Sistri: contributo sospeso

Sistri: Confermata sospensione del pagamento contributo 2012
a cura di Studio Legale Ambiente e Dario Giardi
Il Ministero dell’Ambiente, con un comunicato pubblicato sul portale istituzionale dedicato al Sistri www.sistri.it e sul proprio sito, ha precisato che oggi 30 novembre non vi sarà nessun contributo da pagare per il 2012 in quanto il disposto previsto dall’art. 52 del decreto legge 26 giugno 2012 n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”, (pubblicato nella GU n.147 del 26 giugno 2012 – Suppl. Ordinario n. 129), stabilisce la sospensione del pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l’iscrizione al Sistema SISTRI per l’anno 2012.
Ricordiamo, come già anticipato, che il chiarimento del Ministero si è reso necessario per eliminare tutti i dubbi sulla permanenza dell’obbligo di versamento del contributo sorti con l’emanazione, da parte dello stesso dicastero, del decreto 141/2012 (pubblicato nella G.U. del 23 agosto 2012 n. 196) che, dopo l’adozione delle norme di sospensione (ricordiamo che la Legge 134/2012 è stata pubblicata sulla G.U. dell’11 agosto 2012 n. 196), aveva reintrodotto l’obbligo del pagamento del contributo entro il 30 novembre 2012.
Tale obbligo è apparso da subito come privo di fondamento di legittimità, in quanto veicolato da un provvedimento (il decreto ministeriale) di rango gerarchicamente inferiore alla fonte legislativa che reca una disposizione opposta (ossia il D.L. 83/2012).
Come noto la sospensione del pagamento del contributo per il Sistri relativo l’anno 2012, disposta dal D.L. 83/2012, ha anche sospeso tutto il funzionamento dell’intero sistema di tracciamento telematico dei rifiuti. Tale fermo si protrarrà fino al nuovo termine iniziale di operatività che dovrà essere stabilito dal Ministero dell’Ambiente con l’emanazione di un proprio decreto dopo l’esito delle verifiche amministrative e funzionali in corso ma, comunque, non oltre la data del prossimo 30 giugno 2013.
Fino a tale data o fino a quando non ci sarà un nuovo termine per l’avvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti, per espressa disposizione dell’articolo 52 del decreto 83/2012, il regime del tracciamento dei rifiuti continua a essere quello attualmente vigente che prevede per tutti gli operatori coinvolti, il rispetto degli adempimenti di cui agli articoli 190 (registri di carico e scarico) e 193 (formulario di trasporto) del D.Lgs. 152/2006 e della relativa disciplina sanzionatoria, vigente antecedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. 205/2010.

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Rifiuti: compilare FIR/RCS se rifiuto prodotto in altro luogo? Quesito

Quesito
A cura di Studio Legale Ambiente e Dario Giardi
Quesito
Una azienda che ha 5 sedi produttive, ognuna con il proprio registro di carico-scarico rifiuti ed ognuna con blocchi di formulari vidimati per ogni singola sede deve fare uno smaltimento di merce che è stoccata presso un magazzino di un’azienda di logistica. Come si deve procedere ? E’ sufficiente fare un formulario da una delle sedi (quella a cui in realtà appartiene il rifiuto), indicando come luogo di produzione l’ indirizzo del magazzino in affitto ? Il movimento sarà quindi successivamente registrato nel registro di quella sede. Tutto ciò è corretto ?
Risposta
L’art. 193 del D. Lgs. 152/2006 prevede che il Formulario di Identificazione Rifiuto (F.I.R.) accompagni i rifiuti durante il loro trasporto dove per trasporto si intende lo spostamento fisico del rifiuto che dal luogo di produzione / detenzione viene inviato al luogo di recupero o smaltimento.
Si sottolinea come, nella compilazione del documento, per “indirizzo dell’impianto o l’unità locale o di partenza del rifiuto”, si intenda il posto da cui effettivamente parte il rifiuto e non, ad esempio la sede legale dell’impresa ubicata in posto del tutto estraneo al luogo di presenza effettiva del rifiuto.
Si dovrà, pertanto, indicare la sede dell’impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti. Nel caso specifico descritto sarà necessario emettere il F.I.R. da una delle sedi dell’azienda avendo cura di indicare come luogo di produzione l’indirizzo del magazzino in affitto (luogo di stoccaggio) e registrare conseguentemente il movimento sul registro di carico e scarico.
* Le risposte a quesiti sono indicative e solo informative.

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Direttore lavori: obbligo di vigilanza ambientale?

Direttore dei lavori: obbligo di vigilanza “ambientale”?
Cassazione penale n. 44457/2009
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri
Sempre più spesso accade che la responsabilità in materia ambientale venga attribuita per il solo fatto di rivestire una certa mansione, carica, ruolo; e ciò a prescindere dalla individuazione delle precise responsabilità.
L’obbligo di vigilanza deve essere previsto da una norma di legge, da un contratto…
Se l’obbligo di vigilanza non trova fondamento non si può imputare ad un soggetto la responsabilità solo in quanto riveste la qualifica, ad esempio, di “Direttore dei lavori di cantiere” (o di legale rappresentante, dipendente, o altra mansione).
La responsbailità ambientale dovrà trovare prova nelle regole del processo penale e dunque andrà verificata la effettiva partecipazione del “direttore dei lavori” all’illecito, il concreto apporto causale all’evento, la partecipazione diretta, nel caso di specie, al deposito del materiale.
****
Ebbene.
Il Tribunale dell’ Aquila condannava il titolare della ditta ed il direttore dei lavori di cantiere, ciascuno per il reato di cui all’art. 184, 192, 256 comma 1 lett. a) per avere, a seguito della costruzione del capannone, “…illecitamente abbandonato ovvero depositato in modo incontrollato materiale di rifiuto non pericoloso (inerti da demolizione, materiali plastici e materiali metallici) nell’area del cantiere.
Il Tribunale riteneva responsabile proprio il DIRETTORE DEI LAVORI – nella sua qualità – quale soggetto che organizzava e dirigeva il lavoro del cantiere.
Il direttore dei lavori proponeva ricorso per cassazione rilevando che :
1) non veniva contestato il concorso nell’illecito assieme al titolare dlla ditta
2) veniva contestata una condotta autonoma per la sua qualità di direttore lavori.
3) nessuna norma nella specifica disciplina dei reati ambientali attribuisce particolari responsabilità a carico del direttore dei lavori di un cantiere eletto a sito abusivo di discarica.
4) Inesistenza di obbligo di vigilanza o di denuncia a carico del Direttore lavori
Il direttore dei lavori rilevava che il DPR 380/2001 art. 29 comma 1 individua i compiti e le responsabilità a lui dedicate.
Cita la Cassazione “…..Al di fuori delle espresse previsioni dell’art.29 cit. il direttore dei lavori non ha alcun obbligo di vigilanza in relazione a quanto accade nel cantiere in cui viene realizzata l’opera. In particolare, la normativa in materia di rifiuti non attribuisce specifiche responsabilità al direttore dei lavori.
E’ indiscutibile, quindi, che in relazione a tale normativa si applichino le regole ordinarie in tema di responsabilità per le contravvenzioni (come nel caso di specie) e di concorso nel reato.
Il Tribunale aveva affermato la responsabilità del direttore dei lavori per il deposito incontrollato proprio e solo per la sua “qualità di direttore dei lavori, quindi soggetto che organizzava e dirigeva il lavoro del cantiere tra cui appunto la fase del trasporto in loco e successiva utilizzazione del materiale di risulta”.
Prosegue la Corte: “ La responsabilità viene fatta discendere, pertanto, dalla mera qualità di direttore dei lavori, senza tener conto che il direttore dei lavori ….non aveva alcun obbligo di vigilanza e di denuncia in relazione alla violazione della normativa sui rifiuti.
Continua la Corte: “…Il Tribunale avrebbe….. dovuto accertare se dagli atti emergesse una condotta dell’imputato rivelatrice di una partecipazione diretta al deposito del materiale, oppure la sua presenza attiva durante la fase di abbandono, ovvero ancora la consapevole partecipazione al reimpiego ed utilizzazione del materiale di risulta.

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Materiali da riporto: uno sguardo al futuro

Materiali di riporto: DDl semplificazioni bis
Schema di raffronto delle possibili modifiche

    a cura di Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri

E’ prematuro anticipare il testo di una legge che verrà.
Il legislatore ci ha abituati a repentine modifiche, ripensamenti dei testi.
L’abrogazione dell’art. 186 Dlgs. 152/2006 ha espunto un pezzo di storia e non abbiamo ancora abitudine al DM 161/2012.
Dobbiamo confrontarci con i materiali di riporto; appena nati, subito normati e a breve ancora modificati.
Senza pace.
Il confronto tra il presente ed il possibile imminente futuro ci permette comprendere meglio la volontà del legislatore…. a dire il vero un po’ confusa.
Vai allo schema e clicca di seguito:
materiali da riporto schema

adminMateriali da riporto: uno sguardo al futuro
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Rifiuti: Discariche

Modifiche decisione 2003/33/CE sulle discariche e procedura infrazione.
A cura di Studio Legale Ambiente e Dario Giardi
Sulla G.U.U.E. n. 238 del 4 settembre u.s. è stata pubblicata una rettifica alla Decisione 2003/33/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che stabilisce criteri e procedure per l’Ammissione dei rifiuti nelle discariche ai sensi dell’art. 16 e dell’allegato II della direttiva 1999/31/CE. Tale decisione aveva trovato attuazione a livello nazionale, da ultimo, con il DM 27 settembre 2010.
Le modifiche riguardano la sostituzione del termine “componenti” con “Co” (la concentrazione del primo eluito del test di eluizione), contenuto nelle disposizioni richiamate ai punti 2.1.2.1 (valore limite colaticcio discariche per rifiuti inerti), 2.2.2 (valore limite colaticcio discariche per rifiuti non pericolosi ammessi nelle stesse aree dei rifiuti pericolosi stabili e non reattivi), 2.3.1 (valore limite colaticcio discariche per rifiuti pericolosi ammessi nelle stesse aree dei rifiuti non pericolosi) e 2.4.1 (valore limite colaticcio discariche per rifiuti pericolosi) dell’allegato alla decisione.
Sempre in materia segnaliamo inoltre che l’Italia recentemente è stata deferita per la seconda volta (la prima nell’aprile del 2007) alla Corte di giustizia dell’Unione Europea sulle discariche illegali e incontrollate di rifiuti: la Commissione europea ha imposto, oltre bonifiche dei siti in parola, anche un’ammenda forfettaria di 56 milioni di euro e una giornaliera di 256.819,20 euro per ogni giorno successivo alla seconda sentenza fino al giorno della regolarizzazione dell’infrazione. In base a quanto segnalato, risulta che attualmente 255 discariche – 16 delle quali contenenti rifiuti pericolosi – devono ancora essere bonificate e solo 31 lo saranno entro la fine del 2012. Un calendario completo per l’ultimazione dei lavori è stato programmato unicamente per 132 discariche su 255. Inoltre, la Commissione non dispone di informazioni da cui risulti che l’Italia abbia istituito un sistema di controllo adeguato per evitare l’apertura di nuove discariche illegali.

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Convegno Chieti (16.11.2012) – Terre e rocce/materiali da scavo

“Terre e rocce da scavo: condizioni di utilizzo nel DM 161/2012 – Aspetti tecnici e procedurali”
Studio Legale Ambiente partecipa al Convegno/Seminario che Confindustria e ANCE di Chieti organizzano  in data 16.11.2012 dalle 14 alle 19.
Seminario che vuole chiarire le novità e le problematiche legate alla applicazione del DM 161/2012 relativo ai “materiali da scavo”.
In attesa anche del Decreto di Semplificazione bis che promette ulteriori modifiche alla individuazione del “materiale da riporto”
ANCE Confindustria Chieti 16.11.2012

adminConvegno Chieti (16.11.2012) – Terre e rocce/materiali da scavo
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Sisma maggio 2012: deroghe

Sisma del maggio 2012
Segnalazione di Studio Legale Ambiente
Il Consiglio ha autorizzato il Commissario a derogare alla normativa su terre e rocce da scavo ( anche in riferimento al DM 161/2012) per le zone colpite dal sisma del maggio 2012.
Vai alla delibera

adminSisma maggio 2012: deroghe
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Normale pratica industriale: terre e rocce

Normale Pratica Industriale: terre e rocce – Riflessione sul DM 161/2012
 A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il DM 161/2012 diventa punto di riferimento per le modalità di gestione delle terre e rocce da scavo (e non solo).
L’art. 186 è abrogato; la normativa a cui fare riferimento è l’art. 184 bis (sottoprodotto) ed il DM 161/2012 dovrebbe fungere da norma tecnica attuativa.
Non si può prescindere dunque dalla lettura dell’art. 184bis comma 1 che alla lettera c) precisa uno dei requisiti che definiscono “sottoprodotto” un residuo (ovvero non rifiuto) ovvero la “normale pratica industriale”.
Difficile concetto da definire e causa di contenzioso anche recente.
Ebbene l’allegato 3 del DM 161/2012 non solo definisce ma descrive i contenuti e le ipotesi per le quali si può ritenere esistente la normale pratica industriale; descrive le ipotesi “comunemente effettuate”  che soddisfano uno dei requisiti richiesti per considerare il residuo sottoprodotto.
La lettura del “decalogo” prescinde dalle argomentazioni giuridiche (dotte) finora riscontrate nelle recenti sentenze e che cercavano di risolvere il dilemma di cosa dovesse intendersi per “normale pratica industriale”.
Il decalogo dell’ allegato 3 è tecnico, nasce dalla esperienza, dalla consuetudine quasi di “cantiere” ed è riferita s’intende alle terre e rocce da scavo.
Non si dimentichi invero che il concetto di normale pratica industriale  (art. 184bis) non riguarda solo le terre e rocce ma ogni residuo che debba essere valutato come sottoprodotto (fanghi ad esempio).
Il DM elenca, con semplicità[1], le operazioni che rientrano “comunemente” nella normale pratica industriale:
1)  la selezione granulometrica del materiale da scavo
2) la riduzione volumetrica mediante MACINAZIONE
3) la stabilizzazione a calce, a cemento….
4) La stesa al suolo per consentire l’asciugatura…
e si rimanda alla lettura del testo.
La normale pratica industriale è certo elemento di favore al riutilizzo del residuo.
Amplia la casistica che permette di considerare sottoprodotto il residuo e risponde anche alla esigenza Comunitaria (Direttiva 2008/98/CE) che evidenzia la necessità del riutilizzo.
Vero è che il DM ha risolto il problema con una elencazione “pratica” che si espone a censure laddove la normale “pratica industriale” dovrebbe essere censita “caso per caso”.
 



[1] Quasi preoccupante
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Autorizzazione Unica Ambientale: in attesa del Regolamento

Autorizzazione unica ambientale : in attesa del Regolamento
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Il vocabolario Ambientale si arricchisce di una nuova sigla ovvero A.U.A. , l’ autorizzazione unica ambientale il cui Regolamento dovrebbe avere luce a breve.
Una breve anticipazione e’ già pubblicata su questo sito con riferimento alla L. 35/2011.
In attesa del Regolamento il Governo riassume le novità
.

adminAutorizzazione Unica Ambientale: in attesa del Regolamento
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Rifiuti: TAR Veneto 1164/2012

Rifiuti provenienti da terzi fuori Regione/ LRV 3/2000 art. 33 comma 2,3. Illegittimità costituzionale/ Tar Veneto n.1164/2012
 A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La sentenza del TAR Veneto chiarisce alcune importanti questioni … .
Purtroppo si leggono sentenze che affermano la responsabilità concorrente della Regione in materia di tutela ambientale (senza le dovute distinzioni); purtroppo vengono applicate, dalle stesse amministrazioni, norme regionali ormai abrogate per la intervenuta nuova normativa statale incompatibile.
E cio’ imponendo al cittadino l’onere gravoso di  adire la “giustizia” che, a dire il vero, appare un po’ confusa sull’argomento.
Ebbene la Sentenza del TAR n. 1164/2012  precisa gli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale di illegittimità sulla legge regionale; richiama la Regione ai propri obblighi; chiarisce la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale.
La Questione
La questione  sottoposta al Tribunale Regionale Veneto richiama la controversia insorta tra una società e la Regione Veneto e ricorda la importante e decisiva sentenza della  Corte Costituzionale (25 luglio 2011, n. 244) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale[1] dell’art. 33, comma 2, legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, e l’inammissibilità della questione relativa all’art. 33, comma 3[2].
Le Società ricorrenti presentavano alla Regione domanda di rilascio di un’autorizzazione per la realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti non pericolosi.
L’impianto avrebbe dovuto ricevere rifiuti provenienti da terzi fuori Regione per il 40% della propria capacità ricettiva, mentre la restante parte dei volumi sarebbe stata utilizzata per i rifiuti prodotti da una delle società. Con DGRV la Regione, esprimeva giudizio di compatibilità ambientale favorevole. Veniva altresì accolta la domanda di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
Il punto 7.3 di tale decreto prescriveva un limite al conferimento di rifiuti da terzi del 25% della capacità ricettiva, da intendersi riferito anche ai rifiuti provenienti da fuori Regione, richiamandosi alle disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 33 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3..
In corso di processo la Corte costituzionale dichiarava la illegittimità dell’art. 33 citato e la regione provvedeva in autotutela ad annullare il provvedimento.
Scrive la Corte:  “La disposizione di cui all’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, è stata implicitamente abrogata per incompatibilità con la sopravvenuta norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato[3]…”
“La norma regionale prevede che “in attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi[4] ….i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1, a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”.
L’art. 182, comma 3, lett. b, nel testo originario …dispone che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di “permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”.
L’esistenza di un rapporto di incompatibilità tra tali norme è stata affermata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 10 del 2009, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di un’analoga norma contenuta nell’art. 3, comma 1, della legge regionale 31 ottobre 2009, n. 29, della Regione Puglia.
…Nel senso dell’abrogazione implicita la Corte Costituzionale n. 74 del 3 giugno 2010, aveva affermato al punto 2.1 che “vanno perciò condivisi gli snodi dell’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti a sostegno della tesi della intervenuta abrogazione della norma lesiva di cui all’art. 33, comma 3, esclusivamente nella parte in cui si dispone che lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi extraregionali resta subordinato all’avverarsi della condizione suindicata” e tale ricostruzione è stata indirettamente avallata dalla sentenza della Corte Costituzionale 25 luglio 2011, n. 244, che non l’ha contestata.
3. Scrive la Corte: “La Regione nelle proprie difese si limita a proporre… come unico argomento a sostegno della tesi della non avvenuta abrogazione della norma, la tesi secondo cui il contrasto tra la norma statale e quella regionale comporta la vigenza della norma regionale fino a che non si sia pronunciata la Corte Costituzionale.
L’assunto è privo di fondamento.
AMBIENTE COMPETENZA ESCLUSIVA DELLO STATO
Continua con interesse la sentenza “…Lo Stato nella materia della tutela dell’ambiente ha una competenza legislativa di tipo esclusivo ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), e pertanto la norma regionale antecedente incompatibile deve ritenersi abrogata dalla sopravvenuta norma legislativa statale, come è precisato dall’art. 1, comma 2, ultimo periodo, della legge 5 giugno 2003, n. 131, per il quale “le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia”.
“..Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la Regione, non vi è alcun elemento che possa essere fondatamente posto a sostegno della tesi della perdurante vigenza dell’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, che è incompatibile con la norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (nel testo vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato con il ricorso originario; la medesima disposizione è ora riportata, senza soluzione di continuità, all’art. 182 bis, comma 1, lett. b, inserito dall’articolo 9 del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205) emanata dallo Stato successivamente alla norma regionale, in un settore che rientra tra le materie di sua potestà legislativa esclusiva, quale è quello dei rifiuti, che va ricompreso nell’ambito della materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.”



[1] Con sentenza n. 244/2011 (G.U. 1ª serie speciale n. 32/2011) la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 2, della legge regionale limitatamente alle parole “non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva” per violazione della libertà di iniziativa economica e della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui agli articoli 41 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. La Corte ha dichiarato altresì inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dei commi 2 e 3 del medesimo articolo 33 della legge regionale in riferimento agli articoli 3, 41 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
[2] Art. 33 – Norme particolari per le discariche di rifiuti speciali
1 Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 6, del decreto legislativo n. 22/1997, e successive modifiche ed integrazioni, le nuove discariche per rifiuti speciali, diverse da quelle per rifiuti inerti di seconda categoria tipo A ai sensi della deliberazione Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, possono essere realizzate da:
a) soggetti singoli o associati per lo smaltimento dei rifiuti derivati dalle loro attività di produzione di beni ubicate nel territorio regionale;
b) soggetti titolari di attività di trattamento o recupero di rifiuti, ubicati nel territorio regionale, come individuati negli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/1997, per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle loro attività, ad esclusione di coloro che esercitano soltanto le operazioni di cui ai punti D 15 e R 13 dei citati allegati.
2. Nelle discariche di cui al comma 1 è riservata una quota, non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva, per lo smaltimento di rifiuti speciali conferiti da soggetti diversi da quelli indicati al medesimo comma.
3. In attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi, previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997, i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1, a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento. (31)
[3] (ora è all’art. 182 bis, comma 1, lett. b inserito dall’articolo 9 del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205)
[4] previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997,
adminRifiuti: TAR Veneto 1164/2012
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Trasporto in conto terzi e proprio: La Cassazione chiarisce

Trasporto in conto terzi ed in conto proprio: la Cassazione n. 13725/2012 …chiarisce
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
La sentenza n. 13725 del 31 luglio 2012, della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della legittimità del provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti di un soggetto che, ancorché privo del titolo abilitativo per lo svolgimento di attività di “trasporto per conto proprio”, è tuttavia in possesso del titolo abilitativo per lo svolgimento dell’attività di “trasporto per conto terzi”.
L’impiego privato dei mezzi di trasporto dotati di licenza conto terzi è sempre stata ritenuta vietata dalla legge stante la netta differenza tra trasporto conto terzi e conto proprio.
le sanzioni previste sono pesanti perché la legge 298/1974 prevede anche 4130 euro di multa oltre al fermo del veicolo per tre mesi. Ma solo se il trasporto avviene con un mezzo di peso superiore a 6 tonnellate.
Nel caso esaminato dal collegio un autotrasportatore munito di licenza conto terzi è stato sanzionato e si è rivolto con successo al giudice di pace evidenziando l’illegittimità della multa.
Contro l’annullamento del verbale il ministero dell’interno ha proposto ricorso in cassazione ma senza successo.
A parere del collegio anche se per l’esercizio dell’attività di trasporto merci in conto terzi e conto proprio la legge 6 giugno 1974, n. 298 prevede due provvedimenti abilitativi diversi la sanzione e’ illegittima.
I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno precisato che: “quello relativo al trasporto per conto di terzi ha contenuto più ampio ed è subordinato a condizioni e requisiti più rigorosi. Può quindi essere considerato senz’altro comprensivo anche del trasporto per conto proprio, che rappresenta un minus, sicché risulta ultroneo pretendere che chi ha già ottenuto il titolo “maggiore” si debba munire anche dell’altro, per poter svolgere una attività che l’art. 31 lett. b) della legge citata definisce come «complementare o accessoria nel quadro dell’attività principale”.
In buona sostanza non si può pretendere che un autotrasportatore abilitato al trasporto conto terzi non possa effettuare anche trasporti privati, perlomeno di carattere occasionale.
Studio Legale Ambiente

adminTrasporto in conto terzi e proprio: La Cassazione chiarisce
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Terre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato

Terre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato in gazzetta ufficiale del 21.9.2012 ( in vigore dal 6 ottobre 2012)
DM 10.8.2012 n.161
A cura di avv. Cinzia Silvestri-Studio Legale Ambiente
Dispiace non avere avuto disponibile il testo proprio per il Convegno a Ferrara a Remtech del 19 settembre 2012.
Qualcosa si poteva dire.
Il Regolamento ( Decreto 10.8.2012)dunque produrra’ i dovuti effetti promessi dal legislatore.
Si rimanda alla lettura e con riserva di commento su questo sito e si richiama fin d’ora l’allegato 3 del Regolamento sulla ” normale pratica industriale”
Buona lettura

adminTerre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato
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Convegno Remtech- Ferrara

Si ringrazia per la partecipazione numerosa al Convegno.
A breve su questo sito verra’ pubblicato il materiale relativo agli interventi del convegno.
Potete iscriverVi alle mailing list per ricevere le News..
 inviare proprio nominativo/azienda/societa’ e indirizzo mail al seguente indirizzo mail
studioambiente@silvestricinzia.191.it
Il Convegno si e’ tenuto alle ore 9.30 di Mercoledì 19 settembre 2012 presso la Fiera Remtech a Ferrara sala B.
Clicca per leggere il programma del Convegno.

Convegno tratterà i seguenti temi

” “ Terre e rocce da scavo/materiali da riporto alla luce delle novità legislative” Il punto su tema complesso alla luce della recente normativa –a cura di Studio Legale Ambiente – avv. Cinzia Silvestri

 “ Alcuni casi pratici e problematiche applicative” Un approfondimento anche alla complessa questione del  “riutilizzo in sito “ –  “riutilizzo fuori sito (tutto o in parte)” –  “ riutilizzo fuori sito con deposito in sito o mappale confinante “ – a cura di dott. Francesco Codato

  Il supporto nei SGA e dei certificati per la gestione operativa del Dlgs. n. 231/2001 e Dlgs. n. 121/2011″ a cura di Prof. A. Segale della Università degli Studi di Milano
 
 

adminConvegno Remtech- Ferrara
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Bando Europeo Eco-innovazione/rifiuti

Bando Europeo: Finanziamenti europei per la creazione di reti di fornitori per l’acquisto di soluzioni eco-innovative.
Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente e Dario Giardi
Informiamo che la Commissione Europea ha emanato il Bando ENT/CIP/11/C/N02C00, nell’ambito del Programma di Imprenditorialità e Innovazione (EIP) del CIP (Competitiveness and Innovation Framework Programme).
L’obiettivo del bando è quello di rafforzare la fornitura di eco-innovazione, attraverso la creazione di reti transnazionali di committenti pubblici e privati “green”, per cercare di superare la frammentazione della domanda di soluzioni eco-innovative in Europa e condividere i rischi e i costi aggiuntivi di acquisto e di utilizzo che tali soluzioni comportano.
I compiti principali delle reti saranno:
·         creare gruppi di acquisto dedicati alla fornitura di soluzioni eco-innovative e al processo di approvvigionamento;
·         effettuare, entro il termine del progetto (36 mesi), un acquisto di soluzioni innovative cofinanziato dall’Unione Europea. L’acquisto potrebbe essere eseguito a livello individuale o, meglio, comune tra i membri del gruppo.
Il bando si concentra sui seguenti settori:
·         trasporti
·         trattamento dei reflui
·         riutilizzo e riciclo dei rifiuti

·         componenti chimici
·         prodotti biologici
·         prodotti sanitari
·         componenti ad alta efficienza energetica
I candidati ammessi a presentare proposte sono Enti, Istituzioni e Parti interessate, pubblici o privati, con sede legale in uno Stato membro o in altri Paesi partecipanti al programma EIP del CIP.
I fondi messi a disposizione sono pari a 2 milioni di euro; il numero indicativo di progetti finanziabili è di 2, con un tetto massimo indicativo di 1 milione di euro a progetto (l’ottenimento del finanziamento riguarda il 95% dei costi ammissibili).
Le domande di partecipazione devono essere inderogabilmente presentate entro le ore 17:00 del 20 ottobre 2012.
Per il bando completo e per scaricare i documenti necessari alla partecipazione (in lingua inglese) si rimanda al sito della Commissione Europea: http://ec.europa.eu/environment/funding/gpp_12.htm

adminBando Europeo Eco-innovazione/rifiuti
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Terre e Rocce: Linee Guida Comunitarie

Terreno in situ : Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti –  (punto 2.2 Linee Guida)
 a cura di avvocato Cinzia Silvestri
Approfondimento di questo tema sarà trattato dallo Studio Legale Ambiente con convegno a Ferrara , 19 settembre 2012 ore 9.30/12.30 REMTECH.
Le linee Guida Comunitarie affrontano la complessa materia della esclusione  prevista per i terreni (in situ), suolo contaminato non escavato e gli edifici  ma anche il suolo non contaminato, altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione.
La lettura delle linee Guida sul tema offre spunto per ricordare che l’inciso di cui alla lettera c) ovvero il riferimento al “suolo e altro materiale “ sono stati assimilati anche alla terre e rocce da scavo; mentre l’inciso relativo allo “stato naturale” porta ad escludere le terre e rocce contaminate o comunque terre che hanno subito un processo di alterazione, ccontaminazione,  (si pensi appunto alla escavazione , costruzione ecc..).
Le Linee Guida Comunitarie tentano di chiarire l’annoso problema che lega le terre, al suolo, al sito, al terreno.
L’articolo 2 (1) (b)[1] della direttiva quadro (riprodotta all’art. 185 comma 1 lettera b) Dlgs. 152/2006) esclude l’ applicazione della direttiva :
1)   suolo contaminato non escavato
2)   gli edifici collegati permanentemente al terreno
3)   terreno in situ
‘In situ’ , precisano le linee Guida, significa “non scavato” ovvero nella sua posizione originaria.
L’esclusione si riferisce alla terra, al suolo e agli edifici che sono nella loro posizione originale e non sono disturbati, ad esempio tramite scavo o demolizione.
Un suolo contaminato non costituisce di per se’ rifiuto.
La Commissione Europea cita invero la sentenza  Van de Walle del 7 sttembre 2004 (pur sotto la vigenza della direttiva 75/442) dove la CGUE affronta il caso di terreno accidentalmente contaminato da sversamento occasionale di idrocarburi. Solo gli idrocarburi sono risultati essere qualificati come rifiuti, di conseguenza, è stato consoderato contaminato il suolo e dunque considerati rifiuti.
Ciò ha portato a discussioni su come coordinare la legislazione sui rifiuti con la legislazione di protezione del suolo.
Come deve essere inteso il termine ‘terreno contaminato”? (Linee Guida 2.2)
‘Terreno contaminato’ non è definito nella direttiva quadro o in altri atti giuridici a livello comunitario.
Un criterio minimo da applicare da parte delle autorità competenti per determinare se il suolo è considerato contaminato è la presenza di una delle ‘proprietà di rifiuti che lo rendono pericoloso ‘ come da Allegato III[2] della direttiva quadro.
Inoltre, il termine ‘Contaminato’ può essere chiarito tramite confronto con il suo opposto ovvero il ‘suolo incontaminato’ il termine di cui all’articolo 2 (1) (c), della direttiva quadro.
Dal tenore letterale di tale disposizione suolo incontaminato ‘ è il materiale allo stato naturale .
 



[1] Direttiva 2008/98 : b) terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e
gli edifici collegati permanentemente al terreno;
c) suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale
escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che
il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato
naturale nello stesso sito in cui è stato escavato;
[2] ALLEGATO III – CARATTERISTICHE DI PERICOLO PER I RIFIUTI
H 1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e
agli attriti più del dinitrobenzene.
H 2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano
una forte reazione esotermica.
H 3-A «Facilmente infiammabile……
adminTerre e Rocce: Linee Guida Comunitarie
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Sistri: bisogna pagare il contributo?

Sistri: bisogna pagare il contributo 2012?
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

Sulla Gazzetta Ufficiale del 23 agosto 2012 n. 196 è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 141 del 25 maggio 2012 che ha come oggetto il “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52″.

Il decreto che entrerà in vigore il prossimo 7 settembre, introduce importanti modifiche al DM 52/2011 che ha istituito il sistema di controllo telematico della tracciabilità dei rifiuti – mai partito a regime e sospeso prima dell’estate dallo stesso Ministero attraverso il cd. Decreto Crescita del 22 giugno n. 83.

 Vero è che rimangono di fatto sospese a livello operativo  le novità introdotte….così come rimarrà sospeso l’intero sistema Sistri.
Tali modifiche e integrazioni entrano in vigore a tutti gli effetti solo quando e se  il sistema di tracciabilità verrà  ripristinato.
Per quanto riguarda il contributo annuale per l’iscrizione al sistema telematico, in attesa di conferme ufficiali, si ritiene ( e si auspica) che per il 2012 tale pagamento sia …sospeso. La disposizione introdotta dal Dm n.141/2012 (decreto attuativo) contrasta palesemente, infatti, con quanto disposto dalla norma primaria (gerarchicamente superiore) contenuta nel decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 art. 52, comma 2.

adminSistri: bisogna pagare il contributo?
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Sistri: nuovo Regolamento

Sistri:  Regolamento DM 25 maggio 2012 n. 141
A cura di Studio Legale Ambiente
Il Ministero pubblica in Gazzetta ufficiale ( 23/8/2012) il Regolamento di revisione del Decreto 18.2.2011 n. 52 ( Decreto Sistri) in vigore dal 7 settembre 2012…
Ciò che coglie attenzione immediata e’ la previsione dell’ art. 1 lett. C) che modifica l’ art. 7 comma 3 del Decreto n. 52/2011 precisando che il contributo per l’ anno 2012 e’ dovuto entro il 30/11/2012..
L’ art. 7 risultata così modificato:
Articolo 7
Contributo di iscrizione al Sistri
1. La copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del Sistri, a carico degli operatori iscritti, è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale.
2. Il contributo di cui al comma 1 è versato annualmente da ciascun operatore iscritto per ciascuna attività di gestione dei rifiuti svolta all’interno dell’unità locale. In caso di unità locali per le quali è stato richiesto un dispositivo Usb per ciascuna unità operativa ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), il contributo è versato per ciascun dispositivo Usb richiesto. Gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti versano il contributo per la sola sede legale e per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti. Gli enti e le imprese di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, che raccolgono e trasportano i propri rifiuti versano il contributo relativo alla categoria di produttori di appartenenza e il contributo relativo al numero di veicoli adibiti al trasporto di rifiuti.
3. Il contributo si riferisce all’anno solare di competenza, indipendentemente dal periodo di effettiva fruizione del servizio, e deve essere versato al momento dell’iscrizione. Negli anni successivi il contributo è versato entro il 30 aprile dell’anno al quale i contributi si riferiscono. Per l’anno 2012 il pagamento del contributo deve essere effettuato entro il 30 novembre 2012. Qualora, al momento del pagamento del contributo annuale, sia certo che il numero dei dipendenti occupato si è modificato rispetto all’anno precedente in modo da incidere sull’importo del contributo dovuto, è possibile indicare il numero relativo all’anno in corso, previa dichiarazione al Sistri.
4. L’importo e le modalità di versamento dei contributi sono indicati nell’allegato II. L’ammontare del contributo può essere rideterminato annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
5. Nel caso di versamento da parte degli operatori di somme maggiori rispetto al contributo dovuto, la somma versata in eccesso è conguagliata a valere sui contributi dovuti per gli anni successivi. A tal fine i predetti operatori inoltrano apposita domanda al Sistri accedendo all’area “gestione aziende” disponibile sul portale Sistri in area autenticata, oppure inviando, mediante posta elettronica o via fax, il modello disponibile sul portale informativo Sistri.
6. Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, i contributi sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

adminSistri: nuovo Regolamento
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DL "Crescita" e' Legge 134/2012

Il DL 83/2012 “Crescita” e’ Legge
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
In questo sabato di ferragosto (11/8/2012) il parlamento pubblica in Gazzetta Ufficiale la legge 134/2012 di conversione del DL 83/2012; legge destinata alla ” Crescita del Paese”.
Su questo sito e’ stata offerta breve anticipazione dell’ art. 52 laddove dispone
1) conferma sospensione sistri ( qualche modifica introdotta)
2) il digestato diviene sottoprodotto (novità della L. 134/2012)
3) estensione ai consorzi agrari della nuova disciplina di cui all’ art. 193 commando 9 bis Dlgs. 152/2006.
Le novità sono in realtà molteplici soprattutto in tema di energia.
Con riserva di maggiore commento si rinvia alla lettura del corposo testo …..

adminDL "Crescita" e' Legge 134/2012
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Digestato è sottoprodotto

Digestato è sottoprodotto
a cura di Studio Legale Ambiente
La legge di conversione (L. 134/2012) del DL 83/2012 è ricca di sorprese.
L’art. 52 del DL 83/2012 contiene novità in tema di digestato (fertilizzante) ritenuto, per esplcita  indicazione normativa, sottoprodotto “ai sensi dell’art. 184 bis Dlgs. 152/2006.”
Già non si comprende se il digestato sia considerato sottoprodotto laddove comunque esistano le condizioni di cui all’art. 184 bis (come dovrebbe essere); oppure il digestato sia considerato sottoprodotto …. dal legislatore (e ciò potrebbe comportare qualche problema di compatibilità con la legislazione comunitaria e non solo).
L’esclusione del digestato dalla normativa rifiuti viene inserita in testo legislativo “satellite”.
In attesa della pubblicazione del provvedimento legislativo si riporta la disposizione contenuta nell’art. 52 che farà parlare di se’…..

«2-bis. Ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, e` considerato sottoprodotto il digestato ottenuto in impianti
aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata
anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento
o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o
delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agro-industria,
conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini
agronomici.
Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, sono definite le caratteristiche e le modalita` di impiego
del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all’efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonche` le modalita` di
classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura.
adminDigestato è sottoprodotto
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Trasporto rifiuti e Consorzi Agrari

Consorzi Agrari e trasporto rifiuti
modifiche all’art. 193 comma 9 bis Dlgs. 152/2006 – Art. 52 DL 83/2012 come riformato con Legge 134/2012
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
L’art. 28 della L. 35/2012 (vigente dal 7.4.2012) di conversione del D.L. 5/2012 (vigente al 10.2.2012)  modificava l’articolo 193 del  D.Lgs. 152/06 inserendo il comma 9 bis e modificava l’art. 183 lett. bb).
 Il DL 83/2012 all’art. 52 si era limitato a statuire sul problema Sistri imponendo la sospensione del sistema.
Il sede di conversione del DL 83/2012 il legislatore (Parlamento) ha ritenuto di aggiungere all’art. 52 alcuni commi che vanno a modificare, ad esempio, l’art. 193 comma 9 bis e art. 183 lett. bb).
L’intervento del legislatore estende anche ai CONSORZI AGRARI (e non solo alle cooperative agricole) il beneficio del comma 9 bis art. 193 Dlgs. 152/2006 ovvero di non considerare trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile  dai  propri  fondi  al  sito  che  sia  nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola ivi compresi i
consorzi agrari di cui e’  socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.».
La prima parte dell’art. 193 comma 9 bis non è interessata dalla modifica.
Il Legislatore si concentra sulla movimentazione dei rifiuti e precisa che “non si tratta di trasporto” ai sensi della normativa dei rifiuti.
AZIENDA AGRICOLA
Esclude l’applicazione degli adempimenti relativi al trasporto in presenza di presupposti, quali:
1) “La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti  alla medesima  azienda  agricola”: il Governo sottolinea la unicità del gestore; il trasporto avviene tra  fondi che appartengono alla medesima azienda. Il termine “appartenenza” non è giuridico e si presta a varia interpretazione.  Vero è che il Governo subito di seguito si esprime precisando la “disponibilità giuridica”.
2) “ancorche’  effettuati  percorrendo   la pubblica via”: i fondi possono non essere contigui e necessitare, per il raggiungimento, di percorrere, ad esempio, la pubblica via;
3) “Non e’  considerata  trasporto  ai  fini  del  presente decreto”: viene esclusa dunque la normativa e gli adempimenti relativi al trasporto della parte IV del decreto; e ciò previa verifica o meglio “ qualora risulti comprovato”:
a)  “da elementi oggettivi  ed  univoci” : il riferimento apre le porte alla discrezionalità.
b)  “finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo” : il deposito temporaneo ha subito modifica proprio con il DL 5/2012 al successivo comma 2 dell’art. 28 in favore delle imprese agricole (si rimanda alla pubblicazione in questo sito). Il deposito temporaneo dunque si estende a fattispecie prima non comprese sia sotto il profilo del “luogo” sia con riferimento ai “soggetti”. Il deposito temporaneo (art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 come riformato dall’art. 28 L. 35/2012) costituisce perno della intera disciplina. Il viaggio non è considerato trasporto solo e se finalizzato a raggiungere luogo per deposito temporaneo.
c)  e la distanza fra  i  fondi non sia superiore a dieci chilometri: curiosa la precisazione e sfugge il criterio che ha prodotto tale affermazione.
CONSORZIO AGRARIO/COOPERATIVA AGRICOLA
ART. 183 lett. bb) e ART. 193 comma 9bis Dlgs. 152/2006
L’inciso finale dell’art. 193 comma 9bis deve essere letto in combinato disposto con le modifiche dell’art. 183 com. 1 lett. bb) (cfr. art. 28 L. 35/2012).
La modifica considera l’imprenditore agricolo socio di cooperativa agricola che
1)    deposita (temporaneo) presso il sito che è nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia) ; non necessariamene dunque il luogo di produzione.
2)    trasporta presso il sito nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia) o del CONSORZIO AGRARIO (socio)
Si nota che il Governo apre il secondo capoverso dell’art. 28 L. 35/2012 dedicato alla cooperativa agricola e al consorzio agrario con l’inciso ”Non  e’  altresi’  considerata  trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata  dall’imprenditore agricolo …”.
Quasi a precisare ipotesi diversa da quella precedente e tale da poter escludere in questo caso che, ad esempio, i fondi debbano avere una vicinanza inferiore ai … 10 chilometri (?).
Sembra invero una fattispecie diversa da quella relativa alla azienda agricola.
Si nota, altresì, anche l’inciso relativo alla “disponibilità giuridica” che evoca la esistenza di un titolo (contratto, proprietà, affitto ecc…)
Di seguito le modifiche apportate dalla L. 35/2012 art. 28 e dalla Legge di conversione del DL 83/2012 art. 52 in attesa di pubblicazione

Deposito temporaneo
Art. 183 co. 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006
L. 35/2012 (DL 5/2012) art. 28
Come riformato(DL83/2012 in attesa di pubblicazione)
Trasporto rifiuti
Art. 193 co. 9bis  Dlgs. 152/2006
L. 35/2012 (DL 5/2012) art. 28
Come riformato (DL 83 in attesa di pubblicazione)
bb)  “deposito  temporaneo”:  il   raggruppamento   dei   rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui  gli  stessi  sono prodotti o,
 
 
 
 
per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo  2135 del codice civile,  presso  il  sito  che  sia  nella  disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola ivi compresi i consorzi agrari di cui gli stessi  sono  soci, alle seguenti condizioni: “….”
9-bis.  La  movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla  medesima  azienda  agricola, ancorche’ effettuati percorrendo la pubblica via, non e’  considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato  da elementi oggettivi ed  univoci  che  sia  finalizzata  unicamente  al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei  rifiuti  in  deposito temporaneo e la distanza fra  i  fondi  non  sia  superiore  a  dieci chilometri.
Non e’ altresi’ considerata trasporto  la  movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile  dai  propri  fondi  al  sito  che  sia  nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola ivi compresi i consorzi agrari di cui e’  socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.».

 
 
 
 
 
 

adminTrasporto rifiuti e Consorzi Agrari
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Sottoprodotto: certezza dell'utilizzo

Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti
Sottoprodotto: quando vi è certezza di utilizzo? (punto 1.2.3 Linee Guida)
 a cura di avvocato Cinzia Silvestri
La Commissione Europea – Direzione generale Ambiente – ha pubblicato le Linee Guida per la lettura della Direttiva Rifiuti 2008/98 (vedi su questo sito – anche su barra archivio)
La Commissione Europea ha cercato di semplificare i concetti .
Il requisito della certezza dell’utilizzo (condizione necessaria per poter considerare sottoprodotto il residuo) non è di facile individuazione.
In questa breve disamina si considerano solo le indicazioni Comunitarie, tenendo presente che tali concetti sono trasposti nel diritto italiano, purtroppo, non con altrettanta semplicità.
Precisa la Commissione che l’ulteriore utilizzo non deve essere una possibilità ma una certezza; deve essere garantito che il materiale verrà utilizzato.
Ad esempio, un materiale depositato per un tempo indefinito non offre elementi di certezza del requisito (cfr. sentenza CJEU Palin Granit); l’utilizzo del residuo per soddisfare esigenze di operatori economici diversi da quello che lo ha prodotto offre, invece, elementi sufficienti di certezza.
La Commissione richiama alcune sentenze decisive per la definizione di sottoprodotto e offre alla lettura alcuni casi che possono fornire “certezza “ all’utilizzo:
a)    esistenza di contratti tra il produttore di materiali e l’utente successivo
b)    un guadagno economico per il produttore del residuo
c)     un mercato economico per il residuo
La Commissione subito di affretta a precisare che tali casi non costituiscono dei criteri ulteriori; per valutare la natura di sottoprodotto di un residuo e dunque la certezza dell’utilizzo non esistono criteri univoci e certi; ogni residuo dovrà essere valutato nel suo complesso considerando la presenza di alcuni indicatori (utilizzo economico, contratti ecc…) .
Ne discende che la presenza, ad esempio, di contrattualistica tra le parti non è elemento che di per se’ determina la certezza dell’utilizzo ma è certamente elemento utile e indiziario dell’utilizzo del residuo; elemento che dovrà peraltro  coordinarsi con le altre condizioni descritte all’art. 5 Direttiva 2008/98, ovvero
1)   utilizzo diretto senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale protica industriale
2)   la sostanza è prodotta come parte integrante della produzione
3)   impatto negativo sull’ambiente e sulla salute umana.
Si veda anche articolo sul sottoprodotto/Linee Guida Direttiva 2008/98 pubblicato su questo sito.

adminSottoprodotto: certezza dell'utilizzo
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Sottoprodotto/Linee Guida Direttiva 2008/98

Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti/ Sottoprodotto (punto 1.2 Linee Guida)
a cura di avvocato Cinzia Silvestri
La Commissione Europea – Direzione generale Ambiente – ha pubblicato le Linee Guida per la lettura della Direttiva Rifiuti 2008/98 (vedi su questo sito – anche su barra archivio)
Linee Guida non vincolanti, lo sottolinea la Commissione, ma certo utili a chiarire la interpretazione di concetti complessi e non ben recepiti.
La “Guida” si apre con la precisazione del concetto di rifiuto, di sottoprodotto e di “End of waste” (fine rifiuto).
Chiarisce la Commissione il concetto di sottoprodotto come “qualcosa che si vuole sfruttare”.
Ciò che consola è che la Commissione conferma la necessità che la natura di sottoprodotto deve essere valutata alla luce di tutte le circostanze e tenendo conto dello scopo della direttiva quadro.
La commissione ribadisce che il sottoprodotto è ciò che residua dal processo di produzione e che, aggiunge, soddisfa le condizioni di cui all’art. 5 della direttiva quadro (2008).
Al fine di cogliere il concetto distingue tra :
1)    Prodotto: costituisce lo scopo della produzione (bottiglia di vetro);
2)    Residuo (di produzione): ciò che residua dalla produzione ma “può essere o meno un rifiuto”.
Il residuo di produzione laddove non sia oggetto di scarto è un sottoprodotto e dunque NON RIFIUTO.
La Commissione prosegue con una importante precisazione: la decisione sulla opportunità o meno che una particolare sostanza o oggetto sia considerata sottoprodotto è decisa in prima istanza proprio dal produttore della sostanza insieme con le autorità competenti e sulla base della normativa vigente.
La Commissione sembra comprendere la difficoltà di precisare se una sostanza od oggetto sia sottoprodotto ( e dunque non rifiuto) e lascia la opportunitta allo stesso produttore di descriverne il ciclo e di considerarlo dunque NON Rifiuto.
Dunque solo il residuo di produzione può essere considerato sottoprodotto e in presenza di certe condizioni che la direttiva quadro ha elencato all’art. 5[1]
1)   certezza dell’ulteriore utilizzo
2)   utilizzo diretto senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale protica industriale
3)   la sostanza è prodotta come parte integrante della produzione
4)   impatto negativo sull’ambiente e sulla salute umana.
Condizioni che devono essere tutte soddisfatte
La Commissione continua la disamina dei casi che Studio Legale Ambiente approfondirà con separate news.
Si rimanda per il momento ad articolo pubblicato su questo sito relativo a presentazione a Ecomondo 2008 ; e ciò per una disamina del mutato contesto normativo relativo al sottoprodotto.
 
 



[1] Sottoprodotti
1. Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell’articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/ o;
b) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
c) la sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
2. Sulla base delle condizioni previste al paragrafo 1, possono essere adottate misure per stabilire i criteri da soddisfare affinché sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti e non rifiuti ai sensi dell’articolo 3, punto 1. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 39, paragrafo 2.
 
adminSottoprodotto/Linee Guida Direttiva 2008/98
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RAEE: Direttiva 2012/19/UE

RAEE: Nuova direttiva pubblicata 24.7.2012
Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) 
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Il 24 luglio 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, L 197, la nuova Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) che abroga la precedente Direttiva 2002/96/CE.
AMBITO DI APPLICAZIONE
I PRODOTTI
La direttiva entrerà in vigore il 13 agosto p.v (20 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale europea) come precisato all’art. 26. Da quella data sono previste, due fasi di attuazione: un periodo transitorio e un periodo a regime.
Periodo transitorio: per i primi 6 anni dall’entrata in vigore della direttiva (si sottolinea come il termine iniziale coincida con l’entrata in vigore della Direttiva e non con quello di attuazione della stessa con normativa nazionale da parte dei singoli Stati Membri ai quali, sono dati 18 mesi di tempo per legiferare – 14 febbraio 2014 termine recepimento) non è previsto alcun cambiamento all’ambito delle 10 classi di prodotti coperti (allegato I e II) salvo alcune modifiche e integrazioni come l’aggiunta da subito dei pannelli fotovoltaici, che vengono abbinati al gruppo degli apparecchi di consumo, delle apparecchiature facenti parti di impianti fissi di grandi dimensione che svolgono la loro funzione anche ove non siano elementi degli stessi, non essendo state progettate e installate precisamente in quanto elemento di detti impianti (come ad esempio, oltre ai predetti moduli fotovoltaici, le attrezzature di illuminazione), dei veicoli elettrici a due ruote non omologati (es. bici elettriche a pedalata assistita).
1. Grandi elettrodomestici
2. Piccoli elettrodomestici
3. Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni
4. Apparecchiature di consumo e pannelli fotovoltaici
5. Apparecchiature di illuminazione
6. Strumenti elettrici ed elettronici (ad eccezione degli utensili industriali fissi di grandi dimensioni)
7. Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport
8. Dispositivi medici (ad eccezione di tutti i prodotti impiantati ed infettati)
9. Strumenti di monitoraggio e di controllo
10. Distributori automatici
Ripresentate anche le esclusioni già esistenti con l’aggiunta di alcune ulteriori esclusioni tra cui

  • apparecchiature necessarie per la tutela degli interessi essenziali della sicurezza degli Stati membri, compresi le armi, le munizioni e il materiale bellico, destinate a fini specificamente militari;

apparecchiature progettate e installate specificamente come parti di un’altra apparecchiatura, che è esclusa o non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva, che possono svolgere la propria funzione solo in quanto parti di tale apparecchiatura;
lampade a incandescenza.
Periodo a regime: dopo 6 anni, ferme comunque le predette esclusioni, il campo di applicazione della normativa RAEE si estenderà a tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) secondo il concetto di “campo di applicazione aperto“. Gli apparecchi così risultanti saranno raggruppati in 6 classi indicate dall’allegato III:
1. Apparecchiature per lo scambio di temperatura
2. Schermi monitor ed apparecchiature dotate di schermi di superficie superiore a 100 cm
3. Lampade
4. Apparecchiature di grandi dimensioni (con almeno una dimensione esterna superiore a 50 cm), compresi ma non solo: elettrodomestici; apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni; apparecchiature di consumo; lampadari; apparecchiature per riprodurre suoni o immagini, apparecchiature musicali; strumenti elettrici ed elettronici; giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport; dispositivi medici; strumenti di monitoraggio e di controllo; distributoriautomatici; apparecchiature per la generazione di corrente elettrica.
5. Apparecchiature di piccole dimensioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm), compresi ma non solo: elettrodomestici; apparecchiature di consumo; lampadari; apparecchiature per riprodurre suoni o immagini, apparecchiature musicali; strumenti elettrici ed elettronici; giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport; dispositivi medici; strumenti di monitoraggio e di controllo; distributori automatici; apparecchiature per la generazione di corrente elettrica.
6. Piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm.
 
Dopo 3 anni dalla data di entrata in vigore della direttiva la Commissione è incaricata di riesaminare l’ ambito di applicazione.
 
AMBITO DI APPLICAZIONE 
I PRODUTTORI
I soggetti che rientrano nella definizione di “Produttore” sono tre:
1 chi produce e immette sul mercato di uno Stato membro AEE recanti il suo marchio;
2 chi immette nel mercato di uno Stato membro col suo marchio (e solo col suo marchio) apparecchiature prodotte da altri;
3 chi importa (ed eventualmente esporta) immettendo nel mercato di uno stato membro AEE che riportano il marchio originale del produttore che gli ha fornito i prodotti.
 
In tutti e tre i casi, è indifferente che la vendita avvenga a distanza o meno. La nuova direttiva fa maggiore chiarezza in proposito, precisando che il “Produttore” dovrà essere “stabilito in uno Stato membro” oppure, se vende gli AEE mediante tecniche di comunicazione a distanza, potrà essere stabilito nello stesso Stato membro in cui vende gli AEE oppure in un altro Stato membro oppure in un Paese terzo.
 
IDENTIFICAZIONE DEI RAEE PROFESSIONALI
Come nella precedente direttiva, i RAEE professionali seguono un regime finanziario e di raccolta diverso da quello per i domestici. Infatti, mentre nel caso dei RAEE domestici la raccolta primaria dei rifiuti non è a carico del Produttore, nel caso dei RAEE professionali il singolo Produttore è tenuto a farsi carico di ritirare i RAEE presso l’acquirente finale di un suo prodotto (AEE), oltre che naturalmente curare a sue spese il trattamento di tali rifiuti.
È pertanto importante distinguere i RAEE domestici da quelli professionali e viceversa. Il che, come noto, non è sempre agevole, anzi.
A tal proposito la nuova Direttiva stabilisce che gli apparecchi “Dual Use”, ossia quegli apparecchi (un personal computer, un Pc / telefono palmare, certi tipi di stampanti multifunzionali) che si prestano per qualità, prezzo, canale di vendita a uso sia domestico sia professionale, sono trattati, quando diventano rifiuti, come RAEE domestici e non professionali.
La nuova direttiva non fornisce tuttavia alcuna indicazione sui criteri da utilizzare per identificare gli apparecchi “Dual Use” (ad esempio: quando una stampante è effettivamente un apparecchio sia domestico sia professionale? Sulla base del prezzo? Sulla base del canale di vendita? Per requisiti tecnici interni? Se sì quali? ecc. ecc.).
RACCOLTA E FINANZIAMENTO
Raccolta: al contrario di quanto ipotizzato nei vari testi considerati durante l’iter di elaborazione della direttiva, non vengono posti in capo ai Produttori nuovi oneri di raccolta a domicilio: i Produttori, infatti, sono tenuti, come ora, a finanziare la gestione dei rifiuti solo (almeno) dai centri di raccolta in poi; è però innovativamente previsto il dovere per gli Stati Membri di consentire “ai detentori finali e ai distributori di rendere almeno gratuitamente tali rifiuti” e la loro facoltà di “incoraggiare i produttori a finanziare anche i costi legati alla raccolta dei RAEE dai nuclei domestici”.
RAEE Storici: viene ribadito che la gestione dei RAEE “storici”, ovvero dei rifiuti generati da AEE immesse nel mercato prima del 13.08.2005 – data che per l’Italia, a seguito di emendamenti legislativi nazionali, corrisponde al 31.12.2010 – i Produttori sono tenuti ad aderire a un sistema collettivo, essendo solidamente responsabili.
RAEE “Nuovi”: quanto ai RAEE generati da AEE immesse nel mercato dopo il 13.08.2005 (ossia, quanto all’Italia, dopo il 31.12.2010) viene ribadito che i Produttori sono responsabili individualmente del finanziamento della gestione di tali rifiuti. È opportuno ricordare che nel caso dell’Italia, a seguito di un emendamento contenuto nella legge Comunitaria 2009, quanto ai RAEE nuovi i Produttori possono attualmente scegliere tra un regime collettivo e uno individuale: si deve ritenere e auspicare che il diritto a tale scelta sia mantenuto anche a seguito dell’attuazione della nuova direttiva.
RAEE “Nuovi” e “Visibile fee”: la “Visible Fee”, detta in Italia E.C.R. (Eco Contributo RAEE) é attualmente prevista per alcuni RAEE “Storici”(condizionatori ed elettrodomestici “bianchi”), fino al 13.02.2013; essa permette ai Produttori di indicare separatamente in fattura, rispetto al prezzo di vendita, i costi di raccolta e trattamento a loro carico. Orbene, stando alla nuova Direttiva, questo sistema di finanziamento non muore definitivamente ma agli Stati Membri è lasciata la facoltà di stabilire o mantenere l’ECR (per tutti o alcuni AEE) a livello nazionale purché i costi così indicati “non superino la migliore stima delle spese effettivamente sostenute”.
Distributori: oltre al ritiro “1 contro 1” previsto dalla normativa corrente a fronte di AEE nuove vendute, i Distributori sono tenuti anche alla raccolta “1 contro 0” ossia alla raccolta indipendentemente dalla vendita o meno di un prodotto nuovo, seppure in tal caso limitatamente agli esercizi di almeno 400 mq circa dedicati alla vendita di AEE e con riferimento ai soli RAEE di piccolissime dimensioni (dimensioni esterne inferiori a 25 cm) “salvo ove una valutazione dimostri che regimi di raccolta alternativa esistenti non siano almeno altrettanto efficaci”.
RAEE “Professionali”: attualmente gli oneri finanziari della gestione dei RAEE professionali (inclusa la raccolta primaria) sono totalmente a carico dei Produttori. La nuova direttiva prevede innovativamente che “gli Stati Membri possono in alternativa, disporre che gli utenti […] professionali […] siano anch’essi totalmente o parzialmente responsabili di tale finanziamento”.
OBIETTIVI DI RACCOLTA
Gli obiettivi di raccolta sono stabiliti con il seguente criterio di gradualità (sono fatti salvi obiettivi più “ambiziosi” da parte dei singoli Stati):
–      in via intermedia, continua ad applicarsi, per i primi tre anni dalla data di entrata in vigore della direttiva, l’obiettivo minimo attuale di 4Kg l’anno per abitante “oppure lo stesso volume di peso medio di RAEE raccolto nello Stato membro in questione nei tre anni precedenti considerando il valore più alto”.
–      il primo obiettivo (minimo) è del 45% del peso medio annuale delle AEE immesse nel mercato nella media i tre anni precedenti e decorre solo dopo i primi 4 anni dall’entrata in vigore della nuova direttiva RAEE.
–      il secondo obiettivo è da raggiungere con gradualità, con un’evoluzione continua che porti ad almeno il 65% del peso medio annuale delle AEE immesse nel mercato nei tre anni precedenti o, alternativamente, all’85% dei RAEE prodotti nel territorio; esso decorre dopo 7 anni dall’entrata in vigore della nuova direttiva.
La Commissione dovrà sviluppare una metodologia di calcolo ai fini del monitoraggio degli obiettivi e, entro 3 anni dall’entrata in vigore della nuova direttiva, proporre eventuali emendamenti rispetto agli obiettivi di massima sopra indicati (con particolare riguardo ai pannelli fotovoltaici, alle apparecchiature di piccole dimensioni e alle lampade contenenti mercurio).
OBIETTIVI DI RECUPERO, RICICLAGGIO E RIUTILIZZO
Può esser utile ricordare anzitutto che per “Recupero” si intende genericamente la conversione dei rifiuti in materia o in energia al fine di fare svolgere ai medesimi un qualche ruolo utile. Per “Riciclaggio” si intende un’attività specifica del recupero, ossia il nuovo uso di materiali o sostanze provenienti dai rifiuti (es. riciclo del rame contenuto del motore di una lavastoviglie).
Per riutilizzo o, meglio, “Preparazione al riutilizzo” si intende infine un’attività anch’essa rientrante nel recupero, ossia il reimpiego di un rifiuto o di parti del medesimo per lo stesso scopo originario (ad esempio, lo smontaggio per il riutilizzo delle serpentine esterne per la dissipazione del calore del retro dei frigoriferi).
Ciò premesso, la nuova direttiva – dopo avere indicato nelle premesse alcuni obiettivi prioritari tra cui, oltre a quelli tradizionali della tutela della salute e dell’ambiente, anche quello della preservazione delle materie prime intese come risorsa essenziale per lo sviluppo europeo – stabilisce all’allegato V nuovi obiettivi di recupero, riciclaggio e preparazione al riutilizzo che variano per categoria di prodotto e per periodo di tempo (ad esempio, nel caso delle apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni, delle apparecchiature di consumo e dei pannelli fotovoltaici, sono previsti per i primi tre anni obiettivi di recupero del 75% e di riciclaggio del 65 %). Inoltre, gli Stati membri sono tenuti ad attuare la registrazione dei materiali in uscita dagli impianti di trattamento onde fornire questi dati alla Commissione che li utilizzerà per una possibile ridefinizione degli obiettivi.
PROGETTAZIONE, RIUTILIZZO E RICICLABILITÀ
La direttiva stabilisce che gli Stati Membri devono favorire:
–      la collaborazione tra riciclatori e produttori nello stadio preliminare all’immissione in commercio degli AEE (ossia: progettazione degli AEE secondo i criteri della Direttiva c.d.”ecodesign” 2009/125/CE sui prodotti correlati all’uso di energia);
–      la collaborazione tra riciclatori e riutilizzatori quando gli AEE, divenuti RAEE, giacciono presso i centri di trattamento; in tal caso, infatti, i riciclatori dovranno effettuare la separazione dei RAEE da preparare per il riutilizzo dagli altri RAEE raccolti separatamente e quindi assicurare l’accesso ai centri di trattamento ai riutilizzatori affinché questi ultimi siano in grado di identificare e ritirare i RAEE suscettibili di ridiventare AEE, ossia di essere ulteriormente utilizzati, previe se del caso operazioni di ripristino.
 
La direttiva conferma altresì l’obbligo già attualmente previsto in capo ai Produttori di fornire agli operatori del riutilizzo, ai trattatori e ai riciclatori le informazioni utili e necessarie ai fini di
tali attività per ogni nuovo modello di AEE immesso in commercio.
 
REGISTRO NAZIONALE
Non viene istituito alcun registro AEE europeo (in altri termini la registrazione rimane nazionale) ma viene riconosciuta ai Produttori residenti in altro Stato membro la possibilità di iscriversi al registro tramite un rappresentante autorizzato.
Vale la pena di ricordare che questa è già la disciplina in vigore in Italia (peraltro non solo per i RAEE ma anche per i rifiuti di pile e accumulatori) in virtù della normativa nazionale di attuazione qui vigente: infatti, il Produttore che introduce AEE nel nostro Paese e ha sede in un altro Stato membro o in Paesi terzi, si iscrive al registro AEE (e, come si é detto, se del caso, anche a quello relativo ai rifiuti di pile e accumulatori) tramite un rappresentante in Italia, incaricato dei correlativi adempimenti.
 
VENDITE A DISTANZA DI AEE DOMESTICI DA STATO MEMBRO A STATO MEMBRO
I venditori a distanza di AEE destinate a nuclei domestici devono registrarsi nello Stato membro in cui effettuano la vendita, se del caso tramite il rappresentante autorizzato e farsi carico di tutti gli oneri anche finanziari previsti in capo ai Produttori dalla normativa RAEE. La nuova direttiva prevede alcune misure di coordinamento, informazione e collaborazione tra i vari registri nazionali.
ELABORAZIONE DI NORME ARMONIZZATE SUL TRATTAMENTO DEI RAEE
È prevista l’elaborazione di standard armonizzati a livello europeo nel trattamento dei RAEE sì da rispecchiare “il più recente livello tecnico”, da svilupparsi dalle organizzazioni di armonizzazione normativa europee e da adottarsi a seguito del vaglio del comitato tecnico di armonizzazione. Gli Stati membri potranno a loro volta elaborare standard nazionali aggiuntivi, di cui dovranno informare la Commissione. L’allegato VII disciplina i trattamenti selettivi dei RAEE: tale disciplina potrà essere emendata solo dalla Commissione, la quale valuterà a tal fine la possibilità di estenderla anche ai nanomateriali.
 

adminRAEE: Direttiva 2012/19/UE
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