Fanghi: quando sono rifiuti?

QUANDO I FANGHI DA DEPURAZIONE DIVENGONO RIFIUTI?
NOTE A CASS. PEN. N. 36096 DEL 5.1.2011.
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Il legale rappresentante di una società cui era affidata la gestione dell’impianto di depurazione delle acque reflue urbane era accusato di aver effettuato il deposito incontrollato dei rifiuti costituiti dai fanghi di depurazione del predetto impianto avendone omesso lo smaltimento.
La sentenza affronta il momento di passaggio dei “fanghi” alla disciplina sui “rifiuti”.
Utile la cronologia delle modifiche all’art. 127 :
1) L’art. 48 dell’ormai abrogato Dlgs 152/99 stabiliva: “ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 e successive modifiche, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta ciò risulti appropriato“.
2) L’art. 127 del Dlgs 152/2006, nell’originaria formulazione, specificava: “ferma restando la disciplina di cui al Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato”.
3) L’articolo 127, comma primo Dlgs 152/2006, nell’attuale formulazione dopo le modifiche apportate dal Dlgs 4/2008, così recita: “ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato”.
Le modifiche apportate all’articolo 127, recita la sentenza, spostano dunque il momento in cui la disciplina dei rifiuti deve applicarsi ai fanghi al termine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione, ragion per cui è essenziale individuare il momento finale di tale trattamento.
La sentenza approfondisce concludendo che se manca il trattamento finalizzato allo smaltimento e/o riutilizzo, ovvero quando tale procedura sia svolta in luogo diverso dall’impianto di depurazione o in modo incompleto, inappropriato o fittizio, i fanghi derivanti dalla depurazione di acque reflue devono considerarsi RIFIUTI.
Questo è il principio di diritto sancito dalla Cassazione Penale con sentenza n. 36096 del 5.10.2011, che ha rigettato il ricorso di un gestore di un impianto di depurazione di acque reflue urbane condannato per aver effettuato un deposito incontrollato di rifiuti costituiti da fanghi di depurazione non smaltiti.
Sul punto però il legislatore nulla ha statuito, anche perché, come riconosciuto dalla stessa Cassazione, la procedura di trattamento dei fanghi dipende da molti fattori (attrezzature impiegate, luogo in cui avviene l’essiccamento, agenti atmosferici, natura dei fanghi, destinazione dei letti di essiccamento) e sarebbe dunque impossibile determinare un momento finale adeguato e certo.
La Cassazione richiede pertanto un accertamento concreto della natura dei fanghi e delle modalità di trattamento degli stessi.
Nella fattispecie oggetto della sentenza, la mancanza di operazioni di scarico dei rifiuti nell’apposito registro e la presenza di vegetazione sui fanghi costituivano elementi fattuali che a parere della Cassazione dimostravano al di là di ogni ragionevole dubbio l’omesso trattamento dei fanghi ed il prolungato tempo di permanenza degli stessi nelle vasche di essicazione.
I fanghi dunque non erano destinati né allo smaltimento, né al loro recupero, ma costituivano rifiuti.
Il gestore non aveva peraltro provato l’avvio del trattamento, né aveva motivato il ritardo e questo costituiva ulteriore riprova dell’omesso trattamento.
La sentenza 36096/2011 è anche occasione per la Cassazione di ribadire che l’onere della prova incombe proprio sul produttore dei rifiuti, “in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria”.
 
 

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