AIA e sanzioni: art. 29 quattuordecies e art. 256 Dlgs. 152/2006
Cassazione penale n. 16756/2013
a cura di Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri
La sentenza offre utile riflessione sul rapporto esistente tra vari illeciti ovvero il rapporto tra il reato di cui all’art. 256 Dlgs. 152/2006 e le sanzioni previste dall’art. 29 quattordecies del Dlgs. 15272006 in materia si AIA.
E ciò anche alla luce delle modifiche intervenute agli artt. 29bis ss. ex Dlgs. 46/2014
Il Tribunale Teramo condannava il Responsabile tecnico di un Consorzio ed il Presidente del Consiglio di amministrazione per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 perchè non osservava le prescrizioni tecniche contenute nel provvedimento di autorizzazione all’esercizio della discarica Consortile , al fine di evitare rischi di inquinamento, in particolare, le acque superficiali nell’area di discarica non erano state contenute, il percolato non veniva adeguatamente captato e smaltito, con conseguente sversamento dello stesso nel terreno adiacente e sul Fosso .
L’impitato tra le varie contestazioni adduceva l’ “…erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 in quanto il reato contestato doveva essere quello di cui al D.Lgs. n. 59 del 2005, art. 16 ratione temporis, che punisce l’inosservanza delle prescrizioni dell’AIA (Autorizzazione integrata ambientale), con la pena dell’ammenda da 5.000 a 26.000, in quanto la discarica in oggetto rientra nella disciplina del D.Lgs. n. 152, art. 208 in quanto riceve più di 10 tonnellate al giorno;
La Cassazione risponde alla eccezione e con riferimento ancora al Dlgs. 59/2005 art. 16 comma 2 e precisa, rigettando l’eccezione che: “… risulta non fondato, atteso che la fattispecie indicata dal ricorrente, vigente ratione temporis, risulta residuale rispetto all’applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 in virtù dell’apposizione della clausola di riserva (del D.Lgs n. 59 del 2005, art. 16, comma 2 oggi abrogato, recita ® Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 Euro a 26.000 Euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente).
la cassazione evidenzia anche che l’applicazione della ammenda ai sensi dell’art. 16 citato non ha in concreto effetti favorevoli per l’imputato:”… infatti, a fronte della fattispecie incriminatrice richiesta in applicazione dal ricorrente, la quale prevede una pena dell’ammenda da 5.000 a 26.000 Euro, la disposizione applicata in concreto dal giudice di merito, in relazione alla riconosciuta attenuante della lieve entità del fatto, disciplinata al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 (che consente una riduzione alla metà rispetto alla fattispecie), ha permesso al giudice di determinare la pena base in 3.000 Euro di ammenda, ridotte per effetto della diminuente a 1.500 e poi ulteriormente ridotta alla pena finale come comminata, per effetto delle circostanze attenuanti generiche.