo atto:
1. l’autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali di cui agli artt. 124 e ss. del D. Lgs n. 152/2006 (di seguito, Codice dell’ambiente);
2. la comunicazione preventiva per l’utilizzazione agronomica degli effluenti derivanti dall’allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi e delle acque reflue provenienti dalle imprese che esercitano esclusivamente attività di coltivazione e/o silvicoltura ovvero di allevamento, nonché dalle imprese dedite a tali attività e alla trasformazione o valorizzazione della produzione agricola;
3. l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all’art. 129 del Codice dell’ambiente;
4. l’autorizzazione generale di cui all’art. 272 del Codice dell’ambiente;
5. la comunicazione o il nulla osta sull’impatto acustico di cui all’art. 8 della legge n. 447/1995, recante la legge quadro sull’inquinamento acustico;
6. l’autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura;
7. le comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 del Codice dell’ambiente.
Tale elenco non è tassativo, poiché le Regioni e le Province autonome possono individuare ulteriori atti in materia ambientale da comprendere nell’AUA (art. 3, co. 2).
Le imprese sono tenute a richiedere l’AUA per l’acquisizione dei titoli abilitativi di loro interesse. La relativa domanda va presentata per ottenere il rilascio, il rinnovo o l’aggiornamento anche di uno solo degli atti ricompresi nell’AUA. Tuttavia, le imprese possono non avvalersi di tale autorizzazione nel caso di attività soggette solo a comunicazione ovvero ad autorizzazione generale (cd. principio di non aggravamento procedurale). In tale ipotesi, la comunicazione ovvero l’istanza deve essere presentata comunque per il tramite del SUAP (art. 3, co. 3).
L’AUA ha una durata pari a 15 anni, decorrenti dalla data del suo rilascio (art. 3, co. 6).
Sotto il profilo formale, l’autorizzazione unica contiene tutti gli elementi richiesti dalla normativa di settore per gli atti che sostituisce.
Inoltre, nei casi previsti, l’AUA definisce le modalità di svolgimento delle attività di autocontrollo, individuate in base alla dimensione dell’impresa e del settore di attività.
In caso di scarichi contenenti sostanze pericolose, i gestori degli impianti autorizzati devono comunicare almeno ogni 4 anni gli esiti delle attività di autocontrollo all’autorità competente, la quale, ricorrendone i presupposti, può aggiornare le condizioni autorizzative. Tale aggiornamento non incide sulla durata dell’AUA (art. 3, co. 5).
2. L’ambito di applicazione della disciplina in materia di AUA
La disciplina in materia di AUA si applica:
a) alle micro, piccole e medie imprese (PMI), così come individuate dall’art. 2 del DM 18 aprile 2005;
b) agli impianti produttivi non soggetti alle disposizioni in materia di AIA.
Per quanto riguarda le PMI, nella categoria sono comprese le imprese con meno di 250 occupati, aventi un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Per quanto riguarda, poi, gli impianti non soggetti ad AIA, il Regolamento si applica alle strutture produttive che non esercitano alcuna delle attività indicate nell’Allegato VIII al Codice dell’Ambiente.
Sono, invece, espressamente esclusi dall’ambito di applicazione del Regolamento AUA i progetti sottoposti a valutazione d’impatto ambientale (VIA), nei casi in cui la normativa di riferimento statale o regionale preveda che il provvedimento finale di VIA comprende e sostituisce tutti gli altri atti di assenso in materia ambientale (art. 1, co. 2). Pertanto, con riferimento alle attività soggette a VIA, l’AUA può essere richiesta se l’atto finale di valutazione non include gli altri atti di assenso in materia ambientale necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto. Inoltre, sempre in tema di VIA, il Regolamento precisa che nei casi in cui si procede alla verifica di assoggettabilità, l’AUA può essere richiesta solo dopo che l’autorità competente abbia valutato di non sottoporre i relativi progetti a VIA (art. 3, co. 4).
3. I soggetti e gli uffici coinvolti nella procedura AUA
I soggetti e gli uffici coinvolti nella procedura per il rilascio, il rinnovo o l’aggiornamento dell’AUA sono:
1. l’autorità competente, individuata nella Provincia, ovvero nella diversa autorità prevista dalla normativa regionale, che rappresenta il soggetto responsabile ai fini del rilascio, rinnovo o aggiornamento dell’AUA (art. 2, co. 1, lett. b). Fino a quando la Regione non provvederà ad attribuire specificamente la competenza in materia di AUA a un soggetto diverso dalla Provincia, sarà quest’ultima a rivestire il ruolo di autorità competente;
2. i soggetti competenti in materia ambientale, vale a dire tutte le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, in base alla legislazione vigente, partecipano ai procedimenti sostituiti dall’AUA (art. 2, co. 1, lett. c);
3. lo Sportello unico per le attività produttive (SUAP), vale a dire l’ufficio preposto al rilascio dell’AUA. In particolare, il SUAP costituisce l’unico punto di accesso per l’impresa in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il rilascio, il rinnovo e l’aggiornamento dell’autorizzazione unica. Infatti, attraverso il SUAP, l’impresa dialoga con l’autorità competente e riceve ogni informazione relativa alla procedura. (art. 2, co. 1, lett. e) e art. 4, co. 8);
4. il gestore, vale a dire il soggetto che ha potere decisionale in merito all’installazione o all’esercizio dello stabilimento soggetto all’AUA e che è responsabile del rispetto di quanto previsto dal Codice dell’ambiente (art. 2, co. 1, lett. d).
4. La procedura per il rilascio dell’AUA
L’art. 4 del Regolamento disciplina la procedura per il rilascio dell’AUA. Al riguardo, la norma prevede che la relativa istanza è presentata al SUAP, che la trasmette immediatamente all’autorità competente, nonché alle amministrazioni chiamate a partecipare al procedimento.
Nella domanda, corredata dai documenti necessari, devono essere indicati gli atti per i quali si chiede il rilascio dell’AUA, nonché tutte le altre informazioni richieste dalle relative normative settoriali. L’art. 10, co. 3 del Regolamento prevede che con decreto del Ministro dell’Ambiente e del Ministro per la PA, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza Unificata, sia adottato un modello semplificato e unificato per la richiesta di AUA. In ogni caso, fino all’adozione di tale decreto, la domanda di AUA è presentata secondo le modalità previste dalle disposizioni relative a ciascuno dei titoli per i quali si chiede il rilascio dell’autorizzazione unica.
Entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza, il SUAP, su segnalazione dell’autorità competente, può chiedere all’impresa interessata di integrare la documentazione presentata, indicando gli elementi mancanti e il termine entro il quale produrre le integrazioni. In questo caso, il termine per il rilascio dell’AUA è sospeso fino al deposito dei documenti richiesti ai sensi dell’art. 2, co. 7 della legge n. 241/1990 e, se l’impresa non produce la documentazione richiesta entro la scadenza indicata, l’istanza per il rilascio dell’AUA si intende archiviata. Tuttavia, a causa della complessità dei documenti da presentare, l’impresa può chiedere un proroga del termine per depositarla. Anche in caso di proroga, il termine per il rilascio del titolo è sospeso per tutta la durata della stessa. Quanto alle modalità di svolgimento del procedimento e ai relativi termini, il Regolamento prevede che:
a) se l’AUA riguarda titoli abilitativi i cui procedimenti abbiano una durata inferiore o pari a 90 giorni, l’autorità competente adotta il provvedimento finale entro 90 giorni dalla presentazione della domanda e lo trasmette immediatamente al SUAP, che rilascia il titolo. In questi casi, il SUAP può indire una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 7 del DPR n. 160/2010, i cui lavori devono terminare entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire assensi da altre amministrazioni e non li ottenga entro 30 giorni dalla ricezione della relativa richiesta (art. 14, co. 2 della legge n. 241/1990) e nei casi previsti dalle normative regionali o settoriali che disciplinano i titoli abilitativi compresi nell’AUA. Anche in questo caso, i lavori della conferenza di servizi devono concludersi entro 90 giorni dalla presentazione della istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica;
b) se l’AUA riguarda titoli abilitativi i cui procedimenti abbiano una durata superiore a 90 giorni, il SUAP indice una conferenza dei servizi ai sensi dell’art. 7 del DPR n. 160/2010. In questo caso, l’autorità competente adotta l’AUA entro 120 giorni dal ricevimento della domanda (150 giorni in caso di integrazione documentale ex art. 14-ter, co. 8 della legge n. 241/1990);
c) se l’AUA è necessaria esclusivamente per il rilascio, la formazione, il rinnovo o l’aggiornamento degli atti interessati, il SUAP trasmette la relativa documentazione all’autorità competente, che adotta il provvedimento e lo trasmette al SUAP per il rilascio del titolo. Nei casi previsti, l’autorità competente convoca la conferenza di servizi ai sensi della legge n. 241/1990. Quanto alle spese procedimentali, l’art. 8 del Regolamento prevede che sono a carico delle imprese interessate, nella misura stabilita dalle leggi statali o regionali di riferimento. Tuttavia, possono essere fissati ulteriori oneri istruttori, purché la loro misura, sommata alle altre spese del procedimento, non superi quella complessivamente dovuta per l’acquisizione dei singoli titoli sostituiti dall’AUA prima dell’entrata in vigore del Regolamento.

5. Il rinnovo dell’AUA
Con riferimento alla procedura di rinnovo dell’AUA, l’art. 5 del Regolamento prevede che, entro 6 mesi dalla scadenza dell’autorizzazione unica, l’impresa titolare presenti al SUAP l’istanza di rinnovo del titolo, corredata dalla relativa documentazione aggiornata. Nel caso in cui le condizioni di esercizio ovvero le informazioni contenute nell’autorizzazione unica non siano cambiate, l’impresa può far riferimento alla documentazione eventualmente già in possesso dell’autorità competente.
L’autorità competente si esprime sulla domanda di rinnovo dell’AUA secondo la procedura prevista per il suo rilascio.
Nelle more dell’adozione del provvedimento di rinnovo, le attività e gli impianti, per i quali le istanze di rinnovo dell’AUA siano state presentate entro il termine stabilito, possono continuare a operare sulla base della precedente autorizzazione, a meno che non sia diversamente previsto dalla specifica normativa settoriale.
L’autorità competente può, tuttavia, imporre il rinnovo dell’AUA, nonché la revisione delle relative disposizioni prima della scadenza, quando:
1. le prescrizioni contenute nell’autorizzazione impediscono ovvero pregiudicano la realizzazione degli obiettivi di qualità ambientale fissati dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
2. è richiesto da nuove disposizioni legislative europee, statali o regionali.
6. Le modifiche all’attività o all’impianto oggetto di AUA
L’art. 6 del Regolamento disciplina le procedure per l’esecuzione di modifiche all’attività o all’impianto oggetto di AUA.
In particolare, il Regolamento distingue tra:
a) modifiche non sostanziali, consistenti in variazioni all’attività o all’impianto che possono avere effetti sull’ambiente (art. 2, co. 1, lett. f);
b) modifiche sostanziali, consistenti in variazioni considerate sostanziali dalla normativa di riferimento, in quanto idonee a produrre effetti negativi e significativi sull’ambiente (art. 2, co. 1, lett. g).
Con riferimento alle modifiche sostanziali, il Regolamento richiede il rilascio di una nuova AUA. Pertanto, l’impresa che intende effettuare una modifica sostanziale è tenuta a presentare una domanda di AUA ai sensi dell’art. 4 del Regolamento (v. supra) e non può eseguire la variazione fino al rilascio del relativo titolo.
Invece, con riferimento alle modifiche non sostanziali, il Regolamento prevede il meccanismo del silenzio assenso. Infatti, nel caso di modifica non sostanziale, l’impresa è tenuta a darne comunicazione all’autorità competente e, se quest’ultima non si pronuncia nel termine di 60 giorni, può eseguire la variazione comunicata. In questo caso, l’autorità competente provvede ad aggiornare l’autorizzazione in atto e tale aggiornamento non incide sulla durata dell’AUA. Tuttavia, se l’autorità competente ritiene che la variazione comunicata abbia carattere sostanziale, nei 30 giorni successivi, ordina all’impresa di presentare una domanda di AUA e la modifica non può essere eseguita fino al rilascio della nuova autorizzazione.
Infine, il Regolamento prevede che le Regioni e le Province autonome possono definire ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali e indicare le tipologie di modifiche non sostanziali per cui non vi è obbligo di comunicazione.

7. Disciplina transitoria
Il Regolamento introduce una disciplina transitoria per i procedimenti pendenti al momento della sua entrata in vigore e i titoli abilitativi che, a tale data, risultano efficaci.
In particolare, con riferimento ai procedimenti che, al 13 giugno 2013, risultano pendenti, il Regolamento prevede che a tali procedure si applicano le normative vigenti al momento del loro avvio. Pertanto, all’esito delle stesse, le autorità competenti rilasciano i singoli provvedimenti richiesti.
Invece, con riferimento ai provvedimenti compresi nell’ambito di applicazione dell’AUA che, al 13 giugno 2013, risultano efficaci, il Regolamento prevede che tali atti rimangono validi per tutta la loro durata e che l’impresa può richiedere il rilascio dell’AUA alla scadenza del primo titolo abilitativo che la stessa sostituisce.

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