Normale Pratica Industriale: terre e rocce – Riflessione sul DM 161/2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il DM 161/2012 diventa punto di riferimento per le modalità di gestione delle terre e rocce da scavo (e non solo).
L’art. 186 è abrogato; la normativa a cui fare riferimento è l’art. 184 bis (sottoprodotto) ed il DM 161/2012 dovrebbe fungere da norma tecnica attuativa.
Non si può prescindere dunque dalla lettura dell’art. 184bis comma 1 che alla lettera c) precisa uno dei requisiti che definiscono “sottoprodotto” un residuo (ovvero non rifiuto) ovvero la “normale pratica industriale”.
Difficile concetto da definire e causa di contenzioso anche recente.
Ebbene l’allegato 3 del DM 161/2012 non solo definisce ma descrive i contenuti e le ipotesi per le quali si può ritenere esistente la normale pratica industriale; descrive le ipotesi “comunemente effettuate” che soddisfano uno dei requisiti richiesti per considerare il residuo sottoprodotto.
La lettura del “decalogo” prescinde dalle argomentazioni giuridiche (dotte) finora riscontrate nelle recenti sentenze e che cercavano di risolvere il dilemma di cosa dovesse intendersi per “normale pratica industriale”.
Il decalogo dell’ allegato 3 è tecnico, nasce dalla esperienza, dalla consuetudine quasi di “cantiere” ed è riferita s’intende alle terre e rocce da scavo.
Non si dimentichi invero che il concetto di normale pratica industriale (art. 184bis) non riguarda solo le terre e rocce ma ogni residuo che debba essere valutato come sottoprodotto (fanghi ad esempio).
Il DM elenca, con semplicità[1], le operazioni che rientrano “comunemente” nella normale pratica industriale:
1) la selezione granulometrica del materiale da scavo
2) la riduzione volumetrica mediante MACINAZIONE
3) la stabilizzazione a calce, a cemento….
4) La stesa al suolo per consentire l’asciugatura…
e si rimanda alla lettura del testo.
La normale pratica industriale è certo elemento di favore al riutilizzo del residuo.
Amplia la casistica che permette di considerare sottoprodotto il residuo e risponde anche alla esigenza Comunitaria (Direttiva 2008/98/CE) che evidenzia la necessità del riutilizzo.
Vero è che il DM ha risolto il problema con una elencazione “pratica” che si espone a censure laddove la normale “pratica industriale” dovrebbe essere censita “caso per caso”.