Decreto del Fare: terre e rocce….e non solo

Il Governo elabora il Decreto  “del fare” il 15.6.2013.

segnalazione a cura di Cinzia  Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


Il provvedimento è anticipato nel sito del Governo al quale si rinvia.
In attesa della pubblicazione si anticipa il contenuto dell’art. 37 che  affronta le disposizioni in materia ambientale :

Comma 1. Gestione delle acque sotterranee
Le nuove disposizioni di semplificazione in materia di gestione delle acque di falda sotterranee estratte per fini di bonifica o messa in sicurezza dei siti contaminati (Art. 243 del D.lgs. 152/2006) ridurranno gli oneri a carico degli operatori interessati e accelerano le procedure amministrative relative agli interventi.
Comma 2. Terre e rocce di scavo
Tali disposizioni avranno il compito di semplificarne l’utilizzo di terre e rocce da scavo chiarendo i casi in cui è necessario il ricorso alle procedure di cui al DM n. 161/2012, contenente, tra l’altro, i criteri qualitativi che terre e rocce da scavo devono soddisfare per essere considerate sottoprodotti e non rifiuti.
Comma 3. Materiali di riporto
Anche in questo caso una semplificazione, riguardante i materiali di riporto. Le nuove disposizioni chiariscono la definizione delle matrici materiali di riporto, specificandone la composizione, e prevede inoltre che le stesse siano soggette a test di cessione affinché possano essere considerate come sottoprodotti o rimosse dal luogo di scavo.
Comma 4. Semplificazioni per i campeggi
Per risolvere alcune questioni interpretative che hanno spesso ostacolato le attività turistiche all’aperto, è stata chiarita la portata di alcune norme concernenti l’attività di posizionamento di allestimenti mobili di pernottamento e relativi accessori, temporaneamente ancorati al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto per la sosta ed il soggiorno. Con le nuove norme, i campeggi non avranno bisogno di permesso a costruire, laddove detto posizionamento sia effettuato in conformità alle leggi regionali applicabili ed al progetto già autorizzato con il rilascio del permesso a costruire per le medesime strutture ricettive.
Commi 5 e 6. Interventi di adeguamento del sistema dei rifiuti nella Regione Campania
Per risolvere definitivamente il problema dei rifiuti in Campania il decreto ha predisposto uno strumento per l’accelerazione delle procedure di competenza degli Enti locali per la realizzazione e l’avvio della gestione degli impianti di gestione dei rifiuti nella Regione Campania, già previsti dalla normativa e dalla pianificazione vigente ma non ancora realizzati. Tale accelerazione è dettata anche dall’esigenza di evitare una possibile condanna dell’Italia nella procedura di infrazione 2007/2195, pari a 8 milioni di euro al giorno, oltre alla perdita di un ingente finanziamento comunitario stanziato per la problematica dei rifiuti nella Regione Campania. Per questo è stato previsto il ricorso alla nomina di commissari nominati dal Ministro dell’Ambiente che effettuino gli interventi necessari in caso di inadempienza degli enti competenti in via ordinaria, secondo quanto già previsto nella Legge di Stabilità 2013 con riguardo al Commissario per le emergenze rifiuti urbani in Provincia di Roma.

 

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Gas Florurati: interrogazione

Gas Florurati – interrogazione parlamentare
segnalazione a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi- Studio Legale Ambiente

Con l’interrogazione parlamentare 4/00658, presentata  alla Camera dei Deputati nella seduta del 30 maggio 2013 dall’On. Ermete Realacci, sono stati ufficialmente chiesti chiarimenti al Ministero dell’Ambiente sugli adempimenti previsti dal d.p.r. 27 gennaio 2012, n.43 in materia di Gas fluorurati.
L’interrogante ha rilevato le difficoltà connesse  alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione disciplinata dall’articolo 16 del d.P.R. 27 gennaio 2012, n.43 (31 maggio) e la materiale impossibilità per le imprese di adempiere tempestivamente alla comunicazione. Al riguardo, è stato evidenziato che il formato della dichiarazione contenente le informazioni riguardanti le quantità di emissioni in atmosfera di gas fluorurati è stato reso disponibile tardivamente, solo a seguito dell’annuncio in Gazzetta Ufficiale n.111 del 14 maggio 2013, mentre il registro dell’impianto previsto dall’articolo 15 del d.P.R. è stato istituito con comunicato dell’11 febbraio 2013.
Inoltre, mentre l’articolo 16 del citato d.P.R. prevede l’obbligo trasmettere le “informazioni riguardanti  la  quantità  di  emissioni  in atmosfera di gas fluorurati relativi all’anno precedente  sulla  base dei dati contenuti nel relativo registro di impianto”, a seguito  del comunicato del 14 maggio 2013, sul sito del Ministero dell’ambiente, nella pagina internet dedicata è richiesto, invece agli operatori, di trasmettere la comunicazione prevista dall’articolo 16, con riferimento alle sezioni anagrafiche del formato.
L’interrogante, quindi, prevedendo che l’adempimento previsto dall’articolo 16 è evidentemente funzionale al censimento dei dati in materia di emissioni relativi all’anno precedente, ha condiviso la valutazione della sostanziale inutilità ed onerosità di una diversa dichiarazione, su dati non richiesti per legge.
Più in generale, preso atto delle segnalazioni formulate delle organizzazioni rappresentative delle imprese circa la necessità di una semplificazione del sistema previsto dalla normativa nazionale, ha rimarcato la necessità di mettere le imprese, con efficacia ed efficienza, in grado di adempiere agli obblighi di legge e di valutare opportune semplificazioni.
Il Ministero, quindi,  è chiamato ora a rispondere su quali iniziative intenda assumere al fine di risolvere le problematiche indicate, ed a valutare l’opportunità di fornire necessari chiarimenti sull’applicazione della normativa, precisando che l’obbligo di invio della dichiarazione di cui all’articolo 16 decorre a partire dal prossimo anno, anche al fine di superare l’incertezza derivata dal comunicato apparso sul sito http://www.sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/fgas(con il quale si avvisano gli utenti che il sistema on-line per la compilazione e trasmissione della dichiarazione ai sensi dell’Art. 16 comma 1 del DPR 43/2012 sarà ancora disponibile nel mese di giugno in evidente contrasto con la scadenza fissata dal decreto al 31 maggio) ed evitare l’applicazione di inique onerose sanzioni per gli operatori.
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DPR 59/2013 : Regolamento – autorizzazione Unica Ambientale

Autorizzazione Unica Ambientale : pubblicato il Regolamento DPR 59/2013
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicato (Gazz. Uff. 29.5.2013) DPR 13 marzo 2013 n. 59 che entrerà in vigore il 13.6.2013
Si riporta l’art. 3 del DPR che fissa a 15 anni la validità della AUA:
 

Salvo quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, i gestori  degli
impianti di cui all'articolo 1 presentano domanda  di  autorizzazione
unica ambientale nel caso in cui siano assoggettati, ai  sensi  della
normativa  vigente,  al  rilascio,  alla  formazione,  al  rinnovo  o
all'aggiornamento di almeno uno dei seguenti titoli abilitativi:
    a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del  titolo  IV
della sezione II della Parte terza del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152;
    b) comunicazione preventiva di cui all'articolo 112  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152,  per  l'utilizzazione  agronomica
degli effluenti  di  allevamento,  delle  acque  di  vegetazione  dei
frantoi oleari e delle acque reflue  provenienti  dalle  aziende  ivi
previste;
    c)  autorizzazione  alle   emissioni   in   atmosfera   per   gli
stabilimenti di cui all'articolo 269 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152;
    d) autorizzazione generale di cui all'articolo  272  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    e) comunicazione o nulla osta di cui all'articolo 8,  commi  4  o
comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447;
    f) autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal  processo
di depurazione in agricoltura  di  cui  all'articolo  9  del  decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 99;
    g) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli articoli 215 e
216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
  2. Nel rispetto della disciplina comunitaria e nazionale vigente in
materia, le regioni e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
possono individuare ulteriori  atti  di  comunicazione,  notifica  ed
autorizzazione in materia  ambientale  che  possono  essere  compresi
nell'autorizzazione unica ambientale.
  3. E' fatta comunque salva la facolta' dei gestori  degli  impianti
di non avvalersi dell'autorizzazione unica ambientale nel caso in cui
si tratti di attivita'  soggette  solo  a  comunicazione,  ovvero  ad
autorizzazione di carattere generale, ferma restando la presentazione
della comunicazione o dell'istanza per il tramite del SUAP.
  4. Nei casi in cui si procede alla verifica di cui all'articolo  20
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'autorizzazione unica
ambientale puo' essere richiesta solo dopo che l'autorita' competente
a tale verifica  abbia  valutato  di  non  assoggettare  alla  VIA  i
relativi progetti.
  5. L'autorizzazione unica ambientale contiene  tutti  gli  elementi
previsti dalle normative di settore per le autorizzazioni e gli altri
atti che sostituisce e definisce  le  modalita'  per  lo  svolgimento
delle  attivita'  di   autocontrollo,   ove   previste,   individuate
dall'autorita' competente tenendo conto della dimensione dell'impresa
e del settore di attivita'. In caso di scarichi  contenenti  sostanze
pericolose, di cui all'articolo 108 del decreto legislativo 3  aprile
2006, n. 152, i gestori degli impianti autorizzati devono presentare,
almeno ogni quattro anni,  una  comunicazione  contenente  gli  esiti
delle attivita' di autocontrollo all'autorita' competente,  la  quale
puo'  procedere  all'aggiornamento  delle  condizioni   autorizzative
qualora  dalla  comunicazione  emerga  che  l'inquinamento  provocato
dall'attivita' e dall'impianto e' tale da renderlo  necessario.  Tale
aggiornamento non modifica la durata dell'autorizzazione.
  6. L'autorizzazione di cui al presente articolo ha  durata  pari  a
quindici anni a decorrere dalla data di rilascio. 

Regolamento 

adminDPR 59/2013 : Regolamento – autorizzazione Unica Ambientale
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Sacchetti di plastica: sanzioni a novembre 2013?

Sacchetti in plastica: sanzioni a novembre 2013? DM 18 marzo 2013
Segnalazione a cura Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


Il 17 maggio 2013 la Gran Bretagna ha formalizzato, alla Commissione europea, la sua formale opposizione alla legge italiana 28/2012 — e al decreto ministeriale 18 marzo 2013 di attuazione — per contrasto con i principi di libera circolazione delle merci e di concorrenza ai sensi del Trattato sul funzionamento della Ue (Tfue) e con la direttiva imballaggi (direttiva 94/62/Ce).
Conseguentemente la Commissione europea ha deciso di fare slittare di 90 giorni la decisione – attesa per il 13 giugno 2013 – sulla compatibilità con le norme Ue del Dm 18 marzo 2013 sulle caratteristiche dei sacchetti per asporto merci. Rinviate quindi l’entrata in vigore del Dm e le relative sanzioni.
La decisione della Commissione — che condiziona l’entrata in vigore del decreto ai sensi dell’articolo 6 dello stesso Dm 18 marzo 2013 —  era prevista per il 13 giugno 2013 ma non arriverà prima del 13 settembre 2013.
Vista la delicatezza della tematica, riportiamo sinteticamente una nota del quadro normativo.
Il Dl n.2/2002, pienamente in vigore, aveva consentito la vendita di sacchetti monouso biodegradabili e compostabili secondo la norma UNI EN 13432 (escludendo, quindi, i sacchi in polietilene additivato), oppure di quelli riutilizzabili purché di adeguato spessore e contenenti una quota di plastica riciclata. All’articolo 2, comma 2, veniva anche demandato ad un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello  sviluppo economico, il compito di individuare “eventuali ulteriori caratteristiche tecniche ai fini della  commercializzazione dei  sacchi di asporto merci, anche prevedendo forme di promozione della  riconversione degli  impianti esistenti, nonché, in ogni caso, le  modalità di informazione ai consumatori”. Regolamento che è proprio il decreto oggetto della presente comunicazione.
L’entrata in vigore delle sanzioni ai contravventori, inizialmente fissata al 1 gennaio 2014, era stata sospesa dal Decreto Sviluppo emanato dal Governo Monti, convertito in legge (disegno di legge S. 3533) nel dicembre dello scorso anno. Il comma 30 della legge recitava, infatti: “All’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, le parole: « A decorrere dal 31 dicembre 2013, » sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal sessantesimo giorno dall’emanazione dei decreti di natura non regolamentare di cui al comma 2»”.
In altre parole, la legge che mette al bando gli shopper in plastica non biodegradabile e compostabile e quelli riutilizzabili è pienamente in vigore e le sanzioni – essendo stato emanato il decreto interministeriale (Gazzetta Ufficiale n. 73 del 27-3-13, Decreto con cui il Ministero dell’ambiente ed il Ministero dello sviluppo economico hanno individuato le caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci in attuazione dell’art. 2 comma 2 DL n. 2/2012 e ss. modificazioni (Misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale) – potrebbero scattare tra 60 giorni, anche se il decreto stesso, come si legge all’articolo 6, vincola la sua efficacia (entrata in vigore) alla conclusione, con esito favorevole, della procedura di comunicazione alla Commissione Europea, ai sensi della Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Confusione generata dal fatto che il Dl 02/2012 fa decorrere il termine per l’applicazione del divieto di commercializzazione e delle sanzioni non, come sarebbe logico, dalla entrata in vigore del decreto bensì dalla sua emanazione.
Gli uffici ministeriali competenti, in via informale, hanno ribadito come, secondo l’interpretazione prevalente, il computo dei 60 giorni per l’avvio del regime sanzionatorio non scatteranno prima della piena entrata in vigore del decreto, e ciò avverrà solo alla conclusione, con esito favorevole, dell’esame del testo presso la Commissione Europea.
Pertanto, sulla scorta di tale interpretazione, e sulle novità presentate nella presente comunicazione, le prime sanzioni per chi mette in circolazione sacchetti monouso che non siano biodegradabili e compostabili ex norma Uni En 13432:2002 o che non siano (se riutilizzabili) composti da polimeri diversi e con determinati spessori, scatterebbero due mesi dopo il vigore del Dm, dal 13 novembre 2013, secondo l’orientamento espresso dal Ministero dell’ambiente, potranno essere comminate solo a partire dal 13 novembre 2013, ovvero trascorsi due mesi dal via libera della Commissione Europea, che arriverà – se non vi saranno ulteriori obiezioni – il prossimo 13 settembre.

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Proprietario incolpevole e ordinanza ex art. 192 Dlgs. 152/2006

Proprietario incolpevole e rimozione rifiuti – ordinanza ex art. 192 Dlgs. 152/2006
T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 13/02/2013, n. 301

a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


I ricorrenti impugnavano l’ordinanza comunale ex art. 192 Dlgs. 152/2006 che gli ingiungeva di provvedere alla bonifica del terreno di proprietà mediante smaltimento dei rifiuti urbani e speciali ivi abbandonati.

Il responsabile, nel caso in esame, era rimasto ignoto e la amministrazione aveva provveduto nei confronti dei proprietari.
La sentenza accoglie il ricorso e richiama anche l’onere delle amministrazioni di attivarsi e provvedere “ognuna per i compiti di propria competenza, alle operazioni necessarie alla messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale della suddetta area, giacché la normativa vigente in materia, pone come obiettivo primario ed inconfutabile la tutela della salute pubblica e la protezione dell’ambiente e del paesaggio”.

La sentenza riassume con chiarezza alcuni punti ormai condivisi dalla giurisprudenza con riferimento all’art. 192 comma 3 Dlgs. 152/2006:

1) L’omessa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. 241/90 impedisce ai soggetti privati interessati la partecipazione al procedimento finalizzato alla irrogazione della sanzione; impedisce il contraddittorio degli accertamenti effettuati

2) La sentenza non dimentica che “per il configurarsi di una responsabilità per dolo o colpa del proprietario o di chi abbia, anche se in via di mero fatto, la disponibilità della discussa area, occorre che il suo coinvolgimento a titolo di dolo o colpa risulti a seguito di un’adeguata istruttoria e con l’ausilio del privato stesso, da convocarsi in contraddittorio (il che, nella specie, non è avvenuto) per fornire elementi utili di valutazione per l’accertamento delle reali responsabilità

3) La sentenza avvalla la riconosciuta natura della ordinanza ex art. 192 quale “…ingiunzione di sgombero a carattere sanzionatorio…

4) La sentenza ricorda che è esclusa ogni forma di responsabilità oggettiva per violazione di un generico dovere di vigilanza”

5) Proprietario incolpevole: “..l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere, invece, addossato al proprietario incolpevole, ove manchi ogni responsabilità del medesimo. La P.A. non può, pertanto, imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento. L’enunciato è conforme al principio “chi inquina paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (art. 174, ex art. 130/R, trattato Ce), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio d’inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione

6) Chiusura del fondo: Interessante anche la precisazione della sentenza che afferma “la mancata chiusura del fondo da parte del relativo proprietario non costituisce comportamento colposo idoneo per imputargli la responsabilità di un indebito deposito di rifiuti sul terreno, posto che, per principio generale, la chiusura del fondo costituisce una mera facoltà del proprietario e mai un obbligo”

7) Autore dell’inquinamento: “nei casi d’inquinamento diffuso, ossia in quei casi in cui non sia possibile o sia oltremodo difficoltoso accertare la responsabilità dell’autore dell’inquinamento, la bonifica resta a carico della P.A. e i relativi vantaggi dei privati proprietari o detentori dei fondi bonificati, in termini di aumento di valore del fondo, potranno costituire giusta causa di recupero delle corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento”

adminProprietario incolpevole e ordinanza ex art. 192 Dlgs. 152/2006
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Terre e rocce da scavo: disciplinare ISPRA

 Terre e rocce da scavo: disciplinare ISPRA

a cura di Studio Legale Ambiente


L’Ispra interviene con Disciplinare al fine di dare applicazione all’art. 13 del DM 161/2012.

L’art. 13 del DM 161/2012 prevede che al fine di garantire pubblicità e trasparenza dei dati relativi alla qualità ambientale del territorio nazionale, ogni Autorità competente comunichi i pareri in merito ai piani di utilizzo all’ ISPRA per consentire l’aggiornamento della cartografia relativa ai vari punti di campionamento eseguiti, cui va associato un archivio dei valori delle concentrazioni di inquinanti riscontrati nelle verifiche pervenute.
Al fine di garantire la pubblicità e la trasparenza dei dati relativi all’utilizzo delle terre e rocce da scavo rientranti nel campo di applicazione del DM 161/2012 ISPRA pubblica sul proprio sito web un disciplinare che definisce le

  1. informazioni da trasmettere,
  2.  standard
  3.  modalità di trasmissione.

Disciplinare Terre e Rocce da scavo

adminTerre e rocce da scavo: disciplinare ISPRA
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Sacchetti di plastica: pubblicato il DM 18 marzo 2013

Sacchetti in plastica
Pubblicato il decreto che fissa le ulteriori caratteristiche tecniche

a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente

In Gazzetta Ufficiale n. 73 del 27-3-13 è stato pubblicato il Decreto del 18 marzo u.s. con cui il Ministero dell’ambiente ed il Ministero dello sviluppo economico hanno individuato le caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci in attuazione dell’art. 2 comma 2 DL n. 2/2012 e ss. modificazioni (Misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale).
Vista la delicata tematica riportiamo sinteticamente il percorso che ha portato all’emanazione del nuovo decreto.
Il Dl n.2/2012, pienamente in vigore, aveva consentito la vendita di sacchetti monouso biodegradabili e compostabili secondo la norma UNI EN 13432 (escludendo, quindi, i sacchi in polietilene additivato), oppure di quelli riutilizzabili purché di adeguato spessore e contenenti una quota di plastica riciclata.

All’articolo 2, comma 2, veniva anche demandato ad un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, il compito di individuare “eventuali ulteriori caratteristiche tecniche ai fini della commercializzazione dei sacchi di asporto merci, anche prevedendo forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti, nonché, in ogni caso, le modalità di informazione ai consumatori”.

Regolamento che è proprio il decreto oggetto della presente comunicazione.
L’entrata in vigore delle sanzioni ai contravventori, inizialmente fissata al 1 gennaio 2014, era stata sospesa dal Decreto Sviluppo emanato dal Governo Monti, convertito in legge (disegno di legge S. 3533) nel dicembre dello scorso anno.

Il comma 30 della legge recitava, infatti: “All’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, le parole: « A decorrere dal 31 dicembre 2013, » sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal sessantesimo giorno dall’emanazione dei decreti di natura non regolamentare di cui al comma 2»”.
In altre parole, la legge che mette al bando gli shopper in plastica non biodegradabile e compostabile e quelli riutilizzabili è pienamente in vigore e le sanzioni – essendo stato emanato il decreto interministeriale – potrebbero scattare tra 60 giorni, anche se il decreto stesso, come si legge all’articolo 6, vincola la sua efficacia (entrata in vigore) alla conclusione, con esito favorevole, della procedura di comunicazione alla Commissione Europea, ai sensi della Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Confusione generata dal fatto che il Dl 02/2012 fa decorrere il termine per l’applicazione del divieto di commericalizzazione e dlele sanzioni non, come sarebbe logico, dalla entrata in vigore dle decreto bensì dalla sua emanazione.
Gli uffici ministeriali competenti, in via informale, hanno ribadito come, secondo l’interpretazione prevalente, il conto alla rovescia di 60 giorni prima dell’avvio del regime sanzionatorio non scatterà prima della piena entrata in vigore del decreto, e ciò avverrà solo alla conclusione, con esito favorevole, dell’esame del testo presso la Commissione Europea.
Pertanto, le prime sanzioni potranno essere comminate solo a partire dal 13 agosto 2013, ovvero trascorsi due mesi dal via libera della Commissione Europea, che arriverà – se non vi saranno obiezioni – il prossimo 13 giugno, 90 giorni dopo la notifica depositata il 12 marzo scorso.

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Oli usati: circolare Ministero Ambiente

 Circolare del Ministero Ambiente: oli usati

segnalazione a cura Studio legale Ambiente

Il Ministero pubblica circolare su oli usati indicando le modalità relative agli obblighi di gestione di cui all’art. 183 comma 1 lett. c) :

“qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonchè gli oli usati per turbine e comandi idraulici”.

La circolare si riferisce alle spedizioni transfrontaliere ma afferma che la gestione degli oli usati deve essere finalizzata alla rigenerazione, anche con riferimento al recupero energetico. 

Precisa inoltre che la rigenerazione costituisce una operazione di riciclaggio ex art. 183 comma 1 lett. u) che l’art. 216 bis comma 1 preferisce alle forme di recupero e allo smaltimento stesso.

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adminOli usati: circolare Ministero Ambiente
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TARES: novità

TARES
Approvato il decreto che fissa le rate del nuovo tributo

a cura di Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri e Dario Giardi


Il Consiglio dei Ministri del 6 aprile2013  ha approvato il decreto legge “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali” che contiene alcune disposizioni che riformulano l’entrata in operatività della Tares fissando le modalità di pagamento delle rate, le relative scadenze e le attribuzioni di competenza.

In particolare, l’articolo 10, comma 2 e 3, prevede disposizioni, in materia di TARES, che operano limitatamente all’anno 2013, anche in deroga all’art. 14 del D. L. n. 201 del 2011.

Ampia discrezionalità del Comune

Il comma 2, lett. a) attribuisce al comune la facoltà di intervenire sul numero delle rate e sulla scadenza delle stesse con la conseguenza che il versamento della prima rata può essere anticipato rispetto all’attuale scadenza di luglio, prevista dal comma 35 dell’art. 14 del D.L. n. 201 del 2011, che consente unicamente la possibilità di posticipare tale scadenza. A tutela del contribuente, la norma prevede, comunque, la condizione che la deliberazione sia adottata e pubblicata, ai sensi di legge, dal comune almeno trenta giorni prima della data di versamento.

La lett. b) stabilisce che, ai fini del versamento delle sole prime due rate del tributo, i comuni possono inviare ai contribuenti i bollettini di conto corrente postale precompilati, già predisposti per il pagamento della TARSU o della TIA 1 o della TIA 2, ovvero indicare le altre modalità di pagamento già in uso per gli stessi prelievi.

La norma precisa che tali modalità di versamento non possono essere utilizzate per il pagamento dell’ultima rata del tributo che, quindi, deve essere corrisposta, unitamente alla maggiorazione standard, impiegando esclusivamente gli strumenti previsti dalla successiva lett. c). Dal tenore e dalla finalità della disposizione in parola emerge che, anche nel caso in cui il comune abbia previsto il pagamento del tributo in sole due rate, per il pagamento della seconda deve essere necessariamente utilizzato il modello F24 o il bollettino di conto corrente postale. A parte quest’ultima ipotesi, il contribuente può sempre avvalersi della facoltà di pagare il tributo in un’unica soluzione a giugno, come previsto dal citato comma 35 dell’art. 14, ma tale facoltà può essere esercitata limitatamente alle rate diverse dall’ultima.

In definitiva, per l’anno 2013, il contribuente è tenuto a corrispondere il tributo in almeno due rate.

Resta fermo che l’utilizzazione dei bollettini di conto corrente postale predisposti per il pagamento della TARSU, della TIA 1 e della TIA 2 costituisce una mera facoltà, potendo il comune utilizzare, già a decorrere dalla prima rata, il modello F24 e il bollettino di conto corrente postale, in via di approvazione, predisposti per il pagamento della TARES.
La lett. c) del comma 2 prevede la riserva in favore dello Stato del gettito relativo alla maggiorazione standard, pari a 0,30 euro per metro quadrato. Conseguentemente, la lett. d) prevede che non trovi applicazione il comma 13-bis del citato art. 14 del D. L. n. 201 del 2011 e la lett. e) opera le necessarie modifiche alla lettera c) del comma 380 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012.
Anche in questo caso, detta maggiorazione è versata in unica soluzione, unitamente all’ultima rata della TARES, utilizzando il modello F 24 o il bollettino di conto corrente postale in via di approvazione.

La lett. f) della norma stabilisce che i comuni non possono esercitare la facoltà di aumento della maggiorazione standard fino a 0,40, come, invece, previsto dal comma 13 dell’art. 14 del D. L. n. 201 del 2011.

La lett. g) mira a risolvere le difficoltà dei comuni che, in regime di TIA, hanno esternalizzato tutto il servizio di gestione dei rifiuti, ivi compresa la riscossione. La disciplina del nuovo tributo prevede, infatti, che i versamenti debbano essere effettuati esclusivamente ai comuni e, solo nel caso di tariffa puntuale, il soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti provvede alla riscossione. Per evitare ripercussioni negative sullo svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, poiché le aziende in questione non sono destinatarie delle somme riscosse e per consentire ai comuni di riappostare il bilancio prevedendo la necessaria corrispondenza tra l’entrata relativa al gettito del tributo e la corrispondente voce di spesa per la gestione del servizio, la norma consente transitoriamente per l’anno 2013 ai comuni di continuare ad avvalersi per la riscossione del tributo dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

Il comma 3 della norma in esame, nel sostituire il comma 4 dell’art. 14 del D. L. n. 201 del 2011, ripropone le stesse disposizioni presenti nella disciplina TARSU. Per tale tributo, infatti, l’art. 63, comma 2, del D. Lgs. n. 507 del 1993 escludeva dalla tassazione le aree comuni del condominio. Per quanto riguarda invece le aree pertinenziali delle attività economiche, la disposizione relativa alla TARSU era inserita nell’art. 6 del D.L. 29 settembre 1997, n. 328, convertito dalla legge 29 novembre 1997, n. 410, in base al quale, per il 1997 e il 1998, erano imponibili le superfici scoperte operative e venivano escluse dal tributo le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili. Successivamente, l’art.1, comma 3, del D.L. 26 gennaio 1999, n.8, convertito dalla legge 25 marzo 1999, n.75, ha esteso tale disciplina anche agli anni successivi al 1998.

Pertanto, con la norma proposta le superfici scoperte operative sono tassabili per intero, mentre non sono tassabili

le aree scoperte pertinenziali o accessorie di locali adibiti a civili abitazioni,

le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili diversi dalle civili abitazioni,

le aree comuni condominiali nei limiti previsti dalla norma.

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Proprietario incolpevole e sito inquinato

Il proprietario incolpevole e sito inquinato
note a TAR Veneto sez. III 8.2.2013

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri

Con ricorso e motivi aggiunti, la ricorrente proprietaria di uno stabilimento sito in un’area ricompresa all’interno del sito inquinato di interesse nazionale individuato ai sensi dell’art. 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, impugna gli atti con i quali sono stati ordinati adempimenti nell’ambito della procedura, già avviata, volta al disinquinamento delle aree.

La sentenza pone interesse alla questione del proprietario incolpevole.
Il ricorrente lamenta che al proprietario incolpevole dell’inquinamento non possono essere ordinati adempimenti nell’ambito delle procedure volte al disinquinamento e alla bonifica delle aree inquinate.

La Corte però avvalla orientamento restrittivo (non del tutto condivisibile) nei confronti del proprietario non colpevole dell’inquinamento e afferma l’obbligo…di attivarsi.
Il proprietario, afferma la Corte, non può “ disinteressarsi alla propagazione degli inquinanti, senza sopportare delle conseguenze per la propria inerzia”.

La Corte anzi richiama ed evoca,
1) dal punto di vista civilistico, la “…responsabilità risarcitoria ex art. 2051 c.c. per i danni causati da cose in custodia, per non aver posto in essere le misure idonee ad impedire che gli inquinanti presenti nell’area di pertinenza venissero rilasciati nell’ambiente circostante…”,
2) “…dal punto di vista della procedura amministrativa volta al risanamento ambientale, il proprietario, per l’art. 245 del Dlgs. n. 152 del 2006, è comunque tenuto ad attuare le misure di prevenzione di cui all’art. 242 che, all’ultimo periodo del comma 1, specifica l’applicabilità delle procedure anche alle contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione…”

Giova ricordare che il richiamo della Corte è riferito alle “bonifiche” ovvero ai siti in cui si è rilevato il superamento delle Soglie di contaminazione (CSR).

La Corte ricorda anche che la disciplina relativa all’”onere reale “ ex art. 253 Dlgs. 152/2006 imcombe solo quando:
1) manca individuazione del responsabile o
2) infruttuosa escussione del responsabile

“….E’ vero che gli obblighi di
a) bonifica e ..
b) ripristino ambientale …
c) obblighi di riparazione per equivalente,
…gravano sul responsabile dell’inquinamento, ma …..nel caso in cui gli interventi vengano effettuati d’ufficio dall’autorità competente, nel caso in cui

1) sia impossibile identificare il responsabile o
2) esercitare nei suoi confronti le azioni di rivalsa,
le conseguenze sono poste a carico del proprietario, ancorché incolpevole, nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi, posto che vi è la specifica previsione di un onere reale sulle aree…”

Qualora dunque non sia possibile identificare il proprietario o impossibile esercitare azione di rivalsa l’amministrazione può provvedere alla bonifica d’ufficio. Le spese di tale bonifica possono essere ripetute nei confronti del proprietario incolpevole ai sensi dell’art. 253 comma 3 Dlgs. 152/2006.

Come si giustifica tale richiesta di rimborso?
Continua la Corte precisando che la ripetizione dlela somma anticipata per la bonifica “ …trova la propria giustificazione nel vantaggio economico che il proprietario ricava dalla bonifica dell’area inquinata..”

La Corte sembra affermare che laddove non si trova il responsabile ..comunque “paga” il proprietario.
Tuttavia si ricorda che l’art. 253 comma 3 Dlgs. 152/2006 subordina ad attenta istruttoria e a provvedimento motivato “l’impossibilità di accertare la identità del soggetto responsabile….”

“…Resta ferma la possibilità per il proprietario incolpevole che abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, di rivalersi nei confronti del responsabile per le spese sostenute e l’eventuale maggior danno subito ….

Dunque il proprietario incolpevole – laddove non sia stato individuato con certezza il vero responsabile (si pensi alle contaminazioni storiche) – si trova a dover pagare comunque :

a) spontaneamente (salvo regresso sul responsabile se individuato)

b) forzatamente alla amministrazione (perchè beneficia della bonifica)

La Società proprietaria dell’area anche se dovesse risultare non responsabile dell’inquinamento, può comunque essere tenuta a sopportare le conseguenze della bonifica.

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Modello 231 e reati ambientali

Modello “231” : Interesse e vantaggio
Reati ambientali e difficoltà di individuazione del vantaggio e dell’interesse ex art. 5 Dlgs. 231/2001

A cura di Studio Legale Ambiente -Cinzia Silvestri

La Circolare Assonime del 2012 riassume con chiarezza la problematica della individuazione dell’interesse e del vantaggio a favore dell’ente che costituisce presupposto per la imputazione della Società.

La circolare richiama l’ interpretazione offerta dalla giurisprudenza al fine di individuare il concetto di vantaggio e interesse e offre una propria indicazione nei confronti dei reati ambientali : “ .. non vi è interesse dell’ente a provocare un disastro ambientale né ciò può arrecargli vantaggio; tuttavia quando l’imprenditore non organizza l’attività in linea con le prescrizioni del Dlgs. 231/2001 accetta implicitamente il rischio di incorrere in un reato presupposto… mostra di essere negligente o imprudente. Quando poi l’accettazione del rischio di violare la legge è il risultato di scelte di contenimento di costi e di risparmio di spese è ragionevole ritenere sussitente il “vantaggio” dell’Ente..”
La circolare poi conclude con prudenza ricordando la difficoltà di individuare l’interesse edil vantaggio nell’ambito dei reati ambientali e richiama l’attenzione alla “specificità imprenditoriale” e “al pericolo di gravare l’impresa di rischi che la politica imprenditoriale intende invece scongiurare…”

In particolare:
La relazione ministeriale al Dlgs. 231/2001 precisava
1) interesse è da interpretare in senso soggettivo verificabile ex ante
2) il vantaggio è da considerare in senso oggettivo ex post

Un esempio chiarisce l’intento: un amministratore corrompe con propri fondi un pubblico ufficiale al fine di vincere una gara di appalto. Tale condotta produce effetti positivi sulla societa (vince l’appalto).
La Società potrebbe difendersi adducendo l’autonomia dell’agire dell’amministratore o che nulla sapeva.
Vero è che tale illecito è reso possibile dalle lacune organizzative dell’Ente che ne diviene responsabile.
L’ente non risponde solo se il comportamento dell’amministratore ha eluso fraudolentemente l’assetto organizzativo dell’ente finalizzato proprio ad evitare quel reato (cfr. circolare assonime)

3) La società risponde dunque se il reato è commesso nell’interesse della stessa.
4) La Società risponde anche se la commissione del reato abbia portato a favore della società un interesse minimo . E’ il caso previso dall’art. 12 Dlgs. 231/2001 che prevede una pena ridotta per l’ente se il reato è stato commesso per un prevalente interesse dell’autore o di terzi. Il legislatore vuole colpire quelle condotte illecite che, seppure non finalizzate all’interesse pieno dell’Ente sono state commesse proprio per l’omessa vigilanza dello stesso.

Vantaggio. Il vantaggio viene individuato in “qualunque utilità patrimoniale oggettivamente apprezzabile”. Ad esempio il risparmi aziendale sui costi.
Quando una Società riceve vantaggio? Il vantaggio (economico) deve essere rilevante e superiore agli effetti negativi che la condotta illecita comporta.
Elemento determinante per poter affermare che la società ha conseguito quel vantaggio idoneo a rendere imputabile l’ente è la connessione tra:
Soggetto agente (es amministratore)→ reato → apparato organizzativo dell’ente.
Non si può sanzionare l’ente solo perché sia ad esso imputabile un qualche vantaggio economico derivante dall’illecito commesso (reato-→ vantaggio conomico) deve esserci connessione specifica tra soggetto/reato/ organizzazione dell’ente.

In tema di “Sicurezza” è di recente intervenuta sentenza del Tribunale di Tolmezzo 23.1.2012 che ha affermato: Nell’ambito dei reati colposi d’evento, i criteri dell’interesse e del vantaggio vanno posti in relazione alla condotta che viola le disposizioni poste a tutela della sicurezza e dalla salute dei lavoratori, condotta che deve essere finalisticamente orientata verso un risultato favorevole per l’ente (interesse) o deve, comunque, aver comportato un concreto beneficio per la “corporation” (vantaggio) in termini di risparmio di costi aziendali.
La Corte di appello di Brescia ha affermato : Al fine di ascrivere all’ente il reato di lesioni colpose commesse in violazione delle norme a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è necessaria la prova che la condotta del soggetto apicale fosse soggettivamente diretta ad avvantaggiare l’ente o abbia comunque oggettivamente comportato un beneficio per lo stesso, ad esempio in termini di risparmio dei costi o dei tempi di lavorazione.

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CSS: modifiche DM 20.3.2013

 Combustibile solido secondario: modifiche

segnalazione a cura di Studio legale Ambiente

L’allegato X (disciplina dei combustibili) alla parte quinta
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 reca la disciplina
dei combustibili consentiti negli impianti è stato modificato dal DM 20.3.2013 pubblicato nella Gazz. Uff. del 2.4.2013.

La modifica si coordina con il recente  regolamento del Ministro dell’ambiente del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato il 14 marzo 2013, con il quale, in applicazione dell’art. 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono stati stabiliti i criteri
specifici da rispettare affinche’ determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS) cessano di essere qualificate come rifiuto;
 

DECRETO 20 marzo 2013
Modifica dell’allegato X della parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e integrazioni, in materia di utilizzo del combustibile solido secondario (CSS). (13A02815) (GU n.77 del 2-4-2013)

adminCSS: modifiche DM 20.3.2013
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La Società risponde anche se il reato si estingue?

La Società risponde anche se il reato si estingue?
Art. 8 Dlgs. 231/2001 – autonoma responsabilità dell’ente

A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


Recita l’art. 8 Dlgs. 231/2001 :

1. La responsabilità dell’ente sussiste anche quando:
a) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile;
b) il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia.
2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell’ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l’imputato ha rinunciato alla sua applicazione.
3. L’ente può rinunciare all’amnistia.

L’art. 8 sembra imporre autonoma responsabilità della società anche nei casi in cui il reato
1) si estingue (ad esempio a seguito di oblazione ex art. 162 bis c.p. – tipico il caso di reato ex art. 256 comma 1 lett. a) Dlgs. 152/2006)
2) non è identificato il colpevole
3) il colpevole non è imputabile
4) casi di improcedibilità (remissione di querela)

E’ recente la sentenza del Tribunale di Molfetta 11-01-2010 relativa ad un infortunio sul lavoro che ha affermato: “ In virtù del principio di autonomia della responsabilità dell’ente, stabilito dall’ art. 8, D.Lgs. n. 231/2001, l’ente è responsabile anche quando il reato presupposto si estingue per morte del reo intervenuta prima della condanna”(cfr. Corriere del Merito 2010)

Vero è che alcuni autori hanno auspicato un chiarimento legislativo laddove la norma confligge con norme di senso nettamente contrario.
Le varie Linee Guida (ad esempio ABI Circolare 12.7.2012) affermano con convinzione la responsabilità dell’Ente in autonomia; Linee guida peraltro orientate ad una visione cautelativa e prudenziale …. non essendo tenute, per struttura, ad analizzare le complicanze giuridiche sottese.

Autore non identificato/non imputabile
La relazione ministeriale al Dlgs. 231/2001 giustificava tale autonomia in quanto il reato appare completo in tutti i suoi elementi ed anzi la mancata individuazione del reo è fatto tipico nella responsabilità di impresa….
Alcuni autori però hanno correttamente evidenziato che l’autonoma responsabilità dell’ente stride con i principi cardine posti dal nostro ordinamento primo tra tutti l’art. 27 Cost “La responsabilità penale è personale”.
Ai fini della responsabilità dell’Ente , il reato deve essere commesso nell’ interesse e/o a vantaggio. E si deve ricordare che la responsabilità della società è esclusa qualora gli autori abbiano “agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”.

“Come si potrebbe dimostrare questo interesse esclusivo se l’autore non viene identificato, tenuto conto che l’interesse – riguardante la volontà/proposito dell’autore materiale del reato – deve essere valutato ex ante?
In conclusione, la mancata individuazione dell’autore del reato comporterebbe la mancanza dei presupposti necessari per la sussistenza della responsabilità della società e per la qualificazione della sanzione” (cfr. testualmente da “D.Lgs. n. 231/2001: la responsabilità amministrativa delle società ed enti per reati commessi da dirigenti e dipendenti. Spunti di riflessione – [Fisco, 2005, 28 (commento alla normativa)] – Pietro Accardi, Massimiliano Giua, Giuseppe Mango…) 

L’art. 8 Dlgs. 231/2001 confligge con altre norme . Si pensi all’art. 37 c.p Casi di imrocedibilità .
1. Non si procede all’accertamento dell’illecito amministrativo dell’ente quando l’azione penale non può essere iniziata o proseguita nei confronti dell’autore del reato per la mancanza di una condizione di procedibilità .
Ebbene  la remissione della querela è un caso di improcedibilità che avrebbe l’effetto di impedire l’azione penale nei confronti del reo ma …..non nei confronti dell’Ente ai sensi dell’art. 8 citato.

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Delegato ambientale e responsabilità

Delegato ambientale e responsabilità: deposito incontrollato rifiuti

Cass. pen. Sez. III, n. 43773/2012

A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


La sentenza precisa il rapporto tra
a) il legale rappresentante della società ed
b) il proprio delegato ambientale.

Spesso il legale rappresentante ritiene di escludere la propria responsabilità con il mero conferimento della delega a soggetto idoneo.
Vero è che il Giudice è chiamato a valutare la responsabilità del legale rappresentante con riferimento al concreto verificarsi degli eventi e al suo contributo causale a prescindere dalla delega conferita.

Nel caso in esame invero, pur esistendo la delega ambientale che coinvolge il delegato, il Giudice ha verificato che il legale rappresentante era a conoscenza dei fatti e nulla ha posto in essere per evitare il reato.

In particolare:
La sentenza coinvolge due soggetti
1) l’amministratore unico di una società
2) il responsbaile in materia ambientale della stessa società
quali colpevoli, secondo il Tribunale di primo grado, ex artt. 192 comma 1 e 256 Dlgs. 152/2006 “per avere effettuato, in concorso fra di loro e nelle rispettive qualità ….., depositi incontrollati di rifiuti non pericolosi …..e li condannava alla pena di Euro 5.000,00 di ammenda ciascuno.

La difesa degli imputati, pur articolata, è di interesse nella parte in cui sostenevano che la “ …decisione ..era contraddittoria poichè affermava la responsabilità penale sia di ….rappresentante legale ….sia di…..responsabile in materia ambientale della predetta ditta. Invero – secondo la difesa dei ricorrenti – la responsabilità dell’uno escludeva quella dell’altro…”

La Cassazione respinge le difese.

Il Giudice di primo grado invero aveva accertato con “…un esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali…” che il rappresentante legale e il procuratore speciale responsabile in materia ambientale della ditta – avevano effettuato un deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi, quali:
a) terre esauste di decolorazione per un quantitativo pari a circa 504 mc;
b) sansa esausta.

Trattavasi di rifiuti depositati a tempo indeterminato, senza un idoneo programma di smaltimento .
Ricorrevano pertanto nella fattispecie in esame gli elementi costitutivi del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, come contestato ai capi A) e C) della rubrica.
Sul punto della concorrrente responsabilità la cassazione precisa che sussiste la responsabilità penale di entrambi in quanto il legale rappresentante era a “…. conoscenza che il deposito dei rifiuti non pericolosi si protraeva da lungo tempo, senza che fosse stato predisposto un idoneo programma di smaltimento di rifiuti medesimi – non aveva posto in esser alcun intervento operativo ed efficace onde porre termine alla situazione illecita creata all’interno dell’azienda gestita dallo stesso ……

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Sistri: se ne parla ancora

SISTRI: Riparte il Sistri, al via il 1° ottobre 2013 per i rifiuti pericolosi, per tutti gli altri rifiuti speciali l’avvio è fissato a marzo 2014


a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi

Sul sito istituzionale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è stato pubblicato comunicato ufficiale che informa di  imminente decreto del Ministro Clini con il quale verrà riattivato il sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi dal 1 ottobre 2013 per i produttori di rifiuti pericolosi con più di dieci dipendenti e per gli enti e le imprese che gestiscono rifiuti pericolosi, mentre per tutte le altre imprese l’avvio del sistema è fissato per il 3 marzo 2014.

Il pagamento dei contributi di iscrizione al sistema resterà sospeso per tutto il 2013.
Nel comunicato si ribadisce la volontà di utilizzare i sei mesi preparatori prima dell’avvio per i produttori di rifiuti pericolosi, per consolidare la collaborazione con le imprese coinvolte e per eliminare le pesantezze burocratiche e amministrative che sono state avvertite come un limite del progetto.
In particolare è prevista una specifica calendarizzazione:
· dal 30 aprile saranno avviate, per concludersi entro il 30 settembre, le procedure di verifica per l’aggiornamento dei dati delle imprese per le quali il sistema partirà ad ottobre;
· dal 30 settembre al 28 febbraio 2014 sarà effettuata analoga verifica per tutte le altre imprese.
Le imprese che trattano rifiuti non pericolosi potranno comunque utilizzare il Sistri, su base volontaria, dal 1 ottobre prossimo.

adminSistri: se ne parla ancora
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Vetro: quando cessa di essere rifiuto?

I rottami di vetro quando cessano di essere rifiuti?
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Interessante il Regolamento UE che disciplina il delicato passaggio tra rifiuto e non rifiuto.
Oggetto del Regolamento sono i rottami di vetro ma il collegamento esplicito alla Direttiva 2008/98/UE rende la lettura di questo testo punto di riferimento anche per altri materiali.
Regolamento UE 1179/2012

adminVetro: quando cessa di essere rifiuto?
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TARES – Linee Guida

Tariffa rifiuti e Servizi – TARES.Linee Guida
Pubblicate le linee guida e un prototipo di Regolamento
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
Il Ministero dell’economia e delle finanze ha pubblicato Linee guida per la redazione del piano finanziario (Allegato I) e per l’elaborazione delle tariffe Tares, rendendo disponibile anche un prototipo di regolamento (Allegato II).
Il prototipo di regolamento non è vincolante, ma costituisce supporto a disposizione degli enti locali, che potranno, quindi, apportarvi tutte quelle integrazioni e modifiche che riterranno opportune, purché ovviamente conformi ai limiti che la legislazione pone alla potestà regolamentare locale. I principali soggetti interessati sono quei comuni che applicavano ancora la Tarsu e che dovranno ridefinire integralmente i piani tariffari. Per quelli a regime Tia il passaggio sarà meno problematico perché il “metodo normalizzato” già disciplinava la tariffa e garantiva la copertura integrale dei costi del servizio.
La principale indicazione operativa è quella secondo cui nella determinazione delle tariffe della Tares i Comuni non saranno costretti a seguire puntualmente i coefficienti del “metodo normalizzato” indicati dal Dpr 158/1999, potendo fare riferimento ai minimi e massimi previsti, muovendosi liberamente fra questi due valori.
Importanti chiarimenti vengono forniti, inoltre, in merito all’individuazione dei confini fra le aree assoggettabili e quelle escluse dal nuovo tributo. Tra queste ultime ci sono per esempio le aree di parcheggio gratuite (supermercati, centri commerciali).
allegato I_Linee_guida_TARES_corrette2
Allegato II_RegTARES_corretto

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DL 216/2012: non convertito

DL 216/2012 non è’ stato convertito
Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente
Quando un decreto Legge non viene convertito in legge e decade portando con se i suoi effetti … Non se ne parla… Chissà perché.
Ebbene il Decreto Legge 216/2012 che si è’ occupato della emergenza rifiuti a ROma ma anche della modalità, e non solo, della ” fatturazione” non è’ stato convertito…
Eppure il Decreto aveva la finalita’ forse di evitare sanzioni ….Europee…
Allora è’ bene conoscere ciò che non si applica più e si riporta anche il testo del DL 216 non convertito
Comunicato Ministero Giustizia Gazz. Uff. 9/2/2013

adminDL 216/2012: non convertito
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Cosa si intende per recupero?

Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti
Cosa si intende per recupero?: (punto 1.4.5 Linee Guida)
Recupero, rifiuti, inceneritori, R1, energia
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Le Linee Guida sembrano precisare concetti ormai acquisiti.
Vero è che, a fronte della semplicità discorsiva del testo, la Comunità Europea affronta questioni di particolare complessità richiamando la giurisprudenza comunitaria .
Nel paragrafo 1.4.5 delle Linee Guida il concetto di recupero – tratteggiato con apparente semplicità – si interseca con la problematica degli inceneritori e la vexata quaestio dell’R1.
Studio Legale Ambiente offre, di seguito, una “libera traduzione prosata”del testo di cui al punto 1.4.5 delle Linee Guida.
Cosa si intende per ‘recupero’? (punto 1.4.5)
La definizione di ‘recupero’ è uno dei concetti chiave della direttiva quadro.
Il termine recupero è l’opposto di “smaltimento” (che le stesse linee guida al punto 1.4.8 definiscono come ciò che .. non è recupero).
Entrambe le operazioni (recupero e smaltimento e la preparazione prima delle stesse) concretano l’operazione di trattamento come definito dall’art. 3 comma 1, 14) della Direttiva Quadro.
Le linee Guida precisano ciò che pare ovvio e non lo è: Ogni trattamento dei rifiuti può essere operazione di recupero oppure operazione di smaltimento; la CGUE ha affermato che nessuna operazione può essere classificata come smaltimento e di recupero, allo stesso tempo (Causa C-6/00 ASA (2002) .
Le linee Guida precisano che “..la classificazione di un’operazione ha conseguenze significative non solo per il rispetto della gerarchia dei rifiuti (ai sensi del capitolo 3), ma anche per ogni gestione dei rifiuti; la distinzione tra recupero e smaltimento è di estrema importanza per il comprendere le definizioni di cui agli articoli 10 (Recupero) e 12 (smaltimento) della direttiva quadro.
Le linee Guida precisano che la principale differenza tra recupero e smaltimento consiste nel fatto che “.. operazioni di smaltimento in primo luogo sono il risultato di operazioni di gestione dei rifiuti basato sul concetto di “sbarazzarsi dei rifiuti”, mentre il principale risultato di un’operazione di recupero dei rifiuti è quello definito al punto 15 ) art. 3 della direttiva quadro ovvero: “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”.
In pratica, può essere difficile distinguere in alcuni casi, se un’operazione effettivamente risponde a questa definizione. Nel 2004, uno studio è stato pubblicato per conto della Commissione europea, valutazione degli attuali operazioni di trattamento dei rifiuti in Europa, come avvengono nella pratica e individuare criteri che possano aiutare con la corretta classificazione delle operazioni.
D’altra parte, il recupero è diviso in tre sottocategorie:
1) preparazione per il riutilizzo (v.Capitolo 1.4.5) ,
2) il riciclaggio (vedi capitolo 1.4.6), e
3) recupero di altro tipo (vedi capitolo 1.4.7).
Esempi di sotto-categorie si possono trovare nei rispettivi capitoli, vedi in particolare distinzione tra riciclaggio e il recupero nel capitolo 1.4.6.
Questa definizione di recupero, di recente introdotta nella direttiva quadro, prende spunto dalla giurisprudenza CGUE, dove il concetto di “sostituzione” come condizione preliminare per il “recupero” è stato sviluppato nelle sentenze Causa C-6/00 ASA 2002 E “Cemento e forno” CAUSA C – 228/00
Il fatto che i rifiuti devono svolgere una funzione utile ‘come risultato principale’ del recupero è un aspetto importante del recupero e elemento distintivo dallo smaltimento.
La giurisprudenza Europea – CGUE ha affermato – per quanto riguarda l’incenerimento dei rifiuti nei forni da cemento – che i rifiuti devono essere utilizzati principalmente come combustibile o come altro mezzo della generazione di energia; il che significa che la maggior parte dei rifiuti deve essere consumata durante il funzionamento e la maggior parte dell’energia generata deve essere recuperato e utilizzato.
Il criterio è stato introdotto per evitare abusi e recupero fittizio.
Secondo la definizione di recupero della nuova direttiva quadro (15), la “sostituzione” del materiale che è fondamentale per il recupero dei rifiuti, può avvenire non solo nell’impianto in cui i rifiuti siano trattati ma anche ‘nell’economia in generale’. L’obiettivo è di facilitare la classificazione degli inceneritori di rifiuti con la generazione ad alta efficienza energetica come operazioni di recupero.
Classificazione degli impianti di incenerimento dei rifiuti –
strutture dedicate al trattamento di rifiuti solidi urbani – è fondata sulla R1 formula dell’allegato II.

Va osservato che, secondo la definizione dell’articolo 3 (15) WFD, si ha recupero non solo quando il materiale “sostituisce” altri materiali, ma anche quando con processi di preparazione si ottiene un materiale di scarto in modo che esso non comporta più rischi correlati di rifiuti e pronto per essere utilizzato come materia prima in altri processi.
In alcuni processi produttivi, come co-trattamento, i rifiuti possono essere utilizzati in combinazione di due opzioni di ripristino di gestione dei rifiuti al tempo stesso. Il contenuto energetico viene recuperato (operazione R1) come energia termica, sostituendo così combustibili, mentre la
frazione minerale dei rifiuti può essere integrata (quindi riciclato) nella matrice del prodotto o materiale prodotto, clinker di cemento ad esempio, acciaio o alluminio (R4 o R5 operazione, visualizzare un elenco di operazioni di recupero di cui all’allegato II della direttiva quadro sulle acque).
L’allegato II della direttiva quadro stabilisce un elenco non esaustivo di operazioni di recupero. Un’operazione
può essere recupero, anche se non è elencato nell’allegato II, se è conforme ai principi generali della definizione di recupero..”

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RAEE,TARES,Discarica rifiuti: novità nel DL 1/2013

RAEE, TARES, Rifiuti in Discarica, sisma Emilia e altre novità nella legge di Conversione in legge del DL 1/2013
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
E’ stato approvata in via definitiva la legge di conversione del DL 1/2013 recante disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale. Si attende ora la pubblicazione in gazzetta.
Tra le principali disposizioni:
Rifiuti in discarica
Viene prorogato fino al 31 dicembre 2013 il termine dell’entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti, urbani e speciali, con Pci (Potere calorifero inferiore) superiore a 13 kJ/Kg. Il divieto avrebbe impedito di portare in discarica una quantità rilevante di rifiuti, come quelli dell’industria alimentare, cartaria, tessile, che secondo una direttiva europea andrebbero smaltiti in appositi impianti di termovalorizzazione per potenziare il recupero energetico.
Tares
L’articolo 1-bis posticipa, per il solo anno 2013, al mese di luglio il termine di versamento della prima rata del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), precedentemente fissato al mese di aprile dalla legge di stabilità 2013, ferma restando la facoltà per il comune di posticipare ulteriormente tale termine.
Raee
Vengono soppresse le limitazioni temporali entro le quali era consentito al produttore di apparecchiature elettriche ed elettroniche di indicare esplicitamente all’acquirente, al momento della vendita di nuovi prodotti, i costi sostenuti per la raccolta, il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei RAEE storici (c.d. eco-contributo RAEE). La norma prevedeva infatti che la citata indicazione potesse essere apposta fino al 13 febbraio 2011 e, per le apparecchiature rientranti nella categoria 1 dell’allegato 1A (vale a dire i grandi elettrodomestici), fino al 13 febbraio 2013. Ora sarà sempre possibile, per il produttore (e quindi di conseguenza per il distributore) indicare esplicitamente all’acquirente di nuovi prodotti il c.d. eco-contributo RAEE (ECR).
Gestioni commissariali
Proroga al 31 dicembre 2013, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali previsto dal D.L. 59/2012[13], le gestioni commissariali riguardanti:
• gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania e dei Laghetti di Castelvolturno (art. 11 dell’O.P.C.M. 3891/2010);
• la situazione di inquinamento determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova (O.P.C.M. 3554/2006);
• il naufragio della nave da crociera Costa Concordia nel comune dell’Isola del Giglio (O.P.C.M. 3998/2012 e art. 2 dell’O.P.C.M. 4023/2012);
• l’emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie (art. 17 dell’O.P.C.M. 3738/2009).
Sisma Emilia
Modifica della disciplina per la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili nei territori colpiti dal sisma del maggio 2012.
In particolare, la norma prevede la possibilità di concessione dei contributi anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili. La norma è volta a modificare i parametri per la concessione dei contributi al fine di consentire un incremento delle percentuali di sostegno rispetto al costo sostenuto e conseguentemente un maggiore utilizzo dei predetti contributi.
Emergenza Campania
Viene prorogata al 30 giugno 2013 la fase transitoria (scaduta il 31 dicembre) durante la quale è previsto che le attività di spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e assimilati continuino ad essere gestite dai comuni della regione Campania. Fino al medesimo termine le attività di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati continueranno ad essere svolte dalle società provinciali a livello di ambito territoriale ottimale. Dopo il 30 giugno si applicheranno anche sul territorio della regione Campania le disposizioni che attribuiscono ai comuni l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi.
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adminRAEE,TARES,Discarica rifiuti: novità nel DL 1/2013
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TARES: pagamento a luglio 2013

Tares: pagamento prima rata a luglio 2013
Convertito in legge il DL 1/2013 ed in attesa di pubblicazione (approvato in data 22.1.2013)
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Prima rata a luglio 2013 (anziché aprile 2013)
Con un emendamento il governo ha permesso ai sindaci di variare il numero e la scadenza delle rate, inclusa anche la possibilità di versamento in un’unica soluzione a giugno: nel 2013 la prima rata era comunque spostata d’ufficio ad aprile (cfr. comma 35 dell’art. 14 Legge Stabilità).
La legge di Conversione (oggi in attesa di pubblicazione e approvata in via definitiva il 22.1.2013), con modificazioni, del decreto-legge 14 gennaio 2013, n. 1 – recante disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale – all’art. 1bis ha previsto lo slittamento della prima rata a luglio del 2013:
Articolo 1-bis.
1. All’articolo 14, comma 35, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, al settimo periodo, le parole: «ad aprile» sono sostituite dalle seguenti: «a luglio».

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Trasporto/raccolta rifiuti categoria da 1 a 5: Delibera n. 6/2012 vigente dal 9.1.2013

Delibera Albo gestori ambientali n. 6/2012 – iscrizione albo gestori/raccolta e trasporto rifiuti categorie da 1 a 5
a cura di Studio Legale Ambiente
Entra in vigore oggi 9 gennaio 2013 la delibera dell’Albo Gestori Ambientali relativa alle nuove modalità di iscrizione per coloro che svolgono attività di raccolta e trasporto rifiuti per la categoria da 1 a 5.
Delibera 12.12.2012

adminTrasporto/raccolta rifiuti categoria da 1 a 5: Delibera n. 6/2012 vigente dal 9.1.2013
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